Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    11/03/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dall’altra parte del mondo

 



-Potete andare.- disse autoritario, e tutti i ministri furono sufficientemente abili da tradurre quel “potete andare” come un “andatevene”.
Rimasto solo batté un pugno sul tavolo: maledetti esseri, fingevano di fare l’interesse dello stato, di collaborare con loro, mentre in realtà facevano solo i propri interessi. Li avrebbe ammazzati tutti molto volentieri, nessuno di loro era capace d’impugnare un arma, trattare con degli ospiti o conquistare un dungeon, ma nel loro ambito erano abili. Viscidi, ma abili.
Sentì bussare alla porta e immediatamente si alzò, celando la rabbia dietro una fredda maschera di semplice autorità.
-Posso entrare?- chiese una voce dolce, che ricordava la primavera e lo zucchero.
Abbandonò quella scomoda finta maschera di eleganza e potere, lasciando in bella vista la rabbia che lo dominava nell’ultimo periodo -Avanti Hakuei.-
La principessa entrò, elegante e discreta come sempre. Aveva una dolcezza tutta sua, Hakuei, mai stopposa, mai invadente, sempre dolce e almeno in apparenza serena. Sarebbe stata una principessa da marito eccelsa, ma non avrebbe mai saputo rinunciare a lei.
-Com’è andata la riunione?- chiese conciliante sedendosi al suo fianco, sistemando il cuscino prima di inginocchiarcisi con eleganza, lisciando la gonna.
-Sono tutti un branco di canaglie, che ci restano fedeli solo per paura, ma intanto pensano ad un modo per distruggerci.  Vorrei tanto tagliar loro la testa, dal primo all’ultimo, ma non servirebbe a molto. Non conoscono la gerarchia dell’esercito, non sono interessati alla grandezza di Kou, gli interessa solo il loro tornaconto. Per loro il fatto che Koumei sia scappato è sintomo di debolezza, erano abituati a lui e non hanno intenzione di sottomettersi ad un nuovo capo. Luridi bastardi.-
Per nulla turbata da quelle ingiunzioni violente Hakuei sorrise mestamente, poggiando una mano sopra quella del primo principe di Kou, nel tentativo di placarlo.
-Saputo nulla di Koumei?-
Come per magia, la rabbia scivolò lentamente via dal suo volto lasciando il posto alla stanchezza: non si sarebbe mai permesso di mostrarsi stanco con nessuno, solo con lei o con il fratello.
-No, non sappiamo nulla. Koumei ha fatto convergere tutte le nostre spie a Katargo e fatto in modo che non possiamo comunicare con loro né richiamarle. Ho mandato Shou En a riprenderle, ma ci vorrà almeno un mese, perché tornino qui, e forse anni prima che si reinseriscano a dovere nelle loro vecchie posizioni. Doveva aver pianificato la fuga ed essersi organizzato, probabilmente ci ha nascosto tutto per mesi.-
Hakuei si morse l’angolo del labbro.
Era probabilmente la cosa più bella che gli fosse mai capitata, pensò guardando l’anello d’oro bianco all’anulare di Hakuei, e riflettendo sulla sua situazione: per motivi a lui ignoti, Hakuei sapeva bene cosa ci fosse stato fra lui e Koumei, o perlomeno pareva sapere del suo cuore diviso a metà, e ciò nonostante restava al suo fianco, sinceramente dispiaciuta per la scomparsa del secondo principe.
Era dolce e comprensiva, affettuosa e forte. Senza di lei non avrebbe saputo cosa fare.
Si girò verso di lei, allungando le braccia e tirandosela al petto. Non era bassa, non lo era mai stata, ma era una donna, e come tale era più minuta di un uomo e nel caso specifico una quindicina di centimetri più bassa di lui.
Vagamente sorpresa dal gesto Hakuei alzò le braccia, avvolgendole attorno alla sua schiena, senza dire o fare niente, offrendo del semplice conforto con la sua presenza.
Era così bella, così elegante, così desiderabile.
Prima di farci caso si era lievemente distanziato da lei, iniziando a baciarle la mandibola e spostandosi piano verso le labbra. La principessa era sconvolta: lo guardava allibita, senza sottrarsi o allontanarsi, gli occhi già d’abitudine grandi in quel momento erano proprio enormi, carichi d’incomprensione.
Sentì qualcosa morderlo da dentro all’altezza dello stomaco, ma lo ignorò: se c’era una cosa che aveva imparato negli anni è che l’attività fisica era il miglior modo per distrarsi da pensieri nefasti.
Le labbra di Hakuei erano sottili, morbide e perfettamente curate, meglio di quando avrebbe mai osato sperare, ma ancora la principessa non partecipava.
Con l’orgoglio e l’arroganza che lo contraddistinguevano, marchio di fabbrica di ogni alpha, aprì le labbra, e per uno qualche strano riflesso Hakuei fece la stessa cosa, così che in un secondo quel bacio divenne una specie di gioco di lingue, in cui lui proponeva o ancor meglio intimava e lei timidamente lo seguiva.
No, forse Hakuei non sarebbe mai stato una buona principessa da marito, perché quelle ragazze dovevano saper essere molto spigliate, pronte ad acconsentire a qualsiasi desiderio del proprio sposo, ed Hakuei probabilmente quello non lo avrebbe mai fatto, o di sicuro non con un uomo qualunque scelto da altri per lei.
Senza staccarsi dalle labbra di quella che in breve tempo sarebbe diventata la sua futura moglie stacco le mani dalle sue braccia, avvicinando le mani al fiocco che le stringeva l’abito in vita, slacciandolo e facendolo scivolare sul pavimento.
Aveva sempre pensato che il bianco le donasse, trasmetteva bene tutta l’idea di purezza che Hakuei emanava, e senza quel fiocco a stringerle la vita Hakuei appariva ancora più simile ad un angelo. Era strano a dirsi, perché la morbida casacca di seta ora le cadeva vagamente larga, non mettendo più ben in evidenza il contrasto fra i fianchi magri e il seno prosperoso, ma le stava divinamente.
-Kouen, cosa- iniziò a chiedere con tono basso ed esitante, ma non le lasciò il tempo di parlare. Parlare voleva dire condividere, e affrontare i problemi, e lui in quel momento tutto voleva fuorché quello.
Come poteva d’altronde accettare che suo fratello, colui che dirigeva tutto lo stato da solo, l’uomo che possedeva metà del suo cuore, fosse scappato? Come poteva affrontare quella situazione senza essere almeno un po’ anestetizzato? Era un uomo forte, certo, ma tutti hanno bisogno di uno sfogo.
Staccò le mani da terra, prendendo Hakuei per i fianchi e tirandola verso di sé: come aveva potuto resistere a quel corpo per tutti quegli anni? si chiese inalando il dolce profumo di fiori di Hakuei, carezzandole delicatamente il seno. Era passato così tanto tempo da quando era stato con una donna…
La principessa era bordeaux, guardava ovunque, qualunque cosa, tranne che lui, lasciando che agisse come preferiva, e lasciandosi sdraiare contro il parquet, rabbrividendo appena per il freddo, o forse per altro.
Senza pensarci su, Kouen aprì la casacca che Hakuei portava, esponendo quella pelle bianca che gli dava il capogiro.
Era così bella, pensò sfiorando delicatamente i due abbondanti seni e scendendo verso l’addome piatto, privo di qualsiasi imperfezione.
Così sensuale, così attraente. Le mani ormai lambivano i fianchi, i pollici che s’infilavano sotto il bordo della gonna.
Così calda, così innocente. Fece scivolare lentamente la gonna verso il basso, fermandosi non appena intravide l’elastico degli slip.
Chiuse gli occhi, stringendo i denti e scuotendo il capo infastidito, la morsa allo stomaco che lo dilaniava da dentro. Hakuei rimase interdetta, riportando timidamente lo sguardo sul suo futuro sposo, notando subito il suo umore cupo.
Dimentica dell’imbarazzo si sollevò da terra, abbracciando silentemente le spalle del principe, il capo poggiato sulla sua spalla mentre guardavano nella stessa direzione, scorgendo entrambi lo stesso muro.
Rimasero in silenzio in quel modo per un po’, finché Hakuei non starnutì, rompendo quella bolla di mestizia e desolazione.
Kouen scivolò fuori dal suo abbraccio, girandosi verso di lei con sguardo criptico, riallacciando la casacca e aiutandola poi anche a sistemare il fiocco, prima di uscire dalla stanza e dirigersi verso le proprie stanze.
Perché se c’era una cosa che aveva imparato negli anni era che le persone non hanno tutte lo stesso valore, non con tutte si può agire allo stesso modo, e in quel caso lui non poteva usare Hakuei come avrebbe usato Judal.
Per il semplice fatto che evidentemente era innamorato di lei, come non lo era mai stato di nessuno.
 
 
 

-Senti, non puoi fare meglio di così?- domandò con scarso interesse, continuando a guardare il soffitto anziché la moglie.
-Certo mio sire.- rispose invece prontamente la donna, gonfiando il petto con orgoglio e tornando a dedicarsi alla sua precedente attività.
A parer di Kouha, era un’incapace: cosa c’era di tanto difficile nello scopare? Insomma, con Judal si divertiva da morire, avevano studiato tutto il Kamasutra, eppure non si annoiava mai, mentre con Jinjin, Reirei e Junjun era una cosa oltremodo noiosa. Mancavano di fantasia, di carattere, d’iniziativa, mancavano di tutto.
Cosa non avrebbe dato per essere su un campo di battaglia a combattere in mezzo al fuoco ed alla polvere, sotto la pioggia o il sole cocente, di giorno o di notte, ed invece era lì, segregato a palazzo per ordini di Kouen.
Dannazione, ma dovevi proprio andartene Mei?
Se a scappare fosse stata una delle tante inutili sorelle probabilmente non ci avrebbero dato peso, magari l’avrebbero giusto fatta cercare per trovarla ed ammazzarla per aver tradito Kou, ma se si parlava di un possessore di djin le cose cambiavano.
Con tutto che nessuno di loro aveva mai avuto motivo di voler tradire Kou, Kouen era il capo dell’impero, dirigeva l’esercito ed era il più alto principe, se se ne fosse andato probabilmente i piani di conquista ai confini si sarebbero fermati, per un po’, almeno sul fronte occidentale.
Se Hakuei fosse stata in qualche sorta di pericolo, lontana dal suo controllo probabilmente Kouen avrebbe distrutto chiunque e qualsiasi cosa per ritrovarla, ed allo stesso modo avrebbe agito se a scomparire fosse stato Hakuryuu, non tanto perché i due fossero fortemente legati ma perché Hakuei era legata a lui, e se Hakuei era triste la cosa si rifletteva sempre anche su Kouen.
Forse la perdita minore sarebbe stata Kougyoku: le voleva bene, per carità, non era totalmente inutile come le altre, ma aveva ancora numerosi punti deboli. Probabilmente nel suo caso molto sarebbe dipeso dal motivo della sua assenza: se si fosse trattato di un rapimento o simili avrebbe avuto una piena assoluzione, ma se fosse stato una fuga c’erano concrete probabilità che ricevesse lo stesso trattamento di qualunque altra principessa da marito.
Ma non era nessuno di loro ad essersene andato, no, era Koumei.
Loro infondo erano tutti simili, tutti comandanti dell’esercito, tutti utili solo sul campo di battaglia: se anche uno di loro mancava ad uno scontro poteva presentarsi a quello successivo, ma lo stesso non valeva per Koumei.
Il loro secondo principe era il burocrate, il diplomatico, colui che da solo si occupava di gestire un impero immenso come Kou con successo, scoraggiando le rivolte, potenziando i commerci, pianificando le alleanze e gestendo i rapporti con i funzionari delle varie province.
Il lavoro che lui svolgeva da solo permettendo a tutti loro di espandere i confini senza doversi preoccupare di null’altro loro lo svolgevano in cinque, e non erano nemmeno lontanamente prossimi al suo grado di efficienza.
-Kouha, entro.-
Ghignò: a Kouen le buone maniere non avevano mai fatto impazzire, era un vero capo dell’esercito, non chiedeva mai “posso entrare?”, quand’era di buon umore al massimo diceva “sto entrando”, oppure entrava senza assolutamente avvisare. C’era di buono da dire che nessuno di loro due aveva granché da nascondere.
Kouen entrò dunque in camera sua come se nulla fosse, senza batter ciglio trovandolo occupato, al contrario di Jinjin che diventò bordeaux tuffandosi su di lui per nascondere il più possibile.
-Vai.- le intimò seccato di trovarsela troppo appiccicata, e la ragazza lo guardò sconvolta, in cerca di una conferma, ma obbedì, raccogliendo le proprie cose in fretta e scappando dalla stanza.
-Allora Kouen, di cosa volevi parlarmi?- chiese alzandosi dal letto in tutta tranquillità, prendendo un paio di mutande dall’armadio ed i pantaloni da terra e rivestendosi come se nulla fosse.
D’altronde era la sua famiglia, lui mica sarebbe scappato per quello.
 
 
 

Con fare annoiato Kougyoku alzò lo sguardo sul muro, controllando l’orologio. Appena le 19 eppure era già tutto così buio…
Sospirò, aprendo un cassetto del basso tavolino e tirando fuori un piccolo fiammifero con cui accendere la candela posata al suo fianco. Ecco, ora ci vedeva perlomeno, peccato solo che non avesse nulla da fare o nulla da vedere. Scoraggiata si accasciò sul tavolino, battendo le unghie lunghe e curate sul liscio legno, producendo uno snervante ticchettio: si annoiò subito anche di quello.
Guardò esasperata i propri capelli sparpagliati sul tavolo, e finalmente trovò il modo di fare qualcosa di utile. Separò una piccola ciocca dal resto dei capelli ed iniziò ad esaminare tutte le punte.
No, no, no, no,… eccola! Una maledetta doppia punta. Esaminò con attenzione quel singolo capello. Mh, era rovinato solo alla fine, il resto era ben tenuto, per fortuna. Soddisfatta prese una delle punte, tirando finché non cadde e riesaminò il capello. Ecco, finalmente era perfetto.
Esaltata dal grande risultato iniziò un’operazione su larga scala, disseminando il tavolo di piccole punte rosse. Era strano, perché una parte di lei era orgogliosa per il lavoro ben fatto che stava svolgendo, l’altra piangeva disperata pensando a quanto in realtà i suoi capelli fossero rovinati.
-Principessa Kougyoku, la vostra cena.-
Girò il capo verso Koubun Ka, non particolarmente attratta dall’idea di cenare, senza mollare il capello che aveva fra le mani.
-Cosa state facendo?- chiese l’assistente sedendosi al suo fianco, e lei scrollò le spalle, come a sminuire il tutto.
-Mi libero delle doppie punte.-
Koubun Ka la guardò perplesso, e la principessa si riaccasciò sul tavolo, priva di qualsiasi voluttà: non voleva spiegargli, non voleva parlare, non voleva mangiare, non voleva dormire. Non voleva fare nulla.
In effetti, l’unica eccezione era forse ammazzare Judal. Finché lui era stato a Kou tutto era andato (per modo di dire) bene: aveva compagnia, considerazione e attenzioni, mentre ora aveva solo incarichi diplomatici da svolgere e mal di testa da combattere.
Decisamente se se lo fosse ritrovato fra le mani avrebbe ammazzato Judal.
 
 


-Hakuei, sei ancora sveglia?-
Alzò il capo, colta di sorpresa, distraendosi dal ricamo e pungendosi un dito. Senza un lamento portò il polpastrello alle labbra, succhiando per disinfettare la puntura, mentre Seishun Li la guardava perplesso.
-Va tutto bene?- chiese vagamente preoccupato, notando la venatura di tristezza negli occhi di Hakuei.
Hakuei non era quasi mai triste, e quand’anche lo era si impegnava al massimo per nasconderlo a tutti, per il semplice fatto che non voleva nessuno si preoccupasse per lei.
-Sto bene, la giornata è stata lunga, mi stavo giusto prendendo una pausa.- assicurò, ma l’attendente continuò a guardarla inquisitorio, per nulla persuaso dalle sue parole.
-Perché non vai a letto?-
Sorrise, uno dei suoi sorrisi capaci di convincere chiunque a seguirla -Non ho sonno.- rispose con semplicità e candore, ripiegando la stoffa che stava cucendo e richiudendola in una scatola.
Faceva sempre così quando qualcosa la stressava, tirava fuori un piccolo set da cucito e cuciva. Era perfin brava, a dire il vero.
Di solito si confidava con lui, perché oltre ad essere il suo attendente era il suo miglior amico, ma in quel caso pareva veramente sotto shock.
-Sicura che non vuoi parlarmene?- domandò addentrandosi nella stanza, ma la principessa scosse il capo con un grazioso sorriso in volto. Ora che le si era fatto più vicino riusciva a leggerla meglio: a ben vedere i suoi occhi non erano tanto tristi, quando piuttosto... arrabbiati… no, non erano arrabbiati, piuttosto dispiaciuti. Ecco, dispiaciuti, non tristi, dispiaciuti.
-Ti ringrazio Seishun, ma va tutto bene. Non sono più tanto abituata a passare lunghi periodi a palazzo, tutto qui.- lo rassicurò, ed il ragazzo annuì, fingendo di crederle: se non voleva parlargli non poteva costringerla.
-Anzi, sai cosa?- domandò la ragazza sorridente, come se avesse appena avuto una splendida idea -Potrei provare a fare una torta. Se verrà bene la potremmo mangiare per colazione che ne dici?-
E come per magia, dal preoccuparsi per lei il ragazzo fu costretto a preoccuparsi per se stesso ed il resto dei principi, perché nulla era più pericoloso della cucina di Hakuei, nemmeno la conquista di un dungeon.
 


 
Con passo silenzioso si aggirava per il castello, evitando tutte le assi scricchiolanti dei porticati ed i tratti di giardino resi scivolosi dalla pioggia. Conosceva quel castello, ci era nata e cresciuta, muoversi senza farsi sentire né vedere era naturale per lei. Il suo nome d’altronde significava Cristallo bianco e come Hakuryuu le aveva detto una volta esprimeva molto bene la sua personalità: era elegante, discreta, mai inopportuna, silenziosa e capace di immedesimarsi negli altri.
In qualche modo a detta di molti ciò la rendeva una bella persona, nobile non solo di nascita ma anche d’animo. Secondo il suo parere, erano tutti troppo buoni con lei.
Svoltò a sinistra, in quell’aria del palazzo seminascosta in cui alloggiavano tutti i domestici e dove si trovavano le cucine e gli altri servizi: a suo avviso era un po’ triste che ci fosse il bisogno di nascondere le cucine o la lavanderia, o in generale le aree più “vissute” del palazzo, non dimostrava la minima gratitudine verso tutte quelle persone che lavoravano per loro, permettendogli di vivere in tutto quel lusso.
Guardò verso le cucine, la sua destinazione, e notò subito che la luce era accesa. Quelle povere donne, nonostante tutto ciò che facevano per loro ottenevano così poco in cambio…
Si avvicinò con cautela, senza fare rumore per non spaventarle, facendo scorrere lentamente la porta.
Restò immediatamente colpita dal silenzio e dall’ordine che regnava in quella stanza in cui quasi mai aveva messo piede, notando al contempo che era vuota.
Poco male, si disse, avranno dimenticato la luce accesa.
Chiuse la porta alle sue spalle, avvicinandosi al lungo ed immacolato bancone in marmo, riflettendo su cosa fare. In effetti non era molto portata per la cucina, mangiava un po’ di tutto ma non sapeva preparare nulla, nemmeno del riso, e preparare qualcosa che potesse piacere a tutti i principi era una cosa complessa:
Kouen amava il cibo piccante o speziato, mentre detestava il dolce, Kouha andava pazzo per i fichi solo quanto Judal lo faceva per le pesche, ma odiava al contrario ciò che Kouen preferiva, a Kougyoku la frutta piaceva ma non la verdura, e Hakuryuu… Hakuryuu in effetti non lo sapeva, lo aveva sempre visto assaggiare di tutto, senza mai essere particolarmente schizzinoso, e non gliel’aveva mai chiesto.
-Che fai qui?-
Si girò di scatto, sorpresa di non essersi accorta della sua presenza.
-Avevo pensato di cucinare la colazione.- disse riprendendo subito a sorridere, guardando il fratello avvicinarsi al piano da lavoro con un paio di mele in mano -Ho pensato che potrebbe essere bello mangiare tutti la stessa cosa per una volta, potrebbe aiutare a sentirci meno soli, e poi non c’è come il cibo fatto con amore, non trovi?-
Un lungo brivido freddo attraverso la schiena del principe sentendo queste parole, ma Hakuryuu dissimulò la cosa alzando le spalle e sciacquando le due mele, porgendone una alla sorella.
In sé il proposito era molto carino, ma la realizzazione era un problema: capiva le intenzioni di Hakuei, non credeva che quel gesto fosse necessario ma era dolce di sicuro.
-Cosa pensi di fare?- domandò prendendo un coltello da un cassetto e sbucciando la propria mela con precisione e velocità, senza fare sprechi, mentre Hakuei masticava pensierosa.
Non sarebbe certo stato creare un legame più solido fra i principi a far tornare Judal e Koumei a palazzo come per magia, ma comunque poco male, magari poteva dare un po’ di conforto alle anime inquiete degli altri principi.
-Non lo so.- ammise la principessa alzando i grandi occhi su di lui -Mi potresti dare qualche consiglio?-
Hakuryuu assunse un cipiglio pensieroso, sedendosi al lato opposto del tavolo rispetto alla sorella e pensandoci su.
Alla maggior parte di loro la mattina piaceva mangiare cose dolci, mentre Kouen andava sempre sul salato. Doveva essere qualcosa di neutro, quindi.
Kouen beveva caffè, Hakuei latte di cavalla, Kougyoku e Kouha succhi vari: se fosse stato possibile sarebbe stato bello inserire anche quello nell’equazione…
-Che ne dici delle crepes?- domandò tagliando l’ultima fetta di mela e poggiandola su un piatto, per poi buttare le bucce ed il centro con i semi nel cestino che sapeva essere sotto al tavolo.
Hakuei annuì sorridente, senza dire nulla, facendo apparire abbastanza chiaramente che non aveva la più pallida idea di cosa fossero.
Sorrise, scuotendo il capo divertito.
-Ti aiuto a farle.- annunciò deciso, prendendo una fetta di mela e coprendosi la bocca con la mano mentre parlava -Non sono tanto difficili, sono un piatto povero di Balbadd che in base alla farcitura può essere dolce o salato. Ora, per farle ci servono uova, latte, farina e burro.- spiegò e quando finì di parlare Hakuei si alzò, andando a prendere quanto elencato nel magazzino, fiduciosa del suo giudizio.
Sospirò, il cervello che pensava a diverse cose.
Avrebbero potuto preparare l’impasto quella sera, ma se lo avessero cotto in anticipo e riscaldato sarebbe stato un fallimento, quindi dovevano cuocerle la mattina.
Doveva avvisare i cuochi, oppure rischiavano di fare tanto lavoro per nulla, e non gli piaceva sprecare il cibo.
Poi avrebbe dovuto far fare un po’ di cose anche ad Hakuei o si sarebbe sentita inutile, ma se non l’avesse controllata a dovere tutti i principi sarebbero stati avvelenati, quindi doveva assicurarsi che non potesse nuocere troppo.
Per cuocerle la mattina avrebbero dovuto alzarsi lievemente prima, e se avessero dovuto mangiarle in sala da pranzo le crepes si sarebbero completamente raffreddate lungo la strada, quindi doveva anche far scendere i principi in cucina, e ultimo ma non meno importante doveva convincerli che non erano velenose.
Se fosse stato a palazzo Judal non si sarebbe mai fidato, e anche Kougyoku avrebbe di sicuro fatto non poche storie a riguardo, Koumei avrebbe assaggiato con molta diffidenza prima l’impasto non farcito, Kouen avrebbe insistito sulla presenza dei cuochi a palazzo e su come non fosse necessario che lei cucinasse e Kouha sarebbe stato di certo quello che avrebbe fatto meno storie ad assaggiare, ma poi avrebbe detto schiettamente cosa ne pensava, che comunque era un pericolo notevole. Lui era insieme felice e terrorizzato di poter mangiare qualcosa fatto da Hakuei.
La guardò tornare in cucina con una quantità spropositata di latte e farina, e prese a seguire tutti i suoi movimenti.
La osservò appoggiare con delicatezza gli ingredienti sul tavolo di fronte a lui, avvicinandosi poi al muro per prendere un grembiule suppergiù della sua misura che riparasse gli abiti e mettersi a cercare una ciotola ed una frusta (ovviamente dovette spiegarle cosa fosse prima che potesse cercarla, ma quello fu un problema che risolvette abbastanza in fretta).
Mandò giù l’ultima fetta di mela, prendendo un colino che passò ad Hakuei affinché setacciasse la farina, impegnandosi per inventare un motivo per cui la cosa fosse di vitale importanza per la buona riuscita finale (ed in effetti se ci fossero stati grumi sarebbe stato sgradevole), e vedere Hakuei così concentrata sul suo compito, assorta, fece sorridere anche lui.
Perché finalmente la Al Sarmen era sconfitta e sua madre morta, e per quanto lo riguardava in quel momento l’integrità di Kou era quasi completa. Dovevano solo imparare tutti quanti a vedere il bello nelle piccole cose, e se proprio recuperare Koumei.
Judal, invece, poteva andarsene a fare in culo, tanto non è che di solito gli dispiacesse.
   
 
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