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Autore: LilithMichaelis    12/03/2020    1 recensioni
Sherlock riportò l'attenzione al messaggio, e poco ci mancò che avesse un mancamento.
O forse lo ha avuto per davvero.
John non ricorda.
Venite in centrale.
Emergenza.
È Lestrade.
Non chiamare tuo fratello.
-Anderson

______________________________
In una giornata come tante altre, Sherlock e John sono chiamati a risolvere il mistero della scomparsa di Lestrade.
Ed è quando la paura di arrivare troppo tardi diventa insopportabile che parte la corsa contro il tempo.
{Mystrade/Johnlock - after season 4 - Spoiler!Allert - Introspettivo - Romantico - Drammatico - Trigger warning: menzione di morte, violenza, descrizione di atti violenti}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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In pochi secondi passarono all'azione. Mentre un gruppo di poliziotti contattava l'ambulanza - già allertata prima del loro arrivo in fabbrica - gli altri seguirono le istruzioni di John, collaborando per tirare giù Lestrade.
Cercarono di essere quanto più delicati possibile, mentre tagliavano la corda che gli sorreggeva le braccia, sostenendole ed abbassandole dolcemente.
Oltre ai comandi impartiti da John, l'intera stanza cercò di mantenere un silenzio quasi religioso, attenti ad ascoltare qualunque suono potesse provenire da Greg.
Lui, però, rimase muto, incosciente. Chissà se si sarebbe mai svegliato.

Sherlock restò accanto al fratello durante tutte le fasi di liberazione di Greg, abbracciandolo e carezzandogli dolcemente la schiena. Era quasi come se volesse usare le proprie braccia per contenere Mycroft, evitare che andasse in frantumi su quel pavimento.
Circondato da suo fratello, Mycroft piangeva in silenzio, non azzardandosi a distogliere lo sguardo dall'uomo che amava, con il corpo scosso da tremiti.
Fu silenziosamente grato di avere Sherlock al suo fianco, non osando immaginare come avrebbe reagito se avesse dovuto affrontare tutto da solo.

Quando Gregory fu finalmente libero ed al sicuro tra le braccia del Dr. Watson, Mycroft si liberò piano dall'abbraccio del fratello, avvicinandosi a quel corpo così martoriato.
John osservò Mycroft per qualche secondo, soppesando un pensiero, per poi prendere una decisione, chiedendogli di aiutarlo ad adagiare Gregory sul pavimento.
Non gli chiese di spostarsi, mentre controllava il respiro e il polso, gli permise di restare lì e carezzargli il viso, con dolcezza, come se ogni segno tracciato dalle sue dita potesse aprire nuove ferite.
Mycroft vide John voltarsi verso Sherlock, chiedere quanto fosse distante l'ambulanza.
Pochi minuti, gli rispose.
«Potrebbe non avere pochi minuti»
Mycroft cercò di chiudere tutti al di fuori di sè, di non ascoltare, di creare una bolla attorno a sè e a Gregory.
Sherlock osservò il fratello e si soffermò sulla dolcezza dello sguardo che dedicava a Greg, la leggerezza delle dita sul volto, il modo in cui gli stava accanto e, per un attimo, gli venne in mente una statua che aveva visto con John. Una statua di marmo bianco, in cui una ragazza sorreggeva il corpo di un uomo e lo guardava con l'espressione di una donna che porta in sè un amore più grande della morte, o della vita stessa.
Sherlock non ricordava il nome dell'opera, nè dell'artista, e si sorprese addirittura di aver conservato quell'immagine, ma non poteva negare di vedere la somiglianza di quelle due figure.
Guardando il volto di Mycroft, Sherlock si ritrovò, per l'ennesima volta durande quel caso, a pregare il vuoto, chiedendo una Grazia per Greg e una per suo fratello.

______________________

Mycroft sedeva nella vasca da bagno a osservare il nulla, mentre le immagini di quella lunga giornata continuavano a susseguirsi nella sua mente.
L'ambulanza arrivò in tempo record e, a sirene spiegate, volò per le strade di Londra, per giungere in ospedale, dove un equipe di medici - già allertati dalle autorità - li attendeva all'ingresso.
Gregory fu collocato su una barella, mentre i medici si urlavano a vicenda parole confuse. Mycroft credeva di essere in un sogno, dato che camminava senza rendersene conto. Fu solo quando sentì le mani di Sherlock placcarlo fisicamente per impedirgli di seguire Gregory in sala operatoria che Mycroft finalmente comprese appieno ciò che stava succedendo.
Sentì le gambe cedergli, ma, fortunatamente, Sherlock e John lo afferrarono prima che si accasciasse.
I fratelli Holmes quasi arrivarono alle mani quando Sherlock ordinò al fratello di tornare a casa a darsi una rinfrescata. Mycroft sarebbe rimasto in ospedale fin quando Gregory non fosse stato dichiarato fuori pericolo.
«Non essere idiota, Mycroft! Ci vorranno ore prima che possiamo avere qualunque tipo di notizia. Inoltre tu sembri appena uscito da un macello, non credo tu voglia farti vedere da lui in queste condizioni, quando si sveglierà» disse Sherlock afferrando il polso del fratello e premendo il pollice nell'interno, con fermezza.
Quando, aveva detto. Non se. Quando.

Mycroft si limitò a raddrizzare la schiena, prima di congedarsi in silenzio. 

Ora, mentre guardava il sangue rimastogli addosso - il sangue di Gregory, ricordò - colorare di rosso l'acqua nella vasca, Mycroft richiamò alla mente altre occasioni in cui aveva guardato quel liquido cristallino tingersi di cremisi. Momenti in cui era convinto di essere condannato alla solitudine. Eppure, ogni singola volta, qualcuno lo aveva trovato, lo aveva salvato.
Questa volta, il sentimento era diverso. La paura restava, ma in cuor suo sentiva una forza che lo spingeva a non mollare, a resistere. A vivere. 

Le sue elucubrazioni silenziose furono, finalmente, interrotte dallo squillo del telefono.

Fuori pericolo

-SH

______________________

Sherlock aveva appena finito di leggere il libro che aveva portato da casa, quando la porta della stanza si aprì.
Il detective aveva già calcolato il tempo che suo fratello avrebbe impiegato per tornare in ospedale, perciò non fun troppo sorpreso della sua puntualità.
Mycroft Holmes, fresco di doccia, fece la sua entrata a passo cadenzato.
Sherlock non abbandonò il suo posto sulla poltrona.
Il maggiore degli Holmes indossava uno dei suoi completi migliori, con la cravatta sapientemente annodata. Anche Sherlock sembrava essersi cambiato, probabilmente dopo essersi dato il cambio con John per la notte (Mycroft si era a malapena reso conto del fatto che il sole fosse tramontato e sorto. Non comprendeva più lo scorrere del tempo).

«È ancora stabile, non ha ricevuto lesioni agli organi interni. I medici non sono sicuri che possa riprendere l'utilizzo dell'occhio, ma sono fiduciosi. Non si è ancora svegliato, ma non è sedato, quindi potrà succedere a momenti. In poche parole, fratello caro, non ti sei perso nulla»

«Sherlock, io... Volevo ringraziarti. Per tutto. Non ce l'avremmo fatta senza di te. Non ce l'avrebbe fatta senza di te.»

Sherlock si alzò e raggiunse il fratello. Gli posò una mano sulla spalla e lo costrinse a guardarlo negli occhi. Raramente i due Holmes erano stati così sinceri l'uno con l'altro, ma erano giunti alla conclusione che l'auto-isolamento era utile solo ad aumentare le proprie sofferenze individuali.
Sebbene fossero da sempre convinti che la solitudine era tutto ciò che avevano, che li proteggesse, entrambi erano finalmente giunti alla realizzazione di quanto tutto ciò fosse falso: erano più forti insieme.

«Greg fa parte della mia famiglia. Ho promesso che avrei fatto di tutto per salvarlo. Se vuoi ringraziarmi, per favore, smettila di fare cazzate e confessagli come ti senti»

«Ma...»

«No, niente fottuti ma. Tu sei stato fortunato, lo sai? Parla con John, chiedigli cosa si prova a vedere una persona che ami morirti davanti agli occhi. Chiedigli cosa significa dover guardare tua figlia negli occhi, sapendo di doverle spiegare dov'è sua madre, perché non l'ha potuta crescere.
Chiedigli cosa significa rifarsi una vita, pur sapendo che, nonostante i tuoi sforzi, non la rivedrai mai più.
Ci sei andato vicino, Mycroft, hai rischiato di perderlo. Eppure è qui, è vivo e a breve si sveglierà.
Ne vale davvero la pena, tutto questo silenzio? Non lo stai certo proteggendo: guardalo, è sopravvissuto a malapena e tu eri forse la persona che c'entrava meno in tutto questo disastro.»

Sherlock diede un secondo al fratello, affinché potesse rispondere. Lui non lo fece, perciò riprese.

«La vita è già breve di suo, la nostra, fratello caro, rischia di essere più breve della media. E allora perché privarci di tutto questo?
Parlagli, Mycroft.»

Mycroft si rese conto che sua madre aveva ragione: era davvero Sherlock quello maturo dei due.

«Io ora uscirò a prendere un caffè, dato che ho fatto il turno di notte e me lo merito, e sarò accidentalmente contattato da Anderson con un caso, il che significa che non ci sarà nessuno a controllare Gavin per tutta la serata. Ora, dato che tu hai un buco nell'agenda...»

Senza altre parole, Sherlock indossò il suo cappotto, tirò su il bavero, e si avviò verso la porta, ma, prima di uscire, fu fermato da Mycroft.

«Sherlock...»
«Sì?»
«Il suo nome è Gregory»
«Geralt, e io che ho detto? Ciao, fratello»

______________________
Mycroft non si aspettava di restare solo con Gregory così presto.
Non aveva idea di cosa dirgli, di come dirglielo.
Diavolo, non aveva neanche idea di cosa provasse per quell'uomo.

D'improvviso, si sentì come attirato dal letto di Greg. Si sedette accanto a lui, attento a non disturbarlo, e, delicatamente, cominciò a carezzargli la fronte.
Aspettò le parole giuste, l'ispirazione che gli avrebbe permesso, finalmente, di essere totalmente sincero, per la prima volta, con quell'uomo così meraviglioso.
Eppure, esse non arrivarono. Il tempo continuava a scorrere, inesorabile, come aveva fatto durante tutto quel caso, ma nessuna illuminazione colpì Mycroft che, per la prima volta, realizzò che i sentimenti non sono un qualcosa che ti domina, che prende il controllo di te perchè tu sei troppo debole per contrastarlo.
I sentimenti sono una motivazione, un microfono che amplifica le tue azioni, che dà uno scopo alle tue scelte. I sentimenti sono ciò che ti guida, ma non ti impongono la strada, devi essere tu a seguire, consapevolmente, il sentiero.
Non provare sentimenti non lo rendeva più forte, lo privava solo di una delle capacità più umane.
E, soprattutto, lo privava di quell'energia, quella spinta alla vita, che Gregory gli aveva donato.

Il sole era tramontato da un po', quando, finalmente Mycroft trovò la forza di parlare. Le parole gli sfuggirono dalle labbra prima ancora che lui fosse consapevole della verità di ciò che stava dicendo.

«Gregory... Ti prego... Resta con me. Sono un imbecille, perdonami. Prometto che ti proteggerò sempre, se me lo permetterai... Io non sono bravo con i sentimenti... Ma tu sei importante per me. Non posso perderti»

Afferrò la mano di Gregory e, lentamente, la portò al suo viso, baciandone delicatamente le dita. Sfiorò con le dita il viso dell'uomo addormentato, soffermandosi per alcuni secondi sulle labbra martoriate.
Ora che le aveva dette, quelle parole non erano più così spaventose.
Sebbene Gregory non avesse potuto sentirle, Mycroft si sentiva molto più leggero.
Se non che...

«Io te l'ho sempre detto che sei un imbecille, Mycroft» disse Greg con la bocca impastata dal sonno e dalla morfina, aprendo lentamente l'occhio buono e biascicando le parole in un modo che Mycroft, non fosse stato dominato dalla preoccupazione e dallo sgomento, avrebbe trovato adorabile.
Mycroft perse del tutto l'uso della parola. Lacrime calde iniziarono a scendergli dagli occhi, mentre guardava basito l'uomo che amava mentre, lentamente, riprendeva finalmente conoscenza.
Nonostante tutto, Gregory non ebbe bisogno di promesse, assicurazioni o giuramenti. Sebbene ancora annebbiato dallo shock e dall'anestesia, Lestrade si dimostrò persino più intelligente di Mycroft stesso, leggendogli sul volto ciò che, ancora, non era riuscito a dirgli.

«Ti amo anche io, Mycroft»

***

Note dell'Autrice:

Siamo finalmente giunti alla fine di questa avventura. Fun Fact, il capitolo originale contava circa 370 parole. Non l'ho editato, l'ho praticamente riscritto.
Spero che questa storia vi abbia appassionato e che l'abbiate amata tanto quanto me.
Non è un addio, ci vediamo alla prossima storia!
Lilith
   
 
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