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Autore: Elaine Chan    13/03/2020    0 recensioni
Quando la persona che ama muore, un vuoto si crea dentro il petto di Namjoon. Un dolore che lo porta a passare settimane, mesi, dentro un laboratorio per creare un robot che possa colmare il vuoto che lui aveva lasciato. Un robot destinato ad essere Kim Taehyung.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Taehyung/ V
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una mattina, una di quelle mattine in cui il sole splendeva alto in cielo, riscaldando e rendendo confortevole le temperature sia nei posti chiusi che in quelli aperti. Una mattina in cui i fiori erano ricoperti ancora dalla brina ed in procinto di sbocciare. Dove i passeri saltavano allegri tra i rami degli alberi, cinguettando felici e in compagnia. Era una giornata davvero meravigliosa, peccato che, per Namjoon, non lo sarebbe stata. Quando il ragazzo aprì gli occhi, di fatto, una spiacevole sensazione lo opprimette all'altezza del petto, spezzando l'armonia che si era creata intorno a lui. Quando si alzò dal letto sentì, quasi immediatamente, l'aria negativa che, per quanto era impressa in quel posto, sembrava palpabile. Provò ad ignorarla, uscendo da quella stanza troppo spoglia per sua abitudine, anche se aveva sempre le stesse cose all'interno. Quella spiacevole sensazione, proprio come un cane fedele, lo seguì in ogni movimento, restando costantemente al suo fianco e comprimendo la sua presenza sulla sua schiena.



Namjoon aveva perso troppo tempo a scappare da quella presenza e, stufo e rassegnato, decise finalmente di combatterla direttamente dal nucleo. Si incamminò così verso la porta che lo separava dalla persona a lui più preziosa, e, quella sensazione, proprio come aveva immaginato, divenne così opprimente da diventare insostenibile. Posò le sue dita, sottili e umidicce per via dell'ansia che sentiva scorrergli nelle vene, sull'ansa della porta e, per un secondo, il pensiero di scappare da quella situazione, da quel momento che voleva solo dimenticare, si fece strada tra tutti gli altri, mostrandosi come una bella bugia. Ma non poteva, non poteva per lui, né per sé stesso. Abbassò la maniglia, in un movimento lento e quasi senza forza, per poi spingere la porta che lasciò nascondersi al muro, come impaurita da ciò che sarebbe successo da lì a poco, mostrando Taehyung steso sul letto, col volto stanco e pallido, che teneva immerso parzialmente dal cuscino candido. Un nodo si formò in gola al maggiore, il nodo di una corda così lunga e crudele che si aggrovigliò attorno ai suoi organi vitali, procurandogli un gemito di dolore. Deglutì a vuoto, con la falsa speranza di poter stare meglio così facendo, credendo magari di poter ingoiare quel nodo e porre fine a quella sofferenza, senza però gran risultato. Gli occhi avevano iniziato a pizzicare e, ormai lucidi, gli rendevano la vista totalmente offuscata, mentre la pareti della sua gola avevano preso a bruciare, un bruciore così forte da sembrare come se ci fosse del carbone ardente bloccato tra esse. Quella stessa corda che gli si era aggrovigliata attorno aveva preso a bruciare. Il ragazzo portò il suo sguardo sofferente sull'altro che, da ormai troppo tempo, era costretto a letto. Namjoon dovrebbe poter dire di averci ormai fatto l'abitudine, di aver accettato la cosa, ma la verità era che, ogni volta che vedeva la sua sagoma minuta su quel letto enorme, coperto da strati di lenzuola e col viso stanco e sofferente, sentiva come una pugnalata dritta al cuore.



Quel ragazzo era il suo peccato, era ciò che gli riportava alla mente ogni volta ciò che aveva fatto, e le conseguenze che aveva portato. Era il suo fardello, un fardello così pesante e grosso che pensava sempre lo avrebbe ucciso prima o poi. E quell'idea non gli sembrava nemmeno tanto brutta. Taehyung non mostrava alcun segno di miglioramento da ormai una settimana, ma Namjoon si svegliava sempre la mattina con la speranza di vedere il suo amato seduto sul letto vicino a lui, mentre gli accarezzava delicatamente la guancia, e lo osservava con quegli occhi magnetici. Poi, quando magari si sarebbe accorto del fatto che fosse sveglio, gli avrebbe regalato il suo solito sorriso dolce e quadrato, così singolare e affascinante, seguito da un buon giorno portato da un tenero bacio, prima sulla guancia, poi sul naso, ed infine sulle labbra.



Era una routine che gli mancava come l'aria.



"Tae" il suo nome volò via come un petalo di ciliegio in fiore che, trasportato dal vento, si scontra delicatamente con il terreno e, privato della sua linfa vitale, finisce con l'appassire. La sua voce uscì tremante, spezzata, un po' come il suo cuore. Il suo sguardo sofferente mentre osservava imponente il ragazzo a lui più prezioso. Un passo incerto lo avvicinò ad esso. Un passo che venne troncato appena sfiorato il terreno. Un passo che quasi immediatamente si pentì di aver fatto. Un altro passo, poi un altro ancora e, anche se più lento di una lumaca, Namjoon arrivò a lui. Lo guardò ora da più vicino, con più attenzione, accorgendosi quasi immediatamente del fatto che il ragazzo fosse notevolmente peggiorato dal giorno precedente. Un altro nodo si formò in gola, come riusciva ancora a respirare? "Taehyung" le sue corde vocali funzionavano ancora, e provò a farle funzionare bene, nessun tremore, nessuna crepa.



La mano del maggiore vagò alla silenziosa richiesta del tocco di quella di lui, che trovò poco tempo dopo, constatando quanto fosse fredda rispetto alla norma. La strinse moderatamente alla sua, non volendo fargli alcun male ma cercando comunque di fargli notare quel contatto. La stretta, dopo poco, venne ricambiata, ed il cuore di Namjoon perse un battito, gli occhi divennero lucidi, la gola secca, ed un sospiro di sollievo staccò le labbra screpolate che, fino a quel momento, erano state serrate mortalmente. Il minore, capendo la situazione, aprì debolmente gli occhi, che fece vagare poi alla ricerca del volto dell'altro che, subito, trovò davanti a lui. Un tenue sorriso venne rivolto all'altro, l'aria era pressante, le palpebre di lui troppo pesanti, il fiato corto e la voce grave e spezzata. Un leggero "ti amo" volò via dalle labbra opache del minore, lineate ancora da quel fievole sorriso, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare in un sonno eterno.



Da quella mattina, Namjoon non fu più lo stesso. I ricordi che gli tornavano in mente stando in quelle quattro mura, le emozioni che aveva provato nello stare al fianco del suo compagno, il rimorso di non averlo amato abbastanza, di non essere stato abbastanza, di non essersi meritato Taehyung, continuavano a presentarsi nella sua mente, come coltelli affilati che sprofondavano nella carne che era il suo essere, uccidendolo poco a poco. Gli occhi del corvino erano spenti, le sue labbra erano diventate un filo sottile, che veniva aperto solo in caso di estrema necessità, e la sua voce ormai era rara da sentire. Con la morte di Taehyung, anche una parte di Namjoon morì. Una parte di lui, quella più profonda ed egoista, però, era ancora viva e, poco alla volta, acquistava sicurezza, convincendo il proprietario che la cosa migliore da fare fosse liberarsi di quei ricordi, di quell'amore, ma Namjoon proprio non riusciva a liberarsi del ricordo di Taehyung. Era l'ultima cosa che gli era rimasta, di lui, e ci si aggrappava disperatamente.



Una sera, stanco di tutto ciò, gli tornò alla mente il progetto che, ormai un anno prima, aveva iniziato a studiare, e che aveva abbandonato poi nel suo laboratorio quando le condizioni del suo amato erano peggiorate. Aveva sempre pensato fosse impossibile da realizzare come cosa, eppure non era mai riuscito a buttare via tutte le cartelle piene di teorie che componevano quell'esperimento. Pensando di non avere più nulla da perdere, decise di provare a portare a termine quell'esperimento e, una volta che si fu chiuso nel suo laboratorio, recuperò tutto il suo vecchio materiale. Non ricordava davvero dove lo avesse messo, così come non ricordava nemmeno più bene come fosse l'interno del suo laboratorio.



La sua memoria non era mai stata degna di nota, questo si sapeva, ma questo fatto sorprese pure sé stesso "taehyung mi avrebbe dato dello sbadato, scoppiando in una sonora risata e aiutandomi poi a trovare tutto ciò che stavo cercando" pensò a voce alta, immaginandosi nitidamente il volto del suo amato in una risata gradevole e soffice, mentre lo teneva per mano e, con quella sua voce profonda ma divertita, lo portava nel suo laboratorio alla ricerca di quelle cose che, in quel momento, erano nettamente futili a suo preavviso. Una risata amara uscì prepotente e disastrosa dalle sue labbra, mentre tirava indietro i capelli ormai troppo lunghi con forza. Decise di fare un giro turistico del posto, deciso a riconquistare confidenza con il posto che lo circondava e che lo avrebbe ospitato per tempo incerto.



Una volta concluso il tutto, si decise a trovare i documenti che, dopo ore ed ore spese a cercare in quel posto tanto ampio quanto sinistro, scovò nei posti più remoti di esso, circondati da fin troppe ragnatele e diversi strati di polvere. Dovette stare molto attento nel maneggiarli, dato che la carta si era rovinata tanto, in mezzo a tutto quella sporcizia e quella umidità, che se avesse fatto un movimento azzardato sarebbe andato tutto perso. Fortunatamente, trovò pure la sua vecchia postazione, decidendo bene fosse il momento giusto per dare una pulita a quel posto, non sapendo più dove sbattere la testa. Passarono le ore e, finalmente, quel posto ottenne più raggi ultravioletti, meno polvere e ragnatele, e più ordine.



Namjoon era fiero del lavoro che aveva fatto e, d'istinto, aveva pensato di mostrarlo a Taehyung, sicuro che la cosa lo avrebbe sicuramente reso felice, per poi venir rigettato nella cruda realtà, spegnendo quel sorriso che dopo mesi, era finalmente riuscito a tornare. La sua scrivania finalmente si poteva definire tale ed anche i quaderni che aveva recuperato erano ora in condizioni migliori, decidendo quindi subito di sfogliarli. Prese uno dei tanti appunti che aveva a portata di mano ed iniziò a sfogliarlo, guardando minuziosamente il suo interno, alla ricerca del quadernino dove aveva iniziato il tutto. Sfogliò e sfogliò, per minuti interi, fino a quando non vide passargli davanti l'ultima pagina dell'ultimo libricino che aveva a disposizione. Un sonoro sbuffo fuoriuscì dalle sue labbra, a quella realizzazione, e prese a guardarsi intorno, cercando di ricordare altri posti in cui non aveva cercato, o altri quaderni a cui non aveva dato peso, magari uno che saltava all'occhio. Si alzò dalla sua scrivania e, uno per uno, controllò nuovamente tutti i ripiani che aveva a disposizione, aprendo tutti i libri che stavano su di essi e sperando in un colpo di genio che gli facesse ricordare il posto esatto.



Vagò per quel laboratorio per tempo indeterminato, prima di scovare il quaderno tanto desiderato all'interno di un cassetto, nel reparto adibito esclusivamente alla parte tecnica dei suoi esperimenti. Non aveva idea del perché stesse lì, ma pensò fosse per evitare che qualcuno la leggesse, per qualsiasi strano motivo. Iniziò quindi a sfogliare il libricino dove tutto aveva avuto inizio, dove c'erano scritte tutte le sue teorie, i suoi esperimenti, i suoi fallimenti.  Si dedicò a tutte quelle scartoffie per giorni, analizzando minuziosamente ogni suo appunto, apprendendo il tutto al meglio e, sempre su carta, provò a riparare i suoi errori. Non ci volle molto prima che si convincesse fosse ormai ora di concretizzare tutto lo studio che aveva fatto, creando il primo robot di nome Hoseok. Il corpo di Hoseok, esternamente, era impeccabile. Purtroppo, però, anche se dotato di corde vocali e di 'muscoli' realizzati appositamente per permettere al corpo movimenti basilari, l'unica parte che era in grado di muovere era la testa. Namjoon catalogò Hoseok come fallimento, senza però buttarlo via o riciclando le sue parti per fare un altro robot, dato che aveva intenzione di aggiustarlo una volta che il suo esperimento avrebbe avuto successo. 



Dopo aver osservato tutti i passaggi fatti col primo robot, lo scienziato iniziò a creare un altro robot, Yoongi, con l'intenzione di sistemare il malfunzionamento degli arti che aveva riscontrato con quello prima. il suo obiettivo fallì parzialmente, dato che Yoongi, oltre a non parlare, aveva il controllo solo della parte superiore del corpo. Oltre a ciò, aveva riscontrato problemi a coordinare le braccia o solamente a tenerle dritte, ma era pur sempre un progresso. Seokjin fu l'esperimento successivo, con la quale riuscì a raggiungere con successo l'obiettivo di far muovere per intero il corpo. L'unica pecca, però, era che, senza sostegno, i piedi cedevano al peso apparentemente eccessivo.  Jimin venne fuori con padronanza del corpo nettamente migliore rispetto a quella di Seokjin, tanto che riusciva tranquillamente a stare in piedi con le sue sole forze, a camminare e a muoversi liberamente senza problemi. L'unica pecca, però, era che, se correva o gli capitava di fare movimenti bruschi, finiva col crollare a peso morto a terra. Namjoon non riusciva a capire perchè, se aveva donato a tutti corde vocali funzionanti, migliorate allo stesso ritmo del resto del corpo, nessuno di loro riusciva a parlare. 



Non riuscendo a capire perchè quello fosse l'unico pezzo invariato dell'esperimento, Namjoon recuperò le corde vocali di tutti i suoi robot, passando giorni interi chiuso in quel laboratorio a modificare quei pezzi, a paragonarli tra loro, a provare e riprovare su di loro, cercando disperatamente di capire cos'è che andasse storto ogni volta.  Quando arrivò ad una soluzione, il ragazzo creò quello che, sperava, sarebbe stato il successo di quell'esperimento: Jungkook. Fortunatamente, jungkook uscì fuori completo, perfetto. Era in grado di parlare, correre, muoversi autonomamente e replicare qualsiasi movimento dell'essere umano. Dopo ciò, con l'aiuto di Jungkook, namjoon aggiustò tutti gli altri robot e, una volta certo del risultato, creò il suo ultimo robot. Lo costruì con la massima cura e precisione, mettendo sé stesso in ogni singolo pezzo, e spendendo il doppio del tempo che aveva impiegato a fare gli altri. Quando il lavoro fu finito, Namjoon impiantò nel robot tutti i dati che aveva raccolto di Taehyung, dalle cose più futili a quelli più preziose, uniti a tutti i ricordi che avevano condiviso insieme. 



Il processo non ci mise molto a concludersi e, poco dopo, con il cuore in gola e la testa pulsante, Namjoon si decise a dar vita al nuovo taehyung. Si guardarono negli occhi e, in un attimo, le braccia dell'androide circondarono il suo collo, stringendolo in un abbraccio "hyung" un sussurro, la sua voce era la stessa, così come l'espressione che stava facendo, con quel suo sorriso quadrato avvolto dal pianto. Strinse a sé quel corpo, così familiare che lo illuse fosse quello del vero Taehyung, e si lasciò scoppiare in un pianto liberatorio. Kim Taehyung gli era mancato come l'aria.  Pianse a lungo, stringendo a sé la sua creazione che, con le mani a circondargli le spalle, provava a consolarlo. 



I giorni passarono e Namjoon, con i suoi robot ad aiutarlo in casa e nel laboratorio, era tornato alla sua vita sedentaria. All'inizio, aveva pensato di venderli ad altri, ma poi si era accorto di essersi affezionato a loro, decidendo quindi di tenerli. Grazie a loro, oltre a sentirsi meno solo, anche il lavoro era diventato più semplice, avendo preso a creare piccoli robot per aiutare in casa, per i bambini, per gli studenti e per gli anziani. Oltre a ciò, ora che aveva nuovamente Taehyung al suo fianco, aveva ripreso a sorridere. Questa, però, era soltanto una mera illusione arrivata ormai al suo limite. 



Namjoon, ben presto, iniziò ad evitare l'altro, iniziando con piccole cose come chiudersi nella propria stanza più spesso, passare più tempo nel laboratorio, mangiare ad orari differenti. Qualsiasi scusa era buona per non passare troppo tempo con Taehyung. Ovviamente, c'era un perché di tutto ciò, ed era tanto semplice quanto devastante. Più vedeva quel volto, più udiva quella voce, più riconosceva il modo singolare con cui il ragazzo si era sempre preso cura di lui e più gli riportava alla mente il vero Taehyung. Il calore di quelle mani che, più lunghe e fini delle sue, gli accarezzavano delicatamente il corpo ogni mattina, ora erano diventate fredde; la sua voce, che per qualche ragione, seppur era identica, nella sua mente aveva un suono totalmente differente, gli lasciava sempre l'amaro in bocca. Più realizzava, più cadeva in depressione.



Arrivato ad un punto massimo, Taehyung aveva chiesto spiegazioni, e Namjoon aveva inventato una scusa, dicendogli che non doveva più preoccuparsi perché si era risolto tutto. Cercò quindi di non dargli più peso, di andare avanti, di vivere insieme a quella copia, però non ci riusciva. Si sentiva sopraffatto dalle emozioni ogni volta che lo guardava negli occhi. Si sentiva in colpa, si sentiva sbagliato, sporco, marcio. Non si era meritato l'amore che Taehyung gli aveva donato fino alla fine, ma non era abbastanza. Voleva di più, non poteva stare senza. E con quel pensiero egoista era arrivato fino a quel punto. Si faceva schifo e, con lui, provava disprezzo anche per la sua creazione.



Arrivato al punto in cui non riusciva nemmeno più a guardare il suo riflesso, Namjoon decise che fosse arrivata l'ora di mettere la parola fine a quella situazione. Portò quindi tutti i suoi robot, Taehyung compreso, nel suo laboratorio, bloccandosi all'interno. "Taehyung, Seokjin, Hoseok, Yoongi, Jimin, Jungkook, mi dispiace per quello che sto per fare. Voi non avete colpa, solo io ce l'ho, però non posso lasciarvi andare fuori, nessuno deve fare il mio stesso errore" e, così dicendo, iniziò a buttare benzina sugli appunti, sui macchinari, sui robot e su sé stesso. Nessuno di loro capiva, lo guardavano con faccia sorpresa in silenzio, immobili per terra."Taehyung, vieni qui" e fece come gli era stato detto, senza parlare, senza chiedere spiegazioni. A passo lento, arrivò da Namjoon che lo strinse a sé e, tenendolo per mano, diede fuoco agli appunti. Il posto ben presto venne interamente avvolto dalle fiamme, i suoi robot si stavano sciogliendo e lui stava iniziando a perdere i sensi per via di tutto quel fumo. 



"Taehyung" lo richiamò, volendo e dovendo dirgli una cosa, con la speranza che potesse ancora farlo "Hyung" e sospirò, sollevato, stringendo la presa sulla sua mano "mi dispiace piccolo, non c'era altra scelta" doveva dirglielo, doveva farlo. Si stesero per terra, uno di fronte all'altro, e si guardarono negli occhi "mi dispiace Tae, ti ho sempre voluto amare" uscì come un sussurro, non avendo più le energie necessarie per muovere le labbra, e chiuse gli occhi, sentendo le palpebre pesanti e la testa vuota. Taehyung lo guardò ancora in silenzio, capendo la situazione, anche se non riusciva a comprendere i sentimenti dell'altro, e stringette la presa sulle sue mani, mentre il corpo iniziava a sciogliersi "ti amo" e delle lacrime rigarono il volto di Namjoon, che cadde in un sonno senza fine.



-lo so, stupido-





 



 



 


   
 
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