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Autore: Shadow writer    14/03/2020    10 recensioni
Tridell è una moderna metropoli in cui nessuno è estraneo a scandali e corruzioni. Una giovane donna, abile nell'uso delle vie più o meno lecite, si è fatta strada fino alla vetta di questo mondo decadente.
Dalla storia:
“La duchessa viveva in periferia.
Il suo era un palazzo dall’esterno modesto, circondato da una striscia di giardino prima del grande cancello metallico. Chiunque avesse avuto l’onore di entrarvi, parlava di stanze suntuose, pareti affrescate, una grande corte interna, in cui si innalzava una fontana zampillante decorata da statue di marmo bianco. […]
Chi lei fosse veramente, non si sapeva. Che non avesse davvero il sangue blu, questo era quasi certo, ma nessuno osava contestarlo.
La verità sul suo conto, qualunque fosse, non era nota al pubblico, e alla gente piaceva guardare a questa donna enigmatica nel costante sforzo di capire chi fosse, senza mai riuscirci.”
[Storia partecipante al contest “Il Lago dei Cigni” indetto da molang sul forum di Efp.]
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La duchessa '
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Patti eterni
 
 


Il sole era alto nel cielo e, nonostante fosse ormai inverno, rendeva piacevole la merenda che si stava svolgendo nel giardino posteriore del palazzo della duchessa. I pochi invitati sorseggiavano tè caldo seduti attorno ad un grande tavolo rotondo. Diverse conversazioni si stavano svolgendo tra i presenti ed Emily cercava di ascoltarle tutte senza intervenire in nessuna.
Da un lato lo scultore del momento parlava con la contessa Irina Fedorovna, una nobile russa di una famiglia aristocratica decaduta politicamente ma non economicamente. Le stava spiegando il senso delle sue ultime istallazioni e di tanto in tanto nel discorso interveniva anche l’esperto di pietre preziose che la russa si portava sempre appresso. 
Dall’altro lato del tavolo il figlio scapestrato di un grande politico locale si faceva raccontare da un giudice in pensione certe vicende a cui aveva assistito in tribunale. Lo ascoltava interessata anche Miss Ketty, la proprietaria del più famoso locale di Burlesque della città.
I presenti erano frequentatori assidui della casa della duchessa e chiacchieravano in tono affabile e disinvolto. 
«E tu cosa ne pensi, Cassandra?» disse Ketty, interrompendo tutte le conversazioni. «È impossibile farsi spazio da soli a Tridell?»
«Purtroppo non è ancora possibile essere qualcuno senza usare gli altri» replicò lei fermando il proprio sguardo su ognuno dei presenti. Tutti loro ne sapevano qualcosa.
«Non essere così drammatica, lo fai sembrare una brutta cosa» replicò il ragazzo che stava parlando con il giudice. «A volte usarsi può essere di vantaggio per entrambe le parti.»
«Gabriel ha ragione» intervenne la russa. «Prendiamo voi due per esempio, Cassandra. Siete entrambi giovani e spavaldi, come coppia potreste ottenere importanti traguardi.»
Gabriel parve divertito dalla piega che la conversazione aveva preso e sul suo volto si stampò un sorriso sfacciato.
«Non vorrei sembrare blasfemo, ma potremmo addirittura far impallidire la coppia del momento, Alexander Henderson e Camille Lefebvre.»
«Gran coppia quella. Ho sentito che hanno rinunciato alla luna di miele per gli impegni politici di lui» commentò il giudice.
Emily raddrizzò la schiena e si sistemò gli occhiali da sole, guardando verso il ragazzo. 
«Insieme avremmo così tanto potere da sfiorare la crudeltà, mio caro».
Emily conosceva i tipi come Gabriel. Dalla vita ottenevano tutto grazie alla faccia da angelo e tutto potevano grazie all’indole diabolica che si nascondeva sotto alle loro camicie ben stirate. Si trattava di giovani che non conoscevano il significato di “no” e “basta”. Era stata proprio l’attitudine all’eccesso che aveva fatto incrociare la strada di Gabriel con quella di Cassandra. Si era rivolto a lei per risolvere un grosso guaio in cui si era cacciato ed Emily doveva ancora riscuotere il suo favore, più tutti quelli che si erano accumulati nel frattempo.
«Cosa vuoi dire?» il ragazzo non voleva lasciar perdere.
«Tu ed io siamo simili, ciechi ai bisogni degli altri se intralciano la strada verso i nostri. Lasceremmo solo distruzione dietro di noi.»
Gabriel non ne aveva abbastanza, Emily lo vedeva dal modo in cui si era proteso in avanti sul tavolo, ma la conversazione fu stroncata dall’arrivo di Roman, che uscì dalle vetrate e si diresse verso la padrona di casa.
«È per te» le disse, tendendole il cellulare che teneva in mano.
Lei lo prese e chiese ai suoi ospiti di scusarla mentre si allontanava. 
Roman si sedette al suo posto per intrattenere i presenti e lei si diresse verso le vetrate.
«Siamo d’accordo come al solito?» disse la voce dall’altro capo, non appena appoggiò il cellulare all’orecchio. Faceva affari con Arthur Lowe da tempo e non aveva bisogno di presentazioni per riconoscerlo. 
«Ovvio, perché mi hai chiamata?»
Emily accostò la vetrata alle sue spalle e si spostò verso il suo studio.
«Voglio assicurarmi che ci sia anche il nostro ospite speciale.»
Emily strinse i denti: «Ha ricevuto il mio invito e sa che è nel suo interesse presentarsi.»
«Sai che non mi piace perdere tempo» Lowe non si preoccupò di nascondere il tono scocciato.
«Un’altra cosa in cui ci assomigliano, caro. Ci vediamo stasera» tagliò corto Emily. Chiuse la telefonata e riportò il cellulare al suo posto, in una cassaforte nel suo studio insieme a tutti gli altri che utilizzava.
Aveva detto ad Alexander che doveva portarlo in un posto e che aveva a che fare con la sua campagna elettorale, ma si era assicurata di essere piuttosto vaga per non avere un rifiuto in partenza. 
Alex era tanto incline all’ingenuità quanto al moralmente corretto ed Emily sapeva che avrebbe dovuto sfoderare tutta la sua retorica per convincerlo ad accettare qualsiasi cosa Lowe gli avrebbe proposto.
Prese un respiro profondo, mentre richiudeva la cassaforte e cercò di tornare sicura di sé prima di ripresentarsi dai suoi ospiti.
 
 
L’auto si fermò di fronte al palazzo in cui viveva Alexander e tutta la forza che Emily aveva racimolato nel corso del pomeriggio era improvvisamente scomparsa. 
Non lo vedeva dal matrimonio e non sapeva come avrebbe reagito alla vista di lui. A peggiorare le cose, Roman non c’era quella sera e non poteva contare sul suo sostegno.
Lo vide uscire dall’ingresso e avvicinarsi alla macchina. Aveva scelto un completo scuro non esageratamente elegante, ma comunque formale. 
Quando entrò nell’auto prese posto di fronte ad Emily e solo guardandolo lei capì che non era di buon umore.
Teneva le labbra serrate e la fronte corrugata. Un ciuffo di capelli chiari gli ricadeva sulla fronte, segno che era stato troppo irritato per sistemarlo.
«Togliti quella faccia» gli disse, «lo stiamo facendo per la tua campagna.»
«Ti ho chiesto sostegno pubblico, non iniziative di cui sono all’oscuro» replicò lui.
Lei fece un sorriso malizioso e allungò le gambe davanti a sé, sfiorando quelle di lui: «Non ti fidi di me, Alexander?»
Lui strinse gli occhi: «Dimmelo tu. Posso fidarmi di te, Emily? Oppure Cassandra? O duchessa? Ricordami chi sei, per favore, perché tendo a dimenticarlo.»
Lei si raddrizzò sul sedile e sbuffò infastidita. Quel litigio proprio non ci voleva, avrebbe rovinato il loro colloquio con Lowe.
«Così improvvisamente il mio aiuto non ti va più bene? Cosa è cambiato?» gli disse.
Alex la guardò, uno sguardo così duro che lei si sentì trafiggere il cuore da una freccia. Lui l’aveva sempre guardata con amore, affetto, senso di protezione, e neanche quando litigavano le aveva mai rivolto uno sguardo di fastidio. In quel momento la stava odiando e faceva così male. Non erano più loro stessi.
«Sto cominciando a capire cosa c’è dietro a tutto lo spettacolo della “duchessa”» replicò lui, continuando a fissarla. «Ho fatto delle ricerche.»
«Su cosa?» mormorò lei.
«Su tutto. Te, le persone con cui lavori. Roman.»
Alex tacque e sondò il volto di lei come se cercasse una qualche reazione.
Lei deglutì e alzò il mento: «E cosa hai trovato? Che era al mio fianco in ospedale, quando mi portarono tuo figlio? Che mi ha aiutato a crescerlo per i primi mesi? Che senza di lui, io e Noah saremmo vissuti per strada?»
Alex cercò di ignorare le sue parole.
«Non ho trovato nulla sul suo vero nome, come sospettavo, ma una sua fotografia è comparsa su un sito davvero interessante.»
Emily strinse i denti e arpionò la pelle del sedile con le dite. Erano stati attenti a cancellare ogni traccia della loro vita passata, ma a quanto pare non abbastanza da resistere ad un attacco di Jefferson.
«Si proponeva come un “accompagnatore per signore desiderose di compagnia, single e sposate, di qualsiasi età”.»
«L’hai studiato a memoria?» replicò lei ironica.
«Era un gigolò, Em!»
Lei finse un’espressione stupefatta, portandosi le mani intorno al volto: «Oh no! Ora dovrò cacciarlo di casa e rimpiazzarlo con l’uomo che mi ha abbandonata anni fa!»
Alex fece schioccare la lingua, chiaramente scocciato, e puntò lo sguardo fuori dal finestrino, guardando la città scorrere al contrario. Non rimase in silenzio a lungo, perché subito aggiunse, tornando a guardarla: «Se qualcuno lo scoprisse, potrebbe rovinare la mia immagine e la campagna. Sai quanto conti l’influenza dei conservatori da queste parti.»
«Allora fai in modo che nessuno lo scopra» replicò lei.
Alexander era contrariato, le sue narici si dilatavano a ritmo del suo respiro accelerato e la sua mascella era contratta. Quando parlò, non si voltò verso di lei, ma tenne gli occhi fuori dal finestrino.
«Questo mi fa dubitare delle altre persone di cui ti circondi. Possiamo fidarci di loro?»
Emily guardò a sua volta fuori dall’auto.
«Irrilevante pensarci ora. Siamo arrivati.»
Si allungò per bloccare la mano di Alexander già sulla maniglia della portiera. Erano entrambi protesi in avanti e a un soffio di distanza. Emily riusciva a vedere se stessa nelle iridi ambrate di lui. Se avesse inspirato, sarebbe riuscita a sentire il profumo intenso che lui usava nelle occasioni formali. 
Le pupille di Alex guizzarono più in giù, sulle labbra ciliegia della ragazza.
«Per favore, cerca di non contraddirmi quando saremo là» gli sussurrò. «Lo dico per te.»
Ritirò la mano da quella di Alex e aspettò che lui scendesse per primo per poi seguirlo.
Fuori dall’auto li attendeva un omone alto dalle spalle larghe, che Emily portava con sé quando doveva recarsi in posti poco frequentati.
Il punto di incontro scelto da Lowe era un vecchio edificio in periferia dall’aspetto abbandonato. 
«Molto rassicurante, Em» commentò Alex.
Averlo al suo fianco le trasmetteva emozioni contrastanti. Come Emily, la vecchia Emily, la faceva sentire al sicuro e protetta. Avrebbe solo voluto prendere la sua mano e lasciarsi guidare da lui. Ma come Cassandra, la duchessa, si sentiva preoccupata per come lui avrebbe reagito. Avrebbe potuto rovinare i suoi affari.
Raggiunsero l’ingresso dell’edificio, che dall’aspetto pareva una fabbrica in disuso. Due uomini vestiti di scuro li stavano aspettando e, quando li videro, aprirono la grande porta metallica senza parlare.
Si infilarono all’interno e lo trovarono buio. Solo la flebile luce dei lampioni, che si infilava dall’alto, delineava i contorni degli oggetti che si trovavano nella fabbrica.
«La situazione non sta migliorando» mormorò Alex, inspirando l’aria che sapeva di polvere.
Lei lo fulminò con lo sguardo. «Smettila di lagnarti come un bambino» gli disse, poi si voltò e lo guidò attraverso una strada che conosceva a memoria.
Ad un tratto rallentò, per fare cenno ad Alex che cominciava una scala di metallo. Vide che lui stava strizzando gli occhi, nel tentativo di abituarsi all’oscurità.
Salirono fino al primo piano, dove trovarono un altro uomo che sembrava di guardia ad una porta. Non appena li vide, bussò vigorosamente e, ricevuto il segnale dall’interno, aprì per farli entrare.
Emily prese un respiro profondo e avanzò.
Lowe li aspettava seduto ad un tavolo di legno scuro, mentre nella stanza intorno a lui stavano altri tre uomini in nero e dall’aspetto tanto rassicurante quanto quello di doberman inferociti.
La sala in cui si trovavano era un vecchio ufficio, aveva ancora gli stessi arredi consunti e nell’aria permaneva un certo odore metallico. La parete di fronte alla porta era occupata da grandi vetrate che, se non fossero state schermate dalle veneziane, avrebbero permesso una visione della sala macchine al piano inferiore.
«Che piacere vederti, Cassandra» esordì Lowe, andando loro incontro. 
Salutò la giovane con tre baci sulle guance, stringendole la mano.
Arthur Lowe era un uomo di media altezza e dalla struttura fisica piuttosto esile, ma a cui compensava la vivacità dei suoi gesti. Questo aiutava a dargli un che di magnetico, nonostante non fosse stato disposto di bellezza naturale. Un naso lungo e arcuato gli attraversava il volto, sormontando dei baffetti nero-grigi e delle labbra sottili. I capelli radi insieme alle rughe che attraversavano il viso indicavano che era ormai prossimo alla sessantina. Indossava sempre completi eleganti, che mettevano in chiaro il suo stato sociale.
«E anche il tuo nuovo amico» aggiunse, tendendo una mano ad Alexander.
Quello gliela strinse, non senza una certa rigidità, ma che riuscì a controbilanciare con un sorriso affabile. 
Emily pensò che forse solo lei era in grado di leggere le sue reazioni più microscopiche.
«Accomodatevi» li invitò il padrone e presero posto intorno al tavolo.
I primi minuti di conversazione occuparono solo Lowe ed Emily. I due si scambiarono rapidamente dati e carte e nessuno sarebbe riuscito a seguirli senza conoscere più approfonditamente l’argomento.
Quando ebbero concluso, Lowe si rivolse ad Alexander.
«I sondaggi dicono che hai buone possibilità di vittoria.»
«Farò del mio meglio fino alla fine» replicò l’altro.
Lowe non parve impressionato dalla sua risposta. Si voltò verso Emily, che sedeva al suo fianco, poi tornò a guardare Alex, un posto più in là.
«Vedi, la nostra cara amica crede che noi due abbiamo altre cose in comune oltre alla sua amicizia.»
Alex sollevò le sopracciglia e guardò Emily: «Ah sì?»
Lei strinse i denti e aspettò che fosse Lowe a portare avanti la conversazione.
«Ci sono certi interessi, che potrebbero convergere.»
«Non vedo come» replicò Alex e si beccò uno sguardo furente da parte di Emily. Quando lei lo guardò, vide che teneva i pugni serrati e tutto il suo corpo era in tensione nello sforzo di trattenersi. Quell’uscita non era che un assaggio di quello che poteva fare se fosse esploso.
Emily deglutì il proprio orgoglio e disse, con un sorriso tirato stampato sul volto: «È molto semplice. A te servono elettori e ad Arthur serve un sindaco che sia dalla sua parte. Un perfetto match.»
«Credevo di aver già fatto lo stesso accordo con te» ribatté Alex, «mi stai quindi dicendo che il tuo aiuto non è sufficiente?»
Rovente in volto, Emily si voltò verso Lowe, che stava osservando la scena quasi deliziato.
«Puoi lasciarci un paio di minuti per discuterne da soli?»
Lui annuì: «Assolutamente.»
La ragazza scattò in piedi e afferrò Alex per un braccio, intimandogli: «Andiamo.»
Lui alzò gli occhi al cielo, ma si alzò e la seguì.
Uscirono dalla stanza, seguiti dalla guardia di Emily, che rimase a distanza di sicurezza rispettando la loro privacy. L’uomo che li aveva fatti entrare si spostò per lasciarli soli.
«Che cazzo stai facendo?» sibilò Emily guardandolo da così vicino che dovette inclinare il capo per guardarlo negli occhi.
«Sei seria?» replicò lui, sgranando gli occhi.
«Mi stai mettendo in ridicolo e ti stai comportando come un ingrato, ecco cosa stai facendo» sbottò lei, piantandogli l’indice nel petto. «Mi rovinerai gli affari.»
«Gli affari? Dio, Em, non dirmi che fai affari con questo criminale.»
Lei si raddrizzò in modo da poterlo incenerire con gli occhi ancora da più vicino: «Abbassa la voce e non fare tanto il santo. Sapevi che avresti dovuto fare dei sacrifici.»
Lui alzò le braccia, poi le lasciò cadere all’improvviso, come se non riuscisse a trovare le parole. Prese un respiro profondo e quando parlò, cercò di farlo con calma e un tono di voce contenuto.
«Tutti sanno cosa fa Arthur Lowe. Il centro commerciale di cui è proprietario è il principale luogo di spaccio della città e il terzo punto della mia campagna è eliminare la droga dalle strade per rendere Tridell più sicura» prese un altro respiro. «Non posso farlo.»
Emily lo osservò per un istante.
«Prima di tutto, credevo fosse tua intenzione diventare sindaco per sottrarre una certa cosa che ci appartiene alle persone che se ne sono appropriate» chiarì in modo deciso. Alex aprì la bocca per ribattere, ma lo anticipò: «E poi, se anche intendi proseguire con quello che era stato il piano iniziale, che immagino fosse stabilito da tuo padre, diventare primo cittadino non è altro che una tappa e non la meta finale, o sbaglio?»
Alex non rispose e questo le diede ragione. Emily sentì il suo volto scaldarsi nuovamente con la consapevolezza che aveva fatto centro. Fin dall’inizio Alex aveva seguito ciò che suo padre gli aveva detto e lei non lo aveva mai dubitato.
«Il mio aiuto può essere vincente a Tridell, ma l’appoggio di Lowe è fondamentale per tutte le restanti tappe della carriera politica che tuo padre ha fissato. Questa sera stai decidendo il tuo futuro, Alexander.»
Lui strinse spasmodicamente i pugni, evitando il suo sguardo, pensieroso. Quando lo riportò su di lei, mormorò: «Ultimamente sembra che ogni decisione che io prenda deciderà il mio futuro.»
Emily roteò gli occhi: «Se avessi voluto una vita tranquilla e priva di responsabilità, non saremmo qui. È anche colpa tua.»
Lui annuì e rimasero in silenzio per qualche istante. Emily non sapeva a cosa stesse pensando Alex, ma dal suo sguardo immaginò che i loro pensieri fossero sintonizzati. L’unico momento in cui avevano avuto una vita tranquilla erano stati quegli anni insieme. L’unica responsabilità era procurarsi i soldi a sufficienza per arrivare a fine mese, ma per il resto vivevano senza preoccupazioni e paure, contenti solo di aversi l’un l’altra.
«Torniamo dentro» Alex interruppe i suoi pensieri e lei non poté far altro che acconsentire.
Si fecero aprire e tornarono ai loro posti.
Lowe li guardò in attesa e fu Alexander a prendere per primo la parola: «Ha ragione, l’amicizia che condividiamo con questa donna è un forte legame. Il suo acume mi ha fatto rivalutare le mie parole e sono pronto ad ascoltare la proposta.»
Guardò Emily e lei si trattenne da alzare gli occhi al cielo e insultarlo.
Sul volto dell’altro di aprì un sorriso storto e irregolare e i suoi occhi luccicarono, mentre replicava: «Come sono certo saprai, mi occupo di numerosi affari a Tridell. Questo mi mette in contatto con molte persone, che sono sempre molto disponibili ad ascoltare i miei consigli, ad esempio su quale candidato votare.»
Alex fece un cenno di assenso ed Emily notò il disagio che cercava di celare attraverso uno sguardo saldo fisso su Lowe. Vide un rivolo di sudore sul collo di lui infilarsi nella camicia.
«Tutto ciò che chiedo in cambio sono dei colloqui, degli incontri amichevoli diciamo, per tenermi informato su quanto avviene in municipio. Se potessi avere delle anticipazioni sui provvedimenti, ne sarei molto grato.»
Lowe gli rivolse un sorriso gentile che però non si estendeva fino agli occhi. La sua non era una richiesta, ma una pretesa.
Emily guardò Alex, che evitò invece il suo sguardo. Il silenzio di lui le fece accelerare rapidamente il battito cardiaco. Quello che Lowe chiedeva non era poco e anche Alex avrebbe dovuto ingoiare il suo orgoglio per accettare.
«Certo, mi assicurerò di avere sempre tempo per i nostri colloqui» rispose in tono pacato.
La ragazza sospirò mentalmente, mentre i due uomini si stringevano la mano sugellando il patto.
Si alzarono tutti in piedi, ma prima che potessero uscire Lowe le chiese di trattenersi un minuto in più del suo compagno. 
Emily fece cenno ad Alex che lo avrebbe raggiunto e lui uscì dall’ufficio.
«Sei soddisfatto?» domandò poi, voltandosi verso Lowe.
Lui aveva un volto indecifrabile, come se fosse assorto nei suoi pensieri, e fissava la porta da cui era appena uscito Alex.
«Non ancora» replicò, spostando gli occhi su di lei, «il tuo amico non mi sembra una persona affidabile.»
Emily sbuffò: «Non è ancora abituato al modo in cui si fanno affari a Tridell.»
Lowe parve sfiorato lievemente dalla battuta della giovane, ma qualcos’altro dovette divertirlo, perché le sue labbra si incresparono in un ghigno.
«In ogni caso, assicurati che mantenga le sue promesse. Non vorrei dover ricorrere ad estremi rimedi.»
Emily sentì un brivido gelido correrle lungo la colonna vertebrale.
«Cosa intendi?»
Negli occhi di Lowe brillò una luce luciferina e lei strinse i denti per tenere a freno i tremori derivati da quello sguardo.
«Diciamo che mi sono procurato una garanzia nel caso Alexander Henderson decida di cambiare parte.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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