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Autore: NPC_Stories    15/03/2020    7 recensioni
Maith Slenderbow è un'elfa della luna che vive nella Grande Foresta. Non è più giovanissima, i suoi coetanei hanno vissuto avventure e si sono costruiti una vita indipendente molto prima di lei.
Purtroppo Maith non è mai riuscita a riprendersi dal trauma dopo una brutta disavventura di gioventù... riuscirà a rialzarsi in piedi e vivere la vita a cui sarebbe stata destinata?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1480-1491 DR: Non è mai troppo tardi


1480 DR, Grande Foresta, da qualche parte nella zona settentrionale

“Maith! Maith Slenderbow!” una voce la chiamò con prepotenza, risvegliandola bruscamente dalla reverie.
L’elfa della luna aprì gli occhi di colpo, rendendosi conto solo in quel momento che non si trovava in un dungeon oscuro, ma nella sua camera, nella casa dei suoi genitori. La luce, per prima cosa, riuscì a calmarla un pochino: la luce dell’alba tradiva subito la realtà, separandola nettamente dal sogno. Anzi, dal ricordo. La reverie non porta sogni, solo memorie.
“Mamma…” l’elfa della luna scosse la testa, confusa, poi si lanciò in avanti per abbracciare quella figura rassicurante. Sentire la vicinanza di sua madre con il tatto e l’olfatto la aiutò a liberarsi definitivamente della paura che la donna fosse un’illusione.
“Eri ancora laggiù, tesoro? Ancora quel terribile ricordo?”
“Non ci riesco, mamma” l’elfa più giovane sentì le lacrime che le inondavano gli occhi dietro le palpebre serrate. “Ogni volta che riposo la mia mente torna . Non riesco ad andare oltre.”
“Ssh, ssh, piccola mia” sua madre le accarezzò la testa come quando era una ragazzina. “Sei al sicuro.”
“No” singhiozzò Maith. “No, nella mia mente non sono mai al sicuro.” Si sciolse dall’abbraccio, guardando sua madre negli occhi con un’ombra di coraggio nello sguardo. “Questa vita è tranquilla, protetta. Ma ogni volta che chiudo gli occhi mi vedo di nuovo su quell’altare sacrificale, sento i sussurri dei drow e lo zampettio dei ragni e… mi chiedo cosa sarebbe successo se qualcuno non mi avesse salvata. Mi sento come se in quel momento fossi stata in equilibrio fra la vita e la morte e solo il soffio della fortuna mi avesse fatta cadere dalla parte giusta. In quel momento non avevo importanza, non avevo scelta. Era la mia vita ad essere in pericolo, ma io non potevo fare nulla. Quella ragazzina dhampir mi ha salvata e portata al sicuro come un inutile peso morto. Ero paralizzata dalla paura, e quella paura mi paralizza di nuovo ogni notte.” Maith tremava, nonostante il clima gentile di mezza estate. “Se lei fosse stata solo un poco più egoista, se avesse deciso che non valeva la pena rischiare la vita per me, io adesso non sarei qui. E cosa ho fatto della mia vita? Me ne sto qui a tremare e a non riuscire a far nulla da centovent’anni, mamma! La mia vita mi è stata restituita a un passo dalla fine e io non riesco a farne nulla di utile!
Idmeya Slenderbow non smise di stringere nelle mani le spalle di Maith, ascoltando in silenzio il suo sfogo. L’elfa non aveva mai voluto fare fretta a sua figlia, ma condivideva la sua preoccupazione: Maith aveva quasi centosessant’anni ormai, e da quando era tornata al villaggio non ne era più uscita. Il trauma del rapimento l’aveva terrorizzata, spezzata, facendola cadere in un gorgo di attacchi di panico e senso di inadeguatezza. La giovane elfa non aveva la minima fiducia in se stessa. Aveva da tempo passato l’età in cui gli elfi della luna si allontanano dalla famiglia, ma l’idea di restare sola la paralizzava di terrore. Non osava mai mettersi alla prova per paura di fallire. E come poteva Idmeya darle torto? Il mondo era un luogo pericoloso, e l’ultimo secolo era stato più turbolento che mai. Solo cent’anni prima una guerra con tanto di incursioni demoniache aveva spazzato la Grande Foresta orientale e meridionale, fermandosi a poche decine di miglia dal loro villaggio. Poi era stata la volta dei fulmini blu che cadevano dal cielo, che avevano squassato il mondo e devastato la magia. A seguito di tutto ciò, la situazione politica si era fatta instabile nei regni umani appena fuori dai confini della foresta, e gli elfi si erano rinchiusi il più possibile nella loro quotidianità, rifuggendo il contatto con l’esterno. Idmeya non aveva certo fatto pressioni a Maith per esplorare il mondo o andare all’avventura in un clima simile… ma aveva la sensazione che la ragazza non avrebbe tentato un’escursione nemmeno se l’eventualità più rischiosa fosse stata incontrare un bambino goblin armato di una spada di legno.
“Forse non dovresti forzarti a fare cose per cui non ti senti pronta, mia cara, ma potresti fare qualcosa per guadagnare più fiducia in te stessa, rafforzare la tua mente, o almeno… trovare la calma interiore.”
“La mia calma…” Maith ripeté quelle parole, incredula. “Mamma, se neppure una vita tranquilla è riuscita a restituirmi la pace, che cosa potrebbe farlo?”
Idmeya Slenderbow sorrise come se la figlia avesse fatto esattamente la domanda giusta.
“L’addestramento. La disciplina mentale. La sicurezza di apprendere un’arte che ti renderà capace di difenderti.”
Maith le riservò uno sguardo colmo di dubbi, incertezze, ma anche una punta di speranza.
“Non lo so… credi che ne sarei in grado?”
Idmeya prese una mano della figlia fra le sue. “Tuo padre è andato a parlare con un suo cugino che vive a Everlund. Ha accettato di venire qui per conoscerti. Mastro Ylyndar Soryn è un Cantore della Lama, tesoro. La sua arte è un prezioso segreto del popolo elfico, una disciplina che combina lo studio della magia arcana e l’addestramento con le armi. Questo potrebbe aiutarti. A riprendere il contatto con le tue radici, a ricordarti che sei un’elfa. E che il nostro popolo non si fa calpestare da nessuno.”

Maith rifletté su quelle parole, prendendosi un po’ di tempo. I suoi genitori avevano avuto una pazienza infinita con lei, ma lei sapeva che non sarebbe mai guarita del tutto se non fosse riuscita ad affrontare le sue paure. Ma per farlo, doveva essere sicura di sapersela cavare, di saper sopravvivere.
Forse questa strada meritava almeno un tentativo.

E alla fine, anche se ci volle più di un decennio, Maith riuscì davvero a riportare un po’ di pace e di ordine nella sua mente. Mastro Ylyndar fu per lei un insegnante prezioso, paziente, un modello di vita. Lei sapeva di non essere la sua allieva migliore: era lenta nell’apprendimento e sempre insicura, piena di paure, ma proprio per questa ragione riuscire a padroneggiare i rudimenti di quell’arte le diede una sicurezza incredibile.
Non era una causa persa.
Anche Ylyndar la lodava per ogni minimo miglioramento, come se sapesse quanto era difficile per lei, quanto avesse bisogno di incoraggiamento.
Io non sono senza speranza, si ripeteva ogni giorno. Forse ho trovato la mia strada. Forse riuscirò ad affrontare le mie paure.

Fu con questo spirito che in un giorno d’autunno, nell’Anno della Strega Scarlatta, Maith si mise finalmente in viaggio verso Waterdeep. Era il momento di tornare alle origini del suo malessere, era il momento di affrontare la città in cui era stata rapita dai drow centotrent’anni prima.
Ma con un’arma in pugno e un incantesimo sulle labbra, questa volta.


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Nota: Maith Slenderbow è un png che compare brevemente nel boxed set "Ruins of Undermountain" di AD&D 2ed, 1991. Si trova nella stanza 12 del primo livello ed è sul punto di essere sacrificata a Selvetarm da alcuni drow. Io ho preso questo evento e l'ho fatto accadere nella mia storia Lezioni di sopravvivenza - Primo livello, capitoli 7-9. Nella mia storia Maith viene salvata dai due protagonisti e riportata in Superficie, traumatizzata. Ciò che le succede dopo non viene approfondito.
Oltre ad essere un missing moment di quella mia storia, questo è anche il background del mio prossimo personaggio di d&d 5ed.
   
 
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