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Autore: Xion92    15/03/2020    1 recensioni
Post-KH3. Kairi è disperata perché non c’è modo di riportare Sora indietro. Ma quando, poco dopo, Ansem il saggio le rivela la verità sul suo passato, per la ragazza si apre una nuova prospettiva di vita.
Cosa significa veramente essere il capo di un mondo e governarlo? Quanti modi ci sono per farlo, e qual è quello più efficace e accettabile al tempo stesso? Quali pericoli, minacce e congiure attendono un principe? Questa è la storia di tre generazioni di sovrani del Radiant Garden, in cui ognuno di loro, a modo proprio, cerca di portare il regno verso la prosperità. Una storia di governo e di politica, fortemente basata su “Il principe” di Machiavelli.
(Il rating è arancione solo per il capitolo 7, tutto il resto dovrebbe mantenersi sul giallo)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kairi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Allora ragazzi, come vanno gli arresti domiciliari? Scusate se ci ho messo tanto, questo capitolo è stato difficile per me, vista la quantità di cose che ci ho buttato dentro. Attenzione: vista l’uscita del re:mind, d’ora in poi i capitoli di questa storia conterranno dei lievi spoiler. Siete avvisati!

 

Capitolo 10 – La prima impressione

 

“Li uomini mutano volentieri signore, credendo migliorare; e questa credenza li fa pigliare l’arme contro a quello; di che e’ s’ingannono, perché veggono poi per esperienza avere piggiorato.” – Capitolo III


Ma quanto era lontano il Radiant Garden dalle Isole del destino? Questo si chiedeva Kairi mentre, sul sedile con le cinture di sicurezza bene allacciate, osservava incuriosita suo padre , seduto davanti a lei che le dava le spalle, mentre guidava la navicella. Era pur vero che era stata già al Radiant Garden, mesi e mesi prima con Sora, per liberare il cuore di Naminé prima di tornare sulle isole, ma allora non avevano usato la gummiship per spostarsi, così che la ragazza non si era davvero resa conto di quanto in realtà i due mondi fossero distanti. Mentre si faceva questa domanda, Kairi non riusciva a smettere di pensare a Riku. Sarebbe stato meglio per lei se al momento della partenza non l’avesse rivisto, almeno avrebbe potuto metterci una pietra sopra. Conosceva troppo bene il suo amico d’infanzia per non rendersi conto che lui provava un affetto troppo grande per lei per chiudere in un modo così brusco. Ed infatti, il fatto che fosse stato presente al momento della sua partenza glielo aveva confermato. Riku non voleva troncare con lei, ma il suo orgoglio lo aveva spinto a comportarsi in quel modo, e Kairi non poteva certo biasimarlo: chiunque altro, al suo posto, avrebbe perso la pazienza ben prima. E tuttavia, Riku non aveva voluto farsi avanti per parlarle, e lei non si era avvicinata a lui per riconciliarsi. Si erano guardati, lui aveva distolto lo sguardo, e tutto era finito lì. Kairi avrebbe potuto in realtà risolvere la faccenda in un modo semplice: raccontargli tutta la verità. Ma c’era una cosa in particolare che la tratteneva dal farlo: la consapevolezza che, se Riku non l’avesse presa per pazza e avesse creduto sul serio a quello che lei sapeva, avrebbe di sicuro iniziato a cercare Sora in ogni modo, per poter riavere il suo migliore amico indietro. Quando invece Kairi sapeva benissimo che, per quanto ci potessero provare, non c’era modo di salvare il suo innamorato, e quindi se Riku si fosse messo a cercarlo avrebbe sprecato la sua vita e basta. No, come Sora le aveva detto, era molto meglio così. Era meglio che Riku, e tutti gli altri, ne restassero all’oscuro. L’unica su cui gravava tutto il peso della sofferenza per la sua scomparsa era lei. Ma, per il loro bene, lo doveva sopportare e ci si doveva abituare. Ora, con Riku non sapeva come sarebbe andata a finire. Per il momento sapeva che non lo voleva né sentire né vedere. Più avanti? Si sarebbero riparlati? Avrebbero riallacciato i rapporti? O forse non si sarebbero visti mai più? Kairi per ora non voleva pensarci. Una nuova vita la aspettava, ed era a questa, ora, che doveva prestare attenzione.

“Quindi…” iniziò incerta, ed Ansem sussultò, perché era la prima volta che il silenzio fra loro due veniva rotto da quando il viaggio era iniziato. “Posso sapere… ehm… padre… che tipo di mondo è il Radiant Garden? Come funzionano le cose là?”

Il vecchio principe, senza voltarsi, annuì. “Hai ragione, Kairi. Prima di arrivare è bene che tu sappia un po’ come funzionano le cose. Hai fatto bene a chiedere.”

A Kairi metteva un po’ a disagio il fatto che fosse costretta a parlare con Ansem senza poterlo guardare in faccia, ma non poteva alzarsi dal suo posto e dovette accontentarsi.

“Per quanto riguarda l’assetto del regno, lo potrai capire meglio quando sarai arrivata, vedendolo coi tuoi occhi. Per quanto riguarda il governo invece, sappi che il Radiant Garden è una monarchia assoluta che può essere retta da uno o più principi. Però ce n’è sempre uno più importante degli altri, chiamato principe regnante, e tutte le decisioni organizzative ultime spettano a lui, se c’è un’indecisione o un dubbio, così come il potere legislativo, che gli altri principi non hanno.”

“E il principe regnante siete voi, vero?” chiese Kairi, che ascoltava con attenzione.

“Esatto. Di principi ce ne possono essere anche due o tre in realtà, e se ce n’è più di uno, il principe regnante assegna a ciascuno di loro una parte del governo. Così il particolare principe dovrà curarsi solo dei compiti che gli sono stati assegnati, e finché rimane limitato a quelli, non dovrà rendere conto al principe regnante per ciò che vorrà applicare, ma sarà tutto a sua discrezione. Per quanto riguarda quel particolare ambito, avrà potere esecutivo e giudiziario, mentre il potere legislativo spetterà al solo principe regnante. Mi spiego?”

“Sì”, annuì Kairi. Ricapitolando: monarchia assoluta, un principe più in alto gerarchicamente degli altri, che poteva assegnare parti di governo agli altri principi, e un principe più in basso a livello di gerarchia, una volta ottenuto un particolare potere poteva usufruirne liberamente senza rendere conto a chi stava più in alto.

“Naturalmente finora il problema non si è posto, perché da quando sono diventato principe regnante, sono stato sempre l’unico”, riprese Ansem. “Ma governare da soli un regno così vasto come il Radiant Garden non è facile. Ecco perché è meglio che i principi in totale siano due o anche tre, a seconda dei casi. Così il lavoro è molto più alleggerito.”

“E un principe nuovo come viene scelto? Viene eletto dal popolo?” chiese Kairi.

Ansem rise divertito a quell’ipotesi. “No, Kairi. Il popolo non può certo prendersi una così grossa responsabilità. Mi raccomando, i sudditi non vanno così sopravvalutati, intellettualmente parlando.”

“Certo…” annuì Kairi, a cui quell’ultima frase non sembrava molto chiara e, in un certo senso, nemmeno troppo gentile.

“No, la successione avviene per linea ereditaria. Tu sei mia figlia, e quindi è giusto che diventi tu la nuova principessa, e così succederà anche a chi verrà dopo di te.”

Kairi capì immediatamente dove suo padre voleva arrivare. “Padre, non… non succederà”, esclamò. “Io non voglio sposarmi”, aggiunse, ancora più convinta.

“Tranquilla, figliola”, cercò di placarla Ansem, senza voltarsi. “Non devi certo farlo immediatamente. Puoi prenderti tutto il tempo e gli anni che vuoi. Il Radiant Garden è pieno di bei ragazzi prestanti, sono certo che almeno uno di loro ti piacerà, e allora potrai sposarlo ed il sangue della nostra famiglia potrà mantenersi.”

Kairi scosse la testa, con l’orrore nel cuore a quella prospettiva. “No, signore, non mi sono spiegata. Non voglio sposarmi. Né ora né mai. E’ una scelta precisa che ho fatto, che non dipende da quanto siano belli o in gamba i ragazzi del Radiant Garden. Quindi devo dirvi fin da subito che non darò al regno un erede di sangue. E’ l’unica condizione che chiedo per poter restare con voi. Altrimenti potete riportarmi indietro. Io non voglio sposarmi!”

Ansem allora girò la testa e la guardò perplesso. “Sei stata molto convincente”, commentò. “Non preoccuparti, questo non cambierà le cose. In via del tutto eccezionale, quando non c’è un erede di sangue, il principe regnante sceglierà lui stesso un altro erede che possa continuare la linea. E sei fortunata, Kairi: ne abbiamo uno già pronto che ci aspetta al Radiant Garden.”

Kairi tirò un gran sospiro di sollievo e si accasciò sul sedile. Era stata brusca con suo padre, questo era vero, ma non aveva potuto fare altrimenti: il solo pensiero di sposarsi con un uomo che non fosse Sora e avere un figlio che non fosse suo era per lei inconcepibile. Avrebbe preferito mille volte ritornare nelle Isole del Destino e continuare a soffrire piuttosto che andare incontro a un futuro simile. Ma Ansem le aveva appena detto che c’era qualcun altro nel regno che si sarebbe preso la responsabilità di continuare la linea della loro famiglia, quindi per quello che la riguardava, era tutto risolto.

“Chi è questa persona, se posso chiedere?”

“La conoscerai. E’ un bambino che ho adottato un po’ di tempo fa, quando ancora non avevo preso in considerazione l’idea di farti tornare. E’ piccolo, ma è molto sveglio ed intelligente. Quando crescerà sarà principe insieme a te. Ed è un bene questo, non vedeva l’ora di poter assumere questo ruolo. Quando gli ho detto che saresti tornata e saresti diventata tu la principessa mi è sembrato che ci fosse rimasto un po’ male.”

“Bene!”, annuì Kairi, sollevata. Perché no? L’idea di avere un collaboratore più giovane di lei non le dispiaceva. Avrebbe potuto darle una mano, e se era davvero così entusiasta all’idea di diventare principe, si poteva solo pensare che avrebbe fatto un ottimo lavoro.

“La successione generalmente avviene in base all’età, salvo motivi particolari che devono avere una giustificazione valida. Questo vuol dire che, dopo di me, sarai tu la principessa regnante del nostro regno”, aggiunse Ansem.

Kairi iniziò a mostrare però un certo disagio. “Non… vi sembra un po’ presto per parlarne? Insomma, ancora devo vedere il mondo che dovrò governare.” Era riuscita ad abituarsi all’idea di essere una dei capi del mondo, ma l’idea di esserne la capo assoluta per ora la intimoriva.

“Hai ragione Kairi, tempo al tempo. Prima bisogna vedere come te la caverai come semplice principessa, anche se non ho dubbi che svolgerai un ottimo lavoro”, la incoraggiò Ansem.

Kairi non rispose a quell’affermazione, riuscendo solo ad augurarsi che il vecchio principe avesse ragione.

“Siamo quasi arrivati. Vedo già il Radiant Garden in lontananza. Stringi la cintura, atterriamo”, annunciò Ansem.

Kairi, emozionata, afferrò con entrambe le mani i braccioli del sedile, preparandosi all’atterraggio. La Gummiship attraversò una spessa coltre di nubi, e la ragazza vide avvicinarsi un mondo ricoperto di acqua, con tante isole sparse sulla sua superficie, e qualcosa di isolato che spiccava. Riconobbe immediatamente il castello che d’ora in poi sarebbe stata la sua casa, e la città che si era sviluppata intorno alle sue mura. Il mondo era però grigio e cupo, gli ampi appezzamenti di terreno non erano ricoperti dai fiori che ricordava. Pioveva forte, e i vari giardini erano zuppi d’acqua. In giro non si vedeva nessuno. La Gummiship si avvicinò con cautela vicino alle porte del castello, e quando ebbe completato le operazioni, Ansem spense il motore.

“Non preoccuparti di quello che hai visto, il Radiant Garden non è sempre così. Siamo in piena stagione delle piogge, ma passerà”, la tranquillizzò. “Fuori fa freddo ed è umido. Vuoi metterti i vestiti pesanti che ti sei portata?”

Kairi annuì, slacciò la cintura di sicurezza, afferrò la valigia e si rifugiò nel bagno della navicella. Ansem intanto aprì il portello ed abbassò la rampa. Di sotto, incuranti della pioggia, si erano già raccolti le due guardie e i due apprendisti. La navicella era atterrata proprio accanto alle mura del castello, e i cancelli che conducevano alla residenza reale erano chiusi, quindi nessuno del popolo poteva accostarsi a loro.

“Vi siete assicurati che dentro sia tutto in ordine?”, gridò Ansem da in cima alla rampa.

“Tutto è in ordine e sistemato, maestà”, assicurò Aeleus.

Il vecchio principe annuì e si girò. Guardò sbigottito sua figlia che era appena uscita dal bagno. Si era messa una maglia bianca con le maniche lunghe, una gonna pesante lunga fino al ginocchio, degli stivali più alti che le coprivano anche gli stinchi, ed ora si stava infilando un impermeabile rosa chiaro e nero che le arrivava fino al ginocchio, stretto in vita. Sua figlia era davvero splendida, ed Ansem non poté fare a meno di pensare a quello che gli aveva detto prima. Altroché non volersi sposare, lui era sicuro che appena i ragazzi che abitavano quel regno avessero visto che meraviglia si trovavano per principessa, si sarebbero assaliti l’un l’altro pur di conquistarla. Ma se era la volontà di Kairi rimanere da sola, non sarebbe stato certo lui a cercare di farle cambiare idea.

“Vieni, Kairi, sarà meglio che tenga un ombrello”, le disse, porgendogliene uno dal portaombrelli vicino all’uscita. “Fuori la pioggia è molto fitta.”

Kairi, seguendo suo padre, tenendo stretto l’ombrello sopra la sua testa resistendo alle raffiche di vento e appoggiando cauta i piedi sulla rampa bagnata, si avviò verso le quattro persone raccolte sotto. Appena furono arrivati, subito le due guardie li scortarono dentro il portone del castello, all’asciutto. Quando fu all’interno, Kairi si diede una rapida occhiata in giro: quel castello era un po’ diverso da come se lo era immaginato. Aveva un’atmosfera piuttosto cupa, anche se si trovavano nello stanzone principale e c’erano parecchie finestre e vetrate, e di certo il brutto tempo non aiutava. L’ampia sala portava a un trono fissato in fondo, e dai due angoli in fondo della sala, a destra e sinistra, partivano due corridoi, che sicuramente portavano in altre aree del castello, e due ripide rampe di scale che portavano ai piani superiori; di fianco a ciascuna di esse c’era un grosso cristallo blu splendente. E vicino al portone d’ingresso c’era invece una stretta scala che portava al piano inferiore, probabilmente il laboratorio.

La ragazza distolse lo sguardo dall’ambiente intorno, per vedere le persone che l’avevano accolta. Erano quattro uomini, due di essi, con un camice bianco, erano chiaramente gli apprendisti di Ansem, gli altri due, imponenti e con una divisa nera, dovevano essere le guardie del castello. Kairi chiuse l’ombrello e si inchinò profondamente davanti a loro. “Sono molto onorata di conoscervi”, iniziò. “Prego, prego, non dovete inchinarvi così”, disse reverente l’apprendista coi capelli lunghi e biondi. “Non dimenticate che siamo noi a doverci inchinare a voi.” Kairi stava per dire che non si disturbassero, ma i quattro uomini fecero un rispettoso inchino davanti a lei, col solo effetto di farla sentire ancora più in imbarazzo. Un frullio d’ali ruppe quell’austerità silenziosa.

“Chi è appena arrivato, kupò! Cosa vedono le mie fosche pupille?” chiese eccitatissima una vocetta, e subito dopo Mog entrò a razzo dal portone, scrollandosi l’acqua dalla pelliccia.

“Mog, sii discreto, mia figlia è appena arrivata”, cercò di placarlo Ansem, che era entrato in quel momento e di fianco a cui le guardie si erano allineate rispettose.

Mog non sembrò sentirlo e iniziò a svolazzare curioso attorno alla ragazza. “Quindi voi siete la figliola del nostro principe, kupò? Sicuro, sicuro, mi ricordo bene di voi! Come eravate piccola e carina, kupò! E guardate ora che splendida ragazza siete! Certo non si può dire che abbiate preso da vostro padre, eh?”

“Mog!” lo richiamò severamente Ansem. “Vedi di non farti riconoscere subito.”

“Oh, sì! Certo!” esclamò agitato l’animaletto mettendosi sull’attenti e facendo il saluto militare. “Ora, signore… posso dare la notizia al popolo, kupò?”, mettendosi già in posizione per partire alla massima velocità.

“Non ancora. Aspetta il mio ordine”, gli disse Ansem, e Mog con un sospiro fece uscire tutta l’aria con cui si era caricato, afflosciandosi con le ali ciondoloni.

In tutto questo, Kairi non aveva potuto fare a meno di mettersi a ridere coprendosi la bocca con la mano. Quella creaturina già le stava simpatica. Le sembrava l’unico accenno di follia in quel castello per ora un po’ troppo cupo.

“Kairi, è un onore riavervi qui con noi”, continuò l’apprendista più anziano. “Il mio collega Ienzo forse non si ricorda di voi, ma io vi ricordo molto bene. Siamo davvero lieti del vostro ritorno, e presto lo saranno anche i sudditi.”

“Lasciate stare i sudditi, per ora”, lo interruppe Ansem. “Prima c’è qualcun altro a cui pensare. Dilan, sai dov’è Kain?”

“Dovrebbe essere nella sala da pranzo, ormai è ora di mangiare, e lui va sempre lì un po’ prima”, rispose una delle guardie. “Non aspetta che sia il personale a doverlo chiamare” aggiunse con una punta di orgoglio.

Ansem annuì. “Giusto, è ora di pranzo. Kairi, per i pasti abbiamo la sala da pranzo al piano terra. Tu, io, Even, Ienzo, Kain…” il vecchio principe interruppe la frase vedendo il moguri, sospeso a mezz’aria, agitare la zampa sollevata per richiamare la sua attenzione. Roteò verso il soffitto gli occhi. “… e Mog, prenderemo insieme i pasti. Ma prima che tu vada a sistemare le tue cose, è giusto che incontri Kain, prima. E’ parte della famiglia, e quando sarà grande lavorerà insieme a te.”

Kairi annuì sorridendo. “Sono davvero curiosa ed impaziente di conoscerlo.”

“Brava”, approvò Ansem. “Dilan, vai a prenderlo.”

La guardia annuì e si allontanò verso i corridoi, tornando dopo poco tenendo un bambino di cinque anni o poco meno seduto in bilico sulla spalla. Kairi lo osservò bene: aveva lunghi capelli biondi legati, gli occhi azzurro ghiaccio brillanti e, per via dei pantaloni lunghi e il bel vestitino che portava, sembrava più grande della sua età. Quando furono a una decina di metri di distanza, Dilan lo mise per terra e lo spinse leggermente avanti verso Kairi, che lo guardava piena di simpatia. Il bimbo doveva essersi già reso conto della persona cui si trovava di fronte, e la guardò con un poco di diffidenza, ma poi si fece avanti, si inchinò profondamente, le prese il polso e le baciò il dorso della mano.

“Voi siete Kairi, la figlia del nostro principe, vero? Io sono Kain, e sono onorato di conoscervi. Spero che questo castello sia di vostro gradimento”, disse, col tono di chi ha imparato a memoria la parte.

Ansem si mise a ridere di gusto a quelle parole. “Sei stato bravissimo, Kain, ma non c’è bisogno di essere così teso. Rilassati, Kairi non ti mangia mica.”

Anche Kairi rise, e si abbassò per poterlo vedere meglio. “Sì, io sono Kairi, e tu sei, se non ho sentito male…” lasciò cadere la frase per dare alla voce un tono di mistero. “Ma sì! Tu sei il futuro principe, vero?”

Kain spalancò gli occhi incredulo, e si girò verso Ansem.

“Sì, Kain, mi ricordo quello che ti ho detto. Sai che in genere funziona che il ruolo di principe si trasmette di genitore in figlio, e quindi avevo lasciato in sospeso la cosa con te. Ma Kairi qui ha qualcosa da dirti”, e il vecchio principe fece un cenno verso la figlia.

“Devi sapere che io non ho nessuna intenzione di sposarmi”, annunciò allora Kairi, col tono un po’ impostato, al bambino.

Kain parve perplesso. “Non volete sposarvi? E perché?”

“Perché non mi va”, rispose semplicemente la ragazza, mantenendo un tono di simpatia. “E quindi sai come funziona, no? Niente marito, niente figli, e come si farà se non ci sarà nessun figlio mio che possa proseguire la linea?”

“Oh!” saltò su allora Kain, alzando la mano. “Io! Ci sono io!” esclamò emozionato.

“Esatto”, annuì Ansem. “Quando sarai grande, sarai anche tu un principe e governerai insieme a lei.”

“E già!”, esclamò Kairi. “Come faccio sennò, tutta sola? Un bravo aiutante come te mi ci vuole. E poi chi dice che non diventerai un principe regnante anche tu? Non sei molto più giovane di me, e quando sarò troppo stanca del mio ruolo, so che potrai prendere il mio posto.”

“Sei contento allora, Kain?” chiese Ansem soddisfatto al bambino.

Kairi vide Kain assumere un atteggiamento riflessivo, mettendosi a braccia conserte e socchiudendo gli occhi per riflettere su tutto quello che gli era stato appena detto. Era ancora piccolo, e un certo sforzo mentale di rielaborazione ancora gli era necessario.

“Quindi… per me non cambierà niente, maestà? Sarò comunque il principe del regno?” chiese infine, aprendo gli occhi.

“Sì, per te non cambierà niente”, assentì Ansem. “L’unica differenza sarà che avrai un’ottima collega al tuo fianco”, aggiunse ridendo. “Ma un giorno sarai principe regnante anche tu. Sei più giovane di Kairi, in fondo, e sarai tu a proseguire la nostra dinastia.”

L’espressione di Kain si aprì allora in un gran sorriso sollevato, e il bambino batté le mani tutto contento, ridendo e lasciando andare tutta la compostezza che aveva avuto fino a poco prima. La sua felicità era arrivata a tal punto che si slanciò in avanti gettando le braccia al collo della ragazza, che lo abbracciò stretto. Anche Kairi si sentì contagiata da quella felicità: era passato del tempo dall’ultima volta in cui aveva visto qualcuno così contento.

“Andremo d’accordo, noi due”, assicurò Kairi, passandogli le dita fra i capelli biondi. “Sei davvero un bel bambino, e mi sembri anche molto svelto! Mio padre ha scelto bene il prossimo erede”, si sentì di aggiungere.

“Su questo non c’è dubbio”, annuì Ansem. “Allora, Kairi, cosa ne pensi della tua nuova famiglia? Ti abbiamo fatto una buona prima impressione?”

Kairi staccò il bambino da sé e si rimise in piedi. Guardò i visi dei presenti uno per uno: Ansem, Kain, Even, Ienzo, Aeleus, Dilan e Mog. Era l’unica donna in mezzo a tutti quei maschi. Ma le mettevano addosso una buona sensazione. Non erano come suo padre adottivo, non erano come quello che avrebbe potuto essere Sora se fossero rimasti insieme, ma erano un buon punto di partenza.

“Non avrei potuto chiedere di meglio”, affermò.

I presenti sorrisero lieti a quelle parole, e anche gli occhi arancioni del vecchio principe mostrarono gioia, stringendosi appena e facendo aumentare le rughe agli angoli. Si voltò poi verso una delle guardie.

“Aeleus, mostra a mia figlia la sua camera. Ho fatto già preparare tutto i giorni scorsi dal personale, ovviamente senza spiegarne lo scopo. Kairi, dovrai solo sistemare i tuoi vestiti.”

Girò poi la testa verso il moguri. “Mog… adesso puoi andare. Vola per tutti e quattro i quartieri della città, suona tutti i campanelli e avvisa tutte le famiglie. Devi dire che alle due ci sarà un importante annuncio, che si radunino tutti nella piazza principale. Che lascino le loro occupazioni se serve, non deve mancare nessuno.”

Mog, a quelle parole, facendo fatica per trattenere la sua eccitazione, fece il saluto militare e sfrecciò via dal portone.

Aeleus, l’uomo più grosso ed imponente che Kairi avesse mai visto, più di suo padre, più dell’altra guardia di nome Dilan, guidò allora Kairi su per le scale in fondo al salone, portandole senza fatica la valigia. La scalinata, notò Kairi, rispecchiava l’ambiente generale del castello: manteneva una certa cupezza e ripidezza che non stonavano con la bizzarria del castello visto dall’esterno, così pieno di torrette asimettriche e ingranaggi, non poi così dissimile dalla Fortezza Oscura in cui era stata una volta. Era chiaro che non era stato pensato come un palazzo residenziale, comodo e confortevole, ma come una struttura difensiva, forse perché il Radiant Garden in passato era stato spesso oggetto di attacchi. La ragazza allora ne approfittò per dare una veloce stima dell’architettura interna man mano che la guardia la accompagnava. Nonostante l’esiguo numero di abitanti del castello, la fortificazione era molto ampia, e dedusse che fosse così per poter ospitare comodamente la popolazione cittadina in caso di attacchi al regno. Sapeva, per quel che si ricordava e da quello che aveva visto mesi prima con Sora, che la città stessa era fortificata, e il castello lo era a sua volta, con un muro che lo divideva dalla città. Le stesse scalinate, notò Kairi, erano strette per evitare che gli assalitori potessero salire tutti insieme, e vide che alcuni scalini erano di altezza diversa gli uni rispetto agli altri. Un modo per confondere chi saliva di corsa? Arrivati al piano superiore, i due percorsero un corridoio lungo e stretto, con delle finestre poste sul muro in alto che garantivano la luce. Kairi vide che in alto c’erano anche dei lampadari di vetro molto particolareggiati, ma al momento, inspiegabilmente, erano spenti. “Questa è la stanza di vostro padre. Davanti alla sua c’è quella di Kain”, spiegò l’uomo brevemente, indicando una porta scura lungo il corridoio che percorrevano. “La vostra è dalla parte opposta, perché possiate stare più tranquilla.” Kairi dovette percorrere così il lungo corridoio, ed arrivati in fondo, Aeleus le aprì una porta laccata di bianco e con delle decorazioni piene di curve e riccioli, uno spiraglio di colore chiaro in tutta quella cupezza.

Ma, quando fu entrata nella propria stanza, Kairi non poté evitare di lasciarsi sfuggire un verso di meraviglia. L’interno della camera non rispecchiava affatto l’ambiente cupo che c’era nel resto del castello. Il pavimento era coperto di parquet invece di mattonelle in modo da evitare il freddo, le pareti erano dipinte di un rosso cupo e caldo, gli armadi che coprivano un muro erano di legno intarsiato e decorato, una porta posta di fianco ad essi portava in un’altra stanza con raffinati servizi igienici, e con la testata rivolta verso il muro opposto c’era quello che, agli occhi di Kairi, era il più bel letto che avesse mai visto: un letto alto, a due piazze, con due tendine di baldacchino, col copriletto dello stesso rosso cupo delle pareti, e con le colonnine di legno intarsiate e dipinte di vernice dorata. Dello stesso rosso erano anche le pesanti tende sull’ultimo muro, che lasciavano scoperte le ampie finestre. Vicino alla porta d’ingresso, c’era un’elegante scrivania di legno scuro e decorato. Anche questa stanza aveva un bel lampadario appeso al soffitto, anche se spento. Kairi era così sbalordita che rimase a bocca aperta senza riuscire a parlare. Solo il suono della valigia appoggiata in un angolo la fece tornare in sé.

“Non so… davvero come descriverla… non ho mai visto una stanza così bella…” boccheggiò.

“Sua maestà l’ha sistemata e fatta abbellire senza badare a spese, anche se economicamente non sono tempi facili”, spiegò Aeleus. “Vi manderò su del personale che possa aiutarvi a sistemare i vestiti.”

“No no, non ce n’è bisogno, ho davvero poche cose con me”, lo fermò però Kairi. “Posso fare da sola.”

Aeleus annuì. “Allora vi manderò a chiamare quando il pranzo sarà pronto. Penso che ancora una mezz’ora ci vorrà”, disse uscendo e chiudendo con discrezione la porta, nonostante la sua mole.

Come prima cosa, la ragazza si diresse verso il lato con le finestre. La luce era spenta e fuori, le pesanti nuvole da temporale che continuavano a far cadere acqua sul Radiant Garden non facevano filtrare molta luce, ma lei voleva comunque ammirare il panorama. Restò sbalordita per lo spettacolo: sotto la sua finestra, molto più sotto, c’era un vasto appezzamento di terreno strutturato a gradoni, con molti alberi spogli. Kairi dedusse che si doveva trattare di un lussureggiante giardino, ma vista la brutta stagione, di fiori non ce n’erano al momento. Poteva solo immaginare di che sfarzosa bellezza doveva risplendere quel giardino quando fosse tornato il bel tempo. Più oltre si scorgeva, attraverso l’acqua e la foschia, l’intera città, fatta di casette più o meno benestanti a seconda di dove si trovavano, strade principali ampie e tortuosi vicoli, giardini al momento spogli, le massicce mura fortificate che la chiudevano dall’esterno, il mare d’acqua dolce increspato per la pioggia di cui suo padre le aveva parlato, e più lontano, molto lontano, che si scorgevano appena nella nebbia, delle isole affioravano dalla superficie. Ecco la sua casa di origine, a cui era tornata e in cui avrebbe abitato d’ora in avanti. Ecco il mondo che, anche grazie a lei, sarebbe dovuto rifiorire ed andare verso la prosperità. Non sapeva ancora bene in che modo avrebbe potuto farlo, ma era ben decisa a fare più del suo meglio per riuscirci. Visto che la luce che entrava dalla finestra non era molta, dato il brutto tempo, Kairi si avvicinò al muro per accendere l’interruttore della luce, ma si rese conto che non andava. La luce non funzionava. Mancava l’elettricità? Lo avrebbe chiesto al vecchio principe più tardi. Allora, sentendosi stanca improvvisamente, si avvicinò al letto, lasciandocisi cadere di schiena, e rimase a fissare il soffitto, dello stesso rosso cupo dei suoi capelli. Quel materasso era morbidissimo, molto più confortevole del rustico letto di casa sua, ma le sarebbero di sicuro serviti alcuni giorni per abituarsi.

Nel silenzio assoluto della sua camera, Kairi percepì un eco della pesante umidità che doveva esserci nell’ambiente esterno. D’altra parte lo sapeva: lì il clima non era come quello caldo, ventilato, asciutto e tropicale delle sue isole, ma ci si doveva abituare. Mai e poi mai sarebbe tornata indietro. Se era vero che nel Radiant Garden la stagione delle piogge durava quattro mesi, lei si sarebbe abituata anche al freddo e all’umidità che si sarebbe sentita penetrare nelle ossa. Ma con la sua vecchia vita aveva chiuso, e da quel momento avrebbe guardato solo avanti.

Come a volerle far smentire quella decisione che aveva preso, il suo cervello le giocò ancora un brutto scherzo. Kairi constatò infatti come quel letto fosse largo, morbido, caldo confortevole, ed anche intimo, una volta tirate le tende del baldacchino. Se solo avesse avuto Sora lì con lei… quanto avrebbe voluto stare lì sdraiata con lui per potersi abbracciare ed accarezzare, stretti uno all’altra… non fece nemmeno in tempo a rendere ben chiara in mente quell’immagine che già gli occhi le si erano riempiti di lacrime e il petto aveva iniziato a farle male.

“No, basta, non devo pensarci adesso”, disse a voce alta, coprendosi la faccia con le mani. Più tardi gli avrebbe scritto un’altra lettera per raccontargli quello che stava vivendo, in modo da tenerlo aggiornato sulla sua vita, ma da quel momento non poteva più permettere che il suo cuore spezzato dominasse le sue giornate. Non dopo aver saputo il compito e il ruolo che avrebbe dovuto avere d’ora in poi.

Per fortuna, in quel momento sentì bussare alla porta. Kairi si tirò su a sedere e si asciugò velocemente la faccia. “Avanti!”

Con sua grande sorpresa, entrò Kain, un po’ intimidito. Il viso di Kairi si alleggerì quando vide il bambino. “E tu?” gli chiese ridendo.

Il bambino recuperò il suo contegno e si mise in piedi rispettoso sulla porta. “Sua maestà mi incarica di dirvi che il pranzo è pronto.”

Kairi non poté fare a meno di mettersi a ridere di fronte a tanta formalità, proprio con lei che fino al giorno prima era stata una ragazza come tante altre. Si alzò e, raggiunto Kain, lo acchiappò tra le braccia, dandogli un gran bacio sulla testa. “Sei adorabile!”, esclamò.

Kain era visibilmente imbarazzato da quella reazione, ma non si ribellò, anzi mostrò di gradire le attenzioni della giovane donna. ‘Chissà da quanto tempo non riceve un abbraccio da qualcuno che non sia un uomo?’ non poté fare a meno di chiedersi Kairi. Kain, sciolto l’abbraccio, la prese discretamente per mano. “Venite, vi faccio vedere dov’è la sala da pranzo”, le disse con galanteria, tutto fiero di poterle mostrare cose che lui sapeva e lei no. La condusse giù per le scale, poi per il corridoio in fondo alla sala principale, dove si trovava la stanza da pranzo, separata dalla cucina. Il locale era ampio, al muro erano appesi piatti laccati e decorati, ed anche le credenze appoggiate ai muri, dentro cui c’erano stoviglie raffinate, erano intagliate con cura e in modo particolareggiato. Il tavolo era in pesante legno scuro ed antico, e intorno ad esso erano già seduti a capotavola il vecchio principe, nella sua divisa reale, i suoi due apprendisti, senza il camice ed eleganti anche loro, col loro fazzoletto viola infilato nel colletto della giacca, e Dilan, una delle guardie, di fianco ad Even. Kain lasciò la mano di Kairi e corse a sedersi di fianco a Dilan, mentre Kairi prese posto accanto a Ienzo. Mog non c’era, probabilmente perché era ancora impegnato nel portare l’avviso ai sudditi.

“E Aeleus, ehm… padre?” chiese Kairi. Chissà quanto ci sarebbe voluto perché si abituasse a chiamarlo così.

Ansem stava per rispondere, quando Kain alzò veloce la mano. Il principe ridacchiò sotto i baffi e gli diede la parola.

“Signorina, perché le guardie non possono staccare tutte e due nello stesso momento, sennò il castello resterebbe senza sorveglianza. Fanno a turni, un giorno una e un giorno l’altra. Quella che non è a pranzo con noi mangerà dopo quando quella che è con noi le darà il cambio”, disse tutto d’un fiato Kain, sparando le parole come una mitragliatrice.

“Eccellente, Kain”, approvò Ansem. “Possiamo cominciare a mangiare, allora.” Suonò il campanello vicino al suo piatto, e subito tre camerieri, tutti ben vestiti ed eleganti, entrarono con dei grossi piatti da portata. Nessuno di loro fece domande od osservazioni al vedere la nuova arrivata, ma Kairi si rese conto subito che le loro espressioni erano vagamente sconcertate. Ciascuno di loro mise una porzione di cibo nei piatti di ogni commensale, posarono quindi i vassoi sul tavolo e si ritirarono con discrezione.

“Tutti i membri del personale sono ovviamente sudditi pagati”, spiegò subito Ansem. “Quelli che servono i pasti fanno parte dei ceti benestanti, quelli che si occupano delle pulizie e della manutenzione sono di origine più modesta. Bene! Buon appetito”, concluse con tono allegro.

Kairi, abituata com’era ai cibi semplici delle Isole del Destino, sulle prime non riuscì neanche a capacitarsi di cosa si trovasse nel suo piatto. Riuscì a distinguere un pezzo di torta salata con un ripieno ricco e abbondante, forse besciamella e carne mescolati ed una fetta di chissà che tipo di formaggio con sopra un paté di cui non riuscì a distinguere la composizione. Poco oltre il suo piatto uno dei camerieri aveva posato una ciotola di zuppa aromatica, e Kairi ebbe il vago sospetto che tutto questo non doveva essere che l’antipasto. Erano tre cibi che non aveva mai visto nella sua vita: nelle isole dove aveva vissuto fino a poco prima, così calde e soleggiate, era impensabile nutrirsi in quel modo pesante o mangiando zuppe bollenti. Ma anche attraverso il mangiare la sua nuova vita sarebbe cambiata e si sarebbe lasciata alle spalle il passato e tutto ciò a cui era abituata, perfino i sapori. Quindi, cercando di imitare il modo composto con cui gli altri si servivano, tagliò un pezzo di formaggio cosparso di paté e provò ad assaggiarlo. Ora, la ragazza non seppe bene cosa provò: era un mix di gusto e consistenza che non aveva mai sentito, e tutto quel miscuglio di sapori diversi e nuovi nella sua bocca che non riuscì neanche a distinguere fra loro, le diede uno strano effetto, forse unito al fatto che era da relativamente pochi giorni che il suo stomaco si era riaperto. Sentì all’improvviso una forte ondata di malessere attraversarle il corpo, e si piegò di colpo in avanti coprendosi la bocca con la mano, sentendosi le lacrime salirle agli occhi e la fronte bagnarsi di sudore.

Ansem, a quella vista, balzò in piedi. “Kairi, cos’hai?!”, chiese allarmato, perdendo quella compostezza regale che lo caratterizzava di solito.

I due assistenti e Dilan erano sorpresi, e Kain scese dalla sua sedia per accorrere al suo fianco. “Signorina! Come state?” chiese con la sua vocetta, allungandosi per riuscire a darle dei colpetti sulla schiena. “Vi è andato di traverso?”

Kairi ansimò alcune volte, cercando di regolarizzare il respiro, e dopo alcuni attimi sentì che tutto, nel suo corpo, stava tornando alla normalità. “Sto bene, sto bene…” disse appena fu di nuovo in grado di parlare, mettendosi seduta composta come prima. Anche Ansem, dopo aver sospirato di sollievo, si rimise a sedere, e Kain si arrampicò di nuovo sulla sua sedia. “Non farmi prendere questi spaventi, Kairi, ormai ho una certa età, faccio fatica a sopportarli.” “Scusate, è che… non sono abituata a questo genere di cibi”, si giustificò la ragazza. “Va tutto bene”, annuì il vecchio principe. “Ti abituerai anche a questi. Tutti i pasti che prenderemo saranno simili a questo.”

Kairi assentì e provò di nuovo a mangiare il pezzo di formaggio che aveva lasciato a metà. Stavolta, nonostante il mix di sapori fosse esattamente lo stesso di prima, il suo fisico non accusò nessun malessere né nessuna reazione anomala, e lo finì senza fatica. “A proposito, padre… la camera che mi avete dato è davvero meravigliosa. Dovrò abituarmi anche a tutto quel lusso, ma… ho notato che la luce non si accendeva. Per caso non funziona?”

L’espressione del vecchio principe si intristì appena a quella domanda. “E’ uno dei problemi che ha il Radiant Garden ultimamente. I sudditi non pagano più le tasse, e anche molti servizi primari non si riescono più a coprire. Noi siamo i reali, quindi l’elettricità per i bisogni che abbiamo la possiamo ancora usare, ma per quanto riguarda la luce nelle stanze, la attiviamo solo quando cala la sera, per evitare di sprecarla.”

Kairi avrebbe voluto chiedere di più, ma il padre la fermò. “Non parliamo di queste cose sgradevoli adesso. Ce ne sarà di tempo perché tu possa apprendere anche le cose meno belle di questo regno.”

“Giusto!”, intervenne Kain. “Parliamo di una cosa bella, invece. Dilan! Dopo mi fai vedere come usi la tua lancia?”

La guardia seduta di fianco a lui ridacchio con la sua voce profonda. “Perché ti interessa così tanto?”

“Perché è bellissima!”, esclamò il bambino. “Ricordati che dovrò imparare a combattere al più presto. Sua maestà mi ha detto che potrò scegliere l’arma che preferisco, e ho deciso che voglio usare una lancia come la tua!”

“Quanta fretta, Kain”, rise anche Ansem. “Ti ho già detto che ancora sei troppo giovane per iniziare a combattere.”

“Ma io non voglio aspettare”, protestò il piccolo. “Cosa dicevate, maestà? Un principe è al servizio dello Stato. E lo Stato merita di essere difeso”, aggiunse con orgoglio.

“Kain”, concluse stancamente Ansem. “Fa’ silenzio e mangia, su.”

“Comunque Kain ha ragione, maestà. E’ opportuno che un principe sappia combattere”, commentò Even.

“Già”, annuì Ansem, mangiando a testa china. “E’ stato uno dei tanti errori che ho fatto… non aver mai imparato a combattere. Ma per Kairi, qui, sarà diverso. Tu sai combattere, vero?”, chiese alzando poi il capo e guardando la figlia.

“Sì”, annuì Kairi. “Non sono molto brava, però.”

“Provvederemo anche a questo”, rimase sul vago Ansem.

Kairi rimase pensierosa per un po’ prima di riprendere a mangiare, interrogandosi sulle tante cose che i suoi commensali davano per scontato e che invece per lei erano del tutto incomprensibili.

 

Il pranzo continuò ancora con la portata principale, un arrosto ben condito, e varie verdure cotte e crude, ed alla fine Kairi era così piena che a stento riuscì a tirarsi su dalla sedia. Tutto quel cibo di un tipo così diverso da quello cui era abituata non le faceva venire voglia di rimpinzarsi, ma ogni volta che accennava a dire che ne aveva abbastanza, suo padre le ripeteva “devi ancora rimetterti in forze”, e così aveva dovuto finire tutto. Kain, al contrario suo, pur mantenendosi composto finì tutto con gusto, affermando alla fine che, se avesse continuato a mangiare così, sarebbe diventato adulto molto più in fretta e quindi sarebbe diventato principe prima.

Si erano appena alzati tutti da tavola quando Mog, con la pelliccia gocciolante, entrò nella sala da pranzo passando per la porta di servizio.

“Maestà… anf… tutti i sudditi sono stati debitamente avvertiti, kupò…” ansimò, scrollandosi l’acqua di dosso.

“Molto bene”, annuì Ansem. “Kairi, fra un’ora i sudditi si raduneranno tutti nella piazza. Nessuno di loro sa che tu sei qui, né che sarai la nuova principessa. Dovrai far loro una buona prima impressione.”

“Cosa?”, chiese Kairi, iniziando ad agitarsi. “E cosa… dovrei fare?”

“Niente di difficile. Quando c’è un annuncio importante da fare, lo si fa dal balcone principale che si affaccia sulla piazza. Io spiegherò brevemente tutto ai sudditi, e tu dovrai presentarti a loro. Non sarà complicato, ma andrà fatto bene. Ricordati che i sudditi non sono persone di testa, ma di pancia, una pessima prima impressione ai loro occhi potrà pregiudicare tutto il tuo futuro lavoro. Quindi cerca di lasciare una buona immagine di te nella loro mente.”

“Ma… allora dovrò prepararmi un discorso… qualcosa…” boccheggiò Kairi, ansiosa all’idea di essere sottoposta a giudizio da una massa di persone così numerosa.

“Puoi prepararti qualche frase o improvvisare, non ha importanza, alla fine”, le spiegò suo padre. “Ciò che conta è che ti mostri sicura di te. Ricordati sempre questo, Kairi: i sudditi vogliono essere governati da qualcuno forte e che sappia il fatto suo. Una delle cose fondamentali che il popolo vuole è sentirsi protetto. Anche se ancora non sei brava a combattere, non importa. Loro guarderanno quello che sembri, non quello che sei. Perciò cerca di trasmettergli questo.”

Kairi ci ragionò un po’, poi annuì. “Come mi devo vestire?”

“Così stai benissimo. Sei molto bella ed elegante, e i sudditi vedranno che sei in buona salute e sarai in grado di difenderli. Quando sarai una principessa, avrai una divisa simile alla mia, ma ancora non lo sei e non puoi portarla.”

“Vale anche per me!”, intervenne Kain, che era lì vicino.

“Vale anche per te, Kain”, confermò Ansem, passandogli la mano sui capelli biondi.

Kairi annuì allora, cercando di mostrarsi sicura di sé. Era pur vero che, non molto tempo prima, aveva parlato dall’alto di un pulpito a una buona fetta della popolazione di Tebe, facendo un discorso convinto che li aveva conquistati, senza la minima fatica, ma era anche vero che era stata una cosa totalmente improvvisata. Ora che sapeva in anticipo che avrebbe dovuto incontrare un’intera popolazione e che tutti le avrebbero puntato gli occhi addosso, la cosa non le andava molto a genio. Ma se era quello che doveva fare, lo avrebbe fatto, sperando che i suoi futuri sudditi non l’avrebbero giudicata negativamente.

“Maestà!” Kairi non si era nemmeno accorto che, mentre lei e suo padre parlavano, Ienzo ed Even erano usciti dalla stanza da pranzo, ed ora il più giovane di loro era riapparso, visibilmente emozionato. “C’è una chiamata da parte di Re Topolino. Venite giù nel laboratorio.”

“Re Topolino?” esclamò Ansem. “Vengo subito.”

“E’ per Kairi, signore”, aggiunse Ienzo. “Vuole salutarla e augurarle personalmente buona fortuna per il suo futuro ruolo.”

“Gentile da parte sua”, commentò Ansem. “Kairi, avevo già avvisato Re Topolino qualche giorno fa. Ho mantenuto il segreto col mio popolo, ma lui è un esterno ed è un mio vecchio amico.”

“Oh, certo”, annuì Kairi. Era molto sorpresa che il Re avesse chiamato appositamente per parlare con lei. Seguì quindi con circospezione il vecchio principe e i due assistenti giù per le scale e poi per i corridoi che portavano al laboratorio.

Una volta dentro, Ienzo la guidò verso il grosso schermo del computer addossato a una parete. Da lì, il grosso viso da roditore antropomorfo del Re osservò compiaciuto la ragazza che si avvicinava.

“Kairi! Che piacere per me rivederti! Ho saputo dal principe Ansem che presto anche tu sarai una principessa. Anche per me è stata una sorpresa scoprire che sei sua figlia. Allora ti auguro con tutto cuore una vita felice nel Radiant Garden!”, disse con calore Re Topolino.

“Maestà”, lo salutò Kairi inchinandosi rispettosa. “Grazie mille per le vostre parole. Vogliono dire molto per me.”

A quel punto la ragazza, rialzando la testa, vide chiaramente che qualcuno cercava di spingere da parte, in modo discreto, il Re. Dopo poco, anche le facce di Pippo e Paperino riuscirono ad entrare nell’inquadratura.

“Kairi! Che bello vederti! Come sei cresciuta!”, esclamò Pippo, con la voce commossa. “Sei una donna ormai. Mi dispiace di non essere venuto sull’isola insieme al mio amico la volta scorsa, ma sai… qui ho un po’ da fare, a-yuk!”

“Non preoccuparti”, disse Kairi, che aveva ritrovato il buonumore. “Ho saputo la notizia… deve nascere tuo figlio, vero?”

“Oh, sì”, annuì Pippo. “E non è che, visto che ancora non è nato, possa riposarmi sugli allori, no. C’è da preparare la sua stanzetta nel castello, e poi tutti i vestitini, e il poppatoio, i giocattoli, gli oggetti per la cura, informarsi su chi potrà aiutarmi a badarlo… è così difficile con i bambini, Kairi. E ancora non è nemmeno nato”, sospirò infine. Si vedeva che era stanco.

“Non ne dubito”, confermò Kairi. “Ma sono molto felice per te!”

“Già, non si possono avere che gioie dalla propria famiglia”, si asciugò una lacrima Pippo.

“Quack, ma non mi dire!”, protestò Paperino, irritato. “Famiglia? Puah! Se ti dicessi che razza di elementi girano nella MIA… se vuoi ti regalo anche mio cugino, così avrai due bambini da badare, non uno, altroché!”

Proprio in quel momento, in sottofondo si sentì un fracasso tremendo e tutti e tre gli animali girarono la testa allarmati. Paperino sospirò rassegnato.

“Questo è lui. Adesso si è messo in testa di iniziare a praticare yoga, ma il suo problema è che appena gli viene voglia, si mette a farlo dovunque si trovi… non riesce ad entrargli in quella testaccia piumata che se si trova in una stanza piccola con altre cose non può mettersi a fare quelle pose strane. Avrà sicuramente colpito qualcosa e ribaltato tutto. Si vede che tenendo sempre quel berretto in testa non gli si arieggia abbastanza il cervello, quack…” disse freneticamente, nervoso. “Kairi, scusa. Ti faccio i miei complimenti ma… adesso vado a insegnargli due cosette alla mia maniera”, aggiunse con l’espressione corrucciata, scrocchiandosi le dita. “Permetti?”

“Oh, ma certo”, disse Kairi, quasi ridendo, e il papero scomparve dall’inquadratura.

Re Topolino fece un gran sospiro e concluse la telefonata: “tutti noi qui, anche la regina Minnie, Paperina, e tutti gli abitanti del castello, ti auguriamo buona fortuna.”

“Yuk, a presto, Kairi! Ti prometto che quando il mio piccolo sarà nato e avrò un po’ di respiro verrò a trovarti, e porterò anche lui. E… anche Paperino, se se la sentirà di lasciare suo cugino qui senza sorveglianza”, aggiunse Pippo.

“Grazie, amici, grazie di cuore”, disse Kairi commossa, prima che re Topolino e suo padre si salutassero, per poi chiudere la telefonata.

“Fra meno di mezz’ora saranno le due. Vai nella tua stanza a prepararti, Kairi, verrò a prenderti io quando sarà ora”, la invitò suo padre.

Mentre si dirigeva nella sua camera per darsi una pettinata e sistemarsi, Kairi rifletté: forse allora non era vero che ai suoi amici non importava di lei. Anzi, alcuni di loro l’avevano chiamata subito, appena arrivata al Radiant Garden, per farle gli auguri per la sua nuova vita. Che si fosse sbagliata e li avesse giudicati male? Almeno alcuni di loro. La voglia e la frenesia di mettersi a scrivere un’altra lettera a Sora per descrivergli come si sentiva era tanta, ma si rese conto che non ne aveva il tempo. Infatti, si era appena finita di rinfrescarsi e pettinarsi alla toilette nella stanza adiacente a quella da letto che suo padre bussò alla porta.

“Kairi, ci siamo, i sudditi sono tutti riuniti nella piazza ed aspettano. Vieni, è ora che tu ti presenti.”

Ogni pensiero riguardo i suoi amici o Sora abbandonò all’istante la mente della ragazza, e lei ricominciò a sentirsi vagamente in ansia. “Arrivo”, esclamò al padre fuori dalla stanza, e andò ad aprire la porta per raggiungerlo. Anche Ansem era ben sistemato, con i capelli e la barba biondi curati, la giacca color panna a maniche lunghe con i lacci sul davanti legati, i pantaloni neri e le scarpe lucide, e il mantello avvolto sulle spalle gli dava un’aria rispettabile e distinta. “Devo… sistemarmi ancora?”, chiese Kairi, timorosa di essere da meno.

Il suo vecchio padre si prese qualche istante per ammirarla. “Sei perfetta. I nostri sudditi non potrebbero chiedere di meglio.”

Kairi, arrossendo appena, seguì allora il padre per i corridoi del primo piano, fino ad arrivare ad un’ampia stanza con una porta-finestra che dava sul balcone. Le due guardie, Dilan e Aeleus, erano ritte una per lato della porta, i due assistenti, Even e Ienzo, che teneva Kain per mano, erano in disparte ed aspettavano attenti. Il vecchio principe allora si fece avanti, uscendo sul balcone, su cui era installato un microfono per far sì che tutti da sotto potessero sentire, ed assicurandosi che Kairi fosse dietro di lui, si schiarì la voce e cominciò:

“miei cari sudditi. E’ passato tanto tempo da quando vi ho voluti riuniti nella piazza principale, ed è un immenso piacere per me vedere che siete venuti tutti, nonostante la pioggia e l’umidità. La più grande forza del Radiant Garden è sempre stato il suo popolo, ed ora voi qui me lo state dimostrando. Come sapete, sono state poche le volte nella mia vita in cui ho richiesto una riunione del genere, ed è sempre stato solo per le occasioni importanti. Ebbene, questa di oggi è un’occasione importante. Perché sappiate che oggi ho scelto chi sarà la persona che, da adesso in poi, sarà al mio fianco nel governo del regno. Vieni avanti, cara”, invitò poi facendo un cenno dietro di sé.

Kairi deglutì e venne avanti, di fianco a suo padre, guardando ciò che c’era oltre il parapetto di marmo. Vide uno strapiombo sullo spiazzo che precedeva l’ingresso del castello, con la sua lunga scalinata col cancello che dava sulla piazza. Attraverso la foschia e la pioggia vide distintamente, ammassato nella piazza, un numero impressionante di persone, che si proteggevano con l’ombrello o l’impermeabile. La ragazza rimase impressionata: facendo una stima veloce, era almeno quattro volte la popolazione delle isole dove aveva sempre vissuto. Anche se non riusciva a vedere i lineamenti dei loro visi, si rese conto di avere tutti i loro occhi puntati addosso. Iniziò a tremare leggermente, ma sperò che non si notasse.

“I più grandi fra voi sicuramente si ricorderanno di Kairi, la mia figliola”, proseguì Ansem. “Tanti anni fa mi è stata strappata via da colui che ha gettato il nostro mondo nell’oscurità. Ma ora, dopo tutto questo tempo, è di nuovo fra noi, e fra poco sarà pronta ad assumere il ruolo di principessa, ma mi aiuterà nel governo fin da subito. Kairi, saluta i nostri sudditi”, esortò infine il vecchio principe.

Pur sentendosi confusa ed imbarazzata, a Kairi tornarono allora in mente le parole del padre. Fatti vedere sicura, anche se non lo sei. Allora fece un passo avanti verso il parapetto, in modo che il popolo vedesse che non sentiva la necessità di stare attaccata ad Ansem. C’era il microfono sul bordo della ringhiera, e non aveva bisogno di urlare, ma parlò comunque con la voce più sicura che riuscì a tirare fuori.

“Saluto tutti voi, cittadini del Radiant Garden. E’ per me un grande onore essere tornata qui, dopo tutti questi anni. Sono ancora giovane e inesperta, ma sappiate che tutto quello a cui tengo ora è il vostro benessere. Farò tutto quanto è in mio potere per guidare questo regno verso la prosperità, e per proteggervi. Spero di ricevere da parte vostra tutto l’appoggio e il sostegno che mi serviranno, perché il Radiant Garden possa andare verso un brillante futuro”, concluse.

Rifletté sulle parole che aveva appena detto. Chissà se aveva pronunciato delle sciocchezze e si era appena coperta di ridicolo davanti a tutti? Era così in ansia che osava appena respirare. Ma, dopo alcuni secondi di silenzio assoluto, udì un gran fracasso provenire dalla piazza. Era il suono di un applauso, forte ed entusiasta.

Kairi lasciò andare un sospiro di sollievo, insieme a tutta l’ansia che le pesava sulle spalle, e d’istinto alzò un braccio con la mano aperta in segno di saluto, con l’effetto di rendere ancora più forte l’applauso.

“Hai visto?”, le disse Ansem, emozionato. “Già ti hanno preso in simpatia. Te la caverai bene, figliola.”

Aspettò che l’applauso terminasse e poi si riavvicinò il microfono alla bocca. “Sono davvero lieto che abbiate accolto con tutto questo calore il ritorno di mia figlia. Vedrete che le cose d’ora in poi andranno molto meglio. Ora potete tornare alle vostre occupazioni. Grazie di essere venuti!”

Rientrò poi dentro il castello, seguito da Kairi con gli occhi stravolti. Subito Mog iniziò a svolazzarle attorno, facendo inchini su inchini. “Ma quanto vi vuole bene il popolo, kupò! Presto avremo una magnifica principessa, e la gente smetterà di dire malignità sui nostri reali!”

“Kairi, sei stata bravissima”, si congratularono i due apprendisti, andandole vicino. Kairi si guardò in giro. Le due guardie, benché sull’attenti di fianco alla porta-finestra, avevano un’espressione soddisfatta in viso, e la servitù si era raccolta sull’entrata della stanza, guardando la ragazza con espressione scioccata.

“Kairi, sono fiero di te, è andato tutto per il verso giusto”, sospirò di contentezza il vecchio principe. “Forse ora potrò riprendere ad uscire da questo castello senza che mi senta addosso l’odio dei miei sudditi…” aggiunse più piano.

“Non posso crederci… padre, tutti gli abitanti del Radiant Garden mi stavano guardando…” boccheggiò la ragazza.

“Pff”, disse subito Kain. “Quelli non erano tutti gli abitanti. Solo quelli della città. Poi ci sono tutti quelli che abitano sulle isole”, le spiegò con aria saputa.

“Oh”, disse sorpresa Kairi. “Perché loro non sono venuti?”, chiese al padre.

Ansem rimase sul vago a quella domanda. “Presto ti accorgerai che non tutti i cittadini del Radiant Garden sono uguali, figliola. Non tutti sono tenuti a prendere parte alle novità della vita politica.”

“Maestà”, si sentì chiamare un membro del personale. “E’ arrivato il sarto che avevate richiesto.”

“Benissimo, fallo entrare”, approvò Ansem. “Kairi, devi sapere che qualche giorno fa ho preso appuntamento col miglior sarto della capitale. Ti prenderà le misure e ti preparerà una divisa simile alla mia. Così fra qualche mese, quando sarai pronta, potrai indossarla e sarai ufficialmente la principessa di questo regno.”

Kairi annuì, emozionata al pensiero di avere anche lei un’uniforme così elegante. Da quello che suo padre aveva detto, aveva capito che non sarebbe stata una divisa identica, ma avrebbe avuto delle differenze. Ma di sicuro la giacca chiara e il mantello rosso avvolto attorno alle spalle sarebbero rimasti.

Poco dopo entrò nella stanza un uomo basso, anziano d’età, con radi capelli bianchi, occhiali piccoli e rotondi ed una borsa sottobraccio. Appena vide il vecchio principe fece un inchino. “Vostra maestà”, e si girò verso Kairi. “Sua altezza reale, permettetemi di misurarvi per poter confezionare la vostra divisa.”

“Certamente”, annuì Kairi. “Possiamo andare nella mia camera.” Disse così perché si vergognava a spogliarsi davanti a tutte quelle persone. Il vecchio sarto annuì e la seguì per i corridoi.

Una volta arrivati, Kairi si tolse tutto quello che aveva addosso rimanendo solo con la biancheria, e il sarto, dopo aver tirato fuori il metro, carta e penna dalla sua borsa, iniziò a misurarle la vita, i fianchi, il petto, ampiezza delle spalle, lunghezza delle gambe, delle braccia e del busto, annotando poi ogni cosa.

“E’ il vostro peso forma questo, vero? Siete davvero in buona salute”, commentò mentre scriveva.

Kairi fu contenta che l’anziano sarto avesse constatato anche lui quanto ora fosse sana e con la carne nei punti giusti. “Sì, è il mio peso forma”, annuì, ripensando con soddisfazione a quanto si era ingozzata negli ultimi giorni solo per mettere su qualche chilo.

Il vecchietto rise sommessamente la sua gentile risata da anziano. “Vedete di non ingrassare mentre attendete di indossare la vostra divisa, visto che devo farvela su misura. Oh scusate, non volevo essere indiscreto, ma siete così giovane… potreste essere mia nipote.”

Kairi si sentì arrossire, ma fu contenta di quello che il sarto le aveva detto. Un’eccessiva formalità non le piaceva, e le faceva piacere che un suddito si prendesse la libertà di fare una battuta insieme a lei, anche se presto sarebbe stata una dei capi del regno.

“Non preoccuparti. Starò molto attenta”, rise per tranquillizzarlo.

 

Una volta che anche questa faccenda fu terminata, tutti tornarono alle loro occupazioni, e Kairi si sentì improvvisamente stanca per le tante emozioni che aveva dovuto affrontare quel giorno. Tornò quindi in camera per farsi un sonnellino, ma si era appena stesa sul letto che sentì di nuovo bussare alla porta.

“Avanti!”, rispose.

Stavolta fu il moguri che fungeva da informatore ad entrare. “A-ehm, volevo informarvi che c’è un’altra chiamata per voi. Dovreste andare giù di sotto, kupò”, disse Mog rispettoso.

“Un’altra?” chiese Kairi sorpresa.

Una volta nel laboratorio del padre, Kairi rimase sbalordita nel vedere lo schermo del computer. “Axel! E anche voialtri… Roxas, Naminé, Xion… Isa, ragazzi!”, esclamò.

“Ehi Kairi!”, esclamò Axel dall’altra parte, con un ghigno divertito. “Non potevi certo iniziare la tua nuova carriera senza un bell’augurio da parte nostra!”

“Pippo e Paperino ci hanno avvisati, Kairi, così ti abbiamo chiamato subito”, spiegò Roxas, evidentemente contento per lei.

A quel punto Axel, col suo solito modo di fare senza vergogna, emise un lungo fischio. “Però, quanto si è fatta grande la nostra Kairi! E’ diventata una donna davvero niente male! Che dite ragazzi, se me la sposo diventerò principe anch’io?”

Kairi fece una risata divertita al solo pensiero, e si godette con piacere gli auguri di buona fortuna che ognuno di loro le fece. “Come vi state trovando voi? Vi trovate bene a Crepuscopoli? Naminé, come ti sembrano i tuoi nuovi amici?”

“Non avrei potuto chiedere di meglio”, rispose entusiasta l’altra. “E pensare che prima ero così sola… adesso invece ho tante persone intorno a me, e sono veramente felice!”

Kairi fu lieta di sentire quelle parole da lei. “Ti verremo a trovare, Kairi”, intervenne Xion. “Siamo stati occupati e presi dalla nostra nuova vita ultimamente, ma siamo pur sempre tutti amici”, assicurò.

Kairi dovette trattenersi per non lasciarsi sfuggire una lacrima. Si era sbagliata. Non era vero che a tutti loro non importava nulla di lei.

“Ah, Kairi, ho dato a Ventus la notizia prima di chiamarti. Vedrai che presto ti contatteranno anche loro”, aggiunse Roxas.

Kairi annuì. “Grazie! Grazie per gli auguri, ci vedremo presto, va bene?”

“Noi non ci scordiamo mai di un amico, l’hai memorizzato?” disse Axel, toccandosi una tempia.

Kairi continuò a sorridere e ridacchiare anche quando ebbe chiuso la comunicazione. Ma le emozioni non erano ancora finite: infatti, come Roxas le aveva già detto, arrivò presto un’altra chiamata attraverso il computer, a cui Kairi rispose immediatamente.

“Kairi!” esclamò una voce femminile appena la comunicazione fu avviata. “Ma guardati! Sei davvero tu?”

Kairi sentì bene l’emozione nella voce dell’altra donna, e anche il suo viso sul computer ne era uno specchio.

“Maestra Aqua!”, la salutò. “Sì, sono io! Come stai? Ci sono anche Ventus e Terra lì con te?”

“Sì, ci siamo anche noi”, si introdusse nell’inquadratura il ragazzo uguale a Roxas, e anche Terra riuscì a far entrare il suo viso. “Vogliamo farti i migliori auguri!”

“Ed inoltre…” aggiunse Aqua. “Kairi, sei davvero diversa dalla prima volta in cui ti ho vista da piccola.”

“Aqua, devo ringraziarti”, disse allora Kairi inchinandosi. “Se non fosse stato per te, non sarei mai arrivata sulle Isole del Destino.” ‘E non avrei mai incontrato Sora’, aggiunse mentalmente.

“Probabilmente è così. Ti ho subito presa a cuore da allora, e anche adesso per me sei speciale. Volevo sapere… probabilmente dovrai combattere per difendere i tuoi sudditi. Sei ancora inesperta nel combattimento, vero?”

“Già”, annuì Kairi. “Non sono molto brava.”

“Allora che ne dici di ricevere un allenamento come si deve da una vera maestra del Keyblade?”, le chiese Aqua, con tono emozionato. Si vedeva che ci teneva davvero che Kairi accettasse.

Kairi allora si girò verso suo padre, che era lì fermo ad ascoltare. “Padre, che ne dite?”

Ansem allora annuì. “Direi che è un’ottima idea. Un principe saggio deve saper combattere. Ci metteremo d’accordo.”

Kairi si voltò di nuovo verso lo schermo. “Sì, maestra, non vedo l’ora di iniziare!”

“Allora io e te ci vedremo presto”, garantì Aqua. “Non ci saranno problemi per me. Sai che con la mia armatura posso viaggiare tra i mondi senza problemi.”

Kairi dovette asciugarsi gli occhi con il dorso della mano prima di ringraziare per poi chiudere la conversazione.

 

Dopo la prima cena insieme a quella che d’ora in poi sarebbe stata la sua famiglia, Kairi tornò in camera sua. Come suo padre le aveva accennato, ora che il buio era calato sul regno la luce elettrica era tornata disponibile nel castello, anche se Kairi si rese conto con sgomento, guardando dalla finestra, che solo alcune case del Radiant Garden erano illuminate, forse quelle delle persone più ricche. Era sua intenzione andare a dormire presto, perché il giorno dopo si sarebbe svegliata di buon mattino e sarebbe uscita fuori per la prima volta, per girare per la città, conoscere i suoi futuri sudditi e rendersi conto dei loro problemi, e sarebbe stata fuori tutta la mattinata, indipendentemente dal tempo atmosferico. Aveva dato per scontato, una volta arrivata lì, che i vestiti che si era portata dietro fossero gli unici che aveva, ma, aprendo l’armadio per sistemare la valigia, si rese conto che non era così. I cassetti, infatti, avevano un buon assortimento di camicie da notte di tessuto pregiato e pizzo, molto eleganti e femminili, completamente diversi dalle semplici camicie da notte che aveva sulle isole. Non aveva idea di come potessero esserci vestiti su misura per lei già pronti in quell’armadio, in fondo suo padre non l’aveva fatta misurare per poterle cucire la divisa in modo perfetto? Ma dedusse che le camicie da notte, essendo un indumento da portare mentre si dormiva, non avevano bisogno di tutta quella precisione nelle misure che una divisa ufficiale necessitava. Probabilmente il vecchio principe le aveva fatte cucire dopo averla incontrata la prima volta basandosi sulle misure ad occhio che era riuscito a ricavare guardandola.

Scelse quindi, per questa notte, una camicia color rosa chiaro che aveva trovato nel cassetto, lunga fino a sotto le ginocchia, smanicata e coi bordi pieni di pizzo, e si rimirò nello specchio appeso ad una delle pareti. Con un pizzico di orgoglio, non poté fare a meno di notare quanto i suoi amici che l’avevano rivista dopo tanto tempo avessero ragione. Anche se non aveva ancora raggiunto il suo pieno sviluppo, erano lontani i tempi in cui era una ragazzina acerba e in crescita, ed il fatto che, alimentandosi di nuovo, la carne le fosse tornata dove prima mancava, non faceva che esaltarla. Si vide i capelli rosso scuro, ormai più lunghi delle spalle, i fianchi che si erano un po’ allargati e la vita che si era stretta, la pelle chiarissima e il petto che aveva raggiunto le proporzioni giuste per una donna adulta. Dedusse che ormai, in quanto ad altezza, doveva essersi però fermata. Negli ultimi mesi aveva avuto uno scatto di crescita impressionante, passando in poco tempo da adolescente a giovane donna, ma pensò che, da quel momento in avanti, non sarebbe più cambiata, almeno non tanto. Anche se era cresciuta in altezza, era comunque rimasta più bassa di Aqua, e di sicuro non l’avrebbe mai raggiunta. Ma non era l’altezza che ora le importava, ma i muscoli: i prossimi giorni avrebbe ripreso a combattere ed allenarsi, e avrebbe continuato sempre a farlo, con l’aiuto della donna più grande. Visto che non c’era nessuno in camera con lei, si lasciò andare a qualche vanteria ammirando il proprio riflesso, e notò che la camicia da notte le aderiva parecchio addosso. Pensò, con un misto di divertimento e tristezza, che se Sora fosse stato lì con lei avrebbe avuto ben poco tempo per rimanere a guardarsi allo specchio. Sentì un gran prurito alle mani. Doveva assolutamente raccontargli com’era andata la giornata.

Andò quindi a sedersi alla scrivania, dello stesso legno antico ed intarsiato della sala da pranzo, e cercando nei cassetti vi trovò dei quaderni vuoti ed alcune penne a inchiostro liquido. Aprì il primo quaderno, e cominciò a buttare giù tutto quello che si sentiva di voler raccontare al suo innamorato. Gli descrisse come prima cosa tutta la sua giornata, dal momento in cui si era svegliata al mattino al dopocena, soffermandosi sulle sensazioni di smarrimento, di curiosità verso la sua nuova casa, di accettazione dei nuovi membri della sua famiglia e del sollievo che aveva provato nel constatare che occupava ancora un posto nei pensieri dei suoi vecchi amici. Gli descrisse i cibi che aveva mangiato, com’era l’interno del castello e il grande senso di responsabilità che si sentiva addosso. Infine si sentì di aggiungere ciò che non la convinceva.

I miei futuri sudditi mi hanno accolto davvero benissimo. Avessi sentito come applaudivano quando mi sono presentata! Eppure non ne capisco il motivo… non sanno niente di me, non sanno che carattere ho, che intenzioni ho, cosa vorrò fare di questo regno… non sanno se effettivamente porterò questo mondo a migliorare o a peggiorare, quindi che motivo avevano di essere così contenti di me? Forse perché inconsciamente credono che un nuovo principe sia meglio di quello vecchio, anche se poi l’esperienza dirà loro che non è così e in realtà la loro situazione è peggiorata. O forse perché già stanno talmente male che non pensano di poter cadere ancora più in basso, e sanno che da qui in poi potranno solo risalire…

Ed in effetti, qui le cose sembrano funzionare in modo molto diverso da casa nostra, e non vanno per niente bene. Forse ciò è dato dal fatto che il posto in cui siamo cresciuti era piccolo. C’era una sola isola abitata, con un quarto della popolazione della sola capitale del Radiant Garden, e fra noi ci conoscevamo tutti, tutti noi abitanti eravamo sullo stesso piano, nessuno era sopra l’altro, e mio padre adottivo si prendeva cura di noi come se fossimo stati tutti suoi figli. Al Radiant Garden è diverso… le persone non sono affezionate al loro stato, non pagano le tasse, e di conseguenza manca l’elettricità. Pensa, adesso sto guardando fuori dalla finestra, e gran parte della città è completamente al buio! Eppure è ancora piuttosto presto, non è possibile che siano già tutti a dormire… ma già solo dalle luci accese nelle case, si capisce chi è più ricco e chi più povero, chi può permettersi la luce in casa e chi non può permettersela… non ho chiesto a mio padre del riscaldamento, ma penso che sia la stessa cosa. E ti dirò di più. Oggi, quando mi sono presentata al popolo, era presente solo la popolazione della capitale. E tutto il resto della gente, i contadini che abitano sulle isole, dov’era? Perché non sono venuti? Forse nemmeno lo hanno saputo. Eppure era un evento importante, anche loro saranno i miei sudditi… questa è la prova che qui i cittadini non sono tutti uguali. Se vivi nella capitale e sei ricco, stai meglio. Se vivi nelle isole o appartieni alle fasce più basse, avrai dei disagi. Questo finora sono riuscita a capire. Ci sarà tanto lavoro da fare… ma so che, tenendoti sempre come punto di riferimento, riuscirò a dare di nuovo una dignità a questa gente, senza distinzione tra l’uno e l’altro. Usando gli ideali di giustizia che ti erano così cari. Se fossi qui, io ora sarei sulle isole con te e non sarei mai tornata al Radiant Garden, ma se per assurdo lo avessi fatto, chissà che grande aiuto e supporto saresti stato per me nel governare questo mondo. Però non devi preoccuparti, non sarò da sola: ti ho già detto di Kain, vero? E’ un bambino delizioso, molto sveglio, attento e pieno di desiderio di diventare principe. Tu non potrai mai aiutarmi nel mio compito, ma fra una decina d’anni ci sarà lui. Spero davvero che, quando sarà adulto, riuscirà a dare una continuità alla mia famiglia, sai che io non potrei mai farlo senza di te…

Kairi voleva ancora aggiungere qualcosa, ma sentì che il polso e la mano le facevano così male che non riusciva nemmeno più a tenere ferma la penna. Aveva scritto almeno sei pagine fitte senza fermarsi mai. Col braccio che le tremava appena, mise quindi via tutto nei cassetti della scrivania, spense la luce della camera e si sdraiò nel grande letto a baldacchino, morbido e lussuoso, cercando di ignorare l’umidità che appesantiva l’aria e tentando di pensare solo alle cose belle e nuove che aveva provato quel giorno, ma il ricordo del suo innamorato le turbò ancora una volta il sonno.


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Nel caso ve lo stiate chiedendo, sì, ho cambiato di nuovo il colore degli occhi di Kain. Pare che ci siano diverse versioni del colore dei suoi occhi e, sebbene sia stata contenta di vedere che qualche volta viene raffigurato con gli occhi marroni, ho constatato purtroppo che la stragrande maggioranza delle volte, tra cui in dissidia, ha ancora gli occhi azzurro chiaro. Quindi niente, lasciamoglieli azzurri.

Ebbene sì comunque, dopo il re:mind non potevo proprio continuare ad avercela con gli altri personaggi. Con il finale completo mi è stato chiaro che non sono affatto menefreghisti come pensavo. Quindi sono stata ben felice di riscattarli. Aqua, come penso si sia capito, avrà un ruolo preponderante rispetto agli altri. Anche per dare alla povera Kairi una compagnia affine a lei: credo infatti che, per la quasi totalità della storia, Kairi sarà l’unico personaggio femminile di rilievo, tutti gli altri protagonisti o personaggi ricorrenti e importanti saranno maschi.

Che dire ragazzi, ce ne è voluto, ma siamo finalmente arrivati alla parte che piace a me. Quella concentrata sul governo, insieme alle varie tipologie di sovrani che possono presentarsi a capo di uno stato. Ansem, come si è capito da tempo, rappresenta il principe decaduto che ormai ha perso completamente la fiducia del popolo e non può fare niente o quasi per risollevarsi o redimersi agli occhi della gente. Vediamo cosa farà adesso Kairi per riscattare il nome della sua famiglia davanti ai sudditi.

Sappiate comunque che oltre a scrivere disegno anche, quindi nei periodi in cui non pubblico potrei mettere dei disegni. Sarebbero spoiler (per quanto spoiler ciò possa essere perché il canovaccio di trama è molto chiaro), vi metto l’ultimo che ho fatto linkato qui sotto, quindi chi non vuole “spoilerarsi” niente può evitare di vederlo. Link

   
 
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