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Autore: Riku_Lucis_Caelum    17/03/2020    0 recensioni
E se ci fosse qualcosa che abbiamo dimenticato?
O meglio, "qualcuno"...
Questa è la storia di una principessa di un regno caduto.
Spero possiate apprezzare questa storia e il personaggio che sono andata a creare, gli intrecci e le sue relazioni. ^^
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gladiolus Amicitia, Ignis Stupeo Scientia, Noctis Lucis Caelum, Prompto Argentum
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Non potè impedire a quell’uomo di fare i suoi comodi, non riuscì a fermarlo perché loro erano sempre troppo vicini. Non riuscì a impedire che suo fratello finisse nel cristallo.

La città era invasa da mostri fuori controllo e non poteva avvicinarsi, non aveva sufficiente forza per abbatterli  né tanto meno alleati che potessero aiutarla.
Era sola.
Col passare del tempo, tutto peggiorava. Le notti si facevano più lunghe e i daemon era sempre di più, la gente moriva.
Tanti diventavano alcuni di loro e tanti diventavano solo un ricordo.
Era in piedi su una roulotte cappottata in un'area di sosta abbandonata e guardava il cielo non più luminoso come un tempo, il sole che calava e poi il buio e tutto diventava spaventoso.
La notte non era romantica come una volta, nessuna luna, niente stelle. Solo una coltre scura e gelida. Eppure lei non aveva paura.
Lei col la morte ci aveva danzato e ormai, attendeva solo il prossimo giro di valzer. 
E tutto per colpa di quell'uomo.
Si rigirava tra le dita la collana con il pendente a forma di stella ripensando ancora un’ultima volta al suo passato chiudendo gli occhi.
L'amore della sua famiglia, l'affetto degli amici. Le mancava tutto del suo passato ma, ora era lì, in quell'oscuro presente e aveva un compito.
Non le avrebbe più portato via nulla, le aveva tolto la vita, la famiglia, la casa, l’amore… ma ora basta.
Ci avrebbe provato, avrebbe fatto di tutto per fermarlo anche morire se fosse servito, non aveva nulla da perdere.
Viveva isolata dalle città più affollate, temeva di incontrarli visto che si erano messi a fare i cacciatori. Chissà quanto erano cambiati, mentre lei, si vedeva sempre piccola e gracile ma, non era affatto così. Era diventata una bella donna, più alta e matura, i capelli lunghi sempre sciolti e lucidi, bellissimi erano cresciuti molto, sul braccio la cicatrice del suo errore di gioventù, un monito onnipresente della sua condizione. Si era stabilita in un piccolo nucleo di persone e cacciatori il più vicini possibile a Insomnia, avevano la luce e riuscivano a provvedere ai loro bisogni grazie agli angoni che mantenevano il generatore principale a Lestallum e rifornivano i nuclei di materiali e materie prime. Se ne stava seduta su una sedia di plastica un po' malridotta davanti alla roulotte in cui abitava, aveva chiuso gli occhi qualche secondo rilassandosi quando sentì una strana sensazione e li riaprí immediatamente rendendosi conto di quello che aveva davanti.

Due uomini dall'aspetto familiare, fin troppo e il cuore le mancò un battito, sia per lo spavento che lo stupore.
Uno di loro era alto, muscoloso con i capelli medio lunghi e scuri legati alla meno peggio in un codino e la barba. Su un occhio una cicatrice che gli arrivava fino alla guancia. Accanto a lui un giovane, elegante e composto, capelli castano chiaro e un portamento distinto, indossava gli occhiali scuri anche se era notte e di tanto in tanto si poggiava alla spalla dell'altro. 
Li guardava senza riuscire a staccare gli occhi, che erano ormai lucidi e non capiva perché il suo corpo non stesse bruciando ma, era così felice di vederli dopo tutto quel tempo. Erano a pochi passi da lei, non erano mai stati così vicini in quegli anni come adesso.
Il più grande dei due si sentì osservato e nemmeno il tempo di voltarsi, intravide con la coda dell'occhio una figura dannatamente familiare infilarsi in una roulotte.
-Aspettami qui…- disse posando una mano sulla spalla del compagno.
Si diresse verso la roulotte in cui aveva visto entrare quella figura e si poggiò con una mano alla porta.
Una parte di lui voleva bussare ma, poi cosa le avrebbe detto? L'aveva incontrata spesso negli anni, un'oscura copia del suo amico che non si avvicinava mai abbastanza, sempre sfuggente come fosse uno spettro e ora, li separava una porta.
Lei dal canto suo era stupita, spaventata e confusa e si guardava le mani aspettando di bruciare ma, non succedeva nulla e stava tremando come non mai.
Senti i passi dell'uomo scricchiolare sul brecciolino e la terra dissestata, stava per allontanarsi e realizzò che se era la sua unica occasione per stare con lui un'ultima volta, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Corse verso la porta aprendola senza fiato, come se avesse corso chilometri e l'uomo, con le mani nelle tasche si voltò vedendola finalmente da vicino.
Una bella donna, più o meno della sua età. I capelli scuri e gli occhi blu come il cielo di notte, ora da vicino la notava ancora di più, quella mostruosa somiglianza con il principe di Insomnia, la sua esatta copia al femminile e come ogni volta che la vedeva, quella sensazione di nostalgia, tristezza e rimpianto senza capirne la ragione.
Anche se somigliava così tanto a lui, non la conosceva, non aveva senso provare quei sentimenti.
-Non… non andare… ti prego…- mugolò la donna mordendosi il labbro inferiore, le tremava la voce.
L'uomo si voltò andando verso di lei fermandosi a qualche passo, sentiva il suo profumo e più le stava davanti più la sensazione era maggiore, più la guardava e più pensava che era una delle donne più belle che avesse visto.
Voleva dirle tante cose, aveva così tante domande da farle però, in quell'istante quando lei timidamente gli tese la mano, passarono tutte in secondo piano.
Sfiorò con delicatezza quella piccola mano che ora, stava tremando e senza nemmeno rendersene conto aveva intrecciato le dita con le sue.
Non si dissero nulla, ma non smisero di guardarsi nemmeno un secondo, si perdeva in quelle iridi scure e lucide mentre senza opporre resistenza si faceva trascinare da quella bellissima e misteriosa donna nella roulotte.

Dopo quella volta non si incontrano più, non perché lei non volesse ma, perché stargli troppo vicino aveva ripreso a sortire i suoi devastanti effetti. Ancora non capiva perché, quella sola e unica volta gli era stato concesso quel piccolo, breve e fugace attimo di libertà.
Ma non le importava infondo.
Era persa nei pensieri, in quell'alba nera come la notte più scura quando lo sentì, l'ululare dei daemon e capì che qualcosa si stava smuovendo. Era molto vicina ad Insomnia, la zona se possibile più pericolosa, nemmeno i cacciatori si avvicinavano così tanto ma, era pur sempre casa sua. Quei mostri, sembrava come la stessero chiamando e chissà, probabilmente era davvero così.

La principessa ormai donna, era davanti ai cancelli del palazzo. Uccidere qualche daemon per raggiungerlo non era stato difficile ma, ora arrivava il peggio. Una volta varcato, sapeva che non sarebbe tornata indietro.
Fece prima un passo poi, un altro e pensava, ricordava.
La sua amata città in tutto il suo splendore, la sua vita, prima che quell'uomo distruggesse la sua famiglia.
La rabbia prese il sopravvento e iniziò a correre verso il palazzo più veloce che poteva. 

Uccideva tutto quello che ostacolava il suo cammino fino all'entrata, poi, corse nei corridoi stretti del piano inferiore imboccando l'ascensore.
Stranamente funzionava o forse, no, non era strano perché lui, stava aspettando. 
I suoi passi riecheggiavano nella sala del trono deserta. Scricchiolavano al calpestare dei detriti e lei, era a testa alta come le era stato insegnato da suo padre.
Lui, quell'uomo era là. Seduto su un trono che non era suo a beffarsi della vita degli altri e quando la vide, le sorrise malefico.
-Sei così simile a lui… eppure, tu chi sei?- disse sistemandosi a sedere sul trono.
Era sorpreso che ci fosse un altro essere sulla terra ad essere stato cancellato dalla storia, era un fantasma dei Lucis esattamente come lui e mentre si perdeva nei ragionamenti, un bagliore comparve tra le mani della donna, era una lancia e lui sorrise divertito.
Non aveva idea di chi fosse ma era chiaro che fosse di stirpe reale, non aveva più dubbi al riguardo.
Cancellati, eliminati, dimenticati, non c'erano da nessuna parte eppure erano uno davanti all’altro.
-Ti distruggerò… -
E a quelle parole era già balzata al di sopra di lui, ma, era più veloce di quanto pensasse e nemmeno il tempo di affondare la lama nella carne che le era alle spalle.
Le passò una mano tra i capelli, lisci, neri e lunghi.
Non c'era un solo dettaglio di lei che non le ricordasse il principe Noctis. 
Così, per lui ucciderla era dannatamente più facile.
Andò avanti per ore, ogni arma del suo arsenale era stata usata e ora, volteggiavano in cerchio attorno alla principessa come una barriera e per l'uomo davanti a sé, era lo stesso.
Era circondato dalle sue stesse armi.
Era come guardare un losco riflesso di sé e non le piaceva.
-Mi hai portato via tutto!- le gridò lei per poi partire  all'attacco con tutta la rabbia e lui, allargò le braccia attendendo il colpo della giovane.
Sangue, tanto tanto sangue mescolato con il denso liquido nero dell'infezione.
Si erano colpiti a vicenda però, lui le stava sorridendo.
La lama della giovane era passata a parte a parte e dal corpo del suo avversario grondava quel nero liquido. Mentre, dal suo, non faceva che colare sangue, così tanto e così caldo.
Dall'addome lo sentiva gocciolare lungo le gambe fino a terra in densi rivoli.
-... tu non puoi uccidermi…-
Eppure gli faceva male, male come mai nella sua vita immortale. Pensava che solo quel principino potesse nuocergli seriamente ma, aveva fatto male i conti ma, ormai era chiaro che lei non era più un pericolo.
Le mise un dito sotto il mento, guardava quel viso, bellissimo e fiero, quegli occhi pieni di rabbia.
- Mi dispiace che non sia andata come nei tuoi piani... - disse ancora una volta mentre estraeva l'arma dal corpo della donna.
Lei cadde in ginocchio nella pozza del suo stesso sangue, si sentiva sempre più pesante, sentiva sempre più freddo.
Aveva fallito, non aveva concluso niente.
Lui era vivo, suo fratello era in pericolo e lei, stava morendo.
Non gli avrebbe detto addio, non lo avrebbe rivisto.
Iniziarono a scendere una ad una, piccole lacrime lungo le sue guance senza che lo volesse, tutto il dolore che per anni aveva trattenuto, goccia a goccia scivolava lungo le guance mischiandosi al sangue, al rimpianto, alla tristezza e alla delusione.
-Ho… fallito…- continuava a ripetere sommessamente mentre, si dissanguava lentamente. 
Non poteva sapere quanto, quel combattimento avesse destabilizzato il suo avversario, non sapeva che, quello non era un fallimento.
L'uomo la lasciò lì a terra a morire abbandonando la stanza arrancando appena, quella ferita infertagli da quella giovane, bruciava e non accennava a guarire.
Era tutto silenzioso, era tutto così… pacifico.
Non sentiva più il corpo, non poteva muoversi ma, riuscì a sollevare gli occhi verso il trono e quasi le sembrò di vederlo, il suo passato, così vivido che tra le lacrime e le sfuggì un sorriso.
Vedeva suo padre seduto su quel trono allungare la mano verso di lei, con in viso quell'espressione dolce che solo di rado mostrava.
Sollevò appena la mano come voler afferrare quella del genitore, il suo corpo, si cristallizzò e poi, svanì lentamente in piccoli globi di luce che si unirono al cristallo lasciando in terra solo la sua collana con il pendente a stella.


Camminava a piedi nudi, in uno dei corridoi del palazzo reale. Forse uno dei più lunghi, pieno di porte con stanze di cui ricordava a malapena il contenuto. Era poco illuminato ad esclusione delle lampade alle pareti che fiocamente facevano un po' di luce, l'atmosfera era ovattata, come in un sogno.Vide una porta leggermente aperta, era solo uno spiraglio ma, vi filtrava la luce. La spinse appena con la mano ed era la sua stanza, e su una sedia, vicino al letto c'era un uomo. Lei si avvicinò e lo abbracciò cingendolo per le spalle sospirando.
-Padre… - sussurrò con dolcezza la ragazza mentre una delle mani dell’uomo si poggiava sulle sue.
Si voltò guardando la ragazza mentre tenendola per la mano la portava davanti a se.
-La mia bambina… la mia preziosa figlia…-disse lui con gli occhi lucidi.
Lei sorrise e si inginocchiò a terra posandogli la testa sulle gambe come faceva tanto tempo fa e lui, con dolcezza le carezzava i capelli.
Finalmente non era più solo un ricordo, un’ombra, era di nuovo con la sua famiglia e mentre si lasciava coccolare dal padre, una mano sulla spalla la ridestò e voltandosi lo vide.
Quegli occhi così simili ai suoi e quei capelli del colore del cielo di notte. Non si alzò, gli tese la mano e lui la prese con dolcezza e a quel semplice tocco le si riempirono gli occhi di lacrime.
Aveva avuto un destino infausto, non era riuscita a salvarsi, non era riuscita a salvarli però, almeno nella fine, era con loro.
Non più perduta, non più dimenticata.


Il suo nome era… 
   
 
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