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Autore: violetmoon888    19/03/2020    0 recensioni
Non riuscivo a capire, non riuscivo proprio a capire come fosse possibile. La mia vita era cambiata in quelle poche settimane. Lo shock, era chiaro che lo stato di adrenalina e confusione impediva agli altri di parlare. Sentivo il respiro di Jasper accelerare. Mi stringeva ancora la mano. Immobile io fissavo il cielo, quel bagliore bluastro che quell’angelo aveva lasciato. Restammo tutti pietrificati come statue per qualche minuto. Poi fui io a sbloccarmi. Guardai Jasper, lo sentivo, provava una sensazione nuova, era spiazzato e mi fissava trasognato. Lo scossi leggermente e mi lasciò la mano si voltò verso gli altri, mi girai anch’io. Carlisle, il più lontano da noi fece qualche passo e sillabò un i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e.
ATTENZIONE: Questa storia è da definirsi un sequel, è necessario leggere la precedente, "NON SO PIU' CHi SONO" sulla mia pagina.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Era da poco passato il tramonto, Sean stava conducendo Alice dalla strega Tabhita, non aveva capito quasi nulla della strategia di Lucifero, o sul perché intendesse farle conoscere così bene gli Inferi e i suoi abitatori. La tana della strega più crudele mai esistita era situata tra le montagne di Ghiaccio, a Nord, in un’incavatura della parete di ghiaccio, il cui ingresso era quasi invisibile anche a pochi metri a causa della foschia e delle raffiche di neve. Si smaterializzarono ad una certa distanza. Alice fu sollevata nel constatare che erano usciti dai tunnel infuocati, almeno la vista della neve e del ghiaccio era di conforto nonostante la temperatura percepita fosse la medesima.
“Lui mi ha portata qui ieri” disse guardando l’immensa distesa bianca, il luogo della caduta del primo angelo.
“Perché è così diverso? Freddo e ricoperto di ghiaccio?” chiese affascinata, tutti i paesaggi degli Inferi erano monotoni e identici, una distesa rossa e argillosa di rocce e fuoco. Anche quello era un deserto ma di ghiaccio. Opposto.
“Non ne sono sicuro, probabilmente per rendere la sua ribellione visivamente concreta, o una metafora per un rapporto morto, freddo tra lui e il paradiso…stronzate simili” disse Sean incamminandosi verso la parete della prima montagna. Alice lo seguì sospirando. I loro respiri si condensavano in nuvolette di vapore bianco. Alice toccò ancora una volta la neve, perfettamente asciutta ma fredda. Le si accapponò la pelle.
“ C’è…qualcuno qui… un…umana?” si fermò turbata. Sean annuì e le fece cenno di proseguire. Ormai erano dappresso l’entrata della parete, la foschia quasi nulla.
“Non è una semplice umana, è una strega, estremamente potente… si chiama Tabhita… un tempo era la strega più temuta di Salem” disse quasi sussurrando, fece cenno ad Alice di avvicinarsi a quella che sembrava una fessura tra due mura di ghiaccio. Alice allungò una mano per tastare la parete, minuscole gocce d’acqua colavano come fossero lacrime. Difatti la parete era più calda.
“Entra” Alice entrò, si aspetto di trovarsi in un ennesimo cunicolo ma fatto di ghiaccio, angusto e caldo. Invece appena passò mettendosi di profilo nella stretta fessura tra le montagne si ritrovò in un ampio, arioso e più fresco atrio fatto interamente di ghiaccio trasparente, bianco e bluastro a seconda dei giochi di luce che filtravano dall’alto. Si guardò attorno stupefatta.
“E’ …” non riusciva a descriverlo, era un palazzo interamente di ghiaccio , eppure nessun artifizio umano avrebbe potuto essere simile a quello. Le scale, gli arredi, gli oggetti, i lampadari, ogni cosa era perfetta, una copia perfetta fatta di ghiaccio, e giacchè era tutto semi trasparente riuscivano a scorgere le stanze e i saloni dei piani superiori. Una sala da pranzo, un salotto con due piani a coda e un camino dove ardevano fiamme bianche. Un’enorme libreria senza soffitto come quella del palazzo d’Ebano, c’erano libri veri, a migliaia. Molte camere da letto. Un ampia vetrata di fronte a loro dava l’accesso ad un giardino. Alice sentii dei passi e vide le scarpe nere di vernice di una donna scendere più rampe di scale. Ne sentiva il respiro ritmato e calmo, il cuore pulsare, l’odore del suo sangue che le fece quasi girare la testa.
“E’ viva” disse sconcertata. Sean stava per dire qualcosa ma la sagoma della strega fece l’ultima rampa e fu al piano terra ad accoglierli.
“ Ahimè si…” disse sorridendo, era una donna di mezz’età ma ancora decisamente bella, di carnagione olivastra, i capelli neri e lunghi ondulati e corposi, gli occhi color miele, pesantemente truccata e con un piccolo neo vicino al labbro superiore. Indossava un vestito rosso strappato in frange ricadenti sulle scarpe di vernice nera. Molti anelli e bracciali che tintinnavano ad ogni suo movimento.
“ Tu devi essere Alice, aspettavo la vostra visita” allungò una mano ma Alice non la strinse, la donna la guardava intensamente, era come se volesse che lei le stringesse la mano ma non per pura presentazione.
“Bene, seguitemi” li condusse attraverso un meraviglioso corridoio pieno di quadri, ciascuno posto in ordine di grandezza raffigurava diverse donne, di diverse epoche, Alice riconobbe quasi tutte le figure storiche e mitologiche, da Eva a Elena , Medea, Cassandra, Ipazia, Giovanna D’arco e molte altre.
“Lucifero ti aveva avvisato della nostra visita?” chiese Sean,
“Certo ragazzo, e ti ha affidata a costui?questo N, non mi sembra molto sveglio?” osservò rivolgendosi ad Alice,Sean la ignorò. Arrivarono in una specie di studio, con un’ampia scrivania antica, poltrone, un ‘altro caminetto, diversi calderoni e libri sparsi nella stanza.
“Prego sedetevi” disse e due enormi poltrone di ghiaccio si posizionarono accanto al camino, Alice curiosa sedette, quella strega aveva poteri telecinetici come i suoi.
“ E non solo” disse,
“Puoi leggermi nel pensiero?” la strega annuì,
“ Tesoro, nel 1678 al solo nome di Tabitha persino il caro Lucifero tremava” Sean si irrigidì per quell’affermazione.
“Tranquillo ragazzo, non sai quante volte ho tentato di farmi uccidere da Lui, bastassero poche parole” Alice si guardò attorno circospetta
“E’ una prigione, sei intrappolata qui” disse e ad un tratto la meraviglia di quel palazzo di neve e ghiaccio svanì. Era come essere di nuovo nei labirinti di roccia.
“Sei perspicace ovviamente, non devi rammaricarti, Il Signore Oscuro ha solo rispettato i patti, in fondo gli ho venduto la mia anima” Alice sgranò gli occhi,
“Un patto, che tipo di patto?” la strega sorrise sbilenca,
“ In cambio dei miei poteri… il potere che ho è mio ma un tempo ero solo una semplice strega da quattro soldi…” Alice si sollevò dalla poltrona.
“ Volevi più potere, ma hai compreso a cosa ti ha portato… il potere non è mai un dono” disse irritata, l’odore del suo sangue era quasi insopportabile.
“Mi ha portato ad essere la strega più potente mai esistita e mi ha fatto vivere per 4 secoli sulla terra” disse con gli occhi che le brillavano,
“E adesso vivrai qui dentro da sola per l’eternità…” aggiunse Sean,
“Sei così furiosa, dentro di te si agita una lotta impetuosa, ragazza mia… ti consumerà o consumerà gli altri” le pose le unghie rosse laccate sul petto, Alice si scostò,
“Andiamocene Sean, l’ho incontrata come Lui voleva, ora torniamo al palazzo” disse a denti stretti, Sean si alzò a sua volta.
“Non così in fretta. Non credo proprio che Lucifero volesse solo che facessimo due chiacchiere.” Schioccò le dita e un ciondolo di alabastro apparve tra le sue manidita, la catena era di adamas e il ciondolo rotondo raffigurava una donna intenta ad abbracciare un piccolo neonato. Sulle prime e con grande sconcerto Alice pensò si trattasse della rappresentazione cristiana della Vergine ma poi notò che il vestito della donna era in realtà un ala che avvolgeva anche il bambino, e i lineamenti di lei…erano…familiari.
“Dammela” la afferrò nonostante l’adamas bruciasse a contatto con la sua pelle, ma era sopportabile. Era sua madre. Apparteneva a sua madre il ciondolo.
“Perché ce l’hai tu? Perché questa catena?” lo pose sulla scrivania.
“Io conoscevo tua madre… io l’ho aiutata a nasconderti tra gli umani” Sean sgranò gli occhi. Tabitha fissava curiosa Alice ma allerta, Il Signore Oscuro l’aveva avvisata, la ragazza non aveva il controllo e le sue reazioni erano imprevedibili. Ma tutto ciò che accadde fu un silenzio molto lungo e una lacrima che le scivolò sul viso.
“Mi dispiace che sia morta” sussurrò in imbarazzo,
“Assassinata, per proteggere me” disse lei stringendo il ciondolo.
“Tuo padre voleva che te la restituissi, Gyselle me l’ha data come compenso per il mio aiuto… è intrisa di magia protettiva, intendeva lasciarla nel tuo fagotto prima che ti lasciassimo a quella famiglia umana ma il mio prezzo era alto” Alice strappò la catena di adamas ferendosi le mani.
“Alice, attenta” Sean le prese le mani sanguinanti, le maglie della catenina tintinnarono sul pavimento.
“Perché l’adamas?” la strega si avvicinò,
“ L’ho sostituito io all’oro, non volevo che cadesse nelle mani di sporchi demoni… o sporchi angeli…” Sean la fissò accigliata.
“Perché si è rivolta a te?” chiese Alice,
“Perché? Davvero? Sono la…”
“strega più potente di Salem, si si, capito” borbottò Sean,
“ Ed ero l’unica disposta a infrangere la legge degli angeli con lei, non mi importava di una punizione, in fondo il mio patto mi tutelava e poi… ho avuto una strana visione su di te quando lei ti ha portato da me” Alice sgranò gli occhi,
“Tu, puoi vedere il futuro…come me?” lei scosse la testa,
“… a volte…molto di rado riesco a vedere degli avvenimenti cruciali…” disse, i suoi occhi color miele scintillarono,
“E?” Alice le afferrò un braccio, lei la guardò ma non accadde nulla…
“Non te lo dirò…Lucifero vuole rivelartelo al momento giusto… ma ora parliamo del Libro” Alice scosse la testa,
“Aspetta ho ancora delle domande… hai più visto mia madre da allora…e come fai ad essere viva negli Inferi?” lei ridacchiò,
“No, l ho incontrata solo quella volta...Questa invece è la mia punizione per aver infranto il patto….ho cercato di creare una pozione che mi rendesse immortale, cosi da non poter mai restituire l anima a Lucifero, lui mi ha accontentata, non morirò…non invecchierò la mia anima sarà  sola e corrosa tra queste pareti dii ghiaccio negli inferi” la sua voce era giocosa ma Alice poteva percepire il tormento. Ne ebbe quasi compassione.
“Il Libro è fondamentale” continuò,
“Quel libro è vuoto” disse lei,
“Non vedi ciò che non vuoi vedere…. La bambina che segue il coniglio nella tana ad un certo punto cade…bene ora possiamo salutarci…” disse. Alice stava per protestare ma Tabitha schioccò di nuovo le dita e si ritrovarono fuori dalla crepa. Aveva tra le mani il ciondolo di alabastro. Sentirono una risata lontana.
“Sean, che cosa significa? A che gioco sta giocando Lucifero…questa strega è folle….” Una visione su di lei, il ciondolo, quelle parole senza senso e il dannato libro. L’emicrania cominciava ad affacciarsi.
“Non ne ho idea, non avevo mai incontrato Tabitha.mai” lei annuì sospirando,
“Torniamo al palazzo, devo riflettere…” disse.


Alice si fiondò come un treno nella stanza da letto di Lucifero, le spesse tende di velluto rosso erano state scostate e la luce fievole del giardino filtrava sulle pareti di pietra, era già buio, di nuovo. Per prima cosa pose il ciondolo di alabastro tra i vestiti che aveva al suo arrivo, lavati e odorosi di gelso ripiegati in un cassetto, poi afferrò il libro che aveva lasciato sul comodino, diil cuoio nero e liscio, le pagine gialle e sottilissime, lo sfogliò con più attenzione. Per diversi minuti. Sean confuso sedette a gambe incrociate sul tappeto come quella mattina.
“Cosa stai cercando?” azzardò dopo un quarto d’ora di silenzio, Alice richiuse il libro e glielo porse sofferente, Sean lo roteò fra le mani,
“Non c’è un titolo, non c’è traccia di inchiostro, le pagine sono vuote… te l’ha dato Lucifero?” Alice annuì,
“E’ questo il libro a cui la strega si riferiva, ne sono sicura…” Alice era agitata,
“E poi, quella profezia, che cosa avrà visto su di me…” Sean era inquieto,
“Cosa devi farci?” Alice lo fissò corrucciata,
“Speravo me lo dicessi tu, non hai mai visto questo libro prima, Lucifero non ha accennato a un libro con te o con gli altri prima del mio arrivo?” Sean scosse la testa,
“Non ho mai avuto accesso alla biblioteca, e non mi ha mai parlato di questo “ buttò bruscamente il libro sul pavimento,
“Attento, deve essere incantato o qualcosa del genere, mi ha detto che per secoli ha provato a leggerlo, mi ha detto che potrebbe essere la chiave per…liberarlo…da qualcosa… ma non ha aggiunto una spiegazione” con cautela Alice lo ripose sul materasso.
“Francamente come ti ho detto prima Lui non mi ha rivelato cosa intende fare con te… il mio scopo era solo quello di portarti qui e di farti sentire a tuo agio per il tempo…”
“Si che resterò qui… chiaro…Lui non ha rivelato le sue vere intenzioni a nessuno probabilmente” Alice rifletté,
“Aspetta, dov’è Lilith?” Sean notò una strana luce nei suoi occhi.
“ Tu puoi invocarla vero?” non era una buona idea, anzi era una pessima idea, a stento Lilith sopportava di vederla figurarsi interagire più del dovuto.
“Non è una buona idea, potrebbe essere con Lucifero in questo momento” Alice lo osservò,
“Non saprebbe comunque nulla del libro, Lucifero non dice nulla neanche a lei…”
“Io credevo….insomma è la sua compagna…” Sean sospirò,
“E’ complicato” disse, Alice sedette sul letto attenta,
“Spiegami” Sean doveva essere di ronda ai confini del palazzo, come gli era stato ordinato, eppure passare quella giornata con Alice, senza nessun’altro, in piena libertà e nel suo mondo era stata la cosa migliore che avesse vissuto da settimane. Voleva restare con lei, parlarle fino all’alba.
“Lucifero mi ha detto ben poco di lei…” osservò,
“Io non conosco tutta la sua storia, e non so quanta parte di quello che mi è stato raccontato sia vero” Alice annuì, il libro accanto a lei sembrava essere scomparso dai suoi pensieri.
“E’ stata la prima donna mai creata, la sposa di Adamo, a lui pari e simile. Non è un angelo caduto ne’ era un demone finchè non ha incontrato Lucifero” Sean afferrò un lembo del tappeto,
“Dicono che Lilith si sia ribellata perché desiderava la libertà da Adamo e dal paradiso terrestre, per lei era come una prigione. Nonostante vi fosse qualsiasi cosa desiderabile, nonostante dovesse essere felice. Dio non la capiva, non l ha accettato e neppure suo marito, lui non l ha mai amata davvero probabilmente o era lei a non amarlo. Quello che però viene sottaciuto è il particolare interesse che lei nutriva per un angelo…” Sean attese,
“Lucifero…Lo amava prima di essere cacciata” disse stupita.
“Si, e probabilmente gli altri angeli e lo stesso Dio non potevano tollerarlo, una creatura inferiore con un celeste…allora, ai primordi era inconcepibile…beh non che ora sia molto diverso. Ma ora le regole si infrangono con più facilità” Alice sospirò.
“ Lei ha vagato per anni sulla terra prima che Lucifero cadesse, io ritengo che nemmeno lui l’abbia mai amata, è stato come svegliato dal suo gesto, anche se col tempo, e ha deciso di seguire il suo ideale di libertà ma non lei… si sono trovati è vero, e lei è diventata la sua amante…” Sean si morse il labbro, non gli piaceva parlare di Lilith, da quando l’aveva conosciuta meglio, sentiva e condivideva la sua sofferenza. Amare e non essere ricambiati mai.
“Ma lui continua a non amarla davvero” disse Alice inclinando la testa,
“Lilith lo sa bene, ma non può farne a meno…” Sean si schiarì la gola, una vampata di calore gli irrorò le guance, era terribile non riuscire a controllarsi con lei.
“Quindi com’è possibile che non sia un demone, ha le ali, ha potere ed è qui all’ inferno” disse lei accorgendosi di tutto.
“Lo è, lo è diventata, Lucifero le ha fatto bere il suo sangue, ma non è diventata un vampiro, è diventata la sua compagna, il primo demone, la madre di tutti i demoni metaforicamente…il sangue umano e quello divino sono dentro di lei, anche adesso ha una parte ancora umana” Alice era affascinata.
“Lei è molto infastidita dalla mia presenza” disse,
“Credo sia gelosa di te…”Alice corrugò la fronte,
“Lucifero è tuo padre, e… lui prova affetto nei tuoi confronti” Alice smise di respirare per un secondo,
“Lo so…lo sento anch’io e questo mi turba…non so perché ma mi turba” Sean si alzò,
“Lilith non ha più lo stesso rapporto di fiducia incondizionata con lui da anni ormai e la tua presenza ha acuito questa situazione, non devi serbare rancore per lei… è difficile” Alice si distese,
“Posso capire, mi dispiace, vorrei poterle parlare liberamente ma quando mi guarda credo che se ne avesse la capacità mi incenerirebbe con lo sguardo” Sean ridacchiò,
“Si ne sono certo” lei sbadigliò,
“Questo posto mi sfianca, mi rende sempre più assetata…Qyburn, il maestro o qualsiasi cosa faccia mi ha detto che la mia parte angelica è disturbata dagli Inferi” si mise un cuscino sotto la testa.
“Sarà così, Qyburn è molto saggio, ne saprà più di me e te” Sean ciondolò sui piedi.
“Ora è meglio che vada, così puoi dormire, devo essere di guardia stanotte” Alice annuì e gli sorrise, un sorriso abbagliante, Sean indietreggiò e aprii la spessa porta. Era strano e meraviglioso averla lì. Chiuse la porta ma si pentì di aver pensato una cosa del genere. Lei non era al sicuro nell’Ade. Doveva aiutarla a fuggire e basta. Basta.


 
 
Jasper tornò dalla conversazione con Michele alquanto provato. Sapeva però che suo figlio aveva bisogno di conforto e speranza. Sua madre sarebbe tornata, presto, anche senza l’aiuto degli anziani. Doveva crederci. Aiden era a letto, Bella gli aveva detto che aveva a stento mandato giù un po’ di cibo. Jasper Sali nella camera da letto e lo trovò quasi sepolto dalle coperte. I capelli neri arruffati facevano capolino dal piumone rosso. Jasper sedette sul letto appoggiando la mano sul rigonfiamento di coperte. Aiden arrotolò il piumone quel tanto per scoprire gli occhioni azzurri e lucidi.
“Zia Bella mi ha detto che non avevi molta fame stasera…” Aiden annuì con lo sguardo, si sollevò mettendosi a sedere.
“Notizie della mamma?” erano passatio appena due un giornio ed Aiden era rimasto in silenzio, nel suo, rendendosi conto che Jasper fosse più frustrato di lui e pensando che continue domande su sua madre lo avrebbero fatto sentire peggio ma ora non aveva resistito. Le mancava molto, e si sentiva come responsabile per averli costretti a scendere in quel posto caldo e inquietante, gli Inferi.
“No piccolo… ancora nulla” Jasper gli toccò una spalla,
“Aiden…” ammiccò, sentiva chiaramente le sue emozioni. Aiden distolse lo sguardo e cercò di rintanarsi sotto il mucchio colorato.
“ Se vuoi parlarmi di qualcosa devi farlo, liberamente, dimmi tutto quello che ti passa per la testa…oK?” Jasper era preoccupato. La stabilità emotiva di Aiden era già stata messa a dura prova dal Loculens e dal Moth.
“ Io… mi sento in colpa per quello che è successo alla mamma… se il mostro non mi avesse sussurrato per tutto questo tempo o se fossi riuscito a cacciarlo via non saremmo dovuti andare laggiù” Jasper fece spazio sul letto e si distese circondando il bambino con le braccia.
“Ascoltami bene… non devi sentirti responsabile. Aiden tu sei stato molto forte a combatterlo e a venire laggiù con noi. La mamma lo sa, ed è felice e sollevata che tu sia libero e stia bene. Anche se è laggiù, e anche se le servirà del tempo per tornare, lo farà, torna sempre…lo sai anche tu, o no?” Aiden annuì.
“ Io sto meglio, senza quelle voci” Jasper lo abbracciò, 
“Non possiamo tornare a prenderla?” Jasper sospirò,
“No, purtroppo, o almeno per adesso… Aiden io ti prometto che se la mamma avesse delle difficoltàò a tornare andrò io a prenderla, costi quel che costi” Aiden sembrò animato da quelle parole,
“Bene, e io verrò con te” si alzò saltellando sul letto, Jasper ridacchiò e lo afferrò, fecero un po’ di lotta e finirono sdraiati, Aiden col fiatone. Era più forte, stava diventando davvero forte.
“ Papà?” disse dopo qualche minuto di silenzio in cui si ritrovarono a fissare il soffitto.
“Ron sta bene? Io non te l ho più chiesto… vorrei andare a trovarlo” Jasper restò immobile, gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che non avevano più rivelato ad Aiden della sua morte, mentre il loculens era dentro di lui e non sapevano come avrebbe potuto reagire. E adesso. Doveva dirglielo. Senza Alice, lei sarebbe stata di certo più brava. Non potevano tenerglielo nascosto ancora a lungo. Eppure…
“Papà? Tutto bene?” Jasper si mise a sedere.
“sta meglio, dopo quelle ferite lo hanno portato in un ospedale fuori contea…” la valanga di bugie uscii rapida ma decisa.
“Probabilmente in un altro stato… non so altro, ma ora non devi preoccupartene, un giorno forse tornerà a Forks e potrete rivedervi” Aiden non era affatto soddisfatto di quelle parole,
“Ma, io voglio vederlo. Scusarmi. Puoi scoprire dove si trova! Per favore papà!” Jasper si alzò,
“Aiden, ora basta, abbiamo cose più importanti a cui pensare… ti prego, devi stare tranquillo e tutto si risolverà” il bambino lo guardò corrucciato ma annuì, se suo padre non voleva aiutarlo avrebbe trovato un modo per andare da Ron. Ma non ora, il sonno cominciò a calargli addosso come una folata di vento. Si mise sotto le coperte e chiuse gli occhi. Jasper abbassò le luci e lo rimboccò. Sentiva un sapore amaro e secco in gola. Gli aveva mentito ancora.


 
Alice aveva passato le seguenti ore a fissare le pagine del libro, aspettando una qualche visione o rivelazione. Sfiorò ciascuna pagina per constatare che funzionasse, ma non accadeva nulla. Provò allora a chiudere gli occhi, a rilassarsi, a canalizzare la sua energia. Cominciò a sentire il formicolio e il calore familiare tra le dita. Aprii gli occhi di scatto, una pagina cominciava a esalare puzza di bruciato, ritrasse le mani immediatamente, per fortuna era solo un rivolo di fumo. Bruciare il libro più importante della collezione privata di Lucifero non era una buona idea. Quindi più che consumarlo a furia di guardarlo o dargli fuoco Alice non aveva altre opzioni. Alla fine richiuse la copertina nera e si addormentò. A lungo, un sonno profondo e costellato di immagini di sogno. C’era un cancello di ferro arrugginito, enorme, lungo centinaia di metri come fosse una recinzione, lo scricchiolio del metallo scosso dal vento era inquietante. Poi una foresta, con tanta, troppa luce bianca,accecante, una creatura correva tra gli arbusti. Una lepre. Senza un occhio e sanguinante. Alice seguiva la scia odorosa e le macchie sul terreno. Si infilava in una grossa voragine nel prato, fredda e grondante di muschio. Alice si fermava, non voleva entrarci. Il medaglione di sua madre le fluttuò poi davanti al viso, benchè tentasse di afferrarlo era come evanescente. Una mano calda e liscia le si posò sulla spalla, lei si voltò, lo abbracciò stringendolo con forza. Portami via. Diceva, ma non c’era voce tra le sue labbra. Svanii anche lui. Alice si svegliò frastornata. Delle nocche leggere, le nocche leggere che aveva udito il giorno prima battevano da qualche secondo sulla porta. Quelle immagini sconnesse non avevano molto senso. Tranne Jasper e il suo desiderio di rivederlo e il medaglione che non sentiva suo probabilmente. Ma il resto… le nocche tamburellarono con più vigore.
“Ehm…avanti” la voce le uscii roca e graffiata, Alice la schiarì. Sollevò le coperte e le sistemò, si appoggiò la vestaglia, in quella frazione di tempo entrò Qyburn.
“Buongiorno” disse con tono allegro, portava il solito calice di sangue scuro. Questa volta era di puro cristallo, il sangue baluginava di intensità di rosso diverse a seconda di come veniva colpito dalla luce delle vetrate. Alice accolse la coppa con molta sete. Cercò di mantenere più contegno però e sorseggiò il liquido lentamente. Non era lo stesso…animale….dei giorni precedenti. Non era una manticora. Era molto più buono, più saziante.
“E’ sangue di fenice” Alice trasalii, da ciò che aveva letto quella era una creatura potente, sacra, intoccabile.
“La fenice…io non dovrei” disse e posò il calice inorridita.
“Fenice….orso…donnola…cosa cambia?” Alice corrugò lo fronte,
“Non è la stessa cosa…questa è una creatura magica, protetta dagli angeli…io non posso bere il suo sangue” Phoebe le aveva spiegato come tutte le creature magiche, soprattutto le più rare e potenti venissero preservate dai Custodi. Ferirle era un crimine, ucciderle e nutrirsene un abominio.
“Esatto” Qyburn parve soddisfatto, prese il calice e gettò il sangue dalla finestra.
“ Perché ?” il vecchio maestro le sorrise,
“ Era una mia curiosità…volevo sperimentare se te ne fossi resa conto e come avresti reagito. La tua parte angelica è alquanto caparbia” Alice ne fu irritata.
“Dov’è Lucifero? Devo parlargli con urgenza” disse secca. Il demone col il saio malconcio e la catena tintillante di anelli si mosse rapido verso la porta.
“Vieni con me, sarà presto di ritorno, mi ha ordinato di mostrarti una cosa” Alice si vestii dietro il pannello, mise un paio di leggins neri e il gilet di cuoio che le era stato dato. QYburn la guidò all’ultimo piano del palazzo, in quella che sembrava una stretta torre ettagonale. Le scale a chiocciola parevano sollevarsi all’infinito. Dopo l’ennesima rampa Alice chiese al demone quanto mancasse.
“Lo so è faticoso, questo per scoraggiare chiunque abbia l’ardore o la stoltezza di provare a raggiungere la torre” in effetti Alice era stanca. La salita continuava da ore, o così le pareva. Il silenzio di Qyburn non aiutava certo a renderla più piacevole. Se un vampiro e un demone potevano cedere un umano sarebbe morto dopo la prima rampa.
“C’è un qualche sortilegio, sento della magia  oscura” disse lei,
“Si, fanciulla, hai intuito bene…io stesso mi sono assicurato che nessuno riuscisse a trovare un contro incantesimo” Alice lo guardò incuriosita. Era una sapiente. Doveva conoscere ogni cosa, o almeno ogni cosa di quel posto e della sua storia, dei demoni e della Stella del Mattino. Della magia. Doveva intuirlo da subito.
“In cosa consiste?” chiese affannata,
“Ad ogni gradino un’esalazione di polvere di adamas raggiunge il tuo corpo. Più si sale più sono intense. Non so se ce la farai…Io ovviamente mi sono reso immune” Alice si bloccò sul 9654esimo scalino.
“Cosa? E’ un'altra delle tue curiosità, verificare se sopravvivo?” Qyburn si voltò,
“Oh no, credimi Alice io non te lo avrei fatto fare….ma Il Signore oscuro  vuole che tu veda la torre” bene, era suo padre ad attentare alla sua vita allora. Questo era rincuorante. Le parole di Sean si insinuarono nella sua mente. Voleva uccidere AIden, avrebbe fatto uccidere anche lei se non fosse venuta. Una parte di lei si rifiutava prepotentemente di crederci.
“Sean” non riusci nemmeno ad articolare la frase, le mancava il fiato,
“Non ti curare di dove sia il giovane Sherwood, concentrati…” mancava poco, si ripeteva, sentiva chiaramente adesso il freddo metallo magico prosciugargli l energia e appesantire ogni molecola del suo corpo. Ad un certo punto le fischiarono le orecchie e la visione si offuscò, ma lei continuò a salire. Doveva farcela. Ce l’avrebbe fatta. Un ultimo sforzo.
“ Mio signore” Qyburn raggiunse l’ultimo gradino che dava ad una porticina viola scuro in legno dipinto, un rosone di legno bianco al centro disegnava rilievi di tralicci e spine. Qyburn aprii la porta e con passo felpato entrò facendo un inchino. Alice quasi annaspando lo segui gettandosi velocemente nella stanza. Le ci volle qualche secondo per riprendersi.
“Ottimo, non è neppure priva di sensi, sconcertante” la voce era morbida e tonante. Lucifero. Alice si mise dritta e si guardò intorno. La stanza come aveva sospettato dalla forma dei muri era perfettamente ettagonale. DI marmo bianco. Bianco. QUell’edificio era invece tutto nero. La luce chiara delle pareti era quasi troppo forte. Ormai era abituata al rosso tendente al nero di quelle giornate. La stanza fatta eccezione per le 5 finestrelle oblunghe e un elaborato mosaico  nero e bianco era vuota. Lucifero appoggiato ad una delle  pareti la guardava estasiato.
“Quelle scale mi hanno quasi uccisa” disse stremata adocchiando prima lui e poi il maestro.
“Si è vero, eppure sei qui, ce l hai fatta” disse Lui con una punta di orgoglio nella voce.
“ Eri sicuro che ce l avrei fatta o per te era solo una prova… “ disse fulminandolo con lo sguardo.
“Non ne ero sicuro, non temere non saresti morta…avevo dato disposizioni a Qyburn affinchè ti riportasse giù se avessi cominciato a cedere” la guardò dubbiosa.
“Tu credi che potrei farti del male…” disse ma non era una domanda.
“Si” Alice lo guardò negli occhi,
“E tu lo credi di me…” disse, Qyburn sgranò gli occhi,
“Non essere impudente, giovane angelo…sei di fronte al sovrano degli inferi” era quasi impaurito,
“E sono sua figlia” il coraggio che Alice sentiva scorrere nelle vene non riusciva a capire da dove provenisse. Forse dalla scalata appena compiuta, dalla consapevolezza di aver reso inutile un potente sortilegio di un demone anziano e potente, dal dubbio che vedeva negli occhi violetti di Lucifero. Ma lui poi sorrise e socchiuse le palpebre.
“Su questo non ci sono dubbi….va pure Qyburn, lasciaci soli” il maestro fece un cenno e richiuse la porta viola.
“ Dipende da cosa intendi…puoi ferirmi nel profondo, qui…” indicò il petto,
“Qualora dovessi decidere di andartene prima di aver compiuto il tuo destino” Alice lo guardò interrogativa,
“La tua chiave? Il libro intendi?” lui annuì
“Tu hai paura di me, di ciò che posso fare…come tutti” disse, la voce le tremò e perse ardore. La paura che innescava negli altri, e soprattutto nelle persone a cui teneva la stava logorando a poco a poco.
“Dolce Alice, io non ho paura di te… questo mai …perché sarebbe come se temessi una parte di me…” le si avvicinò, le sfiorò una guancia con la mano. Alice fu come ipnotizzata dai suoi occhi luminosi, dai riccioli oro e dal suo volto. Era davvero la creatura perfetta.
“Hai ragione, gli altri, gli angeli, i demoni qui e i tuoi vampiri… ti temono…e la paura genera odio e violenza a lungo andare” si scostò.
“ Alice voglio che tu sia sicura di questo, io non ti temo e non ti torcerò un capello. Hai la mia parola” la voce severa e tonante, la sua statura parvero aumentare. Alice deglutii.
“E ho la tua parola anche in merito alla mia famiglia e a mio figlio?” Lucifero le sorrise,
“Si, non te ne crucciare” Alice annuì. SI senti più sollevata ma anche più allerta di prima.
“La strega mi ha turbata. La nostra visita è stata davvero folle” Lucifero la ascoltava attento.
“Mi ha ridato il medaglione, e mi ha detto di una profezia….che tu me l’avresti rivelata. Poi ha farneticato di una tana e di un conigl…” le immagini del sogno le si palesarono davanti.
“Tahbita non farnetica, o per lo meno non sempre. Ogni tanto vede qualcosa di utile. Ma la preveggenza non è il suo forte. La profezia di cui parla non è sua…” Lucifero fece una pausa.
“ Ti ho fatta salire qui perché voglio che tu la ascolti di persona” Lucifero si avvicinò al mosaico centrale della stanza e cominciò a strofinare alcune tegole con la punta delle dita. I blocchi cominciarono a muoversi autonomamente e quella che sembrava una disposizione casuale assunse la forma di una  trishle celtica. Alice ne aveva viste di simili. La pietra rotonda affondò di qualche centimetro e poi scorrette di lato svanendo in ‘ incavatura sotto il pavimento. Una densa nebbia era contenuta all’interno del vuoto che aveva lasciato.
“Guarda con i tuoi occhi”.
 



2 settimane dopo

Il luogo designato per l’incontro era una striscia  di terra arida ancora più a sud delle Montagne di fuoco. Non c’era vita in quel posto, solo vecchie, vecchissime rocce , montagne dorate e rossicce tra terriccio sporco e sabbioso. Per centinaia di km si estendeva la desolazione. Michele era perfettamente dritto, appoggiava con forza un bastone d’argento che andava a imprimere la sua impronta circolare sul terreno. Brillava a tratti a seconda dei raggi di luce che filtravano tra le nuvole rossicce e la foschia. Si passò la lingua sulle labbra, erano secche. Il suono del vento era rilassante. Ciononostante si sentiva alquanto nervoso. Le due guardie a pochi metri da lui battevano lentamente le ali benché fossero piantonati a terra. Passò più di mezz’ora. La puntualità non è mai stata il suo forte, pensava Michele. Il sole era molto basso, quasi al tramonto. La temperatura già cominciava a virare bruscamente dal caldo torrido al gelo della notte. Michele lisciò la superficie del bastone, era d’argento e sottili calchi lo rendevano eguale ad un bastone di legno, perfettamente lavorato. Sembrava legno dipinto. Il pomo era grosso creava un bitorzolo, non c’era alcuna pietra preziosa, nessuna incisione o decorazione. Era però fondamentale per quegli incontri. Una sorta di simbolo della negoziazione o della trattativa. Gabriele sarebbe dovuto scendere con lui. Ma gli altri avevano votato che fosse il solo Michele a parlare. IL messaggero più paziente e saggio, l’unico a poterlo fare a nome di tutti. Una delle guardie indicò un punto nel cielo con la lancia di adamas. Le loro armature pesanti quasi scricchiolavano a causa del forte vento. Arrivano. Il cambio di prospettiva del Consiglio almeno in merito ai suoi “risultati” era stato rapido, inaspettato persino per Michele, ma in fondo sapeva che sarebbero tornati sui loro passi. Ci era voluto del tempo, ma neppure così tanto. Due palchi di ali apparvero tra le nuvole grigie. Due grosse ali nere rumorose e un paio più piccolo e luminoso, ali screziate di blu e azzurro. Michele aguzzò la vista per vedere dietro di loro. Erano soli. Lui non aveva portato una scorta. I pensieri di Michele cominciarono a vorticare.
“Salute, angeli…Michele” Lucifero atterrò bruscamente e tanto bruscamente si rivolse a loro allargando le braccia  e avvicinandosi a meno di un metro dall’anziano. LE guardie fecero altrettanto disponendosi ai suoi lati, più vicine e con le lance tese. Alice atterrò poco dopo con un’eleganza e una delicatezza disarmanti. Non sorrideva, sul suo volto però aleggiava una quieta serietà. Questo rassicurò e allo stesso tempo preoccupò Michele.
“Fratello, Alice, è un piacere rivedervi” disse facendo un cenno di rispetto con capo e con voce calda e cortese. Si rivolse soprattutto ad Alice e le sorrise ma lei non ricambiò.
“Mi aspettavo di vedervi numerosi…Il Consiglio non ritiene che tu debba avere una scorta più adeguata?” Lucifero ammiccò con disprezzo alle due guardie. Richiuse le ali e Alice fece altrettanto dopo di lui, sembrava imitare ogni suo movimento. A Michele questo non piacque.
“ E tu stesso fratello non ti ritieni degno di una corte più numerosa?” le parole gli uscirono seppur pungenti con grande pacatezza. Lucifero sogghignò. Era venuto da solo, solo con lei, aspettandosi forse una 10ina di angeli e molti più anziani. Questo poteva significare solo che si sentiva perfettamente al sicuro con Alice accanto, col suo potere accanto… e quindi…
“Ho accettato la presenza degli angeli nel mio regno solo per te… voglio udire quello che hai da riferire a nome del Consiglio, e poi…voglio che tu te ne vada al più presto” Alice scrutò attentamente Michele.
“Bene, sono qui a nome dei 9, Lucifero Stella del Mattino, Portatore di Luce, Signore Degli Inferi, Punitore di Anime, per ingiungerti di giurare sulla tua vita che, qualsivoglia sia il tuo scopo o desiderio, non arrecherai danno agli angeli, al Paradiso e alle creature che proteggiamo ora e per i secoli dei secoli” Michele tirò fuori dall’ampia manica della tunica una pergamena ingiallita e arrotolata con del nastro nero. L’aprii e la porse a Lucifero. Alice notò mentre lui la leggeva che vi erano scritte molte e molte più cose della breve asserzione dell’angelo. Nella lingua a lei ancora non propriamente familiare, la lingua dei celesti, il sinao. Ne aveva appreso le basi, ma era troppo complessa ancora e carpì del documento poche frasi. Lucifero leggeva avidamente e velocemente. Pochi minuti e riarrotolò il foglio. Lo porse ad Alice e la guardò, poi annuì. Alice sentii la pergamena morbida e in un certo senso viscida al tatto, chiuse un istante gli occhi ed essa prese fuoco, le fiamme blu trasmutarono in neroe e l’odore del fumo era terribile, Alice allontanò il viso e lasciò cadere le ceneri al suolo. Michele aveva assunto un’espressione attonita, i suoi occhi grigi schizzavano da lei a Lucifero, da Lucifero a lei sbalorditi. Le guardie si rivolsero uno sguardo.
“Perché l’hai fatto?” Michele si avvicinò a lei, così vicino, che il suo fiato dolce e freddo quasi poteva sentirlo sulla nuca.
“ Era quanto le avevo detto di fare prima che tu arrivassi…col tuo pezzo di carta” rispose Lucifero,
“ Non comprendo, se sei folle o stupido mio caro fratello, distruggere un patto sacro…” pur cercando di mantenere la calma la voce dell’anziano era roboante.
“Non ancora firmato…che mai avrei firmato” disse lui calmo.
“Perché hai acconsentito a vedermi allora?” Lucifero scosse il capo,
“Ho detto che avrei ascoltato e lo sto facendo…hai altro da aggiungere? Oppure…” guardò il cielo rosso.
“ Potevamo discutere delle condizioni, ma tu hai bruciato la pergamena… Il consiglio ti aveva offerto questa possibilità…” Lucifero non poté trattenersi e rise. Alice rimaneva ancora impassibile…e silenziosa. Michele continuava a rivolgerle occhiate, in attesa che parlasse, che tentasse di …l’aveva portata con sé…certo non solo per dar fuoco ai documenti sacri.
“ Possibiltà…era una garanzia per tenermi lontano e imprigionato ancora…ti basti la mia parola, non toccherò il vostro prezioso Paradiso, mai. Non intendo metterci mai e dico mai più piede. Ma non firmerò nessun patto vincolante o infrangibile…la mia anima è già a pezzi così com’è” fece un passo indietro.
“E dove intendi mettere piede?” Lucifero alzò un sopracciglio, gli occhi viola scintillarono, i suoi riccioli dorati erano leggermente scossi dal vento.
“Oh, fratello, che divertimento ci sarebbe se ti rivelassi ogni cosa… sai lo trovo estremamente fiacco il tentativo tuo e degli anziani di bloccarmi…con la burocrazia…davvero? TI rendi conto di quello che hai fatto? Tutta questa strada per un po' di carta bruciata” Michele strinse un pugno, l’aria di quel posto era pesante e lo corrodeva dentro. Strappava via la sua calma ogni secondo di più.
“ Si, perché così si agisce civilmente, tra esseri superiori, come tu non arriverai mai ad esser a quanto pare.  Mi rispondo da solo. Tu striscerai nel tuo tetro e rovente palazzo nero e li continuerà a marcire la tua anima. Niente cambierà nonostante i tuoi sforzi. Non puoi andare da nessuna parte…tu” Michele contorse la bocca, quelle parole, erano distorte dalla lordura di quel luogo.
“Va, forza , sfogati fratello, che spettacolo!” Michele indietreggiò agitando il bastone.
“Forza voi, tornate indietro” le guardie non dissero nulla e si smaterializzarono.
“Fratello, vorrei solo che ti confidassi con me” Lucifero lo fulminò con lo sguardo.
“ Michele vaneggi, non ti dirò nulla… le tue abilità diplomatiche sono sopravvalutate” Michele sospirò.
“Alice, buondio non hai nulla da dire? Insomma…” Alice che era rimasta silente e seria, come se nessuna emozione trapelasse il suo viso perlaceo a quelle parole ebbe una reazione o per lo meno i suoi occhi si illuminarono d’azzurro. Dopo qualche secondo si schiarì la voce.
“Non ho nulla da dirti, per me non conti più nulla, tu, gli angeli, il consiglio…” Michele deglutii a fatica. Era venuto solo con lei. Come fosse il suo braccio destro. Sua figlia. La figlia del Signore degli inferi.
“Hai scelto” sillabò lui, convinto che Alice avrebbesse avuto un ruolo, ossia che avesse persuadereso il  padre a favorire quell’incontro e che l’avrebbe aiutato ad acconsentire al volere degli anziani.
“Non ho mai avuto scelta” disse mesta e le tremò il labbro ma poi divenne subito statuaria
“ E tuo figlio, il tuo compapa…” Alice allungò una mano e il bastone d’argento volò via dalle mani di Michele.
“Alice non vuole ascoltare altre menzogne da te…vattene Michele, sai cosa riferire al Consiglio.” Michele provò grande tristezza per Alice. E grande terrore. Se lei aveva scelto di aiutare Lucifero. Questo proprio non doveva accadere. Ezechiele glielo avrebbe sbattuto in faccia, la verità Michele, è lì, la vedi, lei è sua…
 
“Torna presto, ormai è quasi tempo” le disse Lucifero mentre rientrarono a palazzo, Alice annuì, con un nodo in gola. Era quasi il momento. La profezia si sarebbe presto avverata.
“Tornerò quando avrò finito, devo farlo bene… anche se tu non capisci” Lucifero scosse il capo,
“Figlia, posso capire meglio di quanto tu creda…va pure adesso” Alice entrò nel salone e si smaterializzò.
Pensò intensamente e funzionò come sempre. Era notte. Fu spettacolare respirare l’aria fresca, senza fuliggine o puzza di bruciato. E rivedere la luna, il cielo, sentire la natura attorno a se, la vita. Era nel bosco, vicino al lago dei Quileuitte, sentiva l’acqua, l’odore della sabbia fangosa. L’odore di viola di Jasper. La gravità era più leggera, corse veloce e senza fatica. Si sentiva bene. Jasper  era seduto sulla riva, scrutava l’acqua scura pensoso. Si sollevò vedendola, ancora un punto indistinto in lontananza. SI sollevò, restò immobile, occhi spalancati, un sorriso di pura gioia già si formò sul suo volto. Come una calamita ma piano e incerto avanzò verso di lei. Alice sentiva la forza dell’attrazione, del desiderio, della connessione, la loro, scorrerle dentro, adrenalina  e felicità. Aumentò il passo, e si fiondò come un treno tra le sue braccia. Che la accolsero forti e calde. Alice quasi tremava. Lo strinse, e si baciarono e lo ristrinse, movimenti concitati e rapidi. Come se temessero di dissolversi, di sparire, di non potersi più toccare. Quei giorni di lontananza erano sembrati anni, secoli. Perché era stato diverso, tutto era diverso ormai. L’agitazione a poco a poco svanii. Alice lo frenò mentre lui cercava ancora avido le sue labbra, a pochi centimetri dal suo viso lo guardò intensamente negli occhi ambrati, profondi e colmi di pace adesso.
“Sei tu” disse, Jasper sorrise, un sorriso così bello, solo per lei sorrideva in quel modo.
“Sono io” ripetè lui e le accarezzò una guancia. Sedettero sulla collinetta in cima alla riva. Poco più in alto dell’acqua nera.
“Non hai idea di quanto fossi preoccupato per te…Alice, stai…stai bene? Sei…stai tremando ancora” Jasper le avvolse la giacca sulle spalle, le avvolgeva un braccio intorno alla vita e la guardava negli occhi.
“Io ho freddo, la temperatura è molto diversa laggiù” disse lei e appoggiò la fronte alla sua guancia,
“ Quando ti ritrovo è come se tutta la mancanza che avevo di te mi si amplificasse dentro, come se me ne accorgessi a pieno solo ora…” lui la baciò sulla fronte.
“Sei tornata, io lo sapevo…” Alice alzò la testa,
“Te l ho promesso, mantengo sempre la parola…Jazz, tu non sai quanto ho bisogno di te…” Jasper aggrottò la fronte,
“Alice… io ho bisogno di te più di quanto non ne abbia tu, credimi…un altro giorno e sarei impazzito” Alice lo baciò lentamente, per sentire le sue labbra, l odore della sua pelle, il calore del suo respiro.
“Sarei impazzita anche io, o forse lo sono già… ma non importa, ora sono qui, tienimi stretta Jazz, non lasciarmi respirare. Voglio solo questo” la strinse, ne aspirò l’intonso profumo di cannella e rose.  Jasper percepiva la gravità di quanto la presenza di Alice lì con lui significasse. C’era qualcosa di intenso, di strano, di diverso. Ma ora non importava. Lei era tra le sue braccia.
Stavano camminando in direzione di casa Cullen, avevano percorso insieme quei sentieri centinaia di volte, ma quella sera Alice era estremamente silenziosa, e per Alice era qualcosa di quasi impossibile. Erano uno strano silenzio, non sembrava esserci tensione o turbamento. Anzi lei appariva così calma, prima c’era stato l’impeto emozionale nel rivedersi, aveva percepito anche un po’ di timore in quel crogiolo di amore e desiderio. Ma ora la quiete. Alice sembrava solo estremamente persa nei suoi pensieri. Jasper le camminava accanto, andavano a velocità umana dalla riserva, come se volesse dilatare il tempo o rimandare qualcosa.
“Alice…” cominciò incerto, lei lo guardò come se fosse stata svegliata di colpo,
“Jazz… presto ti dirò ogni cosa” gli si avvicinò e gli prese la mano stringendo leggermente le dita. Jasper non rispose, avrebbe voluto chiederle cosa Lucifero le avesse mostrato…o cosa le avesse fatto…al solo pensiero tremava di rabbia. Cosa avesse visto nell’Ade, perché era tornata proprio in quel momento…cosa avrebbero dovuto affrontare. Aveva mille domande che gli esplodevano in testa.
“Non ci sono gli altri…sono a caccia a nord” disse,
“Si lo so… volevo vedere prima Aiden” allora aveva visto, voleva la casa vuota.  Giunsero nel giardino, le luci erano spente, comprese quelle della stanza di Aiden, erano le 2, comprensibile che già dormisse da un pezzo. Entrarono e salirono le scale, erano nel corridoio, la mano sinuosa e bianca di Alice era già appoggiata al pomello della porta quando Jasper la tirò dolcemente ma deciso indietro.
“Alice, io non gli ho ancora detto di Ron…non sapevo come…avrebbe reagito e tu eri ancora nell’Ade…” Alice gli sorrise in pena.
“Non preoccuparti, ora ci penso io” Ma Jasper sospirò,
“Non dovremmo dirglielo, ne ha già passate tante… lo sai meglio di me, è troppo, sapere anche della morte, è solo un bambino” Alice gli carezzò i capelli,
“Jazz, prima o poi dovremo dirglielo, farà sempre più domande… basta bugie” vi fu una nota di durezza nella sua voce. Entrò nella stanza e sedette piano sul materasso. Jasper restò sulla soglia. Lei gli accarezzò i ciuffi neri che uscivano dalle coperte, Aiden si girò continuò a sonnecchiare per un po' ma poi sollevo la testa, Alice accese la luce del comodino. Lui strabuzzò gli occhi, convinto probabilmente che fosse un sogno, un sogno bello da cui non ci si vuole più svegliare.
“Ma-mamma, sei qui!” gli saltò al collo abbracciandola, Jasper sorrise nell’ombra.
“Si, te l ho detto, una promessa si mantiene…” Alice si avvinghiò al corpicino magro del figlio, ne aspirò a pieni polmoni l’odore intenso e fruttato. Toccò la sua pelle calda e morbida, vide i suoi profondi occhi blu e le sue labbra incurvarsi in un sorriso di pura gioia.
“Come sei fuggita? Hai ucciso altri mostri? Il demone con le ali nere ti ha lasciato andare, e cosa hai visto? Non devi tornare laggiù vero… mamma racconta” Aiden era su di giri e il sonno gli scivolò di dosso. Alice scostò le coperte e si sedette accanto a lui. Doveva dirgli subito di Ron. Non avrebbe mentito ancora a suo figlio, non avrebbe commesso l’errore di sua madre, degli anziani , di Phoebe e Michele, tutti quelli in cui aveva riposto fiducia l’avevano delusa e lei era finita con l’odiarli. Suo figlio non l’avrebbe detestata. Mai.
“Aiden, ascoltami, devo dirti una cosa riguardo ROn” Aiden si bloccò ma aguzzò le orecchie,
“Oh mamma è quello che ho cercato di dire a papà da giorni, voglio andare a trovarlo, anche se è lontano da qui, in fondo è anche colpa mia, un po’ lo è anche se è stato il loculens, nel lago…io devo” Alice gli pose dolcemente le dita sulle labbra.
“Non puoi andare a trovare Ron, lui non è più qui…nel nostro mondo” Aiden si allarmò,
“L’hanno preso i cattivi?” Alice scosse il capo, come dire ad un bambino di 10 anni che il suo migliore amico aveva cessato di esistere? Jasper stava per entrare ma non avrebbe saputo cosa dire.
“No piccolo, per quanto ne so lui è con i buoni, in Paradiso, le ferite erano troppo profonde, il dragone era troppo forte per lui…” fece una pausa, Aiden cominciò a fissare le coperte.
“Vuoi…vuoi dire …che è morto?” gli occhi di Aiden divennero lucidi. Un’ondata, anzi una pioggia di tristezza e dolore colpì Jasper d’un fiato, era il dolore così forte che veniva da suo figlio, e questo non riusciva a sopportarlo ancor più di quanto riuscisse a sopportare il dolore di Alice. Un bambino non doveva provarlo. Scattò come un treno verso il letto per usare il suo potere, per cercare di lenire qualcosa. Ma Alice aveva afferrato AIden nello stesso istante e lo aveva abbracciato, serrato più che altro tra le sue braccia e una luce bianca si era effusa dal suo corpo. Jasper si fermò. Il dolore e la tristezza di Aiden scemavano a poco a poco, non scomparvero del tutto ma furono affiancantie da una profonda calma e comprensione. Qualsiasi cosa avesse fatto aveva funzionato, molto meglio del suo influsso sulle emozioni. Alice si scostò ed Aiden seppur con gli occhi ancora lucidi sorrise sia a lei che a Jasper.
“Ora torna a dormire, piccolo mio, è tardi, ci vediamo domattina” lo rimboccò e lo baciò sulla fronte. Jasper la seguì ancora frastornato. Alice era diretta nella loro stanza. SI soffermò a scrutare le loro cose e a toccarle come se fossero passati mesi o anni. Eppure era via solo da tre settimane.
“Jasper? Tutto bene?” dall’altra parte della stanza lei lo guardò preoccupata. Jasper sedette sul letto.
“Si, perdonami…quello che hai fatto prima con Aiden mi ha…scosso” Alice si avvicinò restando in piedi.
“Dovevo dirglielo, mentire non è la soluzione, soffrirà ma è giusto così, col passare del tempo la verità gli avrebbe fatto più male…” Jasper soppesò le parole. Capì che era ancora, decisamente aperta la sua di ferita, con sua madre e gli angeli per tutte le menzogne dette.
“Si lo trovo sensato, anzi giusto …ma io mi riferivo a quando lo hai abbracciato” Alice confusa cominciò a capire,
“ Hai fatto una cosa simile, almeno credo, a quella che Phoebe e lo stesso Michele hanno fatto a me” disse lui,
“Cosa…Michele, tu hai parlato con l’anziano?” Alice sedette,
“Si, volevo che ti riportasse qui, il giorno dopo che siamo tornati, ho chiesto a Phoebe di farmelo incontrare…lei…lei è davvero rammaricata per averti celato la verità. Io ero in collera, con lei, Edward temeva che l’avessi attaccata, pensa…ma non potrei mai farlo, mi conosci… lei l’ha fatto per calmarmi e quando ho visto l’anziano che non ha reagito come avrei desiderato lui ha fatto la medesima cosa ma con ancora più potenza. Ho provato qualcosa difficile da spiegare…una calma così profonda…ma consapevole…capisci…come se fossi io a …” Alice annuì,
“L’ha fatto anche con me una volta” disse, il suo sguardo era azzurro, acceso, nominare lui e Phoebe l’aveva irritata, ferita probabilmente, ma non disse nulla in merito a loro.
“Tu con Aiden…” disse lui,
“ Io volevo solo che non soffrisse troppo, sarebbe stato troppo…” Jasper le prese la mano.
“E’ una cosa che fanno gli angeli…” Disse lui spontaneamente, Alice ritrasse la mano,
“Vuoi dire che non l’avresti creduto possibile per me…che sono la figlia del Signore degli Inferidemone più crudele?” Jassper scosse il capo e le prese entrambe le mani.
“Cosa…no…Alice non intendevo questo” Alice sospirò,
“Lascia stare, io sono solo…frastornata, è strano tornare a questa gravità e alla luce…” chiuse per un momento gli occhi. Poi li riapri e si avvicinò a Jasper quasi a sfiorargli il naso.
“Jazz…devo farti una domanda” Jasper trattenne il respiro…
Tu hai paura di me? Sii sincero” lui   sgranò gli occhi, era seria. Gli stava chiedendo se la temesse, se ne fosse spaventato? Di cosa, dei suoi poteri? Della sua identità? Si… Jasper leggeva la sua di paura negli occhi, si aspettava che dicesse di si.
“No” disse dolcemente.
“Mai, in assoluto…” una lacrima le era scivolata sulla guancia.
“Non mi importa dei demoni, di tuo..padre… di niente, Alice per me sei sempre la stessa e io ti amerò sempre” gli asciugò la lacrima. Anche Sean l’amava ma aveva comunque paura di lei. Jasper invece non poteva neppure concepirla la paura, era sincero, lei lo sapeva, lo vedeva chiaramente. Ne fu però comunque sorpresa e commossa.
“Si può amare e avere paura al tempo stesso” disse,
“Non ho paura di te… puoi anche distruggermi so che ne sei in grado ma non mi vedrai spaventato, io so chi sei davvero” lo avrebbe pensato anche dopo che lei gli avrebbe rivelato la profezia? Probabilmente no. Ma Alice trovò grande conforto in quelle parole.
“Grazie Jazz…” l’attirò a sé e lo baciò.
  
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