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Autore: stormwind19    19/03/2020    2 recensioni
Kei e Akihito vivono nella stessa città. Non si conoscono, non potrebbero essere più diversi tra loro, il primo è un semplice essere umano, il secondo un mutaforma, ma esiste un sottile filo conduttore che lega le loro vite l’una all’altra. Le loro strade viaggiano in parallelo e anche le loro storie, se poi alla fine del viaggio riusciranno ad incontrarsi sarà solo il destino a deciderlo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 
 
Kei è sempre stato fin da bambino considerato un tipo banale, uno di quelli che prova a fare amicizia con tutti, con un sorriso fintamente entusiasta sulle labbra e gli occhi sfuggenti ben nascosti dietro alle lenti degli occhiali. Non si è mai preoccupato di trovare argomenti, semplicemente gli piace ascoltare ciò che gli altri dicono per poi gettare lì qualche battuta ironica e irriverente. Si è crogiolato per una vita in questa condizione di comodo ma ora, all’età di quasi ventitré anni, il suo equilibrio è stato spezzato da qualcuno e Kei sente inspiegabilmente il desiderio di apparire diverso, non banale, ai suoi occhi. Pensa a tutto ciò mentre torna a casa, con le mani infossate dentro alle tasche della spessa giacca blu. Nonostante sia normale il freddo in questo periodo dell’anno  lui mal lo sopporta: non gli piace la rigidità sia nel clima che nelle persone.
Lo squillo del cellulare lo distrae dai suoi pensieri. Lo tira fuori dalla tasca e lancia un’occhiata rapida al nome che lampeggia sul display. Per una frazione di secondo passa il dito sopra alla cornetta rossa, deciso a rifiutare la chiamata, ma poi rinuncia all’idea di farlo ben sapendo che tanto sarebbe inutile.

“Mamma” esclama con un po’ troppa enfasi “Tutto bene?”

Una serie di rimproveri gli si riversa nelle orecchie come una pioggia incessante e martellante, il tutto accompagnato da rumori di sottofondo e voci concitate. Le sue sorelle più piccole stanno evidentemente dando fiato a tutte le loro riserve di energia litigando tra loro.
Kei sospira mentre sua madre continua a rimproverargli il fatto di non essersi più presentato a casa per mesi. E ciò che sta sentendo dimostra che ha fatto bene a tenersi lontano da quella gabbia rumorosa nel quale è rimasto per quasi vent’anni e da cui è scappato non appena ne ha avuto la possibilità. Non gli manca affatto quella casa e, anche a costo di sembrare egoista e insensibile, non gli manca neanche la sua famiglia. Ciò non vuol dire che non gli sia affezionato soltanto che il loro rapporto funziona meglio a distanza.

“Mamma, okey…” prova a dire cercando di tagliare corto “si… lo prometto, a fine mese torno a casa per un week end… saluta tutti ciao!”

Chiude la chiamata e si sente un po’ provato. Non ha il coraggio di dirle che, proprio a fine mese, il suo contratto di lavoro come commesso al Konbini terminerà lasciandolo nella melma. Non ha voglia di pensarci ora e, senza accorgersi, è anche arrivato a casa. Per ora riesce a pagarsi l’affitto in quell’appartamento in centro, niente di pretenzioso, un bilocale in stile tradizionale silenzioso e tranquillo. Si sveste e si butta sul divano letto, le braccia incrociate dietro alla testa e lo sguardo rivolto al soffitto colorato di verde. Non ha fame e, in ogni caso, la sua cena si ridurrebbe agli spaghetti istantanei di cui ormai ha quasi la nausea. Ancora una volta gli torna in mente quella persona, ci sta pensando troppo, quindi decide di alzarsi e cercare il suo taccuino. Sa di averlo lasciato da qualche parte ma non ricorda dove. Gli capita spesso di perdere le cose nel disordine che vige in quella casa, anche se Kei tiene sempre a precisare che non è lui ad essere incasinato ma gli oggetti che tendono ad avere una vita propria e a sparire lasciandolo a brancolare nel buio.
Uno dei mantra che suo padre continua a ripetergli anche ora che lui vive da solo è: ‘Figliolo, se continui con questo stile di vita non troverai mai una ragazza’.

Ma chi la vuole una ragazza, pensa il giovane commesso.

A Kei non manca solo il coraggio di parlare alla sua famiglia della sua situazione con il lavoro, c’è dell’altro che non ha mai detto né a loro né a nessun altro e da cui, lui stesso, fugge costantemente. Del resto non può dire di avere amici fidati a cui fare certe confessioni, solo tante conoscenze più o meno superficiali. Gli è anche passata la voglia di cercare il taccuino quindi apre il frigo, si prende una birra e si avvicina alla finestra.
Il cielo è privo di stelle, un cielo scuro come il suo animo, ma Kei sorride guardando se stesso riflesso nel vetro: un ragazzo come tanti, dagli occhi ambrati, lo sguardo vispo e furbo e le labbra piegate in un lieve ghigno. Nessuno la nota mai quell’ombra di inquietudine che invece gli offusca il volto, è diventato bravo a mascherarla, così bravo che anche a lui sembra di non scorgerla più.


 
***
 
 
Akihito si sistema sulle spalle la sua chitarra. Ha appena finito di esibirsi per un piccolo pubblico formato da un gruppo di ragazzini che se ne stavano a parlottare tra loro in pace. Sceglie sempre i luoghi più frequentati, le vie più affollate, gli angoli in cui sa di riuscire a catturare l’attenzione dei passanti, in modo che la sua musica riesca a raggiungere le loro orecchie e che tocchi le corde dei loro cuori. Non è che una mera aspettativa perché non sempre le cose gli vanno bene. Ci sono giorni in cui chi si ferma ad ascoltarlo si prodiga nel lasciargli complimenti lusinghieri e laute mance nel fodero aperto della chitarra, mentre in altri tutto ciò che ottiene sono degli sguardi interrogativi, scettici e un’alzata di spalle. Come nel caso dei ragazzini che, seppur rimasti incantati nel sentirlo suonare, se ne sono andati senza una parola ma qualche risatina di compatimento. Non può dargli torto, al posto loro anche lui penserebbe di trovarsi di fronte ad un vagabondo che cerca di spillare qualche soldo alla gente.
La realtà però è diversa.
Akihito ha ventiquattro anni, una casa in cui fare ritorno alla sera, una madre affettuosa e amorevole, quando non cade in uno dei suoi periodi bui, e una sorellina a cui dedica tutto se stesso. Lei è una delle ragioni per cui si trova ogni giorno a suonare per strada, per guadagnare qualche soldo extra che gli permette di farle di tanto in tanto qualche regalo. Hana non chiede mai nulla, ma ogni tanto come ogni ragazzina adolescente lascia sfogare la sua frustrazione nel non poter avere ciò che tutte le sue compagne di scuola invece possiedono. Non sono poveri, sua madre ha un buon lavoro che gli permette di non far mai mancare niente di essenziale, tutto sarebbe perfetto se non fosse per quei bastardi vestiti in nero.
Akihito non sa chi sono e che rapporti abbiano con la sua famiglia, tutto ciò che ha visto negli ultimi cinque anni è che vengono quando vogliono, entrano in casa, si prendono parte dei soldi e lo guardano con superiorità e sorrisi maligni in volto.
Ha provato più volte a ribellarsi, quando vede sua madre chinare il capo di fronte a loro o sua sorella piangere per la paura, ma non ha ottenuto altro che parole dure come schiaffi. Lo ha domandato a sua madre, ha chiesto il perché, ma lei risponde soltanto ‘Tranquillo Aki, non c’è bisogno di scomodare la polizia, fidati di me’. E lui nella polizia ci vuole entrare, ama la musica ma ciò che vuole fare nella vita è dare la caccia ai delinquenti, proprio come gli uomini in nero che stanno distruggendo la sua famiglia ogni giorno di più. Ma non sono solo i nobili pensieri a spingerlo in quella direzione. Ha sufficiente intelligenza per capire che non può farsi giustizia da solo, non ha la forza e la tempra necessari, ma con il potere che la polizia potrebbe dargli allora riuscirebbe ad agire dall’interno, con tutte le carte in regola per compiere la sua vendetta personale.
Ma la strada che ha scelto di percorrere non è così semplice.
Akihito è un Kemo, un mutaforma, non un umano qualunque.
Anche se non sa gestire la sua forma animale, non ha nemmeno idea di quale essa sia, sa di essere ‘diverso’ e che la sua diversità può essere un problema. Ci sono altri come lui in città, altri più consapevoli di ciò che sono. Ne ha conosciuti alcuni, hanno creato una loro comunità in una radura di periferia e lo hanno invitato ad unirsi a loro ma a lui non va di lasciare la sua famiglia, non per il momento. Anche con questa sua natura sa di dover fare i conti prima o poi, perché tutto nella vita va affrontato, scappare non serve a niente. Eppure lui continua a farlo, scappa di fronte a quella realtà che un po’ lo spaventa e si nasconde dietro ad una falsa esistenza da essere umano. Una vita fasulla che può trovare il suo riscatto nella vendetta, l’unica motivazione che lo spinge proprio adesso a presentarsi di fronte alla stazione di polizia, esitare un istante guardando il cielo scuro, e poi entrare. Quello è soltanto il primo passo, il primo di un lungo percorso che sa di dover intraprendere.
 
 

 
 
 
Note:
I protagonisti di questa storia sono OC creati da me per una Land di roleplay in fase di avvio, spero quindi di essere riuscita ad innescare un po’ di curiosità nei loro confronti e del mondo nel quale vivono. In caso foste interessati ad unirvi dato che stiamo cercando alpha testers con cui formare un bel gruppo di partenza, non esitate a contattarmi. Grazie per aver letto
   
 
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