Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.
EVERYTHING I HOLD DEAR (RESIDES IN THOSE EYES)
#4 – THE WORST PLACE YOU CAN BE
Natasha camminava irrequieta avanti e indietro per la stanza, lo sguardo fisso sulla finestra semi-oscurata che lasciava intravedere solo un minuscolo pezzetto del paesaggio all’esterno.
“Nat, va tutto bene?”
La rossa ignorò la voce di Sam, il quale la stava guardando con aria preoccupata a qualche passo di distanza. Dopo aver avuto a che fare con Bucky – per non parlare di tutti i veterani con cui trattava ogni giorno –, sapeva di non dover star troppo addosso a qualcuno così prono a un attacco di panico.
Semplicemente non si sarebbe mai aspettato che quel qualcuno fosse Natasha.
In tutte le situazioni ardue in cui si erano ritrovati, l’aveva sempre vista mantenere la calma e capace di escogitare un piano per qualunque problema si fossero trovati davanti.
Ora invece sembrava spaesata, e proprio non riusciva a comprenderne il motivo. Non stavano affrontando alieni o semidei o agenti dell’HYDRA; erano semplicemente stati avvisati di non lasciare l’abitazione per qualche ora, lo stretto necessario finché l’ambiente circostante venisse determinato sicuro.
“Natasha,” chiamò sottovoce per non spaventarla. “C’è qualcosa che ti preoccupa?”
Questa volta, Natasha si voltò, lo sguardo allerta per un pericolo che Sam non era in grado di vedere.
“Scusa,” disse infine. “Nonostante sia passato molto tempo, ogni volta che mi trovo in un luogo chiuso senza possibilità di uscire mi sento in gabbia. Mi tornano in mente tutte le volte che sarei voluta evadere dalla Stanza Rossa.”
Scosse la testa, imbarazzata per essersi mostrata debole, seppur di fronte a uno dei suoi più cari amici.
“Devo restare vigile e―”
Venne interrotta dalle braccia di Sam che, titubanti e decise al tempo stesso, le circondarono le spalle, spingendo lievemente il viso nell’incavo del suo collo.
“Nat, il posto peggiore in cui puoi stare in questo momento è la tua stessa testa,” disse. “Credimi, è lo stesso procedimento che utilizzo con i veterani; quando senti che stai per venire sopraffatta dal passato, pensa a qualcos’altro, sfogati, non restare immobilizzata nei ricordi.”
Era una posizione insolita, ma non scomoda o tesa; Sam profumava di pulito e lavanda, e le sue braccia forti la stavano sostenendo in più di una maniera.
Si lasciò quindi andare a quel calore che non sentiva da troppo tempo, perdendosi in ricordi del moro piuttosto che in quelli della sua infanzia.
E solo quando gli fu dato il via libera per uscire, la minaccia ormai sventata del tutto, Natasha realizzò che quello era stato il loro primo abbraccio. Sorrise tra sé, sperando che il futuro gliene riservasse molti altri.