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Autore: Minako_    20/03/2020    4 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
consapevolezze.
 

Una Sonoko molto impaziente fissò la sua amica senza proferire parola, mentre questa giocherellava con una fetta di torta alla frutta ormai ridotta ad una poltiglia. Erano sedute nel loro locale preferito da almeno mezz’ora, ma Ran ancora non si era pronunciata.
Sonoko ne aveva abbastanza.
« Quindi? » iniziò impaziente. Ran distolse lo sguardo dal suo dolce, e la guardò.
« Hai intenzione di raccontarmi oppure no?! » sbottò infine, esasperata. Ran sbuffò, con le gote che si tingevano lievemente di rosa.
« Non è proprio semplice spiegarlo » ammise.
« Io me ne vado » esclamò Sonoko, e fece per alzarsi, quando una mano la bloccò. Si voltò, sorridendo interiormente. Forse a quel punto Ran si sarebbe decisa.
Si voltò e vide la sua migliore amica con gli occhi sgranata, tenendo la presa ben salda al suo braccio, semi sporta verso di lei.
« Ok, va bene » soffiò, per poi risedersi. Sonoko prese di nuovo posto dinnanzi a lei, aspettando.
Ran sospirò, e iniziò a raccontare.

 

24h prima…
 

« Dov’è tuo padre? » chiese curioso Shinichi, entrando nello studio dell’Agenzia investigativa Mouri. Si guardò intorno, e non vedere il suo caro Oji-san alla scrivania con una bella birra in mano quasi stonava in quell’ambiente divenuto per lui così familiare.
« Mi ha detto che aveva da sbrigare dei fogli in centrale » rispose Ran, buttando la cartella distrattamente sul divano.
« Sono letteralmente terrorizzata per il compito di venerdì » disse affranta, passandosi una mano sul viso preoccupato.
« Ma smettila » ribatté Shinichi, allungando il collo per leggere dei fogli che Kogoro aveva lasciato sul tavolino. A quanto pare in quel periodo se la stava cavando anche senza di lui.
« Uff » sbuffò Ran, dirigendosi al tavolino, per poi estrarre dalla sua cartella due grossi tomi e vari fogli di appunti scritti fitti fitti. Shinichi si voltò, e sorrise alla vista della sua ragazza. Come poteva essere spaventata da un banale compito in classe, dopo tutto ciò che avevano affrontato sei mesi prima?
A volte invidiava come Ran aveva reagito e affrontato tutta la situazione, con una forza che lui non poteva vantare di possedere. Spesso gli capitavano dei flash a occhi aperti, e doveva sforzarsi con tutte le sue forze per non lasciare che il panico si impossessasse di lui. Eppure, almeno all’apparenza, la sua ragazza non pareva così fragile, così debole. Gli dava fastidio, doveva ammetterlo. Ma erano ormai rare le notti in cui non si svegliava in un lago di sudore, con incubi ricorrenti e quella maledetta cicatrice sulla schiena che gli pulsava. A volte pensava fosse solo nella sua testa, che in realtà non era tanto dal lato fisico quanto da quello mentale che stava patendo. Ma ovviamente raccontarlo a Ran era fuori discussione; aveva sofferto già abbastanza.
Stette quindi al gioco, e si buttò sul divano a fianco a lei, prendendo in mano alcuni fogli che precedentemente lei aveva preso dalla cartella. Inutile dire che era rimasto indietro con così tante materie che faticò a capire di cose stessero parlando gli appunti presi diligentemente dalla sua ragazza, e men che non si dica si distrasse senza neanche accorgersene. Il suo sguardò vagabondò annoiato per la stanza, per poi soffermarsi di sottecchi su Ran.
Quando era diventata così estremamente bella?
Lo è sempre stata, pensò di istinto. Ma ultimamente nei suoi confronti sentiva una tale scarica da non riuscire a controllarsi. Era quasi fastidioso e doloroso trattenersi dal prenderla e stritolarla, ma non poteva certo fare una cosa del genere.
Oltre ad essere sconveniente, non voleva certo passare per pervertito. Deglutì, rosso in volto. Che quei ormoni fossero colpa del tempo perso mentre era un bambino? Si era perso qualche passaggio adolescenziale mentre era Conan? Si vergognava perfino a pensarci. Eppure prima di rimpicciolire riusciva a mantenere una dignità, ma ultimamente, pensò bene, era molto difficile. Non riusciva più a vederla con occhi chiari, ogni volta si soffermava in zone che prima non si sognava nemmeno lontanamente di fissare. Eppure accadeva sempre più spesso, e ringraziò il cielo che lei non se ne fosse mai accorta.
Prima vedeva Ran, la sua amica, carina, dolce, ma la sua amica. La bambina che gli stava sempre appiccicata, la ragazzina pacata che giocava con lui a nascondino, la ragazza che sembrava quasi un maschiaccio.
Da quando si era trasformata in una donna?
Non la riusciva più a vedere così, da quando era tornato. Sbuffò, cercando di scacciare certi pensieri, non accorgendosi che la ragazza al suo fianco lo stava fissando di sottecchi anch’essa.
Da quando Shinichi era tornato nella sua vita, Ran si sentiva strana. Molto, molto strana.
Nei suoi confronti.
Aveva sempre avuto quel fisico longilineo? Quella altezza a sovrastarla? Quella spalle larghe, quei ciuffi ribelli sugli occhi?
Ran deglutì. Averlo così vicino non era mai stato un problema, né durante l’infanzia, né prima che la trasformazione in Conan cambiasse tutta la loro vita. Prima era normale per lei averlo accanto, stuzzicarlo, prenderlo in giro. Tutto era concesso, quando erano amici.
Ma da quando, in gita, si erano messi insieme e dopo la lotta all’Organizzazione, lei non capiva perchè, tutto era cambiato. Averlo vicino le faceva scendere dei lunghi brividi lungo la schiena, e si chiese se fosse sempre stato così dannatamente bello.
Lo guardò meglio. Era seduto mollemente sul divano, a fissare quei maledetti appunti.
Forse, lo stava guardando davvero molto meglio, perché Shinichi si rese conto dei suoi occhi puntati sul suo profilo, e si voltò a guardarla a sua volta.
Prima, l’avrebbe presa in giro. Le avrebbe tirato un pugnetto, chiedendole se si fosse imbambolata. L’avrebbe trattata come una amica.
Ma quando i loro occhi si incrociarono, rimasero a guardarsi per un tempo infinito.
Shinichi sentì quella sensazione di volerla per sé così forte che irrigidì tutti i muscoli per evitare di fare gesti compromettenti.
Stavano insieme, certo.
Lei gli aveva scoccato un bacio sulla guancia, e più avanti gliene aveva dato uno sulla bocca, durante la festa dei ciliegi in fiore.
Lui spesso quando erano soli giocherellava coi suoi capelli distrattamente, mentre guardavano un film.
Lei gli prendeva la mano, quando era certa che fossero soli.

Per non parlare di ciò che era accaduto in biblioteca settimane prima... no, quello era davvero troppo da rivangare, perciò scacciò prepotentemente quel ricordo dalla sua testa, avvampando.
No, erano entrambi davvero troppo, esageratamente timidi.
Erano stati amici per così tanto tempo, che altri gesti sarebbero stati difficili da sostenere. Erano andati avanti così per sei mesi, tanto che per i loro compagni di classe poco era cambiato esternamente. Sembravano gli amici di sempre, non sembravano neanche fidanzati.
Non capivano quanto fosse difficile, già lo era per il giapponese medio esternare affetto, figurarsi per loro.
Deglutirono.
Che fosse difficile esternarli, tuttavia, non voleva dire che non sentissero l’esigenza di altro. Ma chi avrebbe fatto la prima mossa, era un mistero.
Almeno, fino a quel momento.
Ran non seppe dire cosa sentì, ma la vista di Shinichi che la guardava con quello sguardo, le diede coraggio. O incoscienza, non seppe spiegarselo nemmeno a lei.
Di slancio, e col cervello momentaneamente in tilt, si sporse verso di lui, sedendosi in ginocchio sul divano al suo fianco. Gli prese il viso fra le mani, e lo baciò a stampo sulle labbra. Lui ricambiò dopo un attimo, interiormente felice come solo lei riusciva a renderlo ultimamente.
Si staccò leggermente, sentendosi totalmente inebriato dalla sua vicinanza. Non sapeva che in quel momento il cervello di Ran, a sentire le sue labbra contro le sue, perse l’ultima razionalità rimasta.
Ritornò a baciarlo, con delle fitte di adrenalina che le pervasero il corpo e la mente, lasciandola così intontita che chiuse gli occhi e si lasciò totalmente a lui. Shinichi, sentendola rilassare così tanto, la prese di istinto come per non farla cadere. La tenne saldamente, per poi accarezzarle la schiena mentre lei continuava a baciarlo.

Basta, pensò Shinichi. Stai esagerando, si ripetè. Forse.
Senza rendersene conto fece scivolare una mano dalla schiena alla coscia, per poi accarezzargliela. Ran rabbrividì, ma non ci fece caso.
In un altro momento, nel passato, gli avrebbe assestato un bel calcio nei denti. Ma non  gliene importava niente in quel momento.
Se era sbagliato. Se erano nel salotto di casa sua. Se erano piccoli, imbranati. Se lui era Shinichi, e così da lui non si era mai fatta toccare.
Stiamo insieme, si ripetè nella testa. E’ normale, si fece forza mentalmente.
Fece scivolare le mani che fino a quel momento erano rimaste sul suo viso, per andarsi a posizionare su suo petto.
Dannazione, da quando aveva quei muscoli. C’erano sempre stati? Perché ora improvvisamente il suo fisico era così importante?
Gli accarezzò il petto, e non seppe come, iniziò a sbottonargli la camicia, allentandogli prima la cravatta della divisa.
Il bacio casto, dolce, che gli aveva regalato per prima, ormai non esisteva più. Shinichi si era imposto su di lei, mosso da un coraggio sconosciuto, e mentre con una mano continuava ad accarezzarla una coscia, l’altra salì sulla sua pancia.
Si sentiva improvvisamente così liberato, così felice.
Tutto quel tempo rinchiuso in un corpo non suo, quel maledetto corpo che non gli aveva mai permesso di poterla tenere a sé in quel modo. Ma ora poteva, si disse. Quasi la stava usando come giustificazione per ciò che stava accadendo. E non si costrinse a fermarsi, specialmente quando sentì le dita di Ran sulla sua pelle, la camicia sbottonata a metà.
Il suo cervello, così razionale, si perse completamente, quando infine una sua mano sfiorò il petto della sua ragazza. Lei sussultò a quel tocco, e lui si immobilizzò, aprendo finalmente gli occhi.
Aveva esagerato.
Ma dopo essersi guardati con espressione confusa, qualcos’altro li costrinse a terrorizzarsi totalmente.
« Ma certo Megure! Venga pure, facciamoci una birretta fresca! Ce la meritiamo! ».
Le urla di Kogoro si risvegliarono totalmente dal momento offuscato di poco prima. Ran rimbalzò lontana da Shinichi, cadendo quasi dal divano. Si guardò, e si sentì in imbarazzo come mai prima.
Aveva la gonna così tirata su da lasciar intravedere davvero troppa coscia, e la camicetta tirata fuori da quest’ultima era ancora stropicciata dove Shinichi aveva lasciato scivolare la mano. Se avesse potuto, si sarebbe seppellita viva.
Si alzò in piedi, aggiustando il salvabile, mentre al suo fianco, in silenzio, Shinichi stava cercando di richiudersi la camicia.
In quel momento, la porta si aprì, rivelando un Kogoro già bello arrossato, segno che prima di arrivare lì aveva già fatto qualche tappa intermedia di birra. Dietro, l’ispettore Megure che non aveva molta voglia di accompagnarlo in questo suo tour alcolico, ma che si era sentito costretto dall’accompagnarlo a casa, vista la piega assunta quel pomeriggio dall’amico investigatore.
« Papà » esclamò Ran, prendendo in mano i libri come a mò di scusa. Kogoro si voltò a guardarla, per poi fare una smorfia quando, con lo sguardo un pò velato, si accorse di Shinichi, ora in piedi a fianco di sua figlia.
« Figliola, che fai? Studi? » chiese. Ran non sapeva bene cosa fare, così guardò di istinto Shinichi, per poi rabbrividire quando si rese conto di come era conciato. Nel fare in fretta, aveva saltato un bottone della camicia. Notando lo sguardo sbigottito di Ran, Shinichi si guardò a sua volta, sbiancando. Erano entrambi in uno stato così chiaro, che solo la semi sbornia di Kogoro li salvò ai suoi occhi, ma non a quelli di Megure che, quando li notò rossi, spettinati, e coi vestiti stropicciarti, arrossì a sua volta…

 

***
 

Sonoko aveva la bocca ancora aperta, quando Ran terminò di raccontare. Era rossissima, quasi sudava. Ma era finalmente riuscita a rivelarle il motivo dell’imbarazzo di quella mattina fra lei e Shinichi. Si sentì così sbagliata e in ansia che non osò fissare la sua amica.
Chissà cosa penserà di me, pensò.
Ma ciò che non sapeva, era che Sonoko stava esultando interiormente.
FINALMENTE QUEI DUE.

Era così felice che sorrise a trentadue denti, e si lasciò andare ad un urletto di gioia. Ran sobbalzò, guardandola con gli occhi lucidi.
« Oh, Ran » disse Sonoko, quasi commosa. « La mia Ran » ripetè orgogliosa.
« Tu… » cominciò Ran in imbarazzo.
« Io » sottolineò Sonoko « Non vedevo l’ora arrivasse questo momento! » quasi urlò, facendo girare parecchi clienti del bar a fissarle.
« Ma cosa dici?! » Ran ormai rasentava il bordeaux.
« State insieme da otto mesi, Ran! Carini i bacetti, ma ormai basta, su! Avete diciotto anni! » rise.
« E siete così imbranati da non parlarvi per esservi un pò toccati? ».
« ABBASSA LA VOCE! ».

Sonoko rise fragonosamente, sorseggiando il suo succo di frutta.
« Siete assurdi, davvero ».
« Quindi, secondo te non c’è niente di sbagliato? » Ran era nervosa.
« Si, c’è di sbagliato che non l’avete fatto prima ».
Sonoko rise nuovamente, quasi esaltata. Solo quei due potevano essere così imbranati, davvero. Ed estremamente lenti.
« Cavolo, Ran! Vi conoscete da sempre, vi amate da sempre, già ci avete messo una vita a dirvelo, non vorrai metterci una vita anche ad andare “oltre” » le fece un sorrisetto malizioso.
« Ma io, ecco » balbettò Ran. « Non so se lui vuole » concluse.
Sonoko strabuzzò gli occhi. Era un caso senza speranza.
« Ran » iniziò lentamente. « Si è preso una pallottola nella schiena, per te ».
Lo stomacò di Ran si chiuse. Al solito ripensarci, le veniva da vomitare.
« Credi che non ti ami abbastanza? ».
« Sì, lo so che mi vuole ben- ».
« AMARE RAN, lui ti ama » la corresse dolcemente Sonoko. Ran deglutì.

Ti amo.

La voce di Shinichi le riecheggiò nella testa. Glielo aveva detto, così, a bruciapelo, quando si era risvegliato dopo l’intervento. Poi, in realtà, da quel giorno non glielo aveva più sentito pronunciare, quindi talvolta non le sembrava neanche vero che glielo avesse detto una volta.
« Beh, so che mi ama » era difficile perfino ammetterlo a voce alta « Ma è diverso l’altro discorso… » iniziò titubante. Sperò che Sonoko capisse a cosa alludesse senza doverlo spiegare, era troppo imbarazzante. Ovviamente, la sua amica capì bene.
« Ran » disse esasperata, alzando gli occhi al cielo.

« Pensi che lui non si attratto da te? ».
Ran si fissò le scarpe.
« O cielo! Ma ti sei vista? Ti sei mai lontanamente vista allo specchio?! » sbuffò Sonoko.
« E, fammelo dire, Shinichi è un essere umano. Un uomo, Ran. Con delle pulsioni, e non solo, spero, per i cadaveri! » concluse.   
Ran fece un sorrisino. Era davvero così? Shinichi era attratto da lei, come lei lo era da lui, specialmente nell’ultimo periodo?
Una nuova consapevolezza di sé la travolse, rendendola improvvisamente sicura di se.
« Dovrà accadere prima o poi » riprese Sonoko.
« Siete fidanzati, e anche se in questo paese nessuno lo ammette, i fidanzati fanno queste cose ».
Era normale sentirsi così. E, se l’aveva ricambiata, e toccata, anche lui la voleva.
Ran sorrise, con gli occhi lucidi.

Non erano più, decisamente amici.

   
 
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