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Autore: Yuphie_96    20/03/2020    1 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
Gli occhi azzurri scrutavano, analizzavano, fissavano senza il benché minimo pudore ogni singolo giocatore avversario davanti a loro senza trovare – nuovamente, perché quella era già la quinta volta che controllava – chi desideravano incontrare.
Karl Heinz Schneider sbuffò per l’ennesima volta, non smettendo di sbattere il piede per terra irritato come un picchio, incrociando le braccia al petto –contrariato -.
Non andava bene.
Non andava bene per niente.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera a voi dolci fan di gnocchi giocatori! ♥
Ordunque (?!), eccomi con il secondo aggiornamento di questa pazza e stramba mini-long u.u, mi aspettavate con ansia, non è vero? ♥
*Coro da stadio che urla un grande 'no'*
Bene! u.u''' (xD)
Tornando un attimo seri, ma soprattutto, tornando alla storia, nello scorso capitolo vi avevo detto che ci sarebbe stata una grossa differenza con il manga e credo che l'abbiate capita tutti quanti, quindi, domanda generale: ma Marie, sorella minore di Karl, dove cavolo è finita? Risposta: semplicemente ho spostato la sua nascita.
Vi dirò la verità, ero parecchio indecisa se metterla (o almeno citarla) o meno, ci ho rimuginato sopra parecchio prima di confidarmi con Santa Serè (♥) che mi ha suggerito di fare come più mi sentivo, siccome mi veniva male 'eliminarla' perchè comunque è molto importante per il Kaiserino, ho deciso di farla 'comparire' quando i due gemelli sono ormai grandi, spero che questa mia scelta non abbia fatto storcere il naso a nessuno, volevo che la storia si concentrasse di più sul rapporto di Karl e Tsubasa (e sul rapporto di questo con Genzo), lei non avrei saputo come inserirla senza fare un pastrocchio (come se non lo fosse già >.>''') quindi... passatemela pls ç.ç ♥.
Passando poi ad un'altra questione... la madre di Karl, amori miei, io sono andata a cercare informazioni su di lei, ho sfruttato anche le doti da investigatrice di Serè, ma non sono riuscita a trovare manco il nome O.O, per questo sono andata totalmente a random, sia con il nome che con il carattere, non so davvero se anche con lei sono caduta nell'OOC, spero nel caso possa piacere comunque, ammetto poi che io mi diverto sempre a scrivere delle mamme quindi spero anche che possa farvi ridere xD.
Concludo qui le spiegazioni, non mi sembra di dover specificare altro, ma nel caso chiedete pure e non esiterò a rispondervi nelle recensioni ^^.
Che posso dire ancora, mi auguro nuovamente che possa piacervi, magari a qualcuna/o di voi può sembrare esagerato l'OOC di Karl (ammetto anch'io di averlo pensato un poco), ma io lo volevo fare così, volevo farlo divertente, farlo geloso del suo fratellino, farlo... se volete scoprire l'ultimo lato di questo Kaiserino, dovrete leggere u.u (*Serè piange commossa che Robh ha imparato a ricattare da lei*).
Ordunque (?!), la finisco qui per vostra somma gioia, augurandovi una buona lettura come sempre ^^ ♥.
Ci vediamo venerdì prossimo con l'ultimo aggiornamento ♥.


Ps: ♥ Andrà tutto bene ♥

 

Il cuore gli rimbombava nel petto come se stesse per giocare l’ultima partita di campionato, gli occhi si spostavano veloci sul cartellone degli arrivi, le mani sudate non riuscivano a stare ferme, così come i piedi che lo portavano a fare avanti e indietro. 
“Se continui così, farai un buco sul pavimento”
Lo rimproverò, ridendo, per l’ennesima volta Kaltz, che fu prontamente ignorato come le volte prima.
Non c’era niente da fare, quando si parlava di aspettare l’arrivo di Tsubasa Ozora, Genzo Wakabayashi non riusciva a calmare l’ansia e l’aspettativa… che insieme al moro poi, arrivasse anche Karl Heinz Schneider, era tutta questione di dettagli, non insignificanti, ma dettagli.
I gemelli stavano arrivando con il treno da Monaco, dove Tsubasa era atterrato il giorno prima per poter stare un po’ con il fratello prima di stabilirsi in Spagna, dove avrebbe provato a continuare la sua carriera con il Barcellona, era un passo importante per lui, per il suo sogno e per il suo futuro e aveva bisogno di sentire il sostegno fisico della sua metà di vita per compierlo con tutte le sue forze, così – invece che recarsi subito in Spagna – aveva deciso di stare una settimana in Germania con Karl… e con Genzo, approfittando del fatto che sarebbero andati a stare ad Amburgo da Agathe – che non era andata a Monaco con il marito e il figlio perché aveva voluto continuare la sua carriera lavorativa, invece che stare a casa -.
Tsubasa, subito dopo essere atterrato in terra tedesca, aveva chiamato il portiere per chiedergli se gli andasse di aspettarli in stazione, mormorandogli sottovoce – per non farsi sentire dal gemello, a cui fischiarono comunque le orecchie - che gli sarebbe piaciuto rivederlo ora che erano vicini, ecco spiegato il motivo per cui Wakabayashi stava facendo un solco nel pavimento.
“Mi sembra di vedere una testolina bionda e una mora di nostra conoscenza”
Disse a un certo punto Hermann, inclinando la testa per vedere meglio.
“Dove?!”
Esclamò l’altro, guardandosi intorno.
“Asp- eccoli!”
Urlò il biondo indicando davanti a loro.
“Tsubasa!”
Urlò, allora, Genzo iniziando ad andargli incontro per farsi vedere.
Il calciatore incrociò subito gli occhi neri con i suoi verdi e, sorridendogli, gli corse letteralmente tra le braccia, gettandogli le braccia al collo – facendo volare il borsone che mancò Kaltz per poco – e nascondendo in esso il volto, per non far vedere a nessuno il rossore che iniziava ad espandersi sulle sue gote, Genzo se lo strinse contro di rimando passandogli con forza la mani sulla schiena, chiudendo gli occhi e premendo il naso tra i suoi capelli, inspirando il profumo di fragola che emanavano.
“Grazie per essere venuto… mi sei mancato”
Bisbigliò Ozora.
A quelle parole, il portiere lo strinse con più intensità, godendosi quel momento… che durò ancora per pochi secondi, sentendosi osservato con insistenza, Genzo riaprì gli occhi e ne incrociò un paio azzurro che lo guardava molto, molto male.
“Le mani, te le taglio”
Gli mimò Karl con le labbra mentre si avvicinava a loro.
“Ciao a te, Schneider”
Disse Wakabayashi, facendo finta di niente e lasciando andare la presa solo dopo qualche altro secondo, giusto per farlo arrabbiare ancora un po’.
Karl non rispose, lo fece il suo sguardo assassino per lui.
“A me non saluta nessuno? Ho anche recuperato il bagaglio!”
Si mise in mezzo Kaltz per evitare l’arrivo di un momento imbarazzante – ne sopportava già tanti durante le partite Amburgo – Monaco e viceversa -.
“Scusa Kaltz!”
Esclamò Tsubasa andando a prendergli il borsone e salutandolo come si conveniva, abbracciando pure lui.
“A Hermann non dici niente, eh?”
“Chiediti il perché”
Genzo e Karl avrebbero continuato volentieri a lanciarsi frecciatine mirate e piccate ma, per il momento, si diedero tregua, siccome dovettero andare dietro a Kaltz – “Tu non mi saluti, Schneiderino?” “Non ti è bastato il goal dell’altra sera come saluto?” – che iniziò a trascinare il gemello tranquillo verso le fermate dei taxi, nel quale si accaparrò il posto davanti, mica era scemo lui.
Tsubasa aveva pensato di mettersi in mezzo tra il fratello e il portiere, voleva evitare che i due andassero avanti con le frecciatine che – sapeva benissimo – si sarebbero scambiati se fossero stati vicini, ma Karl fu più svelto di lui e gli rubò il posto, ricominciando a stuzzicare il portiere.
“Non ti dispiace, vero?”
Domandò retoricamente a Genzo, sorridendogli innocentemente mentre portava un braccio sulle spalle del gemello e se lo stringeva contro.
“Figurati”
Sbiascicò Wakabayashi per non dargli soddisfazioni.
Tsubasa si scambiò uno sguardo eloquente con Hermann grazie allo specchietto… sarebbe stata una lunga settimana.

“Tsubasa!”
Urlò Agathe aprendo la porta di casa.
“Ciao mamma!”
Esclamò a sua volta il moro, abbracciando contento la donna bionda.
“Ehi, io sono il figlio del vicino per caso?”
Fece finta di borbottare Karl ridendo.
I due risero con lui e lo fecero unire all’abbraccio caldo che si scambiarono.
“Mi siete mancati piccoli…”
“Mamma…”
Rise Karl, scambiandosi un’occhiata con il gemello.
“Non siamo più tanto piccoli”
Continuò Tsubasa ridendo.
“Ah, davvero?”
Iniziò Agathe, staccandosi un poco da loro.
I gemelli la guardarono confusi ma pochi secondi dopo iniziarono a sentire un dolore acuto alle orecchie.
“Perché non mi sembra proprio! Guardate come siete sciupati, si può sapere cosa mangiate da soli?! Schifezze?! Non osare replicare Karl Heinz, Rudi mi ha detto tutto sulla tua scorta segreta di cioccolato e non parliamo di te Tsubasa! Io e Natsuko abbiamo passato un sacco di notti in bianco quando non davi notizie per giorni in Brasile, una chiamata ogni tanto potevi farla sai?! Invece no, sempre noi povere mamme a rincorrerti e a fare le figure di quelle che si preoccupano troppo! Due scapestrati ho per figli, altro che calciatori famosi!”
Borbottò Agathe trascinando dentro casa i figli, tirandoli per le orecchie.
“Mi dispiace, mi dispiace, non lo faccio più!”
Urlò Tsubasa mentre a Karl iniziarono a lacrimare gli occhi.
“Facile dire scusa adesso, imparate a non farmi preoccupare piuttosto!”
Finì la donna lasciandoli andare e guardandoli severamente.
I gemelli si sentirono nuovamente come se avessero 5 anni quando le promisero che da quel momento in poi avrebbero fatto i bravi, ma ehi, meglio quello che una nuova tirata d’orecchie, la bionda aveva una certa presa – imparata nel corso degli anni e testata ogni volta che i due decidevano di fare come volevano loro – che avrebbe fatto rabbrividire qualunque portiere.
“Bene!”
Disse Agathe prima di cambiare totalmente espressione, sorridendo dolcemente ai due, si avvicinò a loro per lasciargli delle carezze sulle guance.
“Andate a sistemare i bagagli, io intanto preparo il thè”
“Fa sempre così in questo periodo?”
Chiese a bassa voce Tsubasa al fratello, mentre la madre si allontanava in cucina.
“Da quando è entrata nel quinto mese i suoi cambi d’umore sono peggiorati”
Rispose Karl sempre a bassa voce, massaggiandosi l’orecchio arrossato.
Gli occhi dei due s’illuminarono contenti al pensiero che ancora quattro mesi e avrebbero avuto una sorellina tutta da coccolare.
Dopo parecchi anni, Agathe e Rudi erano riusciti nel loro sogno di avere un figlio tutto loro, all’inizio avevano avuto paura di rivelarlo a Karl ma il biondo aveva preso la notizia più che bene, esultando prima con loro abbracciandoli, poi correndo ad informare il gemello che esultò a sua volta.
La loro famiglia si sarebbe allargata ancora con un nuovo prezioso membro, se sopportare i cambi di umore frequenti della madre era il prezzo da pagare per poter vedere Marie – nome deciso da Agathe, che non aveva fatto ribattere Rudi neanche con ‘A’ -, a loro andava più che bene.

“Come sta andando il trasloco in Spagna?”
Chiese Agathe, una volta che furono tutti e tre seduti al tavolo con delle tazze fumanti di thè davanti.
“Bene, ho già trovato un appartamento carino dove stare, è locato abbastanza bene anche quindi potrei muovermi tranquillamente a piedi, il tuo a Monaco?”
Sorrise Tsubasa, prendendo un biscotto dal piatto davanti a loro.
“Sta andando”
“Io e papà abbiamo inscatolato metà delle sue cose, ma andiamo a rilento per via degli allenamenti a Monaco e lei non può agitarsi troppo”
Spiegò Karl.
“Potrei darti una mano io, intanto che sono qua”
“E’ un’idea”
I gemelli iniziarono a parlare di scatole, scatoloni, cose fragili, vestiti e altro mentre si finivano i biscotti e ignorando quasi del tutto il thè, Agathe ridacchiò – quanto erano golosi i suoi figli! – nascondendosi dietro la sua tazza, le sembrava di rivederli quando seduti a quel tavolo facevano merenda uno dei tanti pomeriggi estivi che avevano trascorso in quella casa… i suoi bambini.
Si mise ad osservarli appoggiando i gomiti sul tavolo.
Erano arrivati all’improvviso, dopo aver chiuso una relazione che era sicura di non riaprire mai più, ma li aveva amati comunque fin dal primo momento ed era scoppiata a piangere con loro, la prima volta che li aveva stretti tra le braccia dopo il parto.
Così piccoli allora, erano cresciuti senza che quasi se ne accorgesse ed ora erano loro che si prendevano cura di lei e della loro futura sorellina, pensò sorridendo, accarezzandosi con cura il ventre.
“A te andrebbe bene così, mamma?”
Chiese Tsubasa, girandosi a guardare Agathe.
“Mamma?”
Chiamò Karl dopo non aver ricevuto risposta.
“Tutto bene?”
Le chiesero in coro.
La bionda annuì mentre sottili e trasparenti lacrime le rotolavano giù per le gote.
“Siete diventati due splendidi uomini anche senza il mio aiuto”
Mormorò sorridendo, fiera di loro.
I gemelli rimasero spiazzati sul momento, ma si alzarono subito dopo essersi scambiati un’occhiata commossa per raggiungerla e baciarle le guance bagnate.
“Mi va bene tutto quello che avete deciso, ma non voglio che vi stanchiate troppo, pensate anche a divertirvi in questi giorni”
“Oh, non c’è problema per quello… vero Tsubasa?”
Disse Karl, fulminando con lo sguardo il fratellino che arrossì, guardando altrove.

Genzo aveva chiesto – poco prima che scendessero dal taxi – al gemello moro se gli andava di passare al campo allenamenti dell’Amburgo nel pomeriggio, così da potersi allenare un po’ insieme.
Inutile dire che Tsubasa accettò contento.
Inutile dire che Karl aveva lanciato uno sguardo agghiacciante al portiere nel frattempo.
Inutile dire che lo sguardo del Kaiser non aveva fermato Wakabayashi dal dare l’indirizzo a Ozora – Karl lo conosceva bene, ma avrebbe sempre potuto dirottarlo… -.
Così, i gemelli si ritrovarono davanti al campo, nel pomeriggio, uno con il sorriso, l’altro con il broncio.
“Siamo sempre in tempo per nasconderci in un bar e strafogarci di cioccolata calda con panna e cacao in polvere”
Cercò di tentarlo il maggiore con la loro bevanda preferita, se ricordava bene, nelle vicinanze doveva esserci ancora il bar dove andava spesso con Hermann e Genzo.
“Se trovi qualcuno che ce le prepari adesso che sta iniziando l’estate, fratellone, sono pronto a seguirti fino in capo al mondo”
“Guarda che ne sarei capace benissimo”
“Karl”
Lo rimproverò Tsubasa sorridendogli e prendendolo a braccetto.
“E’ solo un allenamento”
“Con il nemico”
Borbottò il Kaiser, seguendo comunque il gemello che iniziò ad avanzare.
“Con la tua vecchia squadra”
Lo corresse Ozora.
“Che mi odia perché gli ho fatto due goal l’altra sera”
“Che ti ha risposto con altrettanti goal”
“Non ricordarmelo”
Sbottò il biondo con voce a metà tra il funebre e l’iracondo, odiava i pareggi, gli facevano salire l’acido allo stomaco.
Ridendo, il minore avvicinò il volto al suo e gli lasciò un bacio a schiocco sulla guancia, gesto che fece ridere anche il maggiore, che gli tolse il braccio dal suo per poterlo stringere per le spalle e ricambiare così il bacio sulla guancia.
“Oh ~, che zuccherino che sei Schneiderino!”
Li interruppe Kaltz, avvicinandosi a loro, ridendo con Genzo di fianco.
Insieme a Wakabayashi, avevano deciso di andare in contro ai gemelli dentro la struttura che precedeva il campo da calcio,  per vedere se davvero il Kaiser aveva dirottato da qualche altra parte il fratello – fidarsi è bene, non fidarsi è meglio - e per accogliergli con un sorriso.
“A me non ne dai nemmeno uno?”
Gli chiese poi, abbracciandogli il braccio.
Karl lo guardò male, se lo scrollò di dosso e – staccandosi anche da Tsubasa a malincuore – iniziò a rincorrerlo urlandogli contro che gliene avrebbe dati a migliaia di calci nel sedere, se lo prendeva ancora in giro, come Kaltz si divertiva a fare ogni volta che lo beccava in momenti teneri con il suo gemello.
Tsubasa scoppiò a ridere davanti a quella scena.
“Dovresti vederli quando se ne escono così durante le partite, lo speaker certe volte rimane senza parole”
Lo informò Genzo, avvicinandosi a lui e guardando insieme la scena per qualche secondo prima di riportare lo sguardo sulla sua figura.
“Ciao”
Gli bisbigliò sorridendo.
“Ciao”
Bisbigliò Tsubasa a sua volta, portando gli occhi nei suoi.
Non aggiunsero altro, non ne avevano bisogno, lasciarono parlare i loro sguardi che si fecero man mano più intensi, più languidi, mentre le mani si sfiorarono leggermente, toccandosi piano e con leggerezza, prima – però - che questo sfioramento potesse diventare una stretta vera e propria furono interrotti da Karl che richiamò il fratello.
“Andiamo?”
Chiese guardando freddo e male il portiere.
“Sì”
Annuì Ozora, staccandosi piano da Wakabayashi per andare dal gemello.
“Ci gode proprio ad interrompervi, eh?”
Chiese retoricamente Hermann, andandogli vicino e incamminandosi con lui verso il campo, seguendo i gemelli che si presero per mano.
“Non è un grosso problema… sto iniziando a trovarlo quasi divertente”
“Ma tu sei proprio sicuro di non essere masochista, vero?”
“Non saprei dirtelo con certezza, in effetti”
Amare qualcuno lontano da te poteva essere considerata una forma di masochismo?

“Da separati siete fastidiosi, insieme siete insopportabili”
Sbottò Kaltz dopo un po’ che si stavano allenando.
Avevano deciso di allenarsi formando delle piccole squadre da 2, era parso naturale ai gemelli decidere di giocare insieme ora che avevano una piccola possibilità di farlo, anche se – dopo averli visti i primi minuti – sembrava che non avessero fatto altro da tutta la vita, bastava una semplice occhiata reciproca, solo quella, e i due partivano a gran velocità, scartando Kaltz con passaggi precisi e veloci, facendolo sembrare quasi un bambino alle prime armi che si dannava per bloccare almeno uno dei due, ma anche se ci riusciva, l’altro andava comunque nella zona della porta per tirare contro Genzo, quando si trattava di Tsubasa, il moro cercava sempre di segnargli da fuori area, fallendo ogni volta, ma anche se il goal gli veniva parato, Ozora non perdeva il sorriso e nemmeno Wakabayashi lo faceva, perché pensava la stessa cosa che pensava l’altro: quell’allenamento ricordava loro la prima partita che avevano disputato da avversari, Nankatsu contro Shutetsu.
“Non riesci a starci dietro, Hermann?”
Domandò Karl ghignando, doveva pur vendicarsi in qualche modo delle varie prese in giro dell’altro.
“Ma se ti sto appiccicato al sedere, Schneiderino”
“Che ne dite di scambiare le coppie?”
Propose Genzo all’improvviso, facendo sussultare il Kaiser che sapeva benissimo dove volesse andare a parare il giapponese, ma non fu lui a parlarne.
“Giappone contro Germania?”
Chiese Tsubasa smettendo di bere dalla borraccia.
“Non andiamo bene così?”
Borbottò Karl imbronciandosi, tradito proprio dalla sua metà di vita…
“Non farne una tragedia greca Schneider, abbiamo la possibilità di vendicarci dei mondiali, facciamogliela vedere noi!”
Esultò Kaltz, dando all’altro biondo una sonora pacca sulla spalla.
“A proposito dei mondiali, te ne devo ancora una per avermi battuto a carte con Taro, caro fratellone”
Esclamò Tsubasa, assottigliando lo sguardo divertito.
“Non è colpa nostra se sei una pippa in tutti gli altri giochi all’infuori del calcio”
“Si dice che chi è sfortunato al gioco, è fortunato in amore”
Disse Genzo guardando seriamente il moro, che arrossì leggermente ricambiando lo sguardo.
Pure il viso di Karl iniziò a diventare rosso, ma per la rabbia, e prima che potesse saltare al collo del portiere per strozzarlo, Kaltz pensò bene di spingerlo verso la metà campo.
Ripresero l’allenamento e se l’intesa dei gemelli era forte, quella tra Tsubasa e Genzo non era da meno, tra sorrisi, occhiate ed occhiolini vari i due riuscirono a coordinarsi tra difesa – Ozora cercava di aiutare l’altro a parare Karl quando questo si esibiva nel suo tiro – e attacco – Genzo gli lanciava la palla direttamente ai piedi, sicuro che gli altri due non l’avrebbero fermato tanto facilmente -, e questo non faceva piacere, proprio per niente, a Karl che più li osservava, più sentiva la gelosia crescergli nel petto.
Non era come ai mondiali, in quel momento non c’era la presenza rassicurante di Taro accanto al suo fratellino che riusciva a distrarlo, in quel momento c’erano solo il suo gemello e il suo migliore amico che si sorridevano e la cosa gli stava facendo salire l’acido peggio che i pareggi.
“Prendi questo!”
Urlò, tirando con quanta più forza possibile avesse nella gamba, venendo comunque parato da Genzo – ormai fin troppo abituato a parare tiri del genere da parte sua – che gli sventolò poi la palla ghignando.
“Pallone gonfiato!”
“Come quello che ti ho appena parato, Kaiser?”
“Muori!”
Ozora osservò la scena mettendosi seduto sul prato per riposarsi un poco, tanto era sicuro che il fratello sarebbe andato avanti ancora per bel po’.
“Devo dire che per qualche secondo ho pensato che volesse ucciderlo con quel tiro”
Disse Kaltz, lasciandosi andare accanto a lui e sdraiandosi sull’erba fresca.
“Non lo farebbe mai con testimoni davanti, soprattutto se uno di questi sono io”
“Tu lo sai, vero, che hai appena fatto intendere che tuo fratello è in verità uno psicopatico omicida?”
Gli chiese Hermann, alzando un sopracciglio.
“Che altro pensavi che fosse?”
Il biondo scoppiò a ridere.
“Se non è amore fraterno questo!”
Tsubasa sorrise, continuando a guardare Karl che aveva deciso di sfidare Genzo per vedere quanti goal riusciva a fargli, i due pezzi del suo cuore erano lì davanti a lui, era un momento raro quello e decise di lasciare  da parte per un po’ il suo amato calcio per continuare ad ammirarlo tranquillo… al contrario del gemello che, dopo la terza parata, dichiarò che avrebbe tranciato le mani al portiere.

“Ah, è il portiere carino dell’Amburgo! ~”
“Mamma!”
Urlarono in coro i gemelli.
“Cosa?”
Borbottò Agathe allontanandosi dalla finestra per osservarli.
“Dovrò pur sapere con chi esce il minore dei miei bambini stasera!”
Esclamò facendo arrossire Tsubasa e ringhiare Karl.
Genzo si era avvicinato al moro negli spogliatoi, approfittando del fatto che il biondo fosse ancora sotto le docce insieme a Kaltz, e gli aveva proposto di uscire con lui quella sera – solamente con lui, aveva specificato –, Ozora aveva accettato immediatamente l’invito… pensando alle conseguenze solo quando dovette avvisare la madre e il fratello che non ci sarebbe stato per cena, Agathe l’aveva presa bene, lo aveva solo pregato di non uscire con la tuta come al solito, al contrario di Karl che nel delirio della gelosia aveva perfino minacciato di chiuderlo in camera loro fino a data da destinarsi.
Ovviamente non ci era riuscito, grazie anche e soprattutto ad Agathe che aveva minacciato di buttargli via tutto il cioccolato che teneva nascosto una volta arrivata a Monaco, ma adesso che Wakabayashi era arrivato per prendere Tsubasa, le cose iniziarono a degenerare di nuovo…
“Eccolo ancora…”
Borbottò Agathe scuotendo la testa rassegnata, osservando il biondo dei suoi figli mettersi davanti alla porta a braccia spalancate.
“Tu non esci”
Esclamò Schneider, cercando di ‘spalmarsi’ di più contro la porta.
“Karl, ti prego, adesso stai esagerando”
Disse Tsubasa massaggiandosi il setto nasale, stanco.
“Se proprio vuoi uscire possiamo farlo noi due, perché devi uscire con lui?”
“Karl!”
Urlò Tsubasa facendo sussultare sia il gemello davanti a lui, sia la madre che si era ritirata in cucina per preparare la cena, non capitava spesso che Tsubasa alzasse la voce, soprattutto con il fratello, quando succedeva, voleva dire che era davvero arrabbiato, o comunque su quella strada.
“Voglio uscire con Wakabayashi stasera… spostati”
Ordinò duro.
“Va bene…”
Bisbigliò Karl mogio, spostandosi dalla porta a testa bassa.
Cosa che fece venire i sensi di colpa, al minore, per avergli urlato contro in quel modo.
“Karl”
Lo richiamò prima che andasse in cucina.
“Sì?”
Gli chiese girandosi verso di lui.
Tsubasa gli fu davanti in un attimo e strusciò piano il naso contro il suo, gesto che riportò il sorriso sul viso del biondo che lo abbracciò stretto qualche minuto.
“Ti mando un messaggio mentre torniamo”
Karl annuì lasciandolo andare, forse era stato troppo sperare che avesse cambiato idea nel vederlo triste… oh beh, aveva comunque il piano B.

“Credevo di dovermene andare da solo alla fine”
Scherzò Genzo appena lo vide uscire.
“Scusa, Karl aveva preso possesso della porta”
“Chissà perché ma immaginavo che avrebbe fatto qualcosa del genere”
Rise il portiere.
Tsubasa sospirò, già stanco nonostante la sua serata iniziasse in quel momento, portando una mano a scompigliarsi i capelli, e Genzo approfittò del momento per osservarlo meglio: il centrocampista indossava dei jeans scuri abbinati ad una camicia bianca a maniche lunghe e un gilet nero lasciato aperto, ai piedi le immancabili scarpe da ginnastica.
“Credo sia la prima volta che ti vedo senza la tuta”
Gli sussurrò allungando una mano per portargli una ciocca dietro l’orecchio.
“E… com’è il risultato?”
Chiese Ozora arrossendo leggermente.
“Ottimo, come sempre”
Disse facendogli l’occhiolino e prendendolo per mano.
Tsubasa sentì le guance ardere come se avesse la febbre, dentro di sé gongolò ringraziando la madre, e si lasciò trascinare via dall’altro.
Era già stato ad Amburgo, Ozora, prima di allora, aveva passato lì con il fratello quasi tutte le vacanze estive – ricordava ancora ridendo quell’estate che lui e Karl avevano passato nascondendosi per stradine secondarie e posti sperduti, tutto per non far scoprire a Wakabayashi che lui era in Germania -, ma percorrere le sue strade mano nella mano con Genzo era qualcosa di assolutamente nuovo, di diverso, di… colorato (?), sembrava strano – e forse anche stupido, visto che ormai era un ragazzo di 19 anni, non una ragazzina alla prima cotta – ma di fianco a Genzo gli sembrava tutto più luminoso.
Si lasciò portare dal portiere ovunque lui volesse, non importava che avesse già visitato quel luogo con il gemello, l’importante era non lasciargli quella mano grossa e calda, che accoglieva la sua e la stringeva con forza, restando comunque attento a non fargli male.
“Qui vicino c’è un pub dove fanno un’ottima birra, ti va di andarci?”
Gli chiese Genzo ad un certo punto, girando la testa verso di lui, quando ormai la sera iniziava a calare.
“Certo!”
Sorrise il centrocampista, stringendo un po’ più forte la presa.
Non gli piaceva troppo la birra, ma seduti l’uno davanti all’altro avrebbero avuto modo di parlare di una certa questione che era rimasta in sospeso dalla sera della finale del World Youth, questione a cui entrambi tenevano troppo per poterla rimandare ancora.

“Scusa la domanda ma… perché sono qui pure io?”
Domandò Kaltz, smettendo per un attimo di giocherellare con lo stecchino che teneva in bocca.
“In due diamo meno nell’occhio”
Rispose Schneider, mentre cercava di disporre meglio il menù che usava per nascondersi dalla vista dei due seduti qualche tavolo davanti a loro.
“Sei serio?”
“Secondo te?”
“Ah, io spero vivamente di no, se ti devo dire la verità”
“Perché diavolo sono dovuti uscire da soli?!”
Sbottò alla fine il kaiser, maledicendo ancora il portiere nella sua testa e giurando che gli avrebbe davvero mozzato le mani, se non la smetteva di toccare il suo fratellino.
“Forse perché si piacciono da quando erano bambini?”
Domandò retoricamente Hermann.
“Fatto del tutto irrilevante”
Chiarì il giocatore del Monaco.
“Oh, andiamo Karl! Non credi che Tsubasa sia troppo grande per preoccuparti per lui? E’ insieme a Genzo, poi!”
“Sono il fratello maggiore, anche se solo di due minuti, è mio diritto e dovere preoccuparmi per lui, sempre e comunque”
“Ma ti ascolti quando parli?”
“Sì”
“E ti fai almeno un po’ paura?”
“… Qualche volta”
Ammise Karl arrossendo un poco.
“Beh, meglio di niente, vado a prendere le birre”
“Cerca di non farti vedere”
Si raccomandò il Kaiser, osservandolo qualche istante prima di riportare gli occhi limpidi sugli altri due.
Vide Tsubasa fare una piccola smorfia dopo aver preso un sorso dal suo boccale, questo gli portò un piccolo sorriso sul volto – proprio non gli piaceva la birra, al suo fratellino -, che si spense poco dopo, quando Genzo allungò una mano per togliergli la schiuma che gli era rimasta sulle labbra, osservò il suo gemello arrossire e sorridergli e sentì la gelosia stringergli nuovamente il cuore nella sua morsa.
Li aveva seguiti per tutta la sera, li aveva osservati da lontano e… era stato male.
Gli faceva male vedere il suo fratellino – la sua metà di vita – così vicino a qualcun altro che non fosse lui, gli faceva male vederlo così felice senza di lui, gli faceva male vederlo stringere la mano a qualcun altro che non fosse lui, gli faceva male che Tsubasa fosse così lontano nonostante fosse a pochissimi metri.
Faceva dannatamente male al cuore, ma una piccola parte di esso, quella non ancora corrotta da quella stupida e insensata gelosia, era felice.
Era felice di vedere il suo piccolo Tsu ridere di cuore, era felice di vedere come Genzo gli donava piccole ma accurate intenzioni, era felice di vederli così innamorati reciprocamente.
Stava male ma era felice… andava proprio bene.
Sospirò, abbassando lo sguardo – improvvisamente appannato da alcune lacrime – sul tavolo, sentendo arrivare un principio di mal di testa molto potente.
“Ora cos’è quel musone?”
Domandò Kaltz poggiando i boccali sul tavolo.
“Forse sono davvero un cretino, Hermann”
Bisbigliò Karl.
“Forse?”
Rise l’altro ma tornò subito serio, notando lo sguardo dell’amico.
Gli sorrise e gli calò con forza una mano tra i capelli, scompigliandoglieli tutti.
“Non sei un cretino, tieni solamente tanto alla tua famiglia”
“Forse troppo”
“Forse sì, forse no, non sono nessuno per giudicare visto che non ho fratelli gemelli e non ho mai vissuto lontano da loro”
Karl rialzò lo sguardo dal tavolo e, guardando l’amico, riuscì a sforzare un sorriso, prima di alzarsi.
“Dai, andiamo, ti offro la cena da qualche altra parte”
“Sicuro?”
Il Kaiser lanciò un’ultima occhiata a Tsubasa che sorrideva, ed annuì.
“Riconosco quando il mio gemello sta bene”

“Vieni, di qua!”
Urlò Genzo svoltando in una vietta secondaria e buia, trascinando Tsubasa con sé.
Si addossarono contro un muro al buio e aspettarono, qualche istante dopo sentirono i passi dei paparazzi – che li aspettavano fuori dal pub, avvisati da chissà chi e chissà quando – che, correndo per raggiungerli, superarono la via.
“Menomale”
Sospirò Tsubasa sollevato, non era proprio il momento per uno scandalo.
“Dovranno penare ancora molto, per avere una nostra foto”
Ghignò Wakabayashi lasciandogli la mano per andare a posargliele sui fianchi, non se n’era accorto all’inizio ma, quando si era addossato contro Ozora per spingerlo contro il muro e per proteggerlo da eventuali scatti, gli era andato molto, molto vicino… li separava solo qualche misero centimetro.
“Nostra, eh?”
Domandò Tsubasa, abbracciandogli il collo.
“Nostra… solo nostra”
Bisbigliò Genzo prima di unire le labbra alle sue in uno stupendo, atteso, secondo bacio.
Sì, secondo.
Il primo se lo erano scambiato all’improvviso, durante la festa per la vittoria del mondiale: tutti stavano abbracciando tutti, euforici per la vittoria contro il Brasile, Tsubasa si era ritrovato tra le braccia di Genzo, qualcuno aveva dato una gomitata di troppo al capitano e i due si erano ritrovati con le labbra a contatto per qualche secondo.
Ovviamente, la cosa non era dispiaciuta a nessuno dei due.
Il problema era stato non riuscire a parlare per tutto il resto della serata, il mattino dopo erano ripartiti quindi avevano provato a parlarne tramite mail e telefono, ma non era come parlarne dal vivo.
Solo quella sera erano riusciti a parlare chiaramente del bacio e, insieme, avevano deciso di provarci, ora che Tsubasa sarebbe andato a Barcellona, sarebbe stato anche molto più semplice vedersi.
“Vieni da me stanotte”
Mormorò Genzo sulle labbra di Ozora, dopo essersi staccato leggermente da lui.
Tsubasa gli accarezzò una guancia, guardandolo dritto negli occhi, e lo baciò di nuovo.

‘Non torno a casa stanotte’
Il messaggio del suo fratellino continuava, ma la mente di Karl era fissa su questa frase da quando lo aveva ricevuto la sera prima.
Non era tornato a casa per dormire.
Aveva dormito da Genzo.
Nello stesso letto.
Con Genzo dentro.
Nudi…?
Il biondo diede una sonora testata contro il frigorifero – dopo aver tirato fuori le fragole -, almeno grazie al dolore non avrebbe pensato ad altri dettagli che lo avrebbero traumatizzato a vita, iniziarono, però, a venirgli in mente dei tanto graziosi quanto spietati metodi di castramento.
Si era già mangiato qualche fragola – pensando a come adattare il fire shoot a uno di suddetti metodi -, quando sentì la porta di casa aprirsi, andò alla porta della cucina e sporse la testa oltre essa, trovando il suo fratellino che cercava di richiudere la porta di casa senza fare nessun rumore.
“Buongiorno a te TsuTsu”
Gli disse facendolo sussultare.
“Sei sveglio?!”
Chiese Tsubasa, girandosi per guardarlo con gli occhi sgranati, gli aveva fatto perdere dieci anni di vita con quello spavento.
“Credi, forse, che io abbia dormito?”
Gli chiese di rimando il fratello, mettendo su il broncio e nascondendosi di nuovo in cucina.
Tsubasa sorrise teneramente e lo seguì nell’altra stanza.
“Pancake?”
Domandò al biondo che iniziava a darsi da fare con farina, latte, zucchero e uova.
“Sì… ne ho voglia…”
“Di solito, ti viene voglia quando ti senti particolarmente giù”
“Non è vero, sono goloso di natura, esattamente come te”
“Vero”
Mormorò il moro, appoggiandosi con il bacino al bancone.
Calò il silenzio tra i gemelli, uno impegnato a mescolare i vari ingredienti, l’altro impegnato ad osservarlo, fino a quando il biondo non si stufò e lasciò cadere malamente la frusta nell’impasto.
“Cosa c’è?! Vuoi sapere se sono ar-“
“Ti voglio bene”
Karl sgranò gli occhi mentre Tsubasa allungò una mano per accarezzargli il viso.
“Tsu…”
“Non ce lo siamo mai detti a voce… ti voglio bene, Karl”
Il kaiser arrossì, in effetti, sentirselo dire a voce faceva tutto un altro effetto.
“Te lo dirò ogni volta che ne avrai bisogno”
Aggiunse Tsubasa, abbracciandolo stretto.
“Ogni volta che sentirai che la distanza tra noi è troppa, ogni volta che ti sentirai solo, ogni volta che ti sentirai triste, sarò sempre pronto a dirti che ti voglio bene”
Continuò, accarezzandogli i capelli biondi.
“Non c’è niente da fare”
Bisbigliò Karl, il volto nascosto nel collo del fratello fu attraversato da un paio di lacrime.
“Sei sempre tu il più forte tra noi due, Tsubasa”
Ozora gli baciò la fronte e lo strinse ancora più forte, il suo fratellone, tanto forte e coraggioso in campo quanto fragile e pieno di paure fuori, perché era quello il vero motivo per cui Karl era così geloso, aveva semplicemente paura che, avvicinandosi di più a Genzo, si sarebbe allontanato del tutto da lui, lasciandolo da solo.
Una paura insensata, stupida, ma grande nel cuore di Karl, era arrivato il momento di fargliela passare, perché Tsubasa non l’avrebbe lasciato in disparte mai e poi mai.
“Meglio?”
Chiese il moro, dopo aver lasciato sfogare il gemello per una decina di minuti.
Karl si staccò piano da lui e annuì, passandosi il braccio sugli occhi per cancellare ogni traccia residua delle lacrime che aveva appena finito di versare.
“Meglio”
“Bene, adesso prepariamo questi pancake, mi è venuta voglia anche a me”
Esclamò il moro, andando ad abbassarsi per poter prendere la padella ancora nel mobiletto sotto i fornelli.
Il biondo stava per chiedergli come li voleva, anche se conosceva già la risposta – nutella e fragole, esattamente come lui –, ma la voce gli si bloccò in gola e rischiò anche di strozzarsi a causa della saliva, il motivo di tale reazione era il succhiotto sul collo venuto a galla quando Tsubasa si era abbassato.
Lo guardò male e sbuffò.
“Almeno ti ha trattato bene?”
Chiese imbronciandosi, mentre riprendeva in mano l’impasto.
“… Lo vuoi davvero sapere?”
Chiese, di rimando, Tsubasa con il volto rosso.
“Per niente”
Confessò Karl, guardandolo poi di sbieco e arrossendo un poco pure lui.
“So benissimo che lo ha fatto… ti ama troppo”
“Oh, adesso ti fidi del fatto che mi ama?”
“E’ ovvio che mi fido del mio migliore amico, ma sono il maggiore, non posso non mostrarmi geloso, è mio dovere… in verità ho sempre fatto il tifo per voi…”
Borbottò facendo sgranare gli occhi al fratello, che scoppiò in una grossa e fragorosa risata qualche secondo dopo.
“Vuoi che faccia finta di crederci?”
Gli chiese tra le risate.
“Ehi, questa è la mia nuova versione e non la cambio”
Esclamò Karl puntandogli contro la frusta sporca.
Si guardarono un attimo negli occhi e scoppiarono a ridere insieme.

“Eccoli qui, i miei gemellini preferiti”
Esclamò sorridendo Kaltz guardando Karl e Tsubasa – che erano tornati al campo dell’Amburgo – avvicinarsi a lui e Wakabayashi.
“Ma come? Non eravamo insopportabili?”
Ghignò Karl, incrociando le braccia al petto.
“Dopo la cena di ieri sera, Schneiderino, mi sei improvvisamente più simpatico”
“Visto quello che mi hai fatto spendere, è il minimo”
“Ma tu sai di quale cena stanno parlando?”
Chiese Tsubasa, confuso, a Genzo, ma quello alzò le spalle confuso quanto lui.
“A dire il vero no… ciao, comunque”
Gli sorrise malizioso, passandogli un braccio intorno alla vita e stringendoselo leggermente contro.
“Ciao a te”
Bisbigliò Ozora prendendolo per la maglia, attirando il viso contro il suo per poterlo baciare.
Di fronte a quel bacio, Hermann trattene il fiato, portando immediatamente lo sguardo sul biondo accanto a lui… trovandolo con solo gli occhi alzati al cielo.
Quando i due si staccarono, Karl prese la parola.
“Avete finito o volete prendere una stanza? Muoviti ad andare in porta, cognatino, oggi mi sento imbattibile”
Finito, diede le spalle a tutti per andare a riscaldarsi.
“Come mi ha chiamato?!”
Domandò Genzo con gli occhi sgranati.
“Ehi, quando l’ho riaccompagnato ieri sera era ancora sano, lo giuro!”
“Kaltz! Guarda che ti ho sentito!”
“Se ti consola, non lo è mai stato”
“Tsubasa!”

“Appena atterro, vi chiamo entrambi”
“Ricordati che io ho la precedenza”
Disse Karl abbracciato stile polipo al gemello , che rise accarezzandogli la schiena, mentre Genzo – davanti a loro – alzò gli occhi al cielo.
La settimana era passata in fretta ed era andata molto meglio di quanto Ozora e Kaltz avessero previsto: Karl aveva continuato con le frecciatine ma di contro le scenate di gelosia si erano ridotte notevolmente, ogni tanto aveva bisogno di abbracciare il gemello e quello non se lo faceva chiedere due volte, certe volte si aggiungevano anche Wakabayashi ed Hermann all’abbraccio, facendo borbottare il Kaiser – che non avrebbe confessato mai e mai poi di apprezzare le loro ‘coccole’ -.
Il biondo aveva cercato di rispettare la privacy dei due fidanzatini, certe volte riuscendoci e certe volte no, Tsubasa aveva apprezzato comunque lo sforzo e – adesso – poteva partire tranquillo, la Spagna lo stava aspettando e lui era pronto ad affrontarla.
Come poteva non esserlo quando aveva il suo fratellone e il suo fidanzato a fare il tifo per lui?
“Cercate di non ammazzarvi a vicenda appena mi giro”
Si raccomandò Ozora, riuscendo a staccare il gemello da sé.
“Perché guardi solamente me?”
Chiese, borbottando, questo, incrociando le braccia al petto.
“Perché durante gli allenamenti hai cercato più di una volta di tirarmi la palla in un certo punto, abbastanza delicato tra l’altro”
Intervenne Genzo, avvicinandosi al compagno per poterlo salutare.
“Punto delicato per lui e fondamentale per la mia gioia”
Ghignò Tsubasa.
“La nostra gioia, vorrai dire”
Gli diede corda il portiere.
“Cosa devono sentire le mie povere ed innocenti orecchie!”
Urlò Karl – rosso come un peperone in viso -, portando le mani a coprire le orecchie e dando la schiena ai due, che risero un poco prima di abbracciarsi.
“Metticela tutta”
Gli sussurrò Genzo all’orecchio.
Tsubasa annuì, baciandogli il collo e stringendoglisi meglio contro.
“Ti amo”
Il portiere lo fece allontanare un poco per potergli lasciare un lungo, casto, bacio sulle labbra.
“Ti amo anch’io”
Disse, poi.
“Posso girarmi o state facendo ancora delle zozzerie?”
Domandò il kaiser, facendo alzare nuovamente gli occhi al cielo a Genzo e ridacchiare Tsubasa.
Dopo qualche minuto – che sia il portiere che il Kaiser avevano passato a stritolare tra loro il centrocampista – venne chiamato il volo di Ozora, che li salutò sorridendo, raccomandandosi ancora per l’ultima volta, prima di dare loro le spalle ed iniziare ad incamminarsi verso il suo imbarco.
“Ed eccolo che parte… ancora”
Bisbigliò Karl osservando la schiena del gemello diventare sempre più piccola tra la folla.
“Lo rivedremo ancora, bisogna solo essere pazienti”
Cercò di consolarlo Genzo, portando una mano a scompigliargli i capelli biondi.
Il Kaiser gli lanciò un’occhiataccia, ma alla fine sbuffò, tirandogli un leggero calcio alla caviglia.
“Accompagnami alla stazione, mister ‘cerchiamo di vedere il lato positivo’, me ne vado pure io”
“Tutto quello che vuoi, cognato”
“Mi fa senso quando mi chiami così”
“Se ti consola, provo lo stesso quando lo fai tu”


“Pronto?”
Bisbigliò Tsubasa rispondendo al telefono e mettendoselo in bilico sulla spalla, per potersi versare una tazza di caffè in tranquillità.
“Tsubasa!”
Esclamò Hermann, allegro… o quasi.
“Come stai?”
“Uhm… così e così”
Mormorò il giapponese riprendendo in mano il telefono, poggiandosi nel mentre con il bacino al bancone della cucina.
Si perse qualche momento ad osservare il liquido nero nella tazza… non era stato facile mandare giù la questione della squadra B e non era certo di averla superata del tutto, anche se erano passati già un paio di giorni ed era deciso più che mai a far vedere quanto valesse.
“Come mai questa chiamata?”
Chiese, poi, il giapponese, era in ottimi rapporti con Kaltz ma non succedeva spesso che si chiamassero, a meno che non si trattasse di un’emergenza.
Ebbene, quella volta era una grossa emergenza, almeno per il biondo.
“Ti prego, salvami”
“Uhm?”
Tsubasa sentì qualche movimento strano dall’altra parte e poi, all’improvviso, solo urla.
“Chi è il cretino che mette mio fratello nella squadra B?!?!”
Urlò Karl, decisamente furibondo a giudicare il tono.
“Un giocatore del suo calibro non lo merita, ha fatto grandi cose al San Paolo, per non parlare poi dei mondiali!”
Urlò di rimando Genzo, dandogli corda.
Tsubasa allontanò leggermente il telefono dall’orecchio per non rischiare di diventare sordo, capendo perfettamente perché Kaltz lo avesse chiamato in cerca d’aiuto.
Quella era una grossa, grossa emergenza.
Aveva evitato d’informare i due proprio per evitare che si arrabbiassero, ma evidentemente qualcuno alla fine aveva aperto bocca – di sicuro Natsuko o Agathe, quelle chiacchierone –, e Karl e Genzo non l’avevano presa affatto bene.
“Basta! Ti vengo a prendere e ti porto al Monaco!”
Urlò, ancora, Karl.
“No!”
Urlò Genzo.
“Come no?! Non lo lascio lì con quell’incompetente che lo ha inserito solo nella squadra B!”
“Deve fargli vedere quanto vale, così il mister rimpiangerà di non averlo messo subito nella prima squadra!”
“Oh ma statti zitto che parli per partito preso! Le tue sono solo scuse perché non vuoi venire al Monaco tu per primo!”
“Ancora con questa storia?!”
“Sì! Vieni al Bayern razza di orso mal cresciuto!”
Com’erano passati da essere arrabbiati per lui ad azzannarsi per la questione del trasferimento di Genzo al Bayern Monaco?
Era una bella domanda quella.
“Tsubasa, diglielo tu che deve venire a Monaco!”
“Lascia stare Tsubasa, lui deve concentrarsi per entrare nella squadra A!”
“Ti avviso, non so se arrivo a sera senza prima averli ammazzati entrambi”
Si fece risentire Kaltz.
Tsubasa scoppiò in una grossa e fragorosa risata, come non faceva ormai da giorni.
Come gli risollevavano il morale loro, non ci riusciva nessuno.

   
 
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