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Autore: evil 65    21/03/2020    12 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo capitolo!
Prima di cominciare, alcuni avvertimenti:
La prima parte del capitolo è una sorta di rivisitazione dell’indagine di Mike Hanlon nel romanzo di IT.
Molti degli eventi narrati sono stati ripresi o riadattati da quelli raccontati nell’opera originale. Ne riconoscere sicuramente alcuni, che sono stati ripresi anche nella trasposizione cinematografica del romanzo.
L’ho realizzata anche per dare una panoramica generale della storia di IT a coloro che non hanno mai letto il libro o visto i film.
La seconda parte del capitolo, invece, è la mia preferita, ed è incentrata sull’incontro tra Pennywise e Peter. Mi sono divertito molto a scriverla, soprattutto perché IT è praticamente un orrore cosmico in pieno stile Lovecraft. Puoi fargli letteralmente dire o fare quello che vuoi, senza far sembrare il tutto ridicolo o fuori luogo.
E ora vi auguro una buona lettura!

 
 

We all float down here
 
L’emporio di Bachman – soprannominato The Dark Tower - si trovava proprio di fronte alla parco principale della cittadina, un piccolo negozio d’antiquariato che fungeva anche da libreria.
Gli interni erano freddi e lugubri, avvolti nella penombra del pomeriggio. Sicuramente non accoglienti.
Il vecchio informatore fece subito accomodare l’Avenger su una vecchia poltrona rilegata in pelle e procedette ad offrirgli un bicchiere di Jack Daniel’s.
<< No, grazie, non bevo durante il giorno >> rifiutò educatamente il ragazzo.
Bachman sbuffò sprezzante.
<< I giovani d’oggi non dovrebbero essere quelli più ribelli? >> borbottò a se stesso, mentre afferrava una sedia impolverita e si metteva davanti a Peter. << Innanzitutto, vorrei sapere quanto sei effettivamente informato sulla storia di questa città >>
Il vigilante fece mente locale. Non aveva avuto molto tempo a disposizione per fare delle ricerche adeguate, ma era comunque preparato sull’argomento. << Beh, ho letto “la storia di Harpswell” prima di venire qui…>>
<< Lascia perdere quel tipo di libri, in questo posto non ce n'è uno che valga anche un solo centesimo >> lo interruppe Bachman, suscitando un’espressione confusa da parte del vigilante.
<< Allora da dove dovrei cominciare? >>
<< Cominciare con cosa? >>
<< Le ricerche storiche su questa zona. La comunità di Harpswell>> spiegò pazientemente l’Avenger.
Il vecchio rilasciò un sonoro sbuffo.<< Oh. Bene. Potresti cominciare con il Fricke e il Michaud. Si reputa che siano i migliori.>>
Peter annuì lentamente. << Capisco. E dopo aver letto quelli? >>
<< Letti? No, diavolo! Buttali via, bruciali…facci quello che vuoi, ma dimenticali! Questo è il primo passo >> rispose Bachman, sorprendendo il ragazzo una seconda volta. << L’Hanlon, quella sì che è roba buona. Mike Hanlon era un ricercatore maledettamente in gamba, ma quando si trattava di Harpswell…beh, aveva il cuore al posto giusto. Ha cannato quasi tutti i fatti, ma li ha cannati con sentimento. >>
Detto questo, arricciò le labbra incartapecorite in un sorriso, un'espressione di buonumore che era per la verità un po' inquietante. In quel momento sembrò un avvoltoio che monta soddisfatto la guardia a un animale appena ucciso, in attesa che raggiunga il grado giusto di succulenta decomposizione prima di cominciare a divorarlo.
Peter rimase in silenzio, come se stesse valutando attentamente quelle che sarebbero state le sue prossime parole. Dopo quasi un minuto buono, prese un respiro profondo e disse: << Harpspwell... questa città…non è…non è…>>
<< Non è cosa? >> chiese l’altro, con tono colmo d’anticipazione.
<< …non è normale, vero? >> continuò il ragazzo, scrutandolo con attenzione.
Bachman abbaiò una risata e procedette a scolarsi un altro bicchiere di Jack Daniel’s. << Alludi alle storie spiacevoli che potresti sentire da queste parti, o a quelle che già conosci? >>
Nei suoi occhi scintillò un’ astuta sagacia da vecchio volpone.
<< Sì…capisco perché giungeresti ad una simile conclusione. Harpswell non è sicuramente come le altre comunità del Maine. >>
<< E lei che cosa ne pensa? >> domandò Peter, visibilmente incuriosito.
Bachman scrollò le spalle con aria disinvolta.
 << Io penso che questa città sia posseduta >> fu la sua risposta concisa.
Gli occhi di Peter si spalancarono come piatti. Sì, quella non era decisamente la dichiarazione che si aspettava.
Di fronte a lui, il vecchio si limitò ad annuire con aria solenne.
<< Sì, è la reazione che ottengo ogni volta. Può un'intera città essere posseduta? Posseduta come si dice che lo siano certe abitazioni? >> borbottò quasi a se stesso. << Non una singola casa in quella città, o l'angolo di una determinata via, o un cimitero, ma intendo proprio tutto. La città nella sua interezza. È possibile? Io penso di sì! >>
Si alzò dalla poltrona e camminò fino ad una vecchia scrivania. Una volta lì, aprì il cassetto del mobile e cominciò ad estrarre una copiosa quantità di fascicoli rilegati.
<< Qui ad Harpswell tutto è possibile! >> continuò, mentre dava le spalle a Peter.
Afferrò uno dei fascicoli e lo porse tra le mani del vigilante, che cominciò a sfogliarne il contenuto. Apparentemente, si trattava di una serie di articoli storici riguardanti la città stessa.
<< Negli anni 60, un vecchio storico di nome Roland Ives aveva scritto una serie di articoli su Harpswell >> spiegò Bachman, mentre si risedeva sulla poltrona. << All'epoca in cui io diedi inizio alle mie ricerche, la gran parte degli anziani da lui interpellati erano già morti, ma c'erano figli, figlie, nipoti e cugini. Poi, com'è naturale, una delle grandi verità di questo mondo è la seguente: per ogni anziano che muore, c'è un nuovo anziano in formazione. E una buona storia non muore mai…no, viene semplicemente tramandata. >>
Arricciò le labbra in un sorriso quasi nostalgico.
<< Sedetti su innumerevoli verande e sui gradini d'ingresso. E ascoltai quasi trenta testimonianze! Ives e quelli che lo avevano preceduto erano perfettamente concordi su un punto: l'insediamento originario era stato di trecento persone di razza bianca, tutte inglesi. Avevano uno statuto ed erano ufficialmente conosciuti come la Harpswell Company, una società di pescatori. Il territorio a loro assegnato copriva la città odierna, gran parte della costa e piccoli settori forestali. E fu nell'anno 1741…che si verificò la scomparsa totale della comunità >> continuò, sorprendendo Peter. << I coloni erano tutti lì nel giugno di quell'anno, per un totale di trecentoquaranta anime, ma in ottobre non c'era più nessuno. Il piccolo villaggio di case di legno era deserto. Nella ricostruzione storica riconosciuta, si afferma che tutti gli abitanti furono massacrati dagli indiani, ma non c'è nessun indizio che avvalori questa teoria. Massacro indiano? Difficile, poichè non vennero ritrovati né cadaveri né ossa. Forse un alluvione? In quell’anno non ce ne fu nessuna degna di nota. Malattia? Nessuna traccia nelle comunità più vicine. Scomparvero senza una causa apparente…POOF! Tutte le trecentoquaranta persone, senza lasciare traccia. >>
Scosse la testa e buttò giù un altro bicchiere di alcol, il tutto mentre Peter ascoltava quel resoconto con uno sguardo rapito.
<< E mentre continuavo le mie ricerche, inziai a sentire cose sempre più strane. Circa vent’anni fa, un vecchio mi raccontò di come sua moglie avesse udito delle voci che le parlavano dallo scarico del lavello in cucina durante le tre settimane precedenti la morte della loro figliola, agli inizi della stagione invernale del 1985. «Un gran groviglio di voci, tutte che blateravano insieme», mi riferì. «Disse di aver risposto una volta, anche se era spaventata. Si è sporta sullo scarico e ci ha gridato dentro. 'Chi diavolo siete?' ha domandato. 'Come vi chiamate?' E tutte le voci le hanno risposto, almeno così mi ha detto. Grugniti e belati e balbettii e ululati e guaiti, grida e risa, un vero e proprio circo! E dicevano, secondo lei, la stessa identica cosa:”se verrai quaggiù, galleggerai anche tu”». Ma la vera scoperta avvenne solo qualche settimana dopo. >>
Detto questo, consegnò un altro fascicolo tra le mani di Peter, questa volta contenete una serie di grafici.
<< Guarda >> ordinò con voce ferma, indicando uno dei fogli. << Il tasso di omicidi ad Harpswell è sei volte superiore a quello di qualunque altra cittadina di analoghe dimensioni nel New England. All’inizio, le mie conclusioni preliminari su questi dati mi sembrarono così poco credibili da spingermi ad affidare fatti e cifre al bibliotecario del posto. Questo ragazzo si spinse parecchio più avanti, aggiungendo un'altra dozzina di cittadine a quello che definiva “il campione statistico” e presentandomi un grafico computerizzato nel quale Harpswell spiccava come un occhio nero. « Sembra proprio che la gente di qui abbia un bel caratteraccio, signor Bachman », è stato il suo solo commento. Non ho risposto. Se l'avessi fatto, avrei potuto ribattere che certamente qualcosa ad Harpswell ha veramente un brutto carattere. Dico sul serio! In questa città, i più giovani scompaiono nel nulla al ritmo di una cinquantina l'anno. Perlopiù sono adolescenti che vengono classificati come scappati di casa. Immagino che questa ipotesi sia valida per alcuni di loro…ma non per tutti. >>
Al sentire tali parole, Peter non potè fare a meno di deglutire a fatica.
La situazione era peggio di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Da quanto tempo andava avanti questa storia? E perché il governo aveva scelto d’intervenire solo ora? Così tante domande, eppure ancora così poche risposte.
<< E poi, ovviamente…c’è il ciclo >> riprese Bachman, distogliendo il vigilante da quelle divagazione mentali.
Questi inarcò un sopracciglio e fissò confuso il vecchio.
 << Eh sì >>, bisbigliò l’uomo, quasi come se stesse per rivelargli un qualche tipo di segreto. << Io lo so. Ogni ventisei o ventisette anni. Molti anziani lo sanno, ma è uno di quegli argomenti di cui non parlerebbero, nemmeno se li riempissi di alcol.>>
Aprì un altro fascicolo, e lo aprì sulla prima pagina.
<< Nel 1852 una squadra di taglialegna trovò i resti di un'altra squadra che, bloccata dalla neve, aveva svernato in un campo sulle sponde dei Barren un punto in cui si riuniscono molti degli affluenti cittadini. Erano nove uomini in tutto, tutti e nove fatti a pezzi e macellati come maiali >> disse con quel suo sorriso da lupo, mentre Peter arricciava il volto in un’espressione disgustata. << Nel 1879, un uomo sterminò la famiglia avvelenandola. Poi, seduto al centro del cerchio dei congiunti assassinati, ingurgitò un intero bicchiere di veleno per topi. Fu un'agonia certamente dolorosissima, e l'agente che lo trovò scrisse nel suo rapporto che dapprincipio aveva creduto che il cadavere gli sorridesse come un pagliaccio. >>
Sfogliò alcune pagine e porse il fascicolo al vigilante, indicando un articolo ben preciso.
<< Questa è la mia preferita. La domenica di Pasqua del 1906 si tenne una caccia all'uovo di cioccolata in favore di ”tutti i bambini buoni di Harpswell”, che ebbe luogo nel vasto edificio delle ferrerie cittadine. Le zone pericolose furono sbarrate e alcuni dipendenti si assunsero gratuitamente l'incarico di allestire un servizio di sorveglianza per impedire a ragazzi troppo avventurosi di eludere gli sbarramenti e lanciarsi nell'esplorazione >> continuò con tono ironico. << La conclusione avvenne con tre quarti d'ora d'anticipo, alle tre e un quarto. Fu allora infatti che la ferriera esplose. Prima che tramontasse il sole, furono estratte dalle macerie settantadue salme, ma la conta finale arrivò fino a centodue.>>
Rilasciò un sonoro sospiro e si accasciò sullo schienale della poltrona.
<< E tutti questi eventi coincidono con gli anni in cui si verificò l’incremento delle sparizioni di bambini. Esattamente ogni 27 anni >> sussurrò, per poi riempirsi un altro bicchiere e berlo tutto d’un fiato.
Peter rimase in silenzio per quasi un minuto, valutando attentamente tutto quello che aveva appena sentito.
Prendendo un paio di respiri calmanti, volse a Bachman uno sguardo significativo. << Quindi questa…cosa…è come una cicala? Rimane dormiente per 27 anni, poi si sveglia e…e… >>
<< Si da alla pazza gioia con i bambini del posto. E a volte gli adulti, non è certo schizzinosa >> continuò il vecchio, mentre alzava gli occhi in direzione del soffitto.
L’Avenger lo seguì a ruota, sentendosi improvvisamente molto stanco. << Wow >>
<< Già >> borbottò l’altro, per poi porgere un bicchiere di Jack Daniel’s al ragazzo. E questa volta, il vigilante fu più che felice di accettare.
<< Perché nessun’altro se ne è accorto? Perché nessuno fa niente? >> chiese mentre buttava giù alcuni sorsi. << Una cosa del genere dovrebbe essere su tutti i giornali! >>
Bachman tornò a fissarlo.
<< Non è ovvio? Perché non voleva che altri sapessero. Il suo controllo sulla città è praticamente assoluto >> affermò con tono di fatto.
Peter annuì comprensivo. Si portò il bicchiere alle labbra…e si bloccò.
“ Aspetta un secondo…” sussurrò la sua mente, facendolo congelare sul posto. Al contempo, un ronzio familiare cominciò a farsi strada nel suo cervello.
ZZZZZZZZZZZZ
Sì, il suo senso di ragno stava decisamente vibrando. Era in pericolo.
Cercando di non sembrare allarmato, Peter volse all’uomo un sorriso nervoso.
<< Ma allora, come fai a sapere tutte…queste… >>
Si fermò, prima che potesse completare la frase. Perché andata era l’espressione allegra e maliziosa del vecchio, sostituita da uno sguardo molto più freddo.
E in quel preciso istante, alcuni tonfi risuonarono dal fondo dell’emporio. Un suono basso e ritmato che fece sobbalzare il vigilante. Un suono di passi.
<< Mi dispiace, ragazzo. Sono così dispiaciuto. Ma…il diavolo me lo ha fatto fare >> sospirò stancamente Bachman.
Peter si alzò di scatto dalla poltrona, mentre una figura ben distinta si fece strada fuori dalle ombre delle negozio. E non appena i suoi occhi si posarono sulle fattezze del nuovo arrivato…la mente del ragazzo cominciò a urlare.
Un cadavere aveva appena preso posto di fronte alla coppia. Un corpo secco e dalla pelle raggrinzita, con un paio di orbite vuote al posto degli occhi. Indossava un uniforme da soldato vietnamita ricoperta di vermi, mentre un denso liquido color pece gli colava dalla bocca.
Era un po’ più basso di Peter, circa un metro e cinquanta.
Al vigilante ricordò vagamente uno zombie fuoriuscito direttamente da film come “L’alba dei morti viventi”. Ma per Bachman, quello era il fantasma dell’unico bambino soldato che aveva ucciso durante la guerra in Vietnam, il cui volto raccapricciante aveva infestato i suoi incubi dal giorno in cui compì quel misfatto. Quella era la cosa che temeva di più al mondo.
L’uomo cominciò ad allontanarsi e si portò ambe le mani davanti al volto, quasi come se non potesse sopportare la vista della creatura deforme.
<< Ha bisogno che qualcuno tenga d’occhio le cose mentre dorme, capisci? Che lo tenga aggiornato. E in cambio io posso vivere senza la paura costante di essere ritrovato in un sacco della spazzatura. È una questione di domanda è offerta! >> piagnucolò disperatamente, accasciandosi a terra e raggomitolandosi in una palla tremante.
Distolse appena una mano, incontrando l’espressione tradita sul volto di Peter.
<< Oh, non guardarmi così. Non sono stato il primo ad aiutarlo, e non sarò certo l’ultimo. Ora corri, ragazzo. CORRI! >> gracchiò ad alta voce.
Il vigilante non ebbe bisogno di farselo ripetere due volte.
Al contempo, il cadavere lanciò urlo agghiacciante, ma Peter non si voltò per controllare se lo stesse inseguendo.
Uscì dal negozio e fu colto alla sprovvista da una luce abbagliante: le nubi si stavano aprendo e il sole caldo occhieggiava dal cielo, rendendo il prato straordinariamente verde e rigoglioso.
Peter provò un senso di leggerezza al cuore. Era come se in quell’emporio avesse lasciato un fardello insopportabile... poi esaminò l’area circostante, e il respiro gli si bloccò in gola.
A pochi metri da lui c’era il clown, splendente e sorridente come non mai.
<< Ti ho fatto paura, ragazzo mio? >> chiese il mostro con tono divertito.
Peter mantenne una posizione ferma.
<< Io non ho paura di te >> ringhiò freddamente.
Il pagliaccio sorrise e annuì come se non si fosse aspettato di meglio. Labbra rosse che colavano pittura si dischiusero a mostrare denti lunghi e appuntiti come zanne.
<< Potrei averti adesso, se volessi >> commentò. << Ma sarebbe un tale spreco! Nessuno vuole giocare con il clown, da queste parti. >>
Il sogghignò del pagliaccio si dilatò progressivamente.
<< Dai, gioca con me, Peter! Che ne dici di costruire un modellino di Star Trek? Quelli ti piacciono, non è vero? >> disse innocentemente, per poi alzare una mano in direzione del vigilante. << O potremmo giocare ad altro! Che cosa ne dici se punto il dito sullo stomaco e ti faccio venire un cancro al fegato? Oppure te lo punto alla testa e ti piazzo un bel tumore cerebrale. Potrei farlo, se ne avessi voglia. >>
I suoi occhi s'ingrandivano progressivamente. E in quelle pupille nere, Peter vide l’oscurità e si convinse che quella creatura era capace di quello e altro.
Il sorriso sul volto del clown sembrò allargarsi. Poi, schioccò le dita della mano destra.
Come dal nulla, un tavolino si materializzò in mezzo ai due, completo di servizio da tè. C’erano caraffe, tazzine di porcellana, e pure una tegliera contenente quelli che sembravano biscotti.
Peter spalancò gli occhi per la sorpresa e passò lo sguardo da quell’improvvisa apparizione al volto ghignante del pagliaccio.
Questi si limitò a roteare gli occhi.
<< Oh, suvvia, non fare quella faccia! Come ho già detto, se avessi voluto farti del male…beh, lo avrei già fatto >> dichiarò con tono di fatto. << Coraggio, mettiti comodo Spider-Boy. Siamo su un terreno neutrale. Niente doppi sensi, niente armi o sotterfugi, solo un paio di “non così buoni amici” che s’incontrano per il tè delle 5:00. >>
Nonostante le rassicurazioni del pagliaccio, tuttavia, l’Avenger continuò a fissare il tavolo con sospetto.
Pennywise inarcò un sopracciglio.
<< Perché così serio, Peter? Forse mi preferiresti in un’altra forma? >> chiese con tono apparentemente innocente. E in quel momento, l’aspetto del clown cominciò a cambiare sotto gli occhi del vigilante.
La sua figura si fece più corta e snella, i suoi lineamenti distintamente femminili, mentre i capelli divennero una cascata di fili dorati. Al contempo, l’abito vittoriano venne sostituita da una tuta rossa e blu molto familiare.
Peter sbattè le palpebre un paio di volte, rendendosi presto conto che la figura del pagliaccio era stata appena sostituita da quella di Carol Danvers.
<< Così va meglio? Non è proprio il mio genere, ma devo ammettere che ha tutte le curve nei punti giusti >> commentò il mutaforma con la voce della donna, mentre dava un’occhiata al suo nuovo aspetto.
Il sangue di Peter cominciò a bollirgli nelle vene.
Come osava questo…questo…mostro a prendere le sembianze della donna che amava? A contaminare la sua immagine per un qualche contorto senso del divertimento.
<< Smettila! >> ringhiò a denti stretti, facendo un passo minaccioso in avanti. Ormai, la sua paura era stata completamente sostituita da uno spiccato sentimento di rabbia.
La creatura, tuttavia, si limitò a scrollare le spalle con aria apparentemente disinvolta.
<< Come vuoi >> disse con quel suo intramontabile sorriso, per poi assumere ancora una volta le sembianze di un pagliaccio. << Innanzitutto, permettimi di presentarmi! Io sono Pennywise, il clown ballerino! Ma puoi anche chiamarmi Mister Bob Gray. >>
Fece di nuovo segno a Peter di sedersi.
Inizialmente il ragazzo fu assai tentato di rifiutare l’offerta, ma dubitava fortemente che quella cosa lo avrebbe lasciato andare. Inoltre, non aveva ancora fatto alcun tentativo di attaccarlo. Forse questa si sarebbe rivelata un’ottima occasione per ottenere informazioni sul nemico.
Fece come richiesto dal clown e diede una rapida occhiata ai suoi dintorni: il parco era diventato completamente deserto. Era come se Peter fosse stato improvvisamente catapultato in una città fantasma! Mancavano solo una fitta coltre di nebbia e qualche spirito urlante.
Apparentemente soddisfatto dalla scelta del giovane, Pennywise indicò una zuccheriera. << Latte o biscotti? Prego, non fare complimenti, è tutta roba biologica, naturale al 100%! So bene quanto la tua generazione sia fissata su certe cose. >>
<< Sono a posto >> rispose Peter con tono impassibile, cercando di mantenere i nervi saldi. Dio, questa situazione era a dir poco surreale.
Il clown si strinse nelle spalle.
<< A ognuno il suo. Tanto meglio, ce ne sarà di più per me! >> esclamò con tono gioviale, mentre si portava una tazzina alle labbra. Fatto questo, rilasciò un sospiro esagerato.
 << Aaaaaah! Niente di meglio di un po’ di sangue di bambino per stimolare la circolazione >> disse con un ghigno rivolto a Peter.
Il volto dell’adolescente divenne improvvisamente pallido. La reazione sembrò divertire il pagliaccio, che scoppiò in una sonora risata.
<< AH AH! Sto scherzando, ragazzo mio, solo scherzando! Ecco, vedi? >> disse mentre gli mostrava l’interno della tazzina. << Bianco e lucido come il culetto di un neonato. Stavo solo cercando di sdrammatizzare la situazione. Perdona questo vecchio clown, a volte sono proprio incorreggibile. >>
<< Tu non sei un clown >> affermò Peter, scrutandolo con disgusto a mala pena celato.
Pennywise battè ambe le mani in un paio di sonori rintocchi. << Date un premio al detective! >>
<< Penso che tu sia nemmeno umano >>  continuò l’Avenger. << Sei un demone? O forse un alieno? >>
La creatura si portò un dito sotto il mento, come se stesse rimuginando sulla questione.
<< Un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, suppongo. O nessuno dei due. A grandi linee, dipende dai punti di vista >> disse dopo qualche attimo di silenzio. << Posso dirti che non sono di queste parti, ma sono cresciuto qui. Ormai mi considero un nativo. Potrei recitarti la Costituzione a memoria. >>
Peter deglutì a fatica, archiviando quelle informazioni per uso futuro. Se questa creatura faceva davvero parte del mondo dell’occulto…probabilmente sarebbe stato necessario chiedere l’aiuto di Strange.
<< Da dove vieni? >> chiese con tono apparentemente disinvolto.
<< Dallo spazio tra gli spazi >> rispose il clown, confondendo il vigilante.<< Non soffermarti troppo sulla questione, giovanotto. Credimi, non finirebbe bene per il tuo cervello. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, battè le mani una seconda volta. << Ma ora passiamo agli affari! Dunque, la prima cosa che volevo fare…era porgerti le mie scuse. >>
Per un attimo, Peter credette di aver sentito male.
<< S-scuse!? >> balbettò incredulo, ricevendo un cenno del capo da parte del pagliaccio.
<< Oh, assolutamente! Vedi, sono il primo ad ammettere che potrei essere stato un po’ troppo precipitoso nelle mie ultime azioni. >>
<< Troppo…precipitoso? Hai quasi ucciso il fratello di Carol! >> esclamò l’Avenger, il cui volto aveva ora assunto un’espressione che rasentava la collera più pura.
Pennywise rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Devi vederla dalla mia prospettiva, ragazzino. Siete entrati nel mio frigorifero e avete cominciato a mettere le vostre sporche mani dappertutto senza nemmeno chiedermi il permesso. Per non parlare della vostra deplorevole interruzione della mia ultima cena domenicale. Non si fanno certe cose, no, no! >> disse con il suo tono di voce cantilenante.
Peter strinse le mani in pugni serrati, facendo appello ad ogni oncia di forza che aveva in corpo per non attaccare quel mostro seduta stante.
<< Cena…domenicale? Stavi per assassinare un bambino! >> sibilò a denti stretti.
Pennywise schioccò la lingua con aria infastidita.
<< Assassinare? Che brutta parola >> borbottò quasi a se stesso. << È offensivo, ridicolo e falso. Io mangio per sopravvivere, tutto qui. E voi umani fate esattamente la stessa cosa, quando macellate i maiali o le mucche. Ecco, voi per me questo siete: bestiame. >>
<< Stai mentendo >> sbottò Peter, sorprendendo il pagliaccio. << La tua capacità di somigliare a qualcuno che non sei – o a qualcosa che non sei – ti garantisce la fiducia della gente. Avresti potuto scegliere molte altre persone…Invece, scegli quasi sempre i bambini.>>
La creatura si limitò a roteare gli occhi.
<< Sono il cibo più forte e più saporito! Non hai mai mangiato una fettina di vitella? O il fegato? Ecco, il concetto è più o meno lo stesso. >> affermò con tono di fatto.
Peter tornò a fissarlo con sospetto. << Che intendi con “più o meno”? >>
<< La carne non è certo quello di cui mi nutro >> rispose Pennywise con voce paziente. Sembrava quasi un insegnante che stava cercando di spiegare qualcosa di molto complicato ad un bambino particolarmente stupido.
Indicò se stesso e riprese:  << Quello che vedi davanti a te non è un corpo umano. Non possiede organi che hanno bisogno di proteine o sostentamento, è vuoto. Un semplice guscio che uso per spostarmi alla luce del giorno. >>
La mente di Peter sembrò bloccarsi. Questo…non era il suo corpo? Era solo un qualche tipo di proiezione? Ma durante il loro scontro era sembrato così reale!
Non per la prima volta da quando era iniziata quell’insolita conversazione, il vigilante si domandò quanto fosse realmente potente la creatura che aveva di fronte.
<< Io mi nutro delle loro anime…no, non è il termine corretto…forse “menti” è più appropriato >> continuò Pennywise, ignorando i pensieri dell’Avenger. << Io mi nutro delle loro paure. Delle loro ansie. Del loro dolore. Delle perdite, delle nascite, della gioia…tutto ciò di cui sono fatti. E i bambini sono anche quelli con le emozioni più forti. >>
<< Quindi i più saporiti >> completò Peter, con tono sconsolato.
Il pagliaccio lo indicò con un sorriso estatico.
<< Bingo! È piuttosto facile entrare nelle loro teste ed imitare i loro pensieri, specialmente le loro paure >> disse con un’altra scrollata di spalle.
Gli occhi del vigilante parvero illuminarsi di comprensione.
<< Come con Bachman. È così che lo controlli, non è vero? Prendendo la forma della sua paura >> sussurrò, mentre Pennywise prese a fissarlo con vivo interesse.
<< Sei molto intelligente, ragazzino. Dimmi, hai già incontrati altri esseri come me? >> chiese con un’inclinazione della testa. All’Avenger ricordò un gatto intento ad osservare qualcosa di bizzarro e invitante al tempo stesso: un nuovo tipo di preda.
Ignorando il brivido che gli attraversò la spina dorsale, prese un respiro profondo e disse:  << Non esattamente…ma ho familiarità con situazioni fuori dall’ordinario. >>
“ L’eufemismo del secolo” aggiunge mentalmente, pensando a tutte le cose folli di cui era stato testimone negli ultimi 8 anni.
Pennywise lo soppesò con lo sguardo per quasi un minuto buono.
Ancora una volta, il vigilante si ritrovò ad annegare nei pozzi gialli che aveva per occhi. Sembrava quasi che quel mostro stesse scrutando direttamente nella sua anima per carpirne i segreti più nascosto.
Se possibile, il sorriso grottesco sul volto del clown si fece più grande.
<< Splendido, assolutamente splendido! Ora capisco tutto. Sapevo che tu e la tua amichetta non foste umani ordinari! >> esclamò con tono gioviale. << Impedire la cancellazione dell’universo? Applaudo la vostra perseveranza! Inoltre, penso che dovrei ringraziarvi per aver fatto la guardia al mio mattatoio personale. Bravo cagnolino! >>
Il corpo di Peter si bloccò, mentre una realizzazione terrificante cominciò a farsi strada nel suo cervello. Gli aveva…gli aveva appena letto la mente?
<< Stai fuori dalla mia testa! >> sibilò a denti stretti. Si pentì all’istante di una simile azione.
Pennywise perse il suo sorriso e cominciò a fissare il ragazzo con un’espressione fredda e impassibile. Dio, sembrava ancora più spaventoso.
E in quel momento, Peter si sentì come un canarino di fronte ad un leone che non mangiava da giorni.
<< Hai una percezione esagerata della tua importanza >> disse il clown, dopo qualche attimo di silenzio. << Per uno come me, uno come te è…beh, immagina come ti sentiresti se un batterio si sedesse al tuo tavolo e cominciasse a infastidirti. >>
L’Avenger fu assai tentato di controbattere…ma si ritrovò incapace di farlo. Era letteralmente terrorizzato, non poteva nemmeno aprire bocca.
<< Questo è un piccolissimo pianeta. In un piccolissimo sistema solare…in una galassia che ha appena cominciato a usare i pannolini. Come avrai sicuramente capito, sono vecchio. Sono MOLTO vecchio. Quindi ti invito a contemplare l’idea di quanto io possa trovarti insignificante >> continuò la creatura, indicandolo.
Peter deglutì a fatica.
<< Allora perché sono seduto qui con te? Che cosa vuoi? >> domandò con esitazione.
Pennywise si limitò a scrollare le spalle una terza volta.
<< Un fastidio è pur sempre un fastidio. E non mi piace essere infastidito mentre mangio >> affermò senza vergogna, come se stesse solo discutendo del tempo. << Quindi offrirò a te e alla tua amica un accordo. Lasciate che finisca di riempire la dispensa…e vi lascerò in pace.>>
Il cuore di Peter mancò un battito.
<< Cosa? >> borbottò incredulo, ricevendo un ghigno agghiacciante da parte del clown.
<< Mi hai capito bene, bozo. Prenderò qualche altro bambino, prima di fare il mio lungo riposo. E voi potrete andarvene da questa città senza problemi e continuare a vivere, crescere, prosperare e godervi le vostre vite felici…fino a quando la vecchiaia non vi riporterà sottoterra. >> terminò con una voce molto più cavernosa, mostrando appena le grosse zanne che teneva nascoste dietro a quelle labbra rosso sangue.
Peter rimase in silenzio, fissando il clown per quello che sembrò un tempo interminabile.
Deglutì a fatica…e prese un respiro profondo. C’era solo una risposta che poteva dare di fronte ad un’offerta simile.
<< No >> disse freddamente, suscitando un guizzò di sorpresa nell’espressione del pagliaccio. << Non ti permetterò di fare del male a nessun altro. Puoi dire tutto quello che vuoi. Che per te siamo solo insetti, che fai quello che fai semplicemente per sopravvivere…io non me la bevo. Il modo con cui ridevi mentre quel bambino urlava terrorizzato…il tuo sorriso…tu…tu ti stavi godendo quel momento. >>
Strinse i pugni e si alzò di scatto, facendo cadere la sedia dietro di sé. << Tu provi piacere nel causare dolore, non è così? È vero, non ho mai incontrato un essere come te…ma so bene che cosa sei: un mostro. E per questo motivo…devi essere fermato. >>
Sì, non avrebbe mai potuto voltare le spalle ad una situazione del genere. Non era così che i suoi zii lo avevano cresciuto…e quello non era certo il tipo di persona che voleva diventare. Il tipo che guardava dall’altra parte, ignorando la sofferenza degli altri. E in cuor suo, sapeva che nemmeno Carol avrebbe mai permesso che quegli atti orribili continuassero indisrurbati.
La reazione del clown, tuttavia, non fu quella che si aspettava.
Pennywise cominciò a ridere. Prima lentamente, poi sempre più forte, fino a quando i suoi schiamazzi non riecheggiarono per tutta la lunghezza della piazza.
Dopo quasi un minuto buono, volse al ragazzo il suo terrificante sorriso.
<< Tu pensi di conoscermi? Ah! Non hai mai visto niente come me >> ringhiò attraverso le zanne. Al contempo, la figura del clown sembrò farsi più grande, quasi come se si stesse gonfiando.
Peter compì un passo all’indietro, mentre l’ombra del mostro cominciò a sovrastarlo.
 << Io sono l’Alpha e l’Omega. Sono il superpredatore tra i superpredatori! Io sono un divoratore di mondi e di bambini, eterno e immortale! >> esclamò il pagliaccio, accompagnato dal suono di tuoni e lampi. Pure il sole era sparito, ora coperta da cupe nubi cariche di pioggia.
Poi, la creatura indicò Peter, e questi si sentì scaraventato a terra da una forza invisibile.
<< E tu sei solo un ragazzino…con una maschera >> terminò, con gli occhi gialli che risplendevano nell’oscurità portato dall’imminente tempesta.
Vi fu un lampo improvviso e l’immensa figura del clown scomparve dalla piazza, come se non fosse mai stata lì in primo luogo. Il sole tornò a risplendere sulla cittadina di Harspwell.
Il parco, che fino a pochi minuti fa sembrava completamente deserto, tornò a riempirsi di persone.
Peter rimase fermo e immobile, steso a terra, incapace di muovere anche solo un muscolo. Il suo corpo stava tremando, pervaso da un incontrollabile senso di terrore.
Poi, lentamente, l’adolescente si alzò e cominciò a camminare. Sembrava quasi che fosse sul pilota automatico, non si fermò neppure quando colpì per errore la spalla di un passante e questi gli rifilò una sonora imprecazione.
Continuò a camminare con uno sguardo vuoto, fino a quando non si ritrovò di fronte a casa Danvers.
Fece per avviarsi verso il portico. Ma prima che potesse farlo, intravide la figura di Carol che attraversava i giardini dell’abitazione, diretta verso di lui.
Aveva lo sguardo abbassato a terra e le mani strette in pugni serrati.
Alzò la testa…e i suoi occhi incontrarono quelli di Peter, allargandosi appena per la sorpresa.
Entrambi gli Avengers rimasero semplicemente a fissarsi, come se fossero bloccati nel tempo.
Dopo quasi un minuto buono, Carol si avvicinò al ragazzo…e lo abbracciò. Peter non tentò nemmeno di allontanarsi e restituì il gesto. La strinse a sé con forza, bisognoso di sentire il calore familiare del suo corpo contro il proprio.
Poi, entrambi cominciarono a piangere. Era stata davvero una lunga giornata.
 
 
 
 
Boom!
Spero che vi sia piaciuto. Ho lavorato molto sul dialogo tra IT e Peter, spero di averlo reso grottesco e surreale al tempo stesso, con un pizzico di dark humor alla Pennywise.
Spero che qualcuno abbia colto la citazione a Supernatural.
Nel prossimo capitolo…torna il Predator! E avremo una bella rivelazione ;)
 
  
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