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Autore: Esca_    21/03/2020    1 recensioni
Hermione vide Joyce, se stessa, e un nuovo risvolto della sua vita, positivo o negativo che fosse. Holden.
Era pericoloso, lo sapeva, ma avrebbe potuto aiutarla ad andare avanti.
Andare oltre Ron e Michael, oltre tutto ciò che aveva scritto e che si portava dentro. Oltre tutto ciò che nemmeno lei sapeva di avere dentro di sé.
Nonostante tutto, però, era pur sempre Malfoy, serpe o furetto che fosse.
E lei, poi, era una Grifondoro come mai lo era stata prima. Fiera e testarda come sempre, mai disposta ad abbassare la testa.
Forse, però, questa volta sarebbe stata costretta a farlo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO XIII - BENEDETTE VENE

 

Un corvo nero e lucido lo guardava.
Seduto su una sedia, Draco ricambiava il suo sguardo e pensava fosse inquietante, per essere un corvo. Come era entrato in quella stanza?
Ma soprattutto, come ci era entrato lui?
Il corvo si avvicinò zampettando e gli si posò sulla gamba.
Stranamente, Draco non aveva paura.
Il corvo lo fissò e aprì la bocca.
«Draco.»
La voce di Hermione lo richiamava da qualche parte, dolce e decisa come lui la ricordava.
«Draco, ti prego.»
Il corvo continuava a chiamarlo e Draco lo fissava confuso.
«Cosa vuoi da me? Tu non sei Hermione, lasciami stare.»
«Draco, Draco, Draco, Draco!»

Draco spalancò gli occhi e boccheggiò.
Un attimo dopo, urlava a pieni polmoni.
Il dolore aveva invaso ogni cellula del suo corpo e la sua schiena sembrava pronta a spezzarsi.
Persino urlare gli faceva male, ma non riusciva a smettere.
La testa gli esplodeva e il cuore batteva all’impazzata ma, non sapeva come, era ancora vivo.
Lentamente, sfinito dopo pochi secondi di panico, Draco riprese contatto con la realtà.
Una voce lo chiamava per davvero e una mano stringeva la sua.
Riaprendo gli occhi, sentì il suo cuore perdere qualche battito. Hermione era lì accanto a lui, con la faccia preoccupata e la camicia sporca di sangue, troppo sangue per una persona sola.
Sbattendo furiosamente gli occhi, cercò di ignorare il dolore lancinante e si concentrò su di lei.
In realtà non sembrava davvero ferita, solo spaventata a morte.
«Draco, guardami. Sono io, Hermione.»
Con la fronte corrugata e le mani tese a stringere la sua camicia, non gli era mai sembrata così vera e così lontana dalla Caposcuola rigida e composta. In quel momento di dolore era grato di avere davanti a sé, per la prima vera volta, Hermione Granger. Ancora più del bacio in piscina, ancora più vera delle parole che lei gli
aveva regalato. L’unica cosa a confortarlo era quello sguardo, così puro e preoccupato, che gli diceva una volta per tutte che lui era solo Draco, non più Draco Malfoy.
Draco e basta.
Gli suonava così bene, poi. Poter dire alla gente di essere solo un ragazzo, niente di più. Non il bullo spaventato della scuola, né il figlio del Mangiamorte.
Ed Hermione era lì ad aiutarlo, in qualunque situazione si fossero cacciati per colpa di Bellatrix.
Al pensiero di sua zia, gli tornò in mente tutto, dritto come uno schiaffo.
Ormai abituato a quel dolore sordo in tutto il corpo, Draco si mosse, appoggiandosi lentamente ad Hermione. Un bosco fitto li circondava, con alberi così alti da bloccare
la luce. Il giorno stava finendo e loro si trovavano in mezzo al nulla, appoggiati al tronco di un albero, a chiedersi in che guaio fossero mai finiti.
Cercando di pensare lucidamente nonostante il dolore e il panico che aumentava sempre più, Draco spostò l’attenzione su loro due, sperando di trovare qualche indizio. Socchiudendo gli occhi, notò che i loro vestiti erano puliti, eccetto per il sangue su Hermione, e sembravano caduti dall’alto, poggiati in mezzo al verde come con delicatezza, senza sporcarsi di un minimo.
«Di chi è quel sangue?» le chiese con voce roca, sentendo la gola che bruciava.
«Tuo, Draco. Avevi un brutto taglio sulla spalla, ma credo guarirà presto.»
«Okay, adesso mi dici che ci facciamo in una foresta a quest’ora del giorno?»
«Prova a chiederlo a tua zia, magari lei saprà aiutarti.»
«Ah, bene, adesso è colpa mia se ho una zia fuori di testa che prova ad uccidermi da almeno due anni. Io ho provato a fermarti, idiota, ma qualcuno qui si sentiva troppo Grifondoro per ascoltarmi.»
Stizzito e dolorante, Draco cercò di alzarsi, dandosi dello stupido per quei pensieri su di lei e lasciando che il Serpeverde prendesse il sopravvento.
Hermione non era bella, non era nulla. Era solo una Grifondoro uguale agli altri.
Cadde pesantemente per terra dopo un goffo tentativo, madido di sudore e con la spalla che pulsava.
«Non ti sto incolpando di nulla, Malfoy. E non ti muovere, devo capire che incantesimo ti ha lanciato Bellatrix.»
Guardando ovunque ma non lei, Draco lasciò che Hermione gli aprisse la camicia per tastargli il petto. Con un sorrisetto sulle labbra, la osservò giocare all’infermiera, inconscia di quanto fosse fraintendibile quella situazione. Concentrata nel salvargli la vita, continuava a massaggiargli ogni punto scoperto e ad osservarlo, forse sperando che sentisse dolore.
«Mezzosangue, andiamo, non dirmi che facevi così anche con lo scimmione. Mi chiedo perché non ti abbia lasciata prima, se eri così pudica a letto.»
«L’ho lasciato io, lo sai benissimo. E poi non siamo mai arrivati a quel punto, non che sia affar tuo.»
Draco scoppiò a ridere, anche se il suo corpo gli urlava di smetterla per sopravvivere, mentre lei lo guardava stupefatta.
«Adesso si spiega tutto, Granger. Bene, abbiamo una verginella. E San Potter è stato santo per davvero, a quanto pare.»
«Sì, lo è stato.» sussurrò Hermione, premendo sul petto e strappandogli una smorfia di dolore.
«Quindi, adesso, ecco cosa succederà. Possiamo decidere di continuare a parlare qui della mia vita sessuale o della tua, così magari intanto continuo a schiacciarti le ferite finché non supplichi per il dolore, o possiamo capire in che punto ci troviamo e sperare che i Centauri ci vogliano bene.»
Come a rincarare la minaccia, tastò un punto dolorosamente vicino alla spalla ferita, strappandogli un urlo sommesso.
«Granger, dammi un’altra botta e ti strozzo. E poi i Centauri si trovano solo nella Foresta Proibita, ormai.»
Questa volta fu il turno di Hermione di sorridere con amarezza.
«Malfoy, tesoro, indovina un po’ dove ci troviamo.»
In quel momento, Draco si sentì gelare. La penombra imminente assunse un nuovo significato più tenebroso e oscuro. Ora, gli alberi altissimi gli toglievano il fiato ed Hermione, per colpa sua e di sua zia, era di nuovo in pericolo.
Fermi in quella situazione di stallo e con Draco troppo debole per camminare, i due rimasero a guardarsi attorno, studiando la radura in cui si trovavano.
Nonostante tutto, non riuscivano a pensare che a loro due.
Appoggiata al tronco di un albero e con lo sguardo rivolto ad un bruco che mangiava indisturbato, Hermione cercò di scendere a patti con la freddezza con cui lui l’aveva accolta dopo essersi svegliato.
Dal canto suo, Draco sapeva bene che entrambi erano tornati nelle loro vecchie vesti di nemici senza pensarci due volte, divisi fra il rosso e il verde delle loro casate. In tutti i loro tentativi di evitarsi, Hermione e Draco si guardarono per sbaglio, solo per distogliere in fretta lo sguardo, bruciati da quel contatto inaspettato.
A modo loro, entrambi si erano scoperti ad aver fatto dei passi indietro in quel rapporto così strano. La sera della piscina sembrava lontana anni luce da quella
situazione, così combattive e familiare da essere quasi dolorosa.
Hermione si sedette a terra, sospirando rumorosamente. Non aveva voglia di affrontare quell’ennesimo pericolo, non ora che con lei non c’era più Draco, ma solo Malfoy.
Non aveva voglia di parlargli né di controllargli la ferita.
Questa volta avrebbe lasciato a lui il primo passo. Era lui quello nel torto, dopotutto.
Quasi a malincuore, Draco si accorse di avvertire una fitta alla base dello stomaco, vedendo la sua ragazza così stanca per colpa sua.
La sua ragazza? No, la Mezzosangue.
Sbuffando a sua volta, si sistemò meglio sull’erba e digrignò i denti. Nuove scariche di dolore gli attraversavano il corpo e la ferita sanguinava di nuovo. Draco cercò di sbirciare sotto la fasciatura di fortuna con il braccio buono, tirandola con i denti pur di non chiedere l’aiuto della Mezzosangue.
Lo spirito Grifondoro non dormiva mai, però.
Ancora prima che entrambi se ne rendessero conto, Hermione era già lì a scostargli le mani e a slacciare il nodo stretto della fascia, impallidendo leggermente alla vista della ferita.
«Granger, togliti di dosso. Posso cavarmela benissimo da solo.»
«Sta’ fermo, idiota. Lascia fare a me.»
«Ma insomma, ti vuoi togliere? Non ho bisogno di nessuna infermiera Grifon…». Draco si interruppe bruscamente davanti alle venature viola che gli avevano invaso la spalla sinistra. Piccole e sottili, partivano dalla ferita e si andavano espandendo a vista d’occhio.
«E questo che diavolo è?» sussurrò quasi più a se stesso che a lei.
«Quella matta di tua zia ti ha lanciato una maledizione e ci ha bloccati nella Foresta Proibita, nel caso in cui lo avessi dimenticato. Adesso sta’ fermo e lasciami fare il mio lavoro, o domani ti ritroverai senza un braccio.»
Draco rimase in silenzio ad osservare i suoi movimenti. Deglutendo faticosamente, vide Hermione calma e concentrata togliergli con delicatezza la fasciatura e sorreggergli il braccio per non fargli male. La vide aggrottare le sopracciglia ed osservare i rivoletti viola sulla carne, affascinata e spaventata al tempo stesso.
Per l’ennesima volta da quando si era risvegliato, si ritrovò a pensare che era bellissima.
La vide sbuffare e spostare i capelli dagli occhi e lui alzò d’istinto la mano per bloccarglieli dietro le orecchie. La alzò quasi in trance, perso in qualche punto fra i suoi occhi e il suo naso, e la bloccò a metà strada per fingere di grattarsi la testa.
Sapeva che non le fosse sfuggito, ma per ora doveva mantenere le apparenze, almeno finché non avessero aggiustato le cose fra loro. Le abitudini erano dure a morire, però.
«Mi spieghi che hai da guardare?»
Hermione si interruppe per guardarlo brevemente negli occhi, non troppo, ma abbastanza per provocarle un brivido sulla schiena.
«Niente, Granger, controllo che non mi ammazzi.»
Draco spostò lo sguardo sulla ferita, osservando affascinato la delicatezza di quelle mani da infermiera. Mentre la vedeva provare unguenti nati dal nulla ed incantesimi silenziosi, avrebbe quasi detto che Hermione stesse sostenendo un esame.
Quando tornò sui suoi capelli, però, dovette ricredersi.
Durante gli esami era calma e concentrata perché sapeva cosa stava affrontando. In tutti quegli anni, i suoi capelli non erano mai diventati tanto selvaggi e aggrovigliati
come in quel momento, mentre faceva un tentativo dopo l’altro per salvarlo da quel veleno sconosciuto.
La guardò ancora una volta, ma con occhi diversi, con quelli che lei gli aveva tacitamente concesso e che adesso lo aiutavano a capirla. Adesso non vedeva più la studentessa alla prova, ma un’Hermione stanca e spossata, sopraffatta dall’aiuto che non riusciva a dare.
Per la seconda volta da quando la conosceva, mise di nuovo da parte quell’orgoglio duro come una roccia. Le prese una mano con la stessa delicatezza che lei aveva usato con lui e la guardò.
Lui aveva fatto il primo passo, adesso toccava a lei.
Hermione alzò lo sguardo, mostrandogli ancora una volta quegli occhi rivelatori e guardandolo per la prima volta.
Era di nuovo lì, Draco.
Poi, Hermione crollò.

  
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