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Autore: JoSeBach    22/03/2020    0 recensioni
*Attenzione: scena di suicidio nel primo capitolo!* (incompiuta)
Da quando Randall è precipitato in quelle rovine, Hershel non è più lo stesso: sembra vuoto, apatico, come se lui stesso stia affogando in quelle tenebre...
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Angela Ledore, Erik Ledore, Hershel Layton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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ERIK LEDORE POV

Il sole brucia la superficie del furgone e le sue interiora, la vernice chiara e le tele alle finestre inutili contro il caldo; il vento, sussurrando alle orecchie, si infiltra trasportando la sabbia, grattando i tessuti e l'attrezzatura.
Il viaggio verso le rovine per il deserto non è diverso dal solito, e come sempre i nuovi arrivati si lamentano delle condizioni impossibili, altri, che conoscono bene quanto saranno morbide le tasche e pieni i portafogli, ridanno senno e pace all'ambiente.

La Stella piano piano si alza, un'immagine lontana ma concreta di stupore sorge dentro di me, come se fosse la mia prima volta di fronte a tale visione.
Nonostante il caffè da poco offertomi da Philip, il gestore della spedizione, le palpebre sono pesanti, un'emicrania che non riesco a decifrare mi trapana la mente; la testa rimbalza a ogni salto delle ruote, le spalle unico sostegno fermo. Fortunatamente lo stomaco è abituato a questi balzi, anche se violenti, perciò mi concentro sul caos presente nel mio cervello. Chiudo gli occhi e prendo dei respiri profondi.
Ora l'immagine si fa più chiara, la sabbia si trasmuta in fuoco. Un nuovo Sole. La visione non mi turba, probabilmente è colpa del caldo, ma so, nel profondo, che questa si tratta solo di una debole scusa. Mi rassicuro dicendomi "è già successo, basta".

Mi concentro sulla stranezza maggiore, sulla preoccupante anomalia: l'assenza del signor Ascot, un uomo estremamente fedele alle sue abitudini e principi, anche nei momenti di più grande fragilità come questo. Non offre a nessuno i suoi sorrisi, ma almeno ci degnava della sua presenza.

Ma solo fino a oggi: come esatto spesso da egli, abbiamo raggiunto la sua villa puntuali, le lancette dettavano le quattro e mezza. Avanziamo lungo la via principale. Il giardino è ogni giorno sempre più incolto, come lo sono i vetri sporchi, gli angoli delle stanze, ora casa per i ragni, e le sedie immobili, ora ristoro per la polvere. Abbiamo bussato la porta principale e atteso quei pochi secondi che servono per permettere a un uomo sconvolto nell'animo da una simile perdita di scendere le scale e raggiungerci. Attendiamo... attendiamo... attendiamo ulteriormente. Nessuno apre. Ci siamo scambiati degli sguardi preoccupati, occhi che si dicono "starà ancora dormendo". Philip guarda il campanello, un pannello dorato e ignorato cela il meccanismo rovinato, i suoi danni irreversibili nonostante gli innumerevoli interventi. Prima che potessi fermarlo, l'unghia pigia disgustata il tasto appiccicoso, provocando una voce intasata di sporco e danni, gracchiante, trapanante e fastidiosa come un coro di cicale. I timpani rimangono sconvolti, il sonno calante traumatizzato: alcuni corrono le mani per le orecchie, altri per il cuore.
"Cazzo, Phil, fallo smettere!"
"Si è incastrato!"
L'altro, imbestialito, ha lanciato pedate contro la macchina infernale, un ultimo gemito indica la fine delle sue e nostre sofferenze. Solo ora ci siamo accorti della presenza che ci osserva dall'uscio, una presenza soprannaturale: mi commuovo di fronte alle sembianze del fantasma di Ea, le vesti ora fuori misura e i gioielli storti l'unica ancora che ha con questo mondo, gli occhi spiritati presentano delle borse spaventose, la postura curva e i capelli incolti dimostrano che non era prevista la sua apparizione. Il suo sguardo mi rapisce in una morsa di angoscia. "Padrona-"
"Dov'è Edward?" esige lei. La domanda rimane senza risposta. Al silenzio le sue pupille si dilatano, le mani le tremano. "Dov'è mio marito?!"
"Signora -- dice Philip -- non lo sappiamo, speravamo di trovarlo qui."
"Ma ha detto che sarebbe andato a cercarlo..." Apparentemente, il padrone le avrebbe detto che sarebbe partito alla ricerca, sostenendo che siamo un branco di incapaci.
La mancanza di vita sociale le ha fatto perdere un po' di tatto, decisamente non gradito dagli altri, tanto che i più esperti hanno calmato i novelli durante il viaggio, dicendo che "in fondo si tratta solo di una vecchia rimbambita".

Non è da Edward sparire nel cuore della notte: non aveva mai parlato di cercarlo da solo, già era stato difficile per Ea convincerlo ad assumere delle squadre di ricerca. Lui si era categoricamente rifiutato, dicendo, convintissimo, che Randall sarebbe tornato sulle proprie gambe e che non avrebbe speso un altro centesimo per lui. Sperava forse nella maturazione del padroncino, nel riconoscimento dell'autorità paterna?
Gli ci è voluta una sberla di Ea per poter riconoscere la scomparsa, a venticinque giorni dalla partenza.

è incredibile come sia cambiata anche Stansbury, che non si era mai mostrata così ostile nei confronti delle difficoltà: nel momento del bisogno, tutti hanno voltato le spalle, chi chiudendosi in casa con delle chiavi mai utilizzate, chi alzando i tacchi senza dire una parola di scuse. Sì, la partenza improvvisa di Layton mi ha non poco deluso, proprio quando volevo dimostrare la sua innocenza e chiedergli di aiutarmi nella ricerca...

Chiudo gli occhi, concentrandomi sul silenzio, finendo con il vedere le viscere della grotta, la gola che pare aver inghiottito il padroncino... Riesco a delineare perfettamente le ciocche rosse dietro i massi, le ragnatele coprirlo dalla polvere, gli occhiali frammentati e abbandonati, il liquido cremisi prolungare l'ombra dei capelli a terra, tutti soffocare di orrore--

"Erik? Erik!" mi scuote Philip, sorridendomi nervosamente. Nessuno è più a bordo, il sole non è troppo alto. Non è molto che dormo. "Ascoltami, lo so che hai a cuore questa ricerca, ma non puoi negare che sei esausto--"

"Sto bene, davvero." mi alzo, mostrando la mia lucidità, anche se le gambe indolenzite certo non aiutano.

"Veramente, Erik, non rispetti neanche più i turni di lavoro e vieni nelle rovine a spaccarti la schiena ogni santo giorno, non devi per forza nascondere la tua stanchezza." gli occhi sono molto preoccupati, ma non il mio animo.

"Non preoccuparti." Procedo verso l'ingresso di Akbadain. La nebbia onirica si dissipa completamente all'aura familiare delle rovine, il sole sorgere da Est una visione mistica che mi ruba il fiato. "E --aggiungo-- sappi che se non mi sento più in grado di procedere, ve lo dirò: l'ultima cosa che vorrei è essere un peso per voi." Accedo alle rovine.

Un sospiro rassegnato mi segue.

  
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