Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    22/03/2020    1 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il castello di Harrenhal
 
 - Lya, che cosa stai facendo? – chiese il bambino entrando nella stanza di sua sorella.
La ragazza, senza scomporsi e muovere un muscolo, aprì la bocca il minimo indispensabile per rispondere. – Meditazione.
Era seduta su un cuscino posizionato a terra, con le gambe nude incrociate, gli occhi chiusi e le mani morbidamente poggiate sulle ginocchia.
Benjen inclinò la testa e restò a fissarla per qualche secondo, rimanendo sulla soglia della porta. – Ma tu non sai neanche cos’è la meditazione – disse avvicinandosi di qualche passo.
- Benjen.
- Che c’è?
- Zitto.
A ciò, il bambino si mise seduto di fronte a lei.
Rimasero in silenzio fin quando la nave sulla quale si trovavano si esibì in uno dei suoi abituali barcollamenti che fece quasi tremare la stanza.
- Mi viene da vomitare.
Non voglio più stare su questa nave, sono stanco di avere sempre mal di mare.
E poi qui fa troppo caldo – si lamentò Benjen.
Lyanna aprì solo un occhio per guardarlo.
- Se nostra madre ci becca a parlare io sono finita e tu sei finito.
Benjen le rivolse un sorriso furbetto.
- Benjen.
- Che c’è?
Lyanna si arrese, sospirando e lasciandosi andare, poggiando la schiena contro il letto dietro di sé. – Non ce la faccio più neanche io.
Mi mancate, mi manca Ned, mi manchi tu, e mi manca persino quell’insopportabile di Brandon.
Mi manca anche casa.
Se esco da questa camera comincio a sudare, sudo sempre, continuamente, e mi fa schifo essere costantemente appiccicosa.
Odio il caldo e odio questo posto, anche se dobbiamo ancora mettere piede a terra.
E odio anche quel pallone gonfiato di un Baratheon.
- Ma lui stravede per te.
- Non me ne frega niente. Non mi piace.
Non voglio sposarmi, nostra madre lo sa benissimo.
Ringrazio i sette dèi di non essere nella sua stessa nave o non riuscirei a resistere alla tentazione di buttarlo in mare, anche se è il doppio di me.
Benjen sorrise e posò gli occhi fuori dalla finestra, verso il cielo rischiarato dai raggi del sole.
- Lya, credi che Willys si riprenderà? – chiese improvvisamente, riscuotendo sua sorella.
- Non lo so, Ben. Prego giorno e notte per lui.
Spero che gli dèi mi ascoltino, almeno in questo – rispose ella incupendosi.
- Credi che ci divertiremo ad Harrenhal?
- No, sarà una noia mortale, eccetto che per il torneo.
Dovremo metterci in ghingheri, dovrò indossare quegli scomodissimi abiti che non mi fanno respirare, e distruggermi i piedi con quegli strumenti di tortura, dovremo partecipare a banchetti su banchetti che dureranno ere, presentarci ad ogni famiglia di ogni casata invitata, alla famiglia reale e a quel decerebrato sanguinario che ha ancora la corona in testa per qualche assurdo motivo.
Ah, ma sono sicura che nostro padre trama qualcosa – rivelò la ragazza scattando in piedi mentre tentava inutilmente di farsi aria con la sua sottile vestaglia zuppa di sudore.
- Che cosa intendi? – le chiese Benjen alzandosi a sua volta.
- Intendo dire che conosco nostro padre, e so quando ci nasconde qualcosa, ma, soprattutto, caro il mio uragano, conosco il nostro fratello maggiore ancora meglio e dalla sua faccia a schiaffi ho captato dei segnali.
Succederà qualcosa di grosso! – gli disse quasi euforica, prendendolo per le mani e cominciando a saltellare in tondo.
- E se fosse qualcosa di brutto?
- Cosa mai ci potrebbe essere di tanto più grave del Re Folle al trono, Ben??
Almeno ci divertiremo un po’ nello scoprire gli intrighi che coinvolgono tutte le casate che sono state riunite ad Harrenhal per qualche misterioso motivo.
Ragione che non sarà più così misteriosa nel momento in cui indagheremo a riguardo.
Saremo impegnati, avremo qualcosa da fare di ben più entusiasmante del presentarci a dei soporiferi ed eterni banchetti nei quali verremo bellamente ignorati.
Potremmo approfittare di quei momenti per ficcare il naso da qualche parte.
Devo dirlo anche a Ned! – si rese conto Lyanna cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.
- Se nostra madre lo scoprisse, saresti in punizione a vita, Lya.
Non ti farebbe mai più parlare con noi e ti costringerebbe a comportarti come una lady ventiquattro ore su ventiquattro – la ammonì il bambino, dimostrando una coscienziosità che sorprese la giovane Stark.
A ciò, Lyanna si avvicinò a lui e si accovacciò, per guardarlo dal basso, sorridendogli raggiante e rassicurante. – Fidati di me, Ben.
Lo sai che so essere responsabile a modo mio.
Voglio scoprire quello che succede, e lo farò, perché se si tratta davvero di qualcosa di grande, voglio prenderne parte e combattere insieme agli altri.
Non mi abbasserò ad indossare sottane e corpetti per il resto della mia vita.
Nostra madre e nostro padre lo capiranno prima o poi.
Dovresti lottare anche tu per quello che vuoi, Benjen.
Se hai voglia di essere qualcuno di diverso da quello che gli altri ti impongono, devi opporti. Non lasciare mai che ti spingano a farti credere che il tuo dovere è anche il tuo volere. Non lo è quasi mai – gli disse lasciandogli un dolce bacio sulla fronte.
Dopo di che il più giovane dei fratelli Stark guardò sua sorella alzarsi e i suoi occhi si sgranarono totalmente non appena se la ritrovò in piedi dinnanzi a lui.
- Lyanna … - sussurrò fissandola impietrito all’altezza del bacino.
- Ben, che c’è? Che stai …? – chiese la ragazzina ammutolendosi un istante dopo, quando anche le sue iridi chiare si abbassarono sulle sue parti intime, trovando le sue brache corte macchiate di sangue, il quale le era sceso anche sino alle cosce nivee e magre.
Restarono in silenzio tombale, come se il solo fiatare potesse far affondare la nave, fin quando Benjen non urlò e Lyanna si unì a lui.
- Va’ via di qui!! Va’ via, Benjen!! – gli urlò correndo disperata, toccando il sangue che continuava a colarle e gridando più forte.
Il ragazzino si tappò gli occhi indietreggiando, fin quando non sbatté con la schiena contro la porta, la quale si aprì qualche istante dopo, lasciando che una terza presenza irrompesse nel caos della stanza.
- Per i sette inferi, che accidenti succede qui?? Lyanna?? – disse Brandon facendo per entrare, ma immobilizzandosi non appena mise a fuoco la scena che gli si parò dinnanzi.
Sua sorella aveva avuto il primo sangue, urlava e correva come fosse posseduta da un lupo selvaggio, mentre il suo fratellino era sdraiato a terra con gli occhi tappati, spaventato a morte.
Non seppe se ridere o piangere.
Nel dubbio, fece entrambe le cose.
 
- “Molto spesso l'anima può avere sul corpo altrui lo stesso potere che ha sul proprio corpo, come nel caso di chi attraverso l'influsso degli occhi attira un altro con lo sguardo.
Il potere dell'immaginazione può effettivamente trasformare i corpi estranei o dare l'impressione che essi si trasformano, nei casi in cui il potere dell'immaginazione è troppo sfrenato.
Il potere dell'immaginazione non va considerato come distinto da tutti gli altri poteri sensibili dell'uomo, poiché in un certo qual modo, esso li include tutti.
Attraverso tale influsso si può agire concretamente a livello mentale, pur in assenza di qualsivoglia trasformazione reale e corporale.
Le streghe utilizzano alcune strane immagini ed amuleti, che sono solite deporre sotto gli architravi delle porte delle case, o nei prati, dove pascola il bestiame o anche dove gli uomini si riuniscono e così lanciare incantesimi sulle loro vittime.
E dato che tali straordinari effetti possono derivare dall'uso di queste immagini sembra che la loro influenza sia paragonabile a quella degli astri sui corpi umani.
E non solo i corpi naturali sono influenzati dai corpi celesti ma anche i corpi artificiali.
E siccome i corpi naturali possono trarre addirittura beneficio da alcuni influenze dall'origine segreta, ma buona, anche gli organi artificiali possono ricevere una tale positiva influenza.
Un uomo con il potere della sua mente può cambiare un corpo materiale in un altro o può farlo passare dalla salute alla malattia e viceversa.
L'influsso della mente non può agire su una qualsiasi forma materiale tranne se non attraverso l'intervento di un intermediario …”. Da qui in poi non riesco più a tradurre … - interruppe la sua impegnata lettura il Principe Drago continuando a camminare placidamente avanti e indietro per la sala principale della biblioteca del castello di Harrenhal, totalmente vuota se non per la sua presenza e per quella di Arthur Dayne.
La Spada dell’Alba alzò gli occhi dal suo libro e li posò sul principe, scavallando la gamba stravaccata comodamente sopra uno dei tavoli.
- In che lingua è scritto? Basso o alto valyriano?
- Nessuno dei due – rispose distrattamente Rhaegar, sfogliando le pagine ancora assorto.
- Che altre lingue conosci oltre il valyriano? Il dothraki?? – scherzò il dorniano.
- Non conosco il dothraki così bene da riuscire a tradurvi un intero tomo. È una lingua antica. Una commistione di lingua comune, valyriano e qualcosa che non so ben identificare. Difatti alcuni punti sono davvero ostici da tradurre. Mi servirebbero carta e inchiostro, oltre a parecchie ore di calma ininterrotta. Ad ogni modo, questo tomo non mi è d’aiuto … contiene nozioni delle quali ero già in parte a conoscenza.
- Dothraki, basso valyriano, alto valyriano, andalo, l’anno scorso hai anche iniziato a studiare quella poltiglia informe di rune che caratterizza la lingua antica dei primi uomini … cos’è che ti manca? Vuoi metterti a imparare anche la lingua degli Estranei? Tanto ti manca solo quella – lo rimbeccò Arthur, particolarmente di buon umore e voglioso di infastidirlo quel pomeriggio.
- Skroth, Arthur, si chiama Skroth. Nomina correttamente i termini che ti metti in bocca – lo corresse il giovane principe, non curandosi del gesto con cui la sua guardia personale si stava dilettando, simulando l’azione di una lama che gli si conficcava in petto per disperazione.
- Dobbiamo rimanere qui dentro tutto il pomeriggio?
Lo sai che tuo padre ha chiesto di vederti ogni giorno, dal tuo arrivo qui, fino alla fine del torneo.
A ciò, il Principe Drago chiuse rumorosamente il tomo, facendolo piombare pesantemente sul lungo tavolo, arrestando la sua camminata e voltandosi verso il suo amico, con uno sguardo che Arthur classificò come uno di quelli che avrebbero fatto risorgere Balerion dalle sue ceneri senza fatica alcuna.
- Arthur.
- Sì, Rhaegar?
- Se non vuoi rimanere qui, perché non ci vai tu da mio padre? O magari non ti rintani in qualche bordello? Ho saputo che ce ne sono di notevoli giù, vicino al lago. O magari potresti provare con una bella cavalcata. O potresti accogliere le famiglie nobili al porto, dato che ne stanno arrivando sempre di più, ad ogni minuto che passa.
Oppure potresti esercitarti per il torneo, insomma, fare qualcosa che comprenda lo starmi a distanza e il non distrarmi con la tua voce molesta mentre faccio le mie ricerche.
- Oh, come mi mancavano queste crisi di furia maltrattenuta e sputatami addosso sottoforma di veleno!  È stato rigenerante!
Come vorrei che tutti avessero l’occasione di sperimentarle! Pagherei per vedere la piccola lady Whent passarti vicino e venire brutalmente aggredita dalle tue fauci fameliche!
- Arthur, sono serio.
- Anche io, mio principe – disse il dorniano balzando in piedi con uno scatto e raggiungendolo. – Sei evidentemente in pieno crollo emotivo ed è mio dovere supportarti.
Dimmi, è per caso colpa dei lord delle casate nobili che stanno scalpitando per incontrarti in concilio segreto, all’insaputa del re, per accordarsi sui termini del tradimento e della guerra che seguirà; o si tratta per caso della tua dolce moglie che, a metà gravidanza, si trova già in uno stato a dir poco semi morente; o della tua bellissima figlia che freme per trascorrere del tempo con il suo dispotico nonno sanguinario che la odia e che non ha mai l’occasione di vedere; per tuo padre che ha tanto premurosamente deciso di tenere tua madre e il tuo fratellino che non vedi da una vita lontani da te, facendoli restare ad Approdo, soli e chissà in quale stato; per la vipera beota che non fa altro che farsi notare e riconoscere ovunque vada anche qui; per l’eccessiva cordialità, premura e appiccicume che ti stanno mostrando i cortesi padroni di casa; o è per caso colpa nuovamente di tuo padre e della pazzia che ha totalmente inghiottito la sua mente, portandolo a divenire paranoico oltre i limiti dell’assurdo e a desiderare di starti attorno peggio di una mosca col miele?
Ma, d’altronde, a chi importa di tutto questo quando puoi trascorrere tutto il pomeriggio a crogiolarti nei tuoi amati tomi scritti in lingua antica, alimentandoti della tua insana ossessione ora dopo ora? Oh, per non parlare dell’aracnide! Sbaglio o il caro e fedelissimo lord Varys ha i suoi uccellini anche qui, incaricati di non perdersi neanche un tuo movimento?
Sei tu che hai voluto organizzare una dannata cospirazione, caro il mio Principe Drago! Ora devi accettarne tutte le conseguenze a testa alta! E sì, in tutto questo dovresti anche allenarti per il torneo, giusto per non fare una figura pietosa nel caso non dovessi vincere almeno una buona metà delle competizioni, considerato che tutti si aspettano che il tanto decantato Principe d’Argento dimostri la sua superiorità in ogni aspetto della vita terrena!
Sei consapevole che la maggior parte dei componenti di quelle casate nobili che incontrerai non ti hanno mai visto, ma hanno solamente sentito voci su voci, e per non smentirle dovrai indossare una delle tue migliori maschere dorate per ventiquattro ore al giorno? Non si azzarderanno mai ad unirsi anima e corpo ad una cospirazione contro la corona affidata a qualcuno che non ispiri loro la massima sicurezza, fiducia e stabilità.
- Ora sei sleale.
- Vuoi che chiami una delle ancelle per farti fare un massaggio rilassante? Giusto per scaricare un po’ di quella tensione che ti sta facendo ribollire le vene.
Rhaegar si passò i palmi delle mani sul viso, sfregandoselo fugacemente, abbandonandosi seduto su una sedia. – Non so se riuscirò a reggere tutto questo.
Arthur sospirò e gli si sedette di fronte. – Ce la farai. Ce la faremo insieme, lo sai bene.
Ma non capisco davvero perché ti ostini a perdere il tuo tempo qui dentro.
Cos’ha di tanto importante questa ulteriore ricerca che ti stai ostinando a fare?
Ormai hai avuto molte delle conferme di cui avevi bisogno.
È successo qualcosa in quella sala il giorno della tua nascita, d’accordo.
Non ha senso struggersi nello scoprire cosa e come sia accaduto.
Avevi ragione, questo è tutto quello che ti serve sapere.
Cos’altro stai cercando?
Rhaegar non gli avrebbe rivelato il contenuto di quegli incubi che tormentavano il suo sonno sempre più frequentemente oramai.
Sarebbe finito per impazzire, ne era certo.
Sarebbe finito per impazzire come suo padre.
E Arthur, il suo più caro amico, almeno lui avrebbe dovuto crederlo più lucido di quanto non fosse.
Era riuscito a tenerli nascosti ad Elia, nonostante sua moglie dormisse nel suo stesso letto ogni notte, poiché, quando si svegliava di soprassalto, era in grado di mantenere un controllo tale sulla sua mente, da imporsi automaticamente di calmarsi e di regolarizzare il respiro in meno di un secondo, prima che ella si svegliasse.
Se ce l’aveva fatta con Elia, ce l’avrebbe fatta anche con Arthur.
Ma capì di aver sbagliato i suoi calcoli quando il dorniano si sporse verso di lui con uno sguardo misto tra l’indagatorio e il profondamente allarmato, infiltrandosi tra tutte le corazze e le barriere che aveva innalzato per tenerlo a distanza.
- Rhaegar? Che cosa mi stai tenendo nascosto?
L’interpellato abbassò lo sguardo, impiegando un po’ per rispondere a quella domanda, sapendo che l’amico avrebbe atteso anche tutta la giornata per sapere cosa aveva da dire.
- Un’indovina ha profetizzato il mio futuro, quando avevo quindici anni.
È stata una delle volte in cui sono sgattaiolato via dalla Fortezza Rossa per camminare nei vicoli di Fondo delle Pulci incappucciato, per studiare la popolazione nei bassifondi, e regalare qualche moneta d’oro discretamente.
Una di quelle volte, sono stato condotto in una locanda, nella quale si trovava la dimora dell’indovina.
Mi ha predetto delle vicende che … inevitabilmente mi stanno perseguitando.
All’inizio non vi ho badato più di tanto, per i primi anni me ne ero persino dimenticato. Poi, da qualche tempo a questa parte, quei ricordi sono ritornati prepotentemente ad invadere la mia mente.
Il fuoco le ha parlato, Arthur. Il fuoco le ha parlato di me e le ha detto delle parole che, ora che ci penso, non mi sembrano neanche così bizzarre.
Per questo vorrei informarmi di più riguardo la divinazione.
Voglio capire se quella donna ha detto il vero o mi ha solo preso in giro, inventando quelle previsioni di sana pianta.
Sto cercando di autoconvincermi riguardo qualcosa che … - si bloccò, sorridendo amaramente, volgendo gli occhi chiari e lucidi altrove, verso la grande finestra che dava all’esterno.
Arthur rimase in silenzio per un po’, riflettendo, non muovendosi dalla sua posizione inquisitoria.
- Cosa ti ha fatto? Un incantesimo?
- No, Arthur. Mi sono già sottoposto ad incantesimi a causa della mia ossessione, perciò posso dire con certezza che quello non lo era.
Mi ha semplicemente chiesto qualcosa di mio, qualcosa che fosse stato a contatto con il mio corpo, per donarlo al fuoco.
- Come un capo d’abbigliamento?
- Mi ha preso il nastro che mi legava i capelli, lo ha buttato tra le fiamme, poi mi ha inchiodato al muro e i suoi occhi si sono rigirati all’indietro, l’iride completamente celata alla mia vista.
Poi ha parlato.
- Ora non facciamoci prendere la mano – affermò il dorniano ritornando con la schiena poggiata allo schienale della sedia. – Erano orribili presagi, da come mi hai fatto intendere.
- Per me sì, ma non erano genericamente funesti. Se il mio destino verrà compiuto, i sette regni prenderanno la strada prescelta dagli dèi. Ma io ho un ruolo in primo piano nella loro intelaiatura.
- Che cosa ti ha predetto quella donna, nel concreto? C’era qualcun altro, oltre te, compreso in questa profezia?
- Sì. Ha nominato una combattente. Una donna che condurrà i venti del Nord nella capitale.
- Per gli dèi, non poteva essere un po’ più specifica??
Improvvisamente, i due vennero interrotti dal rumore della porta colpita da delle nocche.
- Prego, entrate – disse il Principe Drago, esortando chiunque avesse bussato a farsi avanti, sperando con tutto se stesso che non si trattasse nuovamente di lord Whent.
Quando i due visualizzarono la figura di colui che si stava accingendo ad entrare, rimasero sorpresi.
Si trattava di un ragazzo adolescente, avvenente, dai capelli biondi, più scuri di quelli di Rhaegar, ma più chiari di quelli di Arthur, la pelle baciata dal sole, gli occhi smeraldini e degli eleganti abiti bianchi tirati a lucido.
- Guarda chi si rivede. Vi trovo in ottima forma, ser Jaime Lannister – disse la Spada dell’Alba sorridendo al ragazzino, il quale gli fece un cenno con il capo, si avvicinò e si esibì in un inchino.
- Mio principe.
Rhaegar sgranò gli occhi nel ritrovarlo molto più adulto rispetto a come lo ricordava cinque anni prima, quando aveva conosciuto lui e sua sorella Cersei alla Fortezza Rossa.
- Ser Jaime, che piacere rincontrarvi – gli rispose accennandogli un sorriso e alzandosi in piedi.
- Anche per me, maestà.
- Non abbiamo avuto occasione di vederci dal mio arrivo qui ad Harrenhal.
- Per la verità, io vi ho visto, altezza – precisò Jaime mostrando un riverente e sincero rispetto nel pronunciare quelle parole.
- Oh, beh, non abbiamo avuto modo di parlare, mi correggo.
Ma guardatevi. Siete cresciuto molto.
A Jaime venne quasi da sorridere nel sentire pronunciare quelle parole proprio dal principe, che lo guardava dall’alto.
- Quanto avete ora? Quindici anni?
- Sì, altezza.
- Ser Jaime è un cavaliere come pochi se ne trovano in giro oramai! Questo ragazzino ha tenuto testa ad un folle quanto letale spadaccino che io stesso ho fatto fatica a mettere fuori gioco – lo elogiò Arthur.
- Ho sentito parlare delle vostre gesta, ser Jaime.
Ho anche sentito che avete deciso di unirvi alla Guardia Reale – intervenne nuovamente il Principe Drago.
- Sì, mio principe.
Alla cerimonia d’apertura del torneo prenderò il Bianco – affermò con fierezza il ragazzo.
- Bene – gli rispose Rhaegar non riuscendo a nascondere in pieno un sorriso amaro. – Mio padre dovrebbe considerarsi fortunato a possedere un cavaliere del vostro calibro nella sua Guardia Reale.
Immagino sarete un ottimo avversario al torneo, dunque. Ho saputo che parteciperete.
- Non sarei in grado di eguagliarvi, altezza. Né voi, né la Spada dell’Alba – rispose abbassando lo sguardo.
- Oh, non dite sciocchezze! Se volete posso insegnarvi tutti i segreti utili per cogliere alla sprovvista il nostro drago qui presente durante un duello, tutti consigli che ve lo farebbero ritrovare col culo a terra e la vostra lama sul suo regale collo. Provare per credere – commentò Arthur.
A ciò, Jaime si concesse un lieve sorriso, per poi tornare a guardare il principe. – Spero di non avervi disturbato, altezza.
- Eravamo soli in una biblioteca grande quanto un quarto di questo castello. Cosa mai potreste aver interrotto? – lo provocò il dorniano, solo per lo smaliziato gusto di vederlo in difficoltà.
- Non statelo a sentire, ser Jaime.
Ad ogni modo, no, non ci avete disturbato. Prego, ditemi pure.
- Sono venuto per informarvi che vostro padre, il re, sta mobilitando tutto il castello per trovarvi e riferirvi di raggiungerlo.
Vorrebbe trascorrere del tempo con voi.
- Oh, ma davvero? Come mai ciò non mi sorprende? – non riuscì a fare a meno di commentare il dorniano risedendosi comodamente sulla sedia abbandonata poco prima, poggiando le gambe accavallate sul tavolino e prendendo risfogliare un libro.
- Potete tornare da mio padre e riferirgli che mi presenterò al suo cospetto solo quando sarò libero dai miei impegni. E avrò voglia di farlo.
Jaime sgranò gli occhi chiari, per poi accennare un sorriso, questa volta un po’ più a suo agio. – Consideratelo fatto, mio principe.
- Grazie, ser Jaime.
A ciò, il giovane Lannister fece un altro inchino e fece per voltarsi e raggiungere l’uscita, poco prima che il Targaryen lo richiamasse.
- Ah, ser Jaime.
- Sì, altezza?
- Per caso avete notizie di mia madre e di mio fratello? Vostro padre vi ha accennato qualcosa? O lo stesso Aerys li ha nominati in vostra presenza? – gli domandò, non nascondendo il suo tono moderatamente allarmato e il suo sguardo impaziente di carpire qualche informazione in più.
- Mi dispiace, mio principe.
Vorrei potervi dire di più, ma tutto ciò che so è che vostro padre ha categoricamente ordinato che rimanessero ad Approdo del re.
Mio padre, le poche volte in cui li ha nominati, mi ha detto che la regina e il principe Viserys stanno bene – rispose desolato di non avere null’altro da dirgli.
- D’accordo, grazie ancora, ser Jaime.
Ah, e un’altra cosa – gli disse facendoglisi più vicino, in un tentativo di annullare almeno di poco la reverenziale distanza imposta dai loro ranghi e dalla loro posizione.
- Non sarà facile.
Se posso darvi un consiglio, un consiglio da amico e da ragazzo che ha vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza a stretto contatto con il re, fate attenzione.
Se riuscirete a prendere tutto ciò nel modo giusto, malgrado tutto, sarete in grado di stargli accanto senza impazzire.
Questo è il consiglio più prezioso che mi sento di darvi – gli disse per poi riallontanarsi e permettergli di uscire dalla biblioteca.
Dal canto suo, Jaime rimase immobile per qualche secondo, come in attesa, continuando a guardare il principe, finché non si riscosse e riprese il suo atteggiamento di rispettoso distacco. – A presto, mio principe – si congedò, raggiungendo la porta e uscendo.
- Se il tuo scopo era spaventarlo, direi che ci sei riuscito.
 
 
Lyanna mise finalmente piede a terra, in quel luogo a lei sconosciuto.
Lei che non aveva mai lasciato il suo Nord per raggiungere mete lontane dalla sua vista, dai suoi occhi ancora ingenui, vivaci e impetuosi.
La giovane lupa non sapeva cosa l’attendeva, non avrebbe mai potuto.
Tutto ciò che le era dato sapere, era che il castello che scorgeva in lontananza, tanto decantato per la sua straordinaria imponenza, le sembrava troppo grigio e buio, persino per gli standard di Grande Inverno.
Lo strato di neve che copriva il terreno della sua casa anche durante le brevi estati le mancava già.
Pensò che avrebbe dovuto abituarsi velocemente alla mancanza di casa, poiché era il momento di crescere e di farlo in fretta, anche se era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
Ben presto sarebbe andata a vivere nella dimora del suo lord, non appena avrebbero celebrato le nozze.
Grande Inverno sarebbe diventato solamente un dolce ricordo dei suoi anni migliori.
Prese un profondo respiro pregno di quel caldo umido che le stava appiccicando la stoffa del lungo abito pregiato alle gambe, e i voluminosi capelli alle tempie.
Sì, quel luogo trasudava rovina, un elegante e portentosa fatiscenza che era in grado di atterrire quanto di ammaliare, in qualche modo contorto che non riuscì a metabolizzare.
- Finalmente ci rincontriamo, mia signora – quella voce roca e dai toni gravi la riscosse dalla contemplazione di quella terra massacrata. Si voltò e incontrò esattamente colui che non avrebbe voluto vedere.
La nave dei Baratheon seguiva la loro, perciò si aspettava che sarebbero approdati subito dopo. Tuttavia, inconsciamente aveva ricacciato quel pensiero fino a quel momento, quando la realtà si stava presentando prepotentemente ai suoi occhi di ghiaccio brinoso.
Non aveva avuto modo di prepararsi a quel rincontro.
Sapeva che moltissime ragazze erano inevitabilmente attratte dal giovane uomo dinnanzi a lei, intento a guardarla con gli occhi luminosi di chi ha appena posato lo sguardo su un prezioso corallo prelevato dagli abissi.
Non era certa di essere meritevole di quelle lusinghiere attenzioni, che non riusciva a ricambiare minimamente, nonostante ci avesse provato.
Robert Baratheon, il primogenito di lord Steffon Baratheon e di lady Cassana Estermont, era un ragazzo alto, bello, con un corpo possente, dei grandi occhi azzurri e folti capelli scuri e corti.
La mascella squadrata, i lineamenti fortemente virili e mascolini, la voce potente e l’atteggiamento di fiera e superba sicurezza di chi era certo di riuscire a piegare il mondo sotto il suo volere, fungevano da calamita per tutte le facili prede intrigate dalla prospettiva di una terra stabile sotto i piedi, di un pilastro indistruttibile al quale appoggiarsi.
Era sicuro di sé, Robert, era sicuro della sua forza, delle sue capacità e della sua eccellenza in tutti i campi in cui un uomo del suo rango avrebbe dovuto primeggiare, era sin troppo sicuro per i gusti della giovane lupa.
Difatti, una delle tante certezze che possedeva immotivatamente, era quella di essere ricambiato da lei.
Più Lyanna pensava al suo futuro con lui, a Capo Tempesta, maggiormente era invasa dal voltastomaco.
Non poteva farci nulla.
Sua madre le diceva che era solo questione di abitudine, e che per tutte le donne lo è, infondo; suo padre le ripeteva che l’amore nei confronti di una persona nasce con il tempo e con le difficoltà che si affrontano insieme, e che la passione bruciante e totalizzante di cui si sente talvolta parlare non è altro che una tossica invenzione, una favola raccontata ai ragazzini per infarcirli di sogni in grado di scaldare ciò che si ritrovano tra le gambe e nient’altro; Brandon le aveva detto che anche lui non era certo di amare Catelyn, la sua promessa, ma che non era affatto difficile farsela piacere, e magari il suo era davvero amore ma non era in grado di rendersene conto; Ned era il più criptico a riguardo, se ne usciva sempre con frasi di circostanza, quel tipo di frasi falsamente rassicuranti alle quali non credeva neanche lui; mentre Benjen, beh Benjen era ancora troppo piccolo per guardare una donna con sincero interesse e capire qualcosa riguardo la sua situazione.
Per questo Lyanna non sapeva come comportarsi, né se fosse sbagliata lei, se fosse solo colpa sua, o se parte della colpa era anche di Robert e del suo atteggiamento che, invece di sedurla, aveva un effetto totalmente contrario su di lei.
Certo, non avevano ancora avuto modo di trascorrere abbastanza tempo insieme.
Se davvero era una questione di abitudine, allora, forse, ci sarebbe davvero riuscita, vivendo con lui, trascorrendo la maggior parte delle giornate insieme, lui a cavalcare e ad impartire insegnamenti ai loro figli e lei a guardarlo dalla finestra mentre si occupava della casa.
Un altro conato di vomito misto ad una vertigine la colpirono ancora.
Come avrebbe potuto convivere una vita intera con un uomo che non le piaceva né esteriormente, né interiormente?
Anche il fattore dell’attrazione era un problema non irrilevante, oltretutto.
Sua madre le diceva che, con il tempo, certi impulsi avrebbe cominciato a sentirli anche lei, non appena le fosse venuto il suo primo sangue.
Ora il suo primo sangue l’aveva avuto, giusto pochi giorni prima, eppure non provava nulla vedendo Robert.
Non era possibile che una ragazza non fosse mai attratta da un uomo, non era possibile che una giovane lady non arrossisse dinnanzi agli sguardi insistenti di un giovane e affascinante lord.
Il solo pensiero di una carezza da parte di quelle grandi e calde mani sulla sua pelle, quasi la disgustava.
Sì, era lei ad essere sbagliata, era lei a non essere come le altre, ad essere troppo “maschio” come non facevano altro che ripeterle tutti.
Vedendo la sua assenza di reazione al baciamano che le aveva appena fatto, Robert si sporse lievemente verso di lei, sorridendole quasi incerto.
- Mia signora? Vi sentite bene? Avete trascorso buon viaggio?
- Oh – commentò Lyanna riscuotendosi dai suoi pensieri e facendo un impercettibile passo indietro. – Sì, grazie, milord. E voi? – gli domandò ricambiando la cortesia.
- Non c’è male. A parte il mal di mare, ovviamente.
Vi trovo in ottima forma, milady, come sempre – disse non riuscendo a fare a meno di far vagare i suoi avidi occhi chiari sul corpo fasciato dal vestito e snello ma già deliziosamente curvilineo della giovane lady.
- Anche voi – rispose ella distogliendo lo sguardo, cercando di celare il fastidio.
Dopo qualche attimo di silenzio di troppo, Robert riprese la parola.
- Vostro padre mi ha dato il permesso di scortarvi nei vostri alloggi, lady Lyanna. I vostri genitori e i vostri fratelli ci raggiungeranno dopo – le disse porgendole il braccio.
Alla prospettiva di trascorrere con Robert quei lunghissimi minuti che li distanziavano dagli alloggi condivisi dalle varie famiglie nobili giunte ad Harrenhal, deglutì a vuoto.
Rivolse uno sguardo quasi disperato verso i suoi fratelli distanti metri da lei, impegnati ad aiutare suo padre e la servitù a scaricare i bagagli e le armature, per poi ritornare a guardare il suo promesso. – Certo – disse facendo scivolare una mano leggera sotto l’avambraccio del Baratheon.
- Oh, Ned! – esclamò improvvisamente il giovane cervo sorridendo smagliante a qualcuno dietro di loro, qualcuno a lei decisamente familiare.
Accennò un sorriso nel voltarsi a guardare il suo fratello più caro, il quale li aveva appena raggiunti.
Non sapeva in nessun modo spiegarsi il motivo per il quale il suo promesso sembrava avere quella più che evidente predilezione proprio per Ned, tra tutti i suoi fratelli, nonostante fosse Brandon ad avere l’età più vicina alla sua, e benché Ned fosse in assoluto il più distante caratterialmente da lui, così taciturno, silenzioso, rispettoso e pacato.
No, Lyanna non sapeva proprio spiegarselo perché i due avessero legato e come mai gli occhi di Robert si illuminavano ogni volta che lo scorgevano in lontananza, ma, d’altronde, non sapeva nemmeno perché lei stessa, da sempre, fosse soggetta allo stesso incantesimo.
Forse era questa l’unica cosa che avevano in comune lei e Robert: l’amore disinteressato per Ned.
- È un piacere rivederti anche per me, Robert – ricambiò il saluto Ned accennandogli uno dei suoi rari e lievi sorrisi.
Dopo ciò, Robert le fece strada, incamminandosi verso gli accampamenti.
Camminarono per la città guardandosi intorno.
- Non è il massimo qui, vero? – le domandò improvvisamente il giovane cervo.
- Cosa?
- La dimora di lord Whent non è il massimo in cui trascorrere due settimane per un torneo. Capo Tempesta sarebbe stato decisamente più appropriato. Anche se la sede migliore in assoluto sarebbe stata di sicuro Approdo del re.
Se solo non fosse un folle e decrepito Targaryen a sedere sul trono di spade – disse non riuscendo a fare a meno di contenere le parole.
- Non dovreste parlare così del re dinnanzi al castello di Harrenhal – si sentì di ammonirlo Lyanna, voltando involontariamente lo sguardo verso la costruzione appena menzionata, non stancandosi di ammirarla silenziosamente come aveva fatto poco prima al porto.
A ciò, anche Robert portò gli occhi sul castello.
- Non trovate ingiusto anche questo?
Lord Walter Whent ospita nel suo enorme castello l’intera famiglia reale, il Re Folle e il tanto celebrato Principe d’Argento con la sua stirpe, mentre a noi componenti delle famiglie nobili più influenti dei sette regni rilega degli umili alloggi vicino al lago, con vista sul castello ovviamente.
Dannati reali e dannati i loro privilegi! – commentò scherzosamente Robert.
Ma Lyanna quasi non ascoltò le sue parole, continuando a guardare il castello senza alcun motivo particolare, con una malinconia nel cuore che non riuscì in alcun modo a spiegarsi.
 
 
 
   
 
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