Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    24/03/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non sempre basta lo stucco per riparare una crepa





Non aveva mai avuto problemi d’insonnia. Come assassino aveva dovuto imparare a farsi bastare anche solo un paio di ore di sonno a notte, o ad abolirle anche per giorni interi, ma da quando era diventato mamma la cosa gli pareva molto più complessa.
Guardò il soffitto esausto, disteso sul letto con le braccia spalancate ad occupare più spazio possibile. Di tutte le cose che non aveva voglia di fare, alzarsi in quel momento era la prima della lista, e ciò nonostante lo fece.
Uscì dalla camera da letto, massaggiandosi il collo  dolorante, scostando le dita quando sentì i segni di quel morso.
Sospirò, dandosi dello scemo e dirigendosi verso le scale per prendere Robin ma la voce di Koumei lo bloccò -Se cerchi tuo figlio ce l’ho io.-
Staccò la mano dal corrimano, girando su se stesso e raggiungendo il principe in cucina, prendendo il bambino che questi gli allungava.
-Si è svegliato mezz’ora fa insieme ad Hanako- spiegò pacatamente allungandosi verso la teiera e versando del te in due tazze, passandone una a Ja’far -L’ho cambiato, e penso che fra un po’ gli verrà fame.-
Ja’far annuì, reggendo il figlio con un braccio e la tazza di tè con l’altra mano.
-Anche oggi ore piccole.- commentò piatto, e il principe annuì con quella sua solita area esausta, più che giustificata per una volta.
-Sei particolarmente pallido questa mattina- replicò senza curarsi della forma, e Ja’far sospirò -Sto pensando di restare a casa oggi.-
-Niente lavoro?-
-Niente lavoro.- confermò. Come poteva lavorare in quello stato? Erano almeno tre giorni che non si lavava, in quel momento aveva decisamente un odore, e decisamente non era gradevole. Non che Koumei di fronte a lui fosse messo molto meglio.
Avevano delle occhiaie inguardabili, i capelli unti, la pelle di un insano colorito grigiognolo: pur essendo in tre non riuscivano a star dietro a due bambini.
-Judal?- chiese interrogativo Ja’far, e Koumei scosse il capo in un espressione d’incredibile mestizia.
Loro due in effetti se la passavano male, ma Judal era peggio. Dopo l’abbandono di Sinbad era scivolato in una orribile depressione post partum, per cui non parlava con nessuno e mangiava solo lo stretto indispensabile per il latte della figlia, ignorando anche le pesche decisamente invitanti che la stagione gli offriva.
Vagava per quell’enorme appartamento come un fantasma, senza mai, mai, mettere giù la bambina: che dovesse cucinare, lavarsi, andare a letto, qualunque cosa facesse non la mollava mai.
Lasciava che chiunque la guardasse, ma la culla comprata per la bambina due settimane prima non aveva ancora mai trovato un utilizzo.
Abbassò lo sguardo su Robin, intento ad allungare le manine verso la scollatura del suo abito. Ora della pappa, giustamente.
Tolse la maglietta buttandola di malagrazia sulla sedia accanto a lui, del tutto indifferente alla presenza di Koumei. Non che a quel punto avesse ancora poi molto da nascondere, in fondo.
L’unica cosa che in effetti celavano ancora era lo stato di Judal a quello che era il suo alpha, ma chissà quanto sarebbe potuto durare ancora, si chiese Ja’far.
-Non si sa nulla di Sinbad?-
Bella domanda. Sì, sapeva qualcosa di Sinbad. Che era un bastardo, ad esempio. Che continuava a lavorare come se nulla fosse, ed al contrario aveva pure avuto le palle di rompere i coglioni ai generali perché lui aveva smesso di consegnargli i documenti di persona.
Che andasse al diavolo, lo aveva giurato: se avesse fatto stronzate, lo avrebbe ucciso.
Ma non ne aveva il coraggio. Si era rammollito, tutto ciò che poteva fare era lasciarlo, e pregare in silenzio che Judal si riprendesse.
 


 
Tutti i giorni i generali passavano da loro.
Fin quando c’era stato solo Robin nonostante il pancione Judal aveva amato passeggiare per le vie della città, mentre adesso non lo avrebbe fatto per tutto l’oro del mondo, troppo spaventato dall’ignoro che le vie di Sindria rappresentavano.
Così gli otto generali erano diventati il loro unico legame con il mondo esterno. Ma non solo quello.
In effetti era un po’ uno scandalo che in tre non sapessero occuparsi di due bambini, Hinahoho si arrangiava con quattro… però davvero loro non ci riuscivano.
Oh, con Robin da solo non sarebbe stato poi così male, e in effetti di Hanako si occupava Judal tutto solo. Per quanto poteva.
Come se non bastasse la depressione post partum, la bambina non stava bene: mangiava sempre di gusto, ma vomitava poco dopo, piangeva tutta la notte e aveva coliche tremende che nemmeno la magia di Judal riusciva a placare completamente. “Nulla di grave, sta bene” ripeteva il pediatra, ed ogni volta che se ne andava Ja’far dava di matto, sfoggiando una lunga lista di insulti per quell’inutile cieco caprone corrotto e alcolizzato.
Hanako era un po’ un piccolo ricettacolo di problemi, eppure Judal la guardava sempre come se fosse la creatura più bella del mondo, senza mai separarsene. In effetti più che per affetto pareva farlo per non crollare a pezzi.
-I vestiti da lavare?-
Ja’far si riscosse dal torpore, sollevando la testa verso la giovane Imuchack, che a braccia tese aspettava il carico giornaliero.
Si alzò dalla sedia trascinandosi lentamente verso la camera da letto, seguito a breve distanza da Naname.
Quando Hinahoho aveva fatto loro quella proposta l’aveva bocciata categoricamente, ora ringraziava tutte le forze esistenti per l’aiuto che quei ragazzi fornivano: occuparsi di lavare, stirare, ordinare e così via, oltre che ai due bambini non era pensabile. Il patto fatto col padre era che avrebbero ricevuto una paghetta maggiore se solo si fossero occupati di pulire e rassettare, e mentre Sasanato si era rifiutato gli altri tre ragazzi avevano accettato volentieri.
Raccattò da terra i vestiti del giorno prima, buttandoli nella cesta preposta mentre Naname si occupava di rifare il letto. Era impressionante come praticamente non dormissero eppure distruggessero quotidianamente il lavoro certosino fatto dalle due ragazze…
Restò a fissare Naname raddrizzare velocemente le lenzuola, togliendo ogni piegolina con movimenti rapidi e precisi.  Rimase incantato, non riusciva più a staccare gli occhi da quel materasso gigantesco, morbido e fresco, quelle soffici lenzuola, quel cuscino che
-Sdraiati.-
-Come?-
-Dormi un po’. Io e Yuyuko staremo qui almeno per un oretta, i lavori da fare e i posti delle varie cose ormai li sappiamo, se i bambini avranno bisogno ci penseremo noi. Su, sdraiati.- disse accarezzando con una mano il materasso, e, sentendosi un po’ vile, Ja’far obbedì, buttandosi sul materasso e chiudendo gli occhi immediatamente. Certe opportunità non andavano perse.
 
 


-Non vuoi andare a riposare un po’ anche tu?-
Scosse lentamente il capo, soffiando un basso -Sto bene, ti ringrazio.-
In effetti per lui non dormire la notte non era strano, quelle occhiaie e la pelle grigiastra per la mancanza di sonno altro non erano che vecchie amiche, solo che a Sindria ovviamente non lo sapevano.
Spostò lo sguardo sul balcone, dove Judal sedeva tenendo in braccio la figlia, per una volta tanto placidamente addormentata.
-Metti i piatti da parte, poi li asciugo io.- disse alla ragazza passandole accanto senza ascoltare la sua replica, andando a sedersi accanto a Judal, fissando il cielo limpido e sereno senza dire una parola.
Era bella Sindria, Sinbad aveva fatto un’ottima scelta. Chiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra e godendosi il sole sulla pelle.
Era un posto così semplice, in cui vivevano persone tanto diverse da apparire incompatibili, eppure al contrario in quel clima persone opposte finivano per diventare complementari, cose abominevoli finivano per addolcirsi e in generale ad un primo sguardo pareva non poterci essere che gentilezza su quell’isola. Chissà cos’avrebbero detto di Kou, e chissà com’era dopo che lui se n’era andato…
-Mei, cosa vuoi?-
Aprì gli occhi, girando il capo alla sua destra per guardare Judal.
Cosa voleva? Bella domanda, ma avrebbe saputo rispondere, non con piena certezza?
Voleva che le cose si sistemassero, certo, ma in che modo? Non era così ingenuo da credere che potesse sempre bastare chiedere scusa per risolvere qualsiasi problema, ed in quel caso se anche Sinbad lo avesse fatto le cose non sarebbero magicamente andate a posto, perché in ogni caso la testolina della piccola era di un cangiante color rosso scuro.
Come la sua.
Scrollò le spalle, spostando lo sguardo dalla bambina di nuovo all’immensità del cielo.
-Che ne dici di volare un po’?- propose senza guardare il magi, concentrato su una nuvola solitaria nel tentativo di individuarci qualche figura, sapendo che infine avrebbe accettato, perché Judal amava fluttuare. O almeno un tempo di certo avrebbe accettato.
-Non adesso Mei. Se ci vedesse in giro per il cielo di Sindria, Sinbad potrebbe prenderla per una provocazione, lascia perdere.-
-Se ci teletrasportassi oltre le mura?-
-C’è la barriera di Yamuraiha, c’individuerebbero.-
-Forse Yamuraiha, ma dubito che andrà a fare la spia, su.-
Che dovesse essere lui quello energico e proattivo indicava che il mondo stava per finire, poco ma sicuro.
Si alzò lentamente, come i vecchietti, guardando la tunica che portava. Alla fin fine non era poi così male, era leggera e comoda, adatta per l’estate, e ora che legato alla cinta c’era il suo ventaglio si sentiva molto più a proprio agio.
Aprì un varco che li potesse condurre alla propria meta, allungando una mano verso Judal. Il magi lo guardò esitante, poi raccolse il proprio bastone da terra, alzandosi senza poter prendere la sua mano e attraversando il varco.
 

-Non trovi che qui ci sia un clima più gradevole?- domandò il principe, accarezzandosi sovrappensiero le lunghe corna, guardando in direzione di Judal con la coda dell’occhio.
Il magi stava buttando giù la pancia ad una velocità allucinante, ma non lo aveva mai visto messo peggio: non quando in calore implorava l’aiuto di chiunque, non quando lo avevano attaccato dopo la sua fuga, non nel momento del parto.
Aveva perso non solo la sua arroganza e l’insolenza, ma pareva che pure la voglia di battersi si fosse allontanata da lui. Non era interessato a cosa potesse capitargli, l’unica cosa che pareva essere degna della sua considerazione era Hanako, che guardava il mare con quei suoi enormi occhioni, curiosa.
Lentamente il magi scese di quota, seguito a breve distanza da Koumei, arrivando a pelo d’acqua, dove sporadici schizzi riuscivano talvolta a raggiungerli.
La piccola sembrava estasiata, continuava a puntare il mare con le paffute manine, desiderosa di raggiungerlo.
Judal sorrise, senza che nessuno potesse vederlo, alzandosi in piedi sul bastone, troppo sottile per una mossa del genere, senza comunque cadere, abbassandosi lentamente quei larghi pantaloni neri che per anni erano stati i suoi preferiti, poggiandoli a metà del costume.
Koumei lo guardò stranito, senza porre domande, mentre quello si risedette appoggiando la bambina alle proprie gambe e togliendo anche a lei la tutina.
-Judal è una scemenza, non farlo.- lo ammonì, ma quando mai il magi aveva ascoltato qualcuno?
Portò il bastone a pelo d’acqua, toccando la superficie increspata dalle unghie con un piede e poi scivolandoci dentro senza paura.
-Se si ammala poi che farai?-
Prima energico e propositivo, ora mamma chioccia: decisamente qualcosa non andava in lui quel giorno.
Judal lo ignorò, immergendo la bambina nell’acqua a poco a poco, inebriato dai suoi urletti eccitati e dal suo scalciare contento.
-Le si infradicerà il pannolino.-
Va bene che i panni li lavavano Naname e Yuyuko per loro, ma dargli lavoro in più così non era elegante.
Immersa quasi completamente nell’acqua, la piccola faceva smorfie di gran godimento, ancora incapace di sorridere,  battendo le braccia contenta.
Quando Judal sfilò le mani da sotto le ascelle della bimba a Koumei prese un colpo.
Si precipitò verso l’acqua per prenderla, ma Judal lo bloccò semplicemente alzando una mano, mostrandogli la piccola che con goffi movimenti delle gambette e delle corte braccia nuotava a rana con la testa beatamente immersa nell’acqua.
-Tirala fuori se ingoia acqua?-
Cazzo, sembrava veramente che la madre fosse lui.
-Non può, le ho lanciato un incantesimo apposta per questo.-
-È troppo presto perché nuoti, il sale potrebbe farle male alla pelle, e il nuoto non è consigliato prima dei tre mesi. Se prende freddo poi che facciamo?- proseguì imperterrito, per nulla intenzionato a calmarsi, così semplicemente Judal scelse d’ignorarlo.
-Judal. Parlo sul serio. Non le fa bene, andiamo, vomita tutto ciò che mangia e ha le coliche, se le aggiungi un mal di pancia da freddo o un raffreddore la ammazzi!-
Roteò le pupille senza alzare lo sguardo su Koumei, nuotando a fianco della bambina.
-Se arrivasse un mostro marino, o la pungesse una medusa, o magari fosse allergica a qualche alga?-
Stava diventando davvero ridicolo. Insomma, aveva vissuto in dell’acqua per gli ultimi novi mesi, mica in cima ad un monte dove la più grande pozza d’acqua che avesse mai visto era una pozzanghera!
-Judal tira fuori subito, è anche mia figlia cazzo!- urlò, e per la prima volta Judal smise d’ignorarlo.
Si fermò, allungando le braccia per riprendere la bambina, girandosi a guardarlo con tanto d’occhi.
-Come scusa?-
Koumei boccheggiò, preso in contropiede dalle sue stesse parole spostando ripetutamente lo sguardo da Judal alla piccola, ora molto impegnata a tirare l’orecchio della madre.
Fece un profondo respiro, ripristinando la calma e quel suo sguardo sempre un po’ annoiato -È anche mia figlia.- disse fissando Judal con serietà.
Per un attimo il magi restò paralizzato a fissarlo, poi richiamò a sé il bastone, salendoci e iniziando ad asciugare Hanako con la magia, senza degnarlo d’attenzione.
-Judal guardami.-
-Judal. Judal porca vacca- gli afferrò il mento, costringendolo a guardarlo -Non negare l’evidenza. È mia figlia-
 Il magi lo guardò con occhi inquisitori, poi scoppiò a ridere, con cattiveria, come ai vecchi tempi, quasi ribaltandosi dal bastone.
-Io negerei l’evidenza? Affatto, lo ammetto, è di sicuro figlia di un Ren, hai ragione, ma le probabilità che sia tua onestamente-
-Sono il 25%-
-Certo.- disse con una smorfia derisoria -forse il 2, se volgiamo andare larghi. Vuoi sapere di chi è figlia secondo me? Al 45% Kouen, un altro 45 per Kouha e forse 10 per Hakuryuu. Tua ne dubito proprio.-
-Perché, perché sono un omega?-
-Esatto.- disse con chiara sfida, gli occhi rossi carichi di gratuita cattiveria, come quando a 12 anni era un bambino arrabbiato col mondo.
-Non so chi sia il padre, e se vogliamo ingannarci dicendo che tutte le persone con cui ho scopato hanno le stesse possibilità di esserlo allora forse hai il 25, ma se vogliamo metterci dentro anche la frequenza, o magari dettagli più specifichi Kouha o se proprio Kouen. E se anche fosse cosa vuoi? Tu dov’eri quand’avevo bisogno di te? Non ci sei mai stato per me in tutti questi anni e ora vuoi esserci per lei? Vaffanculo, non ho bisogno di te, e nemmeno lei ne ha.-
Prese la bacchetta dal top, aprendo lui stesso un varco e tornando a palazzo, senza badare a Kikiriku, spalancando la porta della camera da letto infuriato. Guardò Ja’far dormire sereno come un bambino, sdraiato su un fianco, i capelli a coprirgli gli occhi, il respiro regolare.
Si buttò al suo fianco senza la minima delicatezza, trascinando la bambina con sé e seppellendo il naso nei suoi capelli.
Non aveva bisogno di altra gente che stesse con loro solo per pietà, se ne sarebbe andato e avrebbe trovato un lavoro e lui e la piccola avrebbero vissuto una vita serena. Fanculo Kou e qualsiasi alpha.
 
   
 
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