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Autore: Calia_Venustas    26/03/2020    3 recensioni
[IN PAUSA FINO AL PROSSIMO AGGIONAMENTO DI KHUX]
C'è qualcosa che il Maestro dei Maestri non può confessare a nessuno, nemmeno a Luxu. Qualcosa che se i suoi apprendisti dovessero scoprire metterebbe a repentaglio tutto quello in cui credono. Il Maestro sa di essere nel torto, ma sa anche di essere troppo orgoglioso per ammetterlo.
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Una storia sull'origine del Maestro dei Maestri e dei Veggenti sin dall'inizio del loro apprendistato fino all'epilogo di KH3. A partire dal capitolo 18 scorre in parallelo una seconda trama che ha per protagonisti Soggetto X e Luxu, ora nei panni di Xigbar, alle prese con i retroscena degli eventi successivi a Birth By Sleep.
[Coppie: Luxu/Ava, Luxu/Maestro dei Maestri, Invi/Ira, Ava/Gula, Soggetto X/Isa, Lauriam/Elrena]
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Organizzazione XIII, Vanitas, Ventus, Xigbar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Spoiler! | Contesto: Altro contesto, Più contesti
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Wellà, rieccomi! :-)
Torniamo alle prese con Xiggy e Skuld con la nostra eroina che comincia a ricordarsi robe piuttosto importanti. Adesso se solo Union Cross si decidesse ad andare avanti potrei anche scoprire se le mie previsioni per il salto temporale effettuato dagli Union Leaders sono giuste e finire i capitoli che ho abbozzato...
Con il passato del Maestro mi sono già presa fin troppe libertà ma per Skuld e gli altri Denti di Leone vorrei restare un pò più ligia al canon per quanto sia possibile. Probabilmente avrei dovuto posticipare anche il ritorno di Ava ma a forza di aspettare gli aggiornamenti mi sono rotta le scatole e così ho finito con l'inserirla in anticipo. Mi considero una persona molto paziente ma ho dei capitoli a rating rosso che aspettano di essere condivisi ormai da quasi un anno! >___>" (non vi spaventate, la storia non si trasformerà all'improvviso in un porno. Ma ci sono cose da cosare okay? XD)
A tal proposito chiedo un parere a voi cari lettori: preferite che i capitoli 'osè' vengano postati separatamente in una seconda storia con link vari ed eventuali oppure che io cambi il rating di questa fic per tenere tutto insieme? Sinceramente pensavo di optare per la prima opsione in modo da lasciare questa storia accessibile a tutti ma ditemi voi! Non saranno capitoli completamente privi di trama, ma niente che non si possa riassumere in poche righe.
Intanto godetevi un altro capitolo senza zozzerie!
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χ CHAIN OF MEMORIES χ


A dark congregation of familiar faces
gathered around the quiet earth.
A red rose fell upon the soft snow, 
prayers were whispered so slow from our mouths.
Our breath rose in the cold like a hundred souls escaping.
Save me, I am swallowed by the guilt of this,
you're gone, sleeping in the dust.
We will not let time erase us.
[Dark Congregation - The Hush Sound]



"Ventus…!"

Xigbar inarcò un sopracciglio. Tra tutte le persone di cui Skuld poteva ricordarsi in quel momento, proprio quella mammoletta di Ventus? 

La cosa non avrebbe dovuto stupirlo visto che era uno dei cinque Leader dei Denti di Leone… beh, più o meno… ma quel ragazzino non gli era mai piaciuto. 

E il fatto che i loro sentieri si fossero incrociati più volte nel corso dei secoli rendeva quella situazione ancora più frustrante. Skuld non l'avrebbe presa bene se avesse scoperto il ruolo centrale che lui aveva giocato nella tragica conclusione dell’avventura di Ventus e dei suoi due compagni, di questo era certo.

A dire il vero, non sapeva esattamente cosa fosse successo a Ventus e all’altra allieva di Eraqus, ma Xigbar non si era mai interessato più di tanto al loro destino, l’importante era che non gli stessero tra i piedi. Essere costretto a vedere la faccia di Terra ogni volta che Xemnas lo chiamava a rapporto, era più che sufficiente. Una parte di lui coglieva la sottile ironia di quella situazione e s’augurava che Perbias, ovunque fosse, si stesse facendo delle grasse risate nel vederlo prendere ordini da qualcuno con le sembianze della persona che l’aveva sfregiato.

Purtroppo lui in quel momento aveva fin troppe cose a cui pensare per potersi abbandonare all’autoironia e una di queste era proprio la ragazzina scossa e tremante che gli stava di fronte.

Skuld sbatté i pugni a terra, preda della frustrazione più profonda "Era… era importante, lo so! L'ho lasciato solo… quel bambino coi capelli biondi… e gli altri… maledizione! Non ricordo niente!"

Il Nessuno s'inginocchiò al suo fianco "Cerca di calmarti."

"Calmarmi?!" Lei sollevò la testa, fulminandolo con gli occhi arrossati dal pianto "Perché ogni giorno che passa succede qualcosa di orribile alle persone che amo?! Perché non posso mai fare niente per impedirlo? Isa, Lea, Tiana… e adesso questo?! Che ne è stato di Ventus, Braig?"

Lui sostenne il suo sguardo senza tradire la minima emozione. "Non lo so." Beh, non era esattamente una bugia. Se l’avesse saputo, l’avrebbe detto a Xemnas così che la piantasse di passare ore ed ore nella Camera che aveva fatto costruire in gran segreto all’interno del Castello che Non Esiste.

"Ma forse posso aiutare Tiana, se mi prometti di startene qui senza combinare casini.”

La ragazza  strinse le braccia al petto nel tentativo di regolarizzare i battiti del suo cuore "Ha a che fare con l'Organizzazione?" chiese, con un filo di voce.

"Nah, tutta colpa dell'Uomo-Ombra. Una cosetta da niente, a confronto. Posso gestirlo." rispose lui spicciolo, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei non si mosse, continuandolo a fissare con fare sospettoso.

"...e la aiuteresti soltanto perché é mia amica?"

Lui stirò le labbra.

"Cosa te ne viene, Braig?"

"Ho le mie ragioni, Stellina. E si da il caso che si allineino perfettamente con i tuoi interessi."

"Ha a che fare con quella donna, non è così?" 

"Oh. Ci hai visti, dunque."

"Chi è?"

"La mia ex." 

Skuld lo fissò basita. "Quella... era la Maestra Ava?!"

Stavolta fu lui a sorprendersi. Non le aveva mai detto come stavano le cose tra di loro, in effetti aveva sempre cercato di evitare l'argomento… il che, ripensandoci, era probabilmente il motivo per cui Skuld era giunta a quella conclusione. 

Ottocento anni di esperienza nel bluffare e nemmeno con il cuore ridotto ad una prugna avvizzita era in grado di tenere quei segretucci per sé!

Fortuna che la mocciosetta non lo avesse mai interrogato più di tanto sul conto del Maestro, altrimenti avrebbe scoperto della cotta che aveva per lui quando era ragazzo nel giro di cinque minuti. 

Certe volte si domandava se davvero fosse riuscito a metterci una pietra sopra o se fosse soltanto la loro prolungata separazione ad aiutarlo a non pensarci troppo su.

Del resto non si dice forse 'occhio non vede, cuore non duole'? Di sicuro quell’espressione non s’applicava ad Ava. Anche senza vederla, non era mai davvero riuscito ad allontanarla dai suoi pensieri.

"Sì. E’ complicato. Ma non è questo il momento di discuterne. Lo vuoi il mio aiuto sì o no?"

La ragazza abbassò lo sguardo "Vorrei potermi fidare di te..."

"Non farlo, sarebbe una pessima idea." Sogghignò lui. "In ogni caso non posso permettere che l'universo venga privato dei bigné di Tiana. Sarebbe un crimine orrendo." così detto, Xigbar le fece l'occhiolino. O meglio, quanto di più simile ad un occhiolino un guercio come lui fosse in grado di replicare e, volente o nolente, Skuld si scoprì a sorridere. Per quanto tenesse a Tiana, Charlotte e agli altri amici che si era fatta a New Orleans, Skuld sapeva bene che il suo posto non era in mezzo a loro ma con gli altri custodi del Keyblade, ovunque essi fossero. Ma per il momento Braig era il solo legame tangibile che aveva col suo passato e perciò, che le piacesse o meno, aveva bisogno di lui.

Inoltre, sarebbe stato insincero da parte sua dire che non si fosse affezionata almeno un pò a quel brontolone

"Fai del tuo peggio." Gli accordò il permesso, traendo un sospiro rassegnato.

"Puoi contarci. Tu adesso mettiti qui tranquilla e non combinare guai, intesi? Sul retro c’è una branda se vuoi stenderti e delle provviste. Tornerò appena possibile, poi c’inventeremo qualcosa per far perdere all’Organizzazione le tue tracce."

“Come hanno fatto a trovarmi, esattamente?” lo interrogò lei, decidendosi finalmente ad accettare la sua mano per tirarsi su.

“Colpa di Vexen e delle sue diavolerie. Ha una macchina che gli permette di monitorare il flusso dei cuori liberati dal Keyblade. Una specie di radar, per intenderci.”

“Vexen…?” gli fece eco lei, ma prima che il Nessuno potesse spiegarsi, la ragazza fece due più due “Oh, parli di Even, non è così? Dovrei sentirmi lusingata dal fatto che quello scienziato da strapazzo non si sia ancora arreso?”

Xigbar si strinse nelle spalle. “Ogni volta che sconfiggi un Heartless con il Keyblade, l’uccisione viene registrata. E’ così che l’Organizzazione traccia i movimenti dei custodi. Lo spicinìo di Heartless che hai fatto a casa LaBouff non passerà inosservato, te l’assicuro. Ricordatelo per la prossima volta, okay? Niente più massacri sconsiderati per te, signorinella.”

Il Nessuno svanì attraverso l'ennesimo Portale Oscuro dopo averle dato una pacca giocosa sulla spalla e Skuld si trovò di nuovo sola nell'abitacolo della Gummiship.

Il velivolo era parcheggiato in una grotta sulla superficie inospitale di un enorme asteroide ghiacciato nel bel mezzo dello spazio oscuro. Il nascondiglio ideale per Soggetto X e l'enigmatica Scatola Nera.

Se guardava fuori dall'oblò, poteva scorgere le miriadi di mondi e frammenti di comete che colmavano l'oscurità viola-arancio. Sembrava impossibile che lei e Xigbar avessero appena attraversato quell'immensità nel giro di pochi istanti e che lui si trovasse già dall’altro capo della galassia.

La ragazza entrò nella stiva e, presa una coperta dall'armadietto si sedette sul divano stinto e consumato che s'affacciava sull'oblò posteriore. Le vecchie molle squittirono sotto il suo peso mentre la ragazza, ancora nel suo anacronistico abito da charleston, si rannicchiava contro lo schienale avvolgendosi nella coperta.

Il flusso dei suoi pensieri era come un animale scalpitante lanciato in corsa. Qualcosa che era stato tenuto in gabbia così a lungo che alla prima occasione s'era dato alla fuga, sparpagliando i suoi ricordi in tutte le direzioni.

Chiuse gli occhi, cercando di mettere ordine nella sua testa ed ammansire nuovamente quella creatura spaventata, riallacciando uno ad uno gli anelli di quella catena spezzata.

La prima cosa su cui riuscì a focalizzarsi fu il visino spaurito di Ventus. Il bambino era più basso di lei di una buona dozzina di centimetri, con gli occhi grandi e la voce sottile. Sorrideva sempre, o almeno era così che lo ricordava in quel frammento di memoria che l’aveva sopraffatta tutto ad un tratto soltanto pochi minuti prima.

Chissà perchè scoprire che 'Skuld' fosse il suo vero nome le aveva riportato alla memoria proprio il suo viso. C'erano altre persone nel suo passato sbiadito, come il ragazzo coi capelli bianchi e gli occhi blu, la veste cerulea e la maschera d'argento della Maestra Invi… ma in quel momento Ventus era il solo che riuscisse a mettere a fuoco.

Skuld chiuse gli occhi, stringendo le ginocchia velate dai collant contro il petto e cercò di richiamare a sé quella visione. Dopo i primi minuti di smarrimento, iniziò a mettere a fuoco i contorni sfocati di quel ricordo. Sentì il pizzicore della brezza sulla pelle, il rumore dei suoi passi sul ponticello lastricato che scavalcava il fiume al di sotto della Torre Meccanica. Guardò verso l’alto, seguendo il pigro oscillare dell’enorme pendolo sospeso tra le due guglie.

La città dell’alba e del principio, dove tutto era cominciato...  e dove la sua vecchia vita s’era interrotta.

"Sembra proprio che possa nevicare anche in questo mondo-data."

Skuld trasalì, spostando lo sguardo dal cielo gravido di nubi sul ragazzino che le stava a fianco.

"Già. Mi chiedo se stia nevicando anche nella vera Auropoli." Le parole le uscirono di bocca senza che lei ne comprendesse veramente il significato. La Skuld di allora e quella che viveva nel presente erano tornate tutto ad un tratto ad essere una, le loro menti sovrapposte così come i loro sensi.

Una fresca spolverata di neve aveva iniziato a cadere.

Lui annuì, un po’ insicuro "Immagino sia così. Dove sono gli altri?”

“Brain ed Ephemer stanno cercando un modo di tornare al mondo reale. E Lauriam è ancora in cerca di sua sorella.” Ancora una volta, la sua voce pronunciò parole e nomi che non le appartenevano più, ma Skuld li impresse a fuoco nella sua memoria, cercando di rimettere insieme i pezzi. Le quattro figure del suo unico ricordo, il solo che non l’aveva mai abbandonata… avevano finalmente un nome!

Ephemer, con la sua vistosa sciarpa rossa e i capelli argento, sempre pronto all’azione, sempre alla ricerca della verità…

Brain era poco più che una silhouette illuminata dalla luce vibrante dei mille schermi della Sala di Controllo, il cappello abbassato sugli occhi, le dita agili che volavano sulla tastiera…

Lauriam lo ricordava invece alle prese con pozioni ed alambicchi mentre seguiva diligentemente le istruzioni all’interno del libricino verde che anche lei possedeva. Cristalli e fiori sminuzzati nelle ampolle per creare una miriade di amichevoli creature che oltre ai Chirithy, accompagnavano i giovani custodi del Keyblade nelle loro avventure…

E poi infine ecco Ventus, il più piccolo del quintetto, poco più che un bambino smarrito determinato però a fare la sua parte, certo che i suoi amici avrebbero fatto la cosa giusta.

“Cosa dovremo fare noi, allora?”

Skuld si appoggiò contro il parapetto del ponte, guardando i fiocchi di neve sciogliersi a contatto con l’acqua che scorreva lenta sotto di lei “Non lo so…”

Ventus le corse a fianco, rivolgendole un sorrisone ampio e caloroso “Perché intanto non facciamo un pupazzo di neve, Skuld?”

La ragazza si voltò nella sua direzione, sorpresa da quella proposta. Avevano avuto così tante cose a cui pensare da quando erano stati scelti per diventare i nuovi Leader delle Unioni e prendere il posto dei Veggenti, che aveva quasi dimenticato cosa significasse comportarsi come una normale adolescente.

“Mi sembra un’ottima idea.” rispose contagiata dall’entusiasmo del più giovane.

“Pensi che anche gli altri si siano accorti che sta nevicando? Brain se ne sta sempre chiuso nella sala di controllo…” proseguì Ventus, balzando a sedere sulla ringhiera.

Lei rise “Dovremo dirglielo. Anche loro hanno bisogno di distrarsi un pò.”

“Sì!” esclamò eccitato “Facciamo qualcosa tutti insieme! Una battaglia di palle di neve, magar-”

Prima ancora che il ragazzino potesse concludere la frase, uno sbuffo di fumo azzurro li fece sobbalzare entrambi mentre un curioso Chirithy con indosso un minuscolo paio di stivali ed un cappello piumato apparve in equilibrio sul corrimano ricoperto da un leggero strato di neve. Quel cappello aveva qualcosa di fin troppo familiare.

“Oh! Eccoti qua, ti ho cercato in tutta la torre!” esclamò il pupazzetto, rassettando il colletto del buffo mantello rosso e nero “Mi manda Brain! Vorrebbe parlare con te, Ventus.”

Sembrava proprio che giocare nella neve avrebbe dovuto aspettare ancora un pò...

“Con me?” indagò perplesso il ragazzo biondo “Sei sicuro?”

“Eccerto che sì!” ribatté il Chirithy, piantandosi le zampette bianche sui fianchi “Brain dice che è importante e che devi venire subito!”

“Andiamo. Magari ha scoperto qualcosa.” annuì Skuld staccandosi dal parapetto e facendo per incamminarsi verso la torre insieme a Ventus.

“H-hey! Non da quella parte!” strepitò il pupazzo saltellandoli davanti per fermarli “E poi la vostra presenza non è richiesta, signorina!”

I due Leader si scambiarono un’occhiata perplessa. Ogni volta che c’era qualcosa da discutere, l’avevano sempre fatto tutti e cinque insieme. Ephemer, che era stato eletto capo del gruppo, insisteva che non dovessero esserci segreti tra di loro e che restare uniti era il solo modo in cui sarebbero riusciti a gestire una situazione così delicata che caricava di così tanta responsabilità le loro giovani spalle. Del resto, era stata la Maestra Ava a scegliere Ephemer per primo e nessuno, fino ad allora, aveva mai messo in discussione il suo giudizio.

Per questo motivo, la richiesta di quel curioso Chirithy insospettì Skuld non poco. “Non se ne parla.” lo interruppe freddamente “Vengo anch’io.”

“Ma… signorina!”

“Niente ma.” insistette lei, risoluta “Dov’è che Brain vuole incontrare Ven?”

Il Chirithy scosse la testolina con fare sconsolato, rendendosi bene conto che non sarebbe riuscito a far cambiare idea alla ragazza “D’accordo, d’accordo! Venite, da questa parte.” si arrese, saltellando nella direzione opposta alla Torre, verso la strada principale.

“Dov’è che andiamo?” gli chiese Ventus, correndogli appresso seguito a ruota da Skuld.

“Sulla collina!”

Skuld si accigliò. Quello era il luogo dove altre volte lei ed Ephemer si erano trovati a parlare tra loro e con la Maestra Ava. Era un posticino tranquillo a pochi minuti di cammino dalla periferia di Auropoli dove i custodi si recavano per mangiare il gelato in compagnia e godersi il tramonto o i fuochi d’artificio di fine anno. Non era esattamente appartato o segreto in alcun modo, fatto che rendeva ancora più sospetta quella strana richiesta da parte del Chirithy.

Il ricordo di Skuld s’interruppe bruscamente mentre lei e Ventus inseguivano la creaturina saltellante nel dedalo di strade tortuose che conduceva fuori città e la ragazza si trovò nuovamente nel presente, raggomitolata sul divanetto a pochi passi dalla misteriosa Scatola Nera che se ne stava a prendere polvere nella stiva della Gummiship di Braig.

Frustrata, cercò disperatamente di richiamare quei momenti. Voleva sapere che cosa Brain avesse da dire di così tanto importante a Ventus, voleva rivedere Ephemer, Lauriam…

Anche se i suoi ricordi erano frammentati, sapeva che quei ragazzi erano importanti per lei, che erano stati al suo fianco nel momento del bisogno proprio come avevano fatto Lea ed Isa eppure Skuld non poteva fare niente per loro. Non sapeva dove fossero, né tantomeno se come lei avessero viaggiato avanti nel tempo… Per quanto ne sapeva, potevano essere tutti morti. 

O chiusi in qualche cella alla mercè dell’ennesimo scienziato pazzo. Potevano aver viaggiato nel tempo ma essersi svegliati secoli e secoli prima del suo arrivo a Giardino Radioso o perché no, persino nel futuro.

Quei pensieri la raggelarono fino alle ossa, facendola sentire ancora più persa e sola di prima. C’erano così tante incognite che a malapena riusciva a dare un filo logico alle sue congetture.

Ma…

Ma la Maestra Ava era tornata.

E se c’era qualcuno al mondo in grado di darle le risposte di cui aveva bisogno, quel qualcuno era certamente colei che per prima l’aveva reclutata nei Denti di Leone. Ma anche questo, secondo Braig, era stato fatto su ordine del suo elusivo Maestro. Era stato lui ad incaricare Ava di mettere in salvo un gruppo selezionato di custodi e di investire Skuld e i suoi quattro compagni del ruolo di Leader. 

Qualsiasi sentiero cercasse di percorrere a ritroso nella sua memoria, tutto si ricollegava, sempre e comunque, a lui.

Ma che razza di uomo avrebbe usato le vite di un gruppo di bambini alla stregua di pedine sacrificabili?

E perché, se davvero era una sola persona a muovere i pezzi sulla scacchiera, i risultati erano così imprevedibili e sconclusionati? V’era crudeltà o inettitudine alla radice di tutto quel caos, di tutte quelle vite spezzate e amici strappati gli uni all’abbraccio degli altri e sparpagliati per i mondi senza alcuno scrupolo?

Diamine, avrebbe dato qualsiasi cosa per poterne dire quattro a questo cosiddetto ‘Maestro’!

Eppure Braig si fidava di lui. E sebbene Skuld non se la sentisse di considerarlo come la persona moralmente più integerrima che avesse mai incontrato, di una cosa era sicura: Braig non era stupido. Né qualcuno che si lasciava impressionare o manipolare facilmente.

Doveva esserci qualcosa che non le aveva mai detto riguardo al Maestro, un motivo per cui non solo lui, ma anche Ava, Invi e gli altri Veggenti avessero sempre seguito i suoi ordini senza esitazione alcuna. Qualcosa che andava ben oltre il fatto che fosse in grado di predirre il futuro.

E se lei s’augurava di tutto cuore di potersi fidare di Braig, allora doveva sperare anche che la fiducia che quest’ultimo aveva nel proprio mentore fosse ben riposta.

 

°°°

Il ritorno di Xigbar a casa LaBouff fu accolto da un silenzio a dir poco straniante se paragonato al clima di festa che vi regnava soltanto qualche ora prima.

Tutti gli invitati se ne erano andati e le luci del giardino erano spente, i tavoli rimasti ancora in piedi erano stati lasciati così com’erano, con le pietanze a raffreddarsi sotto il gelido sguardo della luna. Un pò ovunque v’erano i segni di una fuga precipitosa, come impronte di scarpe col tacco lasciate sull’erba umida, soprabiti abbandonati sulle sedie, piatti e festoni strappati sparsi un po’ ovunque.

La porta di casa era sbarrata e tutte le finestre erano chiuse, ma era chiaro che all’interno vi fossero ancora le luci accese. 

Senza curarsi di cambiarsi d’abito, Xigbar raggiunse il porticato guardandosi intorno con circospezione. Quasi s’aspettava di trovare l’intera Organizzazione lì ad aspettarlo al varco ma non sembrava esserci nessuno nei paraggi ad eccezione della cagnolona di Charlotte che gli corse incontro trotterellando e sporcandogli di bava l’orlo della cappa nera in cerca di una carezza.

Il Nessuno la scostò con la punta dello stivale “Sta giù Stella, da brava.” mormorò, prima di teletrasportarsi all’interno della casa senza neanche suonare il campanello. Il tempo di mantenere le apparenze era finito e, in ogni caso, Charlotte lo aveva già visto svanire attraverso un Portale Oscuro. Che gli piacesse o meno, ormai la biondina c’era dentro fino al collo.

“Signor Braig!”

Charlotte lo fissava seduta sul divano del boudoir squisitamente arredato e lui nascose una smorfia alla vista dei suoi Cecchini intenti a fare razzia di dolciumi dal tavolincino al centro della stanza. A differenza degli Heartless, i Nessuno ricordavano ancora cosa si provasse ad essere soggetti agli istinti più naturali e raramente rifiutavano del cibo se questo veniva loro offerto, ma alla vista del loro signore i quattro Simili smisero immediatamente di ingozzarsi, come fossero bambini colti in flagrante con le mani nella marmellata.

“Vedo che vi state divertendo.” commentò sarcastico, scoccandoli un’occhiata di rimprovero ma Charlotte si alzò per andargli incontro, distogliendo la sua attenzione dai suoi imbarazzanti sottoposti. 

“Signor Braig, vi prego ditemi cosa sta succedendo! Stella è al sicuro? Dove l’avete portata? E Tiana? Tiana sta bene?” lo assalì lei, sparando le domande a raffica e parlando così in fretta che quasi incespicava sulle sue stesse parole. “La vostra amica ha detto che c’entrava qualcosa l’Uomo-Ombra e che sarebbe andata nel Bayou per-”

“Frena, frena!” Il Nessuno l’afferrò per le spalle, interrompendo quella fiumana di parole. “Chi sarebbe la ‘mia amica’?”

Charlotte inarcò un sopracciglio e Xigbar non poté fare a meno di notare che nonostante tutto quello che aveva appena passato, la bionda avesse comunque trovato il tempo di rifarsi il trucco. 

“La signora con la pelliccia di volpe.” spiegò lei, interdetta alla vista dello smarrimento nel suo sguardo “...non è vostra amica?” 

Lui non rispose, allentando la presa sulle braccia della ragazza. Aveva veramente mandato tutto a puttane, eh? E bravo Xigbar. Ottocento anni d’esperienza e ancora faceva questi errori da principiante. Ma certo che Ava aveva colto l’occasione per fare domande!

Ma perchè correre dietro a Tiana e all’Uomo-Ombra se la sola cosa davvero importante per lei era Skuld? Non aveva un briciolo di senso. Ma era anche vero che, non essendo un Nessuno, Ava non aveva accesso ai Corridoi Oscuri e quelli di Luce che lui e i suoi compagni d’apprendistato utilizzavano quando i mondi erano ancora tutti uniti non erano più percorribili. La Veggente doveva aver pensato che se voleva rintracciare lui e Skuld, seguire le tracce di Facilier fosse la sola cosa logica da fare.

O forse, anche lei aveva nascosto una Gummiship o un qualche veicolo simile in mezzo alla palude?

“Hai detto che è andata nel Bayou?”

“Credo di sì.” assentì Charlotte, mordendosi nervosamente le unghie laccate di rosa ma prima che potesse aggiungere altro, l’ululare lamentoso delle sirene della polizia di New Orleans riecheggiò in fondo al vialetto. “Oh accidenti, proprio adesso? Gran Papà ha chiamato la gendarmeria ma non pensavo che sarebbero arrivati-” la ragazza s’interruppe, accorgendosi di star parlando al niente. Là dove un istante prima si trovava l’uomo vestito di nero, adesso v’era soltanto uno sfuggente alone di luce viola che si dissipò senza lasciare alcuna traccia.

“...così presto.” sospirò lei con aria afflitta, massaggiandosi le tempie. Tutta quelle magia e quel caos le stavano cominciando davvero a dare sui nervi! Se qualcuno le avesse detto che al termine della serata il Principe Naveen sarebbe stato l’ultimo dei suoi pensieri, Charlotte probabilmente sarebbe scoppiata a ridere. E invece eccola lì, a spingere i quattro Nessuno affamati fuori dalla finestra prima dell’arrivo degli sbirri e ad abbandonarsi contro il davanzale con fare sconsolato, terribilmente preoccupata per le due amiche scomparse.



 

   
 
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