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Autore: BabaYagaIsBack    29/03/2020    0 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Chapter Twentyfive
§ Things get better, things get stranger §
Part One

 

"And tell me how could I let go
Since I caught a glimpse of your immense soul
You were dancing to northern soul
Just one glance, and well you know...
"

- Babyshamble, There she goes


 

Apro la porta di casa pronta ad affrontare l'ennesima ed estenuante giornata scolastica. Dopo l'incontro con Misha non ho fatto altro che riflettere sulla questione per cui è giunta sin qui, abbandonando definitivamente anche il vago tentativo di prepararmi per l'interrogazione di oggi. Ho passato le restanti ore del pomeriggio a chiedermi se fosse giusto colpevolizzare Caroline per una scelta non del tutto logica, così come ho trascorso le ore notturne a tormentarmi su quella specie di mezzo confronto con Charlie che, alle mie due chiamate prima di coricarmi, ha nuovamente risposto con del silenzio. Un'estenuante silenzio, aggiungerei.
E stamane ne ho pagato le conseguenze. Lo specchio non ha mentito, nemmeno per un istante. Ha rivelato senza pietà delle occhiaie tanto marcate che nemmeno il fondotinta avrebbe potuto nasconderle - quindi ho semplicemente accettato la stanchezza della mia mente e preparato un'ottima bugia per giustificarne la presenza.

Ma dubito possa servire. Nessuno crederebbe che dopo anni di totale nullafacenza io abbia deciso di prepararmi seriamente agli esami che ci stanno attendendo, gli ultimi. Potrei provarci in tutti i modi, ma basterebbe una domanda su qualche argomento a me vago per far crollare il muro di bugie studiate durante la prolungata seduta sulla tavoletta del water.

Così sbuffo, incamminandomi con Liz verso le aule della Saint Jeremy. Lei mi parla, stranamente, mi racconta gli ultimi pettegolezzi che sono sopraggiunti alle orecchie delle alunne del secondo anno - ma io fatico a star dietro alle sue chiacchiere, sento la testa troppo piena per poter aggiungere qualche nuova informazione, così annuisco di tanto in tanto, ponendo domande del tutto innocue e incapaci di tradirmi. Almeno con lei dovrei riuscire a intavolare la giusta farsa.

Avanziamo svelte verso la fermata della metro, mosse da una ormai consueta preoccupazione nel varcare il portone scolastico dopo il trillo della prima campanella. Percorriamo i metri di asfalto fianco a fianco, un po' come ho fatto con Misha solo ieri, e alla fine ci mettiamo a saltellare per gli scalini che portano ai binari. Lei continua imperterrita a parlarmi di qualcuno o qualcosa di cui non ho voluto comprendere l'identità e, nel mentre, estraggo per la centesima volta il cellulare dalla tasca della giacca in jeans, cercando con inutile assiduità di vedere una risposta che si ostina a non arrivare.

Tocco lo schermo, illuminandolo. Ciò che trovo, seppur non sia un messaggio di Charlie, è comunque abbastanza piacevole da farmi spuntare in viso un sorriso tanto grande da catturare l'attenzione di mia sorella.
«Chi ti ha scritto?» mi domanda curiosa, allungando il collo nella mia direzione abbastanza da provare a sbirciare il nome del mittente. Peccato però che lei non debba vedere quel nome, non può sapere che Seth ed io ci sentiamo, né cosa ci scriviamo, e soprattutto che tra di noi l'amicizia è andata ben al di là della semplice platonicità - beh, a dire il vero non molto... - così mi porto il cellulare al petto, nascondendolo ai suoi occhi indagatori. Se Liz dovesse entrare in possesso di una simile informazione sono certa che la userebbe contro di me o, peggio, rivelerebbe tutto a Jace. E non posso assolutamente permettere che la cosa accada, temo troppo le conseguenze di una simile rivelazione.
Certo, il nostro rapporto è comunque stato compromesso da Gennaio, quando ha scoperto che per l'ennesima volta sono rimasta a dormire dal suo migliore amico, ma per ora ho la certezza che si tratta solo di un'arrabbiatura; gli passerà. Il problema, invece, è che se dovesse scoprire che oltre al pisolino ci sono state carezze, baci, pomiciate varie e una sorta di mezzo orgasmo, potrei davvero spaccare a metà ciò che negli anni ci ha resi così uniti - e già mi basta aver messo a repentaglio il rapporto con Benton; perdere la mia unica e vera ancora in questo mare di esperienze e novità che non conosco e non comprendo sarebbe la fine.

«Nessuno che ti debba interessare».
«Eppure m'interessa. E molto, sorellona». Elizabeth gongola accanto alla mia spalla, si fa sempre più vicina. Ha un'espressione maliziosa che fa ben intuire quali siano i suoi sospetti, ma devo tener duro, in modo da non incasinare la situazione; dubito che dopo la litigata con Jace e il pugno che mi sono presa in uno stupido atto di difesa, mia sorella possa ancora accettare Seth come prima - e già in passato gli era sempre stata lontana, dicendo di sentirsi un po' troppo in soggezione intorno a lui. Quindi le scelte logiche si riducono a una: tacere e negare, in extremis ovviare la questione.

«Da quando t'importa della mia esistenza?» Con un movimento lesto blocco nuovamente la scherma, portando l'aggeggio elettronico nuovamente nella tasca della giacca. Rido, confusa e imbarazzata, così lei rimette una distanza accettabile tra noi. 
Socchiudendo gli occhi, Liz scuote la testa: «Beh, sei pur sempre sangue del mio sangue, prima o poi dovrò accettare la cosa, ma visto che Misha MacCoy è venuta da noi, per te, direi che farlo velocemente sia la decisione migliore per incrementare il mio status sociale all'interno della Saint Jeremy».

E ti pareva! La sua fama di popolarità è talmente grande che sfruttarmi diventa quasi accettabile, ora. Si vede che siamo sorelle: a quanto pare l'egoismo e l'ipocrisia sono due doti condivise.

«Quindi?» domanda ancora, anche se l'arrivo della metro copre quasi completamente la sua voce.
«Te l'ho detto, non ti deve importare» avanzo, pronta a varcare la soglia del vagone e chiudere il discorso al di là di questo cubo di lamiera e cavi elettrici - ma lei non molla, cocciuta.
«Sicuramente non è Caroline, non sorrideresti come un ebete. La tua è un'espressione da cotta».
Mi volto, confusa: «E tu che ne sai?»
«Ho molte più amiche di te, Jay, la mia è un'esperienza acquisita sul campo» con un ché saccente si mette a sedere accanto a una vecchietta, lasciandomi sola e aggrappata a una maniglia che a fatica raggiungo. Come ho già detto, tra le due, quella che è stata graziata con l'altezza non sono certo io. «Per questo so per certo che si tratta di un ragazzo» mi sorride: «Chi è?»
«Fatti gli affaracci tuoi, Elizabeth Raven».
«Qualcuno che conosco?»
Taccio, principalmente perchè già con questa prima domanda ha colto nel segno.
«Chi tace acconsente, quindi direi di sì».
Lo stomaco mi si ribalta. Ma è davvero intenzionata a portare avanti questa discussione?

«E visto che tutti i ragazzi che conosciamo entrambe sono amici di Jace direi... oddio!» I suoi occhi si spalancano, quasi avesse avuto una visione. Alza il viso nella mia direzione, sorpresa. Il cuore prende a battermi forte, mentre lo stomaco gira e rigira su se stesso. «E' il tizio dell'Elder and the Moon? Quello che è sempre gentile e ti dava da bere anche se non avevi diciotto anni?»

Il sollievo pare quasi privarmi delle forze. Grazie al cielo è rintronata quanto me.

«Adrian non c'entra nulla, Liz. Chiude un occhio sul mio alcolismo solo perchè adora Jace. Se ci andassi anche tu ti tratterebbe nella stessa maniera».
«Non si sa mai, dopotutto è un ragazzo discretamente carino, se non fosse un nerd...» fa spallucce, allontanando lo sguardo.
Fortunatamente non ha ben chiaro quale siano i miei gusti in fatto di uomini.

Eppure, nonostante il fallimento non molla, così dopo qualche secondo, mentre le porte automatiche si aprono, la sua voce ritorna a riempirmi le orecchie: «Aspetta...» la fisso, ancora una volta sopraffatta dall'ansia. Lei ha le sopracciglia corrugate, sembra riflettere seriamente sulla questione. Mi aspetto che da un momento all'altro se ne esca con un nuovo nome, però, a dispetto di ciò che sto pensando, mia sorella tace.

Che mi abbia scoperta?

Vorrei saperlo, dopotutto ne va della mia reputazione tra le mura domestiche, eppure non chiedo, in modo da non peggiorare la situazione già di per sé ambigua. Così semplicemente allontano gli occhi dal suo viso, muovo qualche passo verso l'uscita e mi preparo a scendere: la prossima è la nostra.

Il resto del tragitto lo passiamo in un silenzio intervallato, di tanto in tanto, da qualche chiacchiera di circostanza. Mi domanda delle lezioni che avrò oggi e io faccio altrettanto con lei. Mi informa che nel pomeriggio non tornerà con me, che ha un pigiama party a casa di una delle sue amiche ed io annuisco con un sorriso finto, distante - ciò che m'importa è che smetta di pensare alla persona con cui mi frequento.

Più avanziamo, immerse nei nostri dubbi esistenziali privati, più la facciata della scuola si fa grande, torreggiando sopra alle nostre teste al di là delle fronde di alcuni ciliegi. Ci aspetta da oltre le sbarre di ferro battuto, quelle a cui, mi accorgo solo ora, Caroline è appoggiata. Con le braccia conserte e lo zaino accanto ai piedi, deve star aspettando la sua bella Misha, fingendo davanti a tutte le studentesse di questo postaccio di esserle semplicemente amica - e per giorni deve averlo fatto anche con me, quindi non posso negarle di essere un'ottima attrice.

Sospiro, rallentando il passo. Potrei aspettare che entri, in modo da non incrociarla, oppure potrei chiedere a Liz e il suo metro e settanta abbondante di coprirmi - sicuramente una delle due tecniche dovrebbe funzionare, peccato che i miei piedi continuino a procedere, seppur lentamente. Così come mia sorella non si rende conto di ciò che ci aspetta.

Il problema più grande però, è che il mio desiderio di voler rimandare questo momento almeno fino a dopo il weekend pare non essere condiviso dal corpo. E alla fine, ormai troppo vicina per poter fuggire o indietreggiare, lei mi nota. Si accorge di me quasi con sorpresa, mentre sul suo viso compare una sorta di speranzoso fremito.

«Ehi...»
Sorrido a labbra strette, incerta su quale sia la cosa più giusta da fare: «Ciao».

Ci fissiamo in silenzio per qualche minuto, aspettando che Elizabeth si allontani abbastanza da poter avere la giusta privacy e, appena lei sparisce nel cortile, uno strano disagio s'impossessa di me. Come ci si comporta in momenti come questo? Si finge indifferenza? Oppure ci si inizia a gridar contro? Non essendomi mai capitato, non ne ho idea. Dovrei fare io la prima mossa? Oppure è compito suo affrontare l'argomento e chiedermi scusa?

Nessuna delle due riesce a trovare una soluzione, finendo entrambe con il torturarci le labbra o le dita. Con le unghie color pastello Caroline si pizzica i polpastrelli della mano opposta, alle volte si strappa qualche pellicina. Lo fa per sfogare l'ansia, per catalizzare lo stress altrove.

Ed ecco che sospiro ancora, questa volta prendendo coraggio: «E' okay, Caro. Mi va bene se esci con lei».
«Io... non sapevo come dirtelo, Jay... nè di Misha né... di come sono» ora le sue mani si stringono a pugno, pare combattuta: «E' sempre stato un problema, avevo paura che non ti potesse star bene e...» la sua voce non è altro che un sussurro, di tanto in tanto trema, agitandomi, così allungo le dita verso di lei, afferro le sue e me le porto al petto, stringendole. 
«Fidati, la prossima volta, okay?»
Caroline sorride, lo fa dolcemente. Pare che il peso che sento dissiparsi dal petto si stia levando anche dal suo e, seppur vederla o saperla con la mia miglior nemica potrà urtarmi ancora per qualche tempo, vedrò di far buon viso a cattivo gioco - oppure mi limiterò solo a voltare lo sguardo e pensare a cose gioiose

 
 
   
 
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