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Autore: Dalybook04    30/03/2020    0 recensioni
Napoli, 1712
Antonio Fernandez Carriedo aveva scoperto con non poca sorpresa quanto si potesse comunicare attraverso un pomodoro.
***
-bastardo?
-dimmi Lovi
-ho fatto davvero bene a lanciarti quel pomodoro.
-già- lo baciò -hai fatto davvero bene
***
Gli piaceva pensare fossero un regalo da parte sua, come se ogni pomodoro che cresceva gli volesse ricordare quanto lo avesse e avrebbe amato, e quanto lo amasse ancora.
***
-ve, mi dispiace fratellone. Stai tranquillo, l'amore troverà un modo
-non darmi false speranze, Feliciano. Per favore.
***
-a quanto pare abbiamo entrambi il cuore spezzato, eh?
***
_principalmente Spamano e Gerita, con accenni molto lievi alla PruAus_
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del diciottesimo secolo e altre storie'
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Antonio aveva sempre sentito parlare della magia di un singolo bacio, ma quella sera scoprì che certe volte il dopo è ancora meglio. Quando quel bacio finì, Antonio lentamente allungò la mano ad accarezzargli la guancia, sfiorò con il pollice lo zigomo, da cui tempo prima era sgorgato del sangue, ma questa volta la sua mano rimase pulita; Lovino poggiò il viso alla sua mano, come un gattino alla ricerca di coccole, e l'altro scese con le dita fino a sfiorargli le labbra, morbide, dolci e rosse per il bacio.
-Lovi...- sussurrò, avvicinando a sé le loro mani intrecciate e baciando il dorso di Lovino, leggermente più chiaro del suo; Lovino la strinse, e strinse anche lui a sé, girandosi totalmente verso l'altro e ingabbiandolo in una sorta di abbraccio, e appoggiò la fronte alla sua.
Si sorrisero, gli occhi luminosi, le guance rosse, le labbra che sembravano non volere altro che incontrarsi ancora.
-Lovi...- sussurrò ancora, incantato.
-dicono che è sbagliato- mormorò -dicono che non dovrei provare questo, non verso di te; che amare un altro uomo è peccato. Allora perché mi sento così bene?
Antonio gli baciò la fronte -me lo sono chiesto a lungo anch'io. La risposta me l'ha data il mio parroco. Quando mi sono confessato, mi ha risposto che il messaggio di Cristo è quello di amare, amare sempre il tuo prossimo come te stesso. Quindi perché non potrei amare te ancor più di me stesso?
-posso darti centinaia di motivi- replicò Lovino con un sorriso divertito -ma non c'entra il mio essere uomo.
-e io te ne posso dare centinaia più uno per farlo- gli lasciò un piccolo bacio a stampo, rapido, veloce. Un bacio rubato, solo per sentire la pressione di quella bocca sulla sua -dammene alcuni.
-distruggo tutto quello che tocco, sono egoista, ho un carattere orribile, non riesco ad avere un rapporto decente con nessuno, rovino sempre la festa a tutti e sto rovinando a te il Natale con le mie lamentele.
-nessuno è perfetto, Lovinito. Non sei egoista, hai cresciuto tuo fratello e hai accettato questo lavoro, mettendo da parte la tua dignità, solo per dargli un tetto sulla testa e del cibo. Non hai un carattere orribile, solo difficile; è difficile ottenere la tua fiducia, e so di non essermela ancora guadagnata, ma il premio ne vale decisamente la pena. Vedo come ti comporti con Feliciano, sei premuroso e gentile, e preferiresti morire di fame che fargli torcere un capello. Non sei una persona che si fida subito, che va bene per chiunque. Sei come... un'anguria. Hai una corazza esterna, ma dentro sei dolcissimo.
-anguria?
-non lo conosci? È un frutto, te lo farò assaggiare.
-stavi facendo un bel discorso e hai rovinato tutto con un paragone idiota- sbuffò Lovino, ma sorrideva.
-oh giusto, stavo facendo un discorso. Che stavo dicendo?
-che nessuno è perfetto.
-ah sì, giusto. Tu non sei perfetto, nessuno lo è. Dio, forse. Non devi esserlo. Neanche io lo sono. Ma la differenza è che per me tu lo sei. Conosco i tuoi difetti, magari non tutti, ma li voglio imparare. Voglio conoscerti, voglio sapere tutto di te, ogni cosa, e amarti per tutto: pregi, difetti, abitudini, ciò che ami e ciò che odi; voglio imparare a memoria ogni linea del tuo viso, ogni sfumatura dei tuoi occhi, ogni tono della tua voce e del tuo accento, il sapore e il profumo di ogni centimetro di pelle; ogni tuo pensiero, opinione, tutta la tua storia, ogni cosa che ti spaventa o ti rilassa. Voglio conoscerti come nessun altro e amarti per tutto. Tutto, Lovi. Tutto quanto- fece una pausa -se tu lo vorrai, chiaramente.
Lovino rimase in silenzio, riflettendo. Aveva centinaia di domande che gli ronzavano in testa: proprio non riusciva a capire -perché? Perché io? Potresti avere chiunque. Sei bello e ricco: e io che cos'ho?
-hai un orgoglio e una forza pazzeschi. Anche quando ti hanno messo in ginocchio, eri fiero e a testa alta. Ti ammiro. Sei molto di più, molto più fiero e indipendente di chiunque altro io conosca.
-l'orgoglio è un difetto.
-l'orgoglio è come l'alcool. Un po' rende tutto più interessante, troppo rovina tutto. Tu sei un bel bicchiere di sangria, mentre tutti quanti sono solo acqua.
-mi spieghi perché continui a fare paragoni con il cibo?
-poco fa stavamo mangiando, no? Continuo a pensarci.
-hai fame? Torniamo dentro?
-non vorrei essere in nessun altro posto.
-sei così sdolcinato che potrei vomitare.
-ops. Sono un animo romantico, che vuoi farci.
Lovino mugugnò qualcosa, ma rispose al bacio dell'altro senza esitazione.
-e comunque non è vero che non sei bravo in niente. Baci benissimo- Lovino gli mollò uno schiaffo sul braccio.
-pervertito!

Antonio si svegliò con il sole in faccia e un terribile mal di schiena. Aprì gli occhi confuso e rimase accecato per la luce.
-ma che...- abbassò lo sguardo e sollevò la mano per schermarsi gli occhi, e si accorse allora star stringendo qualcuno. Lovino dormiva, rannicchiato sul suo petto, tranquillo e rilassato, senza più il solito broncio o la ruga di preoccupazione sulla fronte: sembrava un angelo, quasi non avesse mai visto niente di brutto, quasi che la fame e la povertà fossero due parole per lui lontane, qualcosa di cui si fosse solo sentito parlare. Era bellissimo.
-oh, ci siamo addormentati qui- questo spiegava il mal di schiena. Durante la notte, qualcuno li aveva coperti con una vecchia coperta che profumava come Lovino; quella che usava per dormire, dedusse. Si guardò intorno, ma erano soli. Era un miracolo che non fossero caduti, in effetti: il tetto era piuttosto in pendenza, e anche se la nicchia che aveva trovato Lovino era abbastanza piana sarebbe bastano un movimento brusco per farli cadere. Nonostante la coperta, Antonio sentì che il corpo dell'altro era gelido, e lo strinse più forte per riscaldarlo, facendolo svegliare.
-uhm, ma cosa...-brontolò qualcosa in un misto di napoletano e spagnolo e si stropicciò gli occhi per poi aprirli, trovandosi lo spagnolo a un centimetro al proprio viso.
-oh, ciao- balbettò, imbarazzato.
-buongiorno, Lovi- gli sorrise, stampandogli un bacio sulla guancia -dormito bene?
-uhm, abbastanza- si mise seduto e sbadigliò -tu?
-ho avuto letti migliori- Antonio si mise seduto e si sporse verso di lui, sussurrandogli all'orecchio -ma svegliarmi con te tra le braccia non ha prezzo.
Lovino divenne rosso come un pomodoro e lo allontanò da sé con una manata -sei troppo romantico, bastardo.
-di solito alle ragazze piace.
L'italiano gli lanciò un'occhiata di fuoco e borbottò qualcosa nella sua lingua, poi parlò in spagnolo -mi stai dando della ragazza? E soprattutto, di che ragazze stai parlando?
Antonio sbatté le palpebre confuso -Lovinito, sei mica geloso?
-pff, ti piacerebbe.
-ma che carino!- ignorando le sue proteste, lo attirò in un abbracciò degno di un koala -ma non ti devi preoccupare, Lovinito, ho occhi solo per te.
-primo, non mi chiamare Lovinito. Secondo, non...
-veee, fratellone, Antonio, siete svegli?- all'istante, Lovino spinse via l'altro, rischiando di farlo cadere giù dal tetto.
-Feli!- e urlò qualcosa in napoletano che Antonio non capì, forse un rimprovero.
-vee, scusa fratellone, non volevo svegliarvi, ma è arrivato un signore buffo a chiedere di Antonio e...
-un signore buffo? Che signore buffo?- intervenne Antonio, interrompendo Lovino prima che potesse urlare qualcosa a Feli, che li osservava dal terrazzo da cui lo spagnolo era salito la sera prima.
-vee, mi ha fatto quasi paura- rispose Feliciano tremante -aveva la pelle bianca bianca e anche i capelli, poi, ve, aveva due occhi rossi da paura! Ha detto di dirti, uhm...- sembrò pensarci -ah sì, ha detto che il Magnifico era arrivato.
-oh, era Gilbert!- Antonio scattò in piedi e scese rapidamente dal tetto -grazie, Feli. Ci vediamo dopo, vado a salutarlo- e corse via.
Imbronciato, anche Lovino scese, con la coperta intorno alle spalle, e raggiunse il fratello brontolando qualcosa di cui Feliciano colse solo alcune parole, tipo bastardo e salutare.
-veeee, fratellone, sono felice che tu e Antonio vi siate fidanzati!
-m-ma che dici Feli? Non siamo fidanzati.
-ma ve, stanotte avete dormito abbracciati, come facevano mamma e papà- Lovino sospirò.
-Feli, mamma e papà erano un uomo e una donna. Io e Antonio siamo due uomini, inoltre lui è un padrone e io un servo. Non potrebbe mai esserci niente, non in queste condizioni, lo capisci?
-ma io...- Feliciano non aveva mai visto suo fratello così abbattuto e rassegnato.
-ci hai portato tu la coperta, vero?- cambiò argomento bruscamente, ma Feliciano non ebbe il coraggio di ritirare fuori la discussione: vedeva una tristezza negli occhi del suo fratellone, una disperazione che non voleva riportare a galla. Si limitò a rispondere e a seguire Lovino che rientrava in casa.
-sì, ve, non volevo che vi ammalaste.
-Feli, ti ho già detto che non devi salire sul tetto, è pericoloso!
-ma ve fratellone, tu ci sali sempre ve, perché io non...- si bloccò. Erano arrivati alle scale, e da lì si vedeva tutto l'atrio, dove Antonio stava parlando con il signore spaventoso di prima, con un braccio intorno alle sue spalle, come è che si chiamava? Aveva un nome buffo, sembrava uno di quei nomi tedeschi che Feliciano sentiva quando viveva con il padre su, nel Nord Italia. Sentì chiaramente Lovino irrigidirsi e stringere i pugni. Tuttavia, l'attenzione di Feliciano era concentrata su una terza persona; c'era un bambino che prima non aveva notato, circa della sua età, biondo e vestito di nero, che si guardava intorno spaventato e curioso. Non avrebbe saputo dire perché, ma Feliciano era incapace di staccargli gli occhi di dosso, c'era qualcosa che lo attirava. Quello si era dovuto sentire osservato, perché sollevò lo sguardo e incontrò lo sguardo del piccolo italiano. Rimasero a osservarsi, pietrificati da qualcosa che non erano in grado di comprendere, ma che avrebbe cambiato le loro vite in modi che non erano minimamente in grado di immaginare.
Feliciano si riscosse solo quando sentì la voce di Antonio chiamare lui e suo fratello.
-Lovino, Feliciano, venite! Vi presento Gilbert, il mio...
Lovino non gli lasciò neanche finire la frase, che sarebbe terminata con "migliore amico": afferrò suo fratello per un polso e lo trascinò via.
-peperino il tipo- commentò Gilbert -è quello di cui mi hai parlato nella scorsa lettera?
-eh già.
-te lo sei scelto difficile, freund! Buona fortuna- e scoppiò una risata sguainata.

Forse sarebbe il caso di parlare un po' di Gilbert, che ne dite?
Gilbert era prussiano, anche lui di famiglia nobile. Lui, Antonio e un altro loro amico francese, Francis, si erano conosciuti anni prima a un enorme festa, a cui erano presenti personalità importanti da tutto il mondo, per festeggiare la nascita dell'erede di un qualche importantissimo conte: per dei quindicenni come loro, una noia clamorosa. Inutile dire che dopo appena dieci minuti, il tempo di fare gli omaggi ai padroni di casa, tutti e tre non ne potevano già più. Avevano fatto amicizia al tavolo delle bevande, era stato Gilbert a rompere il ghiaccio con Antonio e poi Francis si era unito a loro. Gilbert aveva un ego decisamente sovrasviluppato, il tatto di un elefante, un uccellino di nome Gilbird per cui avrebbe venduto persino sua madre, nessuno sprezzo del pericolo, l'abitudine di farsi notare e chiamarsi "il Magnifico" ovunque andasse e un senso della responsabilità così scarso che era praticamente il suo fratellino a prendersi cura di lui. Anche Gilbert era nell'esercito, ma la sua scelta, in parte obbligata, era stata tuttavia volontaria. Aveva sempre voluto combattere, e una famiglia rispettata come la sua era stata un aiuto, invece che un ostacolo. E soprattutto, aveva la naturale propensione a combinare guai in giro e un assoluto disgusto verso tutto ciò che era nobile, elegante o formale; i banchetti lo disgustavano, i convenevoli gli davano i nervi, le formalità lo esasperavano. Era una persona crudelmente diretta, che aveva sempre detto le cose come stavano, e soleva dire che l'unico davanti al quale si sarebbe inginocchiato volontariamente e senza fare storie sarebbe stato Dio in persona. Insieme ad Antonio, solare e naturalmente propenso alla sincerità, e a Francis, un damerino che amava combinare guai e flirtare con chiunque, erano il terrore di cerimoniali e organizzatori: non era importante quanto si preparasse tutto alla perfezione, quei tre sarebbero sempre stati in grado di combinare qualche guaio. Anche se i genitori facevano di tutto per tenerli separati, si scrivevano regolarmente. Da quando aveva compiuto 22 anni, Gilbert aveva mollato l'esercito e aveva iniziato a viaggiare in giro per il mondo, andando a trovare il più possibile i suoi due amici: uno scandalo, ma amava crearne. Era a Milano quando aveva saputo del trasferimento di Antonio, e non aveva potuto fare a meno di andare a trovarlo. Nelle sue lettere, l'amico gli aveva parlato di questo ribelle napoletano per cui si era preso una cotta stratosferica, e Gilbert era proprio curioso di conoscerlo, ed effettivamente poteva capire cosa l'avesse attratto: da quel poco che aveva visto, sembrava un gran bel ragazzo, ed era stato anche molto scontroso, con quel tipo di rifiuto che, in persone come lui e Antonio, testarde di natura, non faceva altro che accrescere il desiderio. Davvero un bel tipetto, peccato che lo spagnolo se lo fosse preso prima di lui; anche se Gilbert aveva già trovato da tempo la sua musa, e a ben pensarci pure lui non scherzava in quanto a caratterino.
-certo che tu e Francis amate quelli difficili, eh?- diede una forte pacca sulla schiena dell'amico e scoppiò in una risata forte e rumorosa -prima lui con quel inglese dalle sopracciglia enormi, ora tu con il napoleano ribelle.
-be', che gusto ci sarebbe altrimenti?
-anche tu non hai tutti i torti- lanciò un'occhiata al fratellino e gli parlò in tedesco -ehi, fratellino, noi andiamo a parlare di cose da adulti, tu fai il bravo e non rompere niente.
-è più responsabile di te, dovrebbe essere lui a preoccuparsi- gli ricordò Antonio con una risata.
-ah ah ah, che originale che sei, come se non me lo ricordaste tutti tutti i giorni- vedendo che il bambino fissava qualcosa sovrapensiero, si innervosì e lo chiamò nuovamente in tedesco -Ludwig, mi dai retta o no?!
-cosa? Che hai detto?- gli chiese, con il tono di uno che si era appena svegliato da uno strano ma bellissimo sogno.
-sveglia! E poi sarei io quello che non ascolta mai- sbuffò, parlando in spagnolo all'amico -Tonio, non è che qui c'è qualche bambino con cui potrebbe giocare? Mi preoccupa, dovrebbe stare di più con i bambini della sua età.
-c'è Feliciano, il fratellino di Lovinito, dovrebbero avere circa la stessa età- sembrò pensarci su -in effetti, bisognerebbe trovare lui e Lovinito, e convincere Lovi a farlo giocare con lui- fece una pausa -è un po' iperprotettivo, ma non posso biasimarlo.
-Ludwig, hai sentito? C'è un bambino della tua età, è passato di qui prima, l'hai visto?
-bambino? Non era una femmina?- domandò Ludwig confuso. Gilbert scoppiò a ridere, senza sapere della tempesta che si stava avvicinando al cuore del suo fratellino e della nebbia di confusione e panico che gli stava entrando in testa.
"Un bambino..."
   
 
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