Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    31/03/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La saggezza dell'esperienza





La conoscenza popolare e i vecchi detti hanno sempre un fondo di verità, gli ripeteva Rurumu anni addietro. Non si può generalizzare, ma per lo più nascono da osservazioni durate anni ed anni, quindi magari non sanno spiegarti i motivi, ma spesso le conclusioni sono corrette o comunque le superstizioni hanno delle motivazioni.
A pensarci bene non sbagliava.
Quando le vecchie comari del paese basandosi su dati assolutamente futili annunciavano che l’indomani avrebbe piovuto, ecco che spesso pioveva, o quando sua madre lo avvertiva di prestare attenzione ai gatti neri lo diceva basandosi unicamente su una diceria popolare, ma nel corso degli anni aveva visto numerose persone spaventarsi a causa degli occhi dorati dei felini, ed a dire il vero pure dei suoi.
In quel periodo aveva avuto modo di sperimentare in prima persona l’affidabilità di un diffuso modo di dire, lo aveva sempre ritenuto stupido, perché insomma, Pisti e Spaltos dimostravano che non si poteva generalizzare, però su di lui a quanto pareva aveva fatto effetto…
“Moglie e buoi dei paesi tuoi”
Non aveva mai avuto a che fare in prima persona con la compravendita o l’allevamento di bovini, quindi aveva ridotto la cosa alla prima parte.
Essere vissuto per anni insieme a Ja’far faceva sì che si conoscessero, sapeva cosa poteva aspettarsi da lui, com’era fatto, mentre Judal era cresciuto a Kou. Già il clima di sospetto e inganno che regnavano in quel luogo avrebbero dovuto suggerirgli qualcosa, e invece no.
Se lo avesse conosciuto prima si sarebbe risparmiato tutti quei problemi. Era evidente che non poteva funzionare, da che era arrivato non avevano fatto altro che litigare e litigare, sempre, comunque e con chiunque.
Quella creatura altro non era che l’ennesima prova di ciò: semplicemente Judal doveva andarsene.
Sospirò, rigirandosi nel letto. Quello era forse il momento più bello della sua giornata, in cui girandosi all’interno di quelle fresche lenzuola con un braccio a coprirsi gli occhi si poteva illudere di trovare Ja’far al suo fianco, ancora addormentato oppure concentrato a guardare le nuvole.
Presto se ne accorgerà e tornerà da te, vedrai.
La calma durava in media dieci-venti minuti al giorno, subito dopo essersi svegliato, poi subito subentrava la rabbia. Il suo orgoglio di alpha continuava ad essere ferito dai recenti avvenimenti, lui aveva avuto fiducia in Judal sebbene si fossero odiati per anni, lo aveva portato a Sindria, gli aveva dato tutto ciò che desiderava, lo aveva presentato ai generali, ed ecco come lo ripagava, tradendo la sua fiducia e portandogli in casa altri principi di Kou.
Sospirò, passandosi una mano sul volto, sentendo un principio di barba affiorare sulle guance. Sorrise amaramente, fissando il bianco soffitto, pensando alle sue miserie.
Cosa credevano che avrebbe dovuto fare? Crescere un figlio non suo? Che figura ci avrebbe fatto, come uomo e come re?
La porta si aprì e Sahsa entrò, chiudendo la porta dietro di sé e facendo una riverenza nella sua direzione.
-Buongiorno Sire, avete dormito bene?-
-Come al solito.- rispose senza spostare lo sguardo.
-Cosa desiderate mangiare oggi?-
-Qualsiasi cosa andrà bene.-
La ragazza annuì, restando ferma nello stesso punto -Cosa desiderate indossare?-
-Il solito- rispose monocorde, guardandola dirigersi verso l’ampio armadio, prendendo dai cassetti quando indicatole.
Si sedette sul bordo del letto, prendendo dalle sue mani i vestiti freschi di bucato, ringraziandola educatamente. La ragazza non rispose, piegando nuovamente il busto in segno di riverenza, dandogli le spalle in attesa.
Si alzò senza dir nulla, sfilando i boxer del giorno precedente e infilando il paio poggiato in cima alla pila di vestiti e i pantaloni, risedendosi poi sul bordo del letto.
Percependo il cigolio delle molle del letto Sahsa si girò, prendendo con delicatezza la maglietta e aiutandolo ad infilarla. Sfilò i suoi lunghi capelli intrappolati sotto la maglietta senza in alcun momento sfiorare la sua pelle, pettinandoli con delicatezza.
Non aveva mai voluto servi alle sue dipendenze, non che ci fosse qualcosa di male nel tenerne, ma era cresciuto come un figlio di pescatori, farsi servire fino a quel segno gli era sempre parso ridicolo. Ma da quando c’era stato quel litigio tutto era precipitato, lui si rifiutava di vedere Judal o d’interessarsi a lui, Ja’far non si faceva più vedere, evitando nel modo più assoluto di vagare per i corridoi o di varcare la porta del suo ufficio.
Che Ja’far fosse arrabbiato con lui era evidente, ma la cosa era reciproca.
Non era sempre stato lui a dirgli che nel caso di re e altri celebri personaggi la vita privata è strettamente legata a quella politica? Si era sempre rifiutato di rivelare al popolo di Sindria di essere il suo omega per non compromettere la sua credibilità, e poi gli chiedeva di crescere un figlio illegittimo.
Era un controsenso bello e buono: come avrebbe potuto pensare di ottenere il rispetto del popolo, portandosi a spasso una bambina palesemente non sua? Avrebbe solo fatto la figura dello scemo, e gli scemi al massimo si compatiscono, non gli si porta rispetto.
Aspettò che Sahsa finisse di allacciargli le collane ed i braccialetti e poi si alzò, dirigendosi in ufficio mentre la cameriera si dirigeva verso le cucine.
Erano anni che non si vedeva costretto a cavarsela da solo, e non gli era mai capitato di essere isolato da tutti. Era decisamente sgradevole. A parte Ja’far ora neanche i generali e le loro famiglie lo volevano vedere.
L’assunzione di Sahsa era una delle uniche pratiche che avesse mai svolto scavalcando Ja’far, perché era disperato. Voleva qualcuno che gli parlasse, che stesse al suo fianco e che non lo guardasse con quel palese disprezzo negli occhi, qualcuno che non sapesse di Judal o di Ja’far, e che potesse fare da tramite fra il suo ufficio e quello di Ja’far, e questo ed altro Sahsa lo faceva senza problemi.
Si sedette alla scrivania, analizzando un paio di documenti lasciati lì di prima mattina da qualche altro attendente, in attesa della propria cameriera e della colazione.
-Sire, vi ho portato del tè.-
Era strano avere una cameriera (si rifiutava di usare il termine serva, Sahsa lavorava per lui, ma era una persona anche senza quel lavoro), non ci era proprio abituato.
Aveva assunto quella ragazza per il capriccio del momento, per poter dire di avere una cameriera più che per farle fare un lavoro… aveva semplicemente dato l’incarico ad una guardia del palazzo di trovare da qualche parte a Sindria una persona che avesse esperienza in quel campo.
Il giorno dopo aver fatto quell’insolita richiesta era stato svegliato da quella ragazza, presentatasi come Sahsa, figlia di mercanti ed ex cameriera presso la corte di Qihsan.
Non aveva saputo cosa dire, era rimasto scioccato, mentre la ragazza, seguendo il protocollo che usava con i precedenti datori di lavoro, aveva iniziato con quella sequela di domande.
Cosa desiderate mangiare?, Cosa desiderate indossare?, Desiderate portare dei gioielli particolari?, Ci sono pulizie che desiderate io svolga?
La cosa più sconvolgente era stata scoprire le abitudini dei sovrani di un altro regno: ma veramente esisteva gente adulta che sentiva la necessità di farsi aiutare perfino ad indossare delle mutande? Aveva chiarito una linea di demarcazione con la ragazza, specificando che era perfettamente in grado di vestirsi da solo, con tono offeso e anche piuttosto irato, e la ragazza si era mostrata contrita, iniziando un’infinita serie di riverenze e ripetendo mille scuse.
Per non farla sentire inutile era giunto al compromesso di occuparsi da solo della metà inferiore del corpo, facendosi aiutare per il resto. Dopo averlo aiutato a vestirsi quella prima mattina la ragazza gli aveva domandato a capo chino per l’ennesima riverenza quali compiti specifichi desiderava assegnarle.
Ci aveva riflettuto su, per poi risponderle semplicemente “fammi compagnia”.
La guardò, ritta alla sua destra, lo sguardo fissato sulla porta. Era esattamente come Ja’far i primi tempi, se non che lei pareva perfettamente a proprio agio in quel ruolo, ma ciò non toglieva che lui non lo fosse.
-Siediti Sahsa.- ordinò indicandole il divano posto accanto alla porta, e la cameriera si inchinò, eseguendo l’ordine.
Finì di mangiare con calma, spostando il vassoio alla sua destra e lasciando a Sahsa il compito di riportarlo in cucina, iniziando a lavorare.
Richiesta d’ampliamento per l’ospedale, piani, progetti e costi, necessari miglioramenti della flotta e richiesta d’asilo.
Era un lavoro utile e necessario, certo, ma lungo e gravoso.
Guardò la propria cameriera, tornata dalla cucina e seduta sul divano immobile da oltre un’ora.
-Non ti annoi?-
-No, Sire.-
-Non hai qualcosa da fare?-
-No, Sire, a meno che voi non abbiate qualche incarico per me-
Scosse il capo, come sempre sorpreso dall’approccio della ragazza.
-Non hai dei passatempi o degli hobby?-
-Sì, Sire.-
Rispondeva alle domande, ma non si allargava mai: era sempre educata e non si faceva mai prendere la mano, mantenendo sempre una certa distanza.
-Posso chiederti di cosa si tratta?- chiese con garbo, badando bene di non apparire invadente ma nemmeno seccato o arrabbiato ond’evitare di farla ricadere in quei mille inchini.
-Mi piace cucinare e cucire, e in generale mi è sempre piaciuto occuparmi della casa e delle persone.-
Le sorrise,  non poi molto sorpreso dalle sue parole: dal modo in cui lavorava s’intuiva che occuparsi degli altri le piacesse.
-Ti andrebbe di parlarmi un po’ di te?- chiese cordiale e la ragazza, senza alzare la testa da quella posizione riverente, chiese con il solito tono dolce e servizievole -Cosa desiderate sapere?-
Era davvero spiazzante alle volte provare a parlarle.
-Non saprei, se hai una famiglia, un compagno, dei fratelli, cosa desideri fare nella vita, … dimmi solo ciò che ti senti di dire, e se non te la senti dillo pure.-
Sahsa alzò lievemente il capo, attenta comunque a non esagerare e a non guardarlo negli occhi, parlando con tutta calma, gli occhi illuminati di gioia.
-Sono figlia di due carovanieri, e per anni ho viaggiato con loro aiutandoli nella vendita, per quanto in mio potere. Quand’ho compiuto quattordici anni hanno aperto una piccola bottega a Qishan, e per aiutare con le spese di avvio ho iniziato a lavorare presso la corte nel reggente Jamil. Sei mesi fa mi sono trasferita qui a Sindria con la mia compagna, e ora abitiamo in una piccola dimora vicino al porto.-
Annuì alle sue parole, confermando la sua idea della ragazza. L’unico dettaglio che non si aspettava era il sesso della sua compagna, e non gli era sfuggito come non avesse mai menzionato il proprio genere secondario, ma anche così in realtà lo si poteva supporre benissimo.
Un omega sembrava essere per natura dolce e servizievole, e mai in vita sua aveva incontrato creatura più gentile di quella ragazza.
-Figli?-
-No, Sire. Non ne ho attualmente e non credo che ne potrò mai avere, ed è il motivo per cui sono venuta a Sindria.-
Alzò il capo sulla ragazza, parecchio sorpreso dalla risposta: era la prima volta che si dilungava nel rispondere.
-È lecito chiederti di spiegare?- non voleva essere invadente, ma pareva chiaro che ci fosse qualcosa dietro, impossibile dire cosa con degli elementi così scarsi.
Sahsa annuì, il primo gesto semi-umano da che lavorava per lui, ovvero due settimane -Siamo entrambe beta, Sire, non potremo mai avere figli, e le unioni che non possono generare figli non sono ben viste ai nostri tempi.-
-C’è di peggio, purtroppo.-
-Non nella mia esperienza, Sire.-
-Per quanto ho visto io invece- disse felice di aver trovato qualcuno disposto a discutere, accantonando le carte su un lato della scrivania -dovunque sia coinvolto un omega finisce sempre col scoppiare un disastro. Esistono famiglie reali che li uccidono appena scoprono il loro genere secondario, alpha che marcano un gran numero per poi abbandonarli al primo problema, gli stupri sono frequentissimi e la schiavitù conta fra le proprie fila perlopiù omega.-
La ragazza annuì, di nuovo, appoggiando i palmi sulle gambe, lisciando la gonna senza guardarlo.
-Se premettete Sire- disse lentamente, guardandolo con fare timoroso da sotto le lunghe ciglia, in attesa di un suo segno d’assenso che le desse la libertà di proseguire -non sono pienamente d’accordo. Gli omega sono il genere più perseguitato, su questo non posso darle torto, ma le relazioni che coinvolgono gli omega non sono sempre le peggiori.-
Inarcò un sopracciglio, guardandola scettico, riprendendo a parlare prima che lei si sentisse in colpa per averlo contraddetto e cominciasse a parlare: stavano facendo un confronto d’opinioni, non un esposizione, non c’era una risposta esatta, solo idee e punti di vista.
-In tutti i regni che ho visitato si segue ancora la vecchia gerarchia, gli alpha in testa, i beta in centro e gli omega in fondo alla gerarchia sociale. I beta sono la maggior parte della popolazione, e si tende a dare per scontato che un beta sposi un beta per rispettare le leggi di natura, ma per quanto sia normale si tende ancora a discriminare le coppie miste di alpha e omega. Non è una cosa che succede sempre, tanto più un alpha è influente e amato e tanto più si accetteranno le sue scelte, ma ciò significa che un alpha debole e senza solidi legami finisce spesso per non essere in grado di difendere la propria relazione. Se non è tremendo questo non so cosa lo sia.-
La ragazza lo guardò mordendosi un labbro, fin quando non le fece segno con la mano di parlare.
Con fare incerto la ragazza riprese a esporsi, portando degli ottimi argomenti e esempi fondanti a favore della sua tesi.
Se gli alpha erano a capo della società, i beta li seguivano perlopiù come una massa obbediente, seguendone l’atteggiamento. Per spiegare le dinamiche diffuse in tutti i regni bastava guardare le strutture che si creavano a palazzo. Il presupposto che Sahsa fece a quel unto fu di accomunare la figura del re con quella dell’alpha, per una questione di banale concentrazione del potere, perché così come l’alpha era a capo della gerarchia naturale il re lo era di quella sociale.
Tutti quei re che si mostravano sprezzanti dei più deboli, sfogando la loro rabbia e la loro aggressività sugli omega finivano sempre per avere un paio di concubine omega e una moglie beta, talvolta perfino alpha. Per definire la scala gerarchica delle coppie nella società bastava pensare al ruolo che i figli delle varie coppie avrebbero avuto all’interno della corte.
Essendo le regine beta, in cima alla gerarchia c’erano  i loro figli, e quindi ovviamente questo tipo di relazioni, da cui venivano partoriti i successivi regnanti, seguita da quelle dei loro seguaci, e quindi quelle fra due beta che virtualmente avrebbero originato i futuri ministri.
Si sarebbe potuto pensare che in ultima posizione ci fossero i figli illegittimi dei re, frutto delle unioni alpha-omega, e invece la scala gerarchica era ancora lunga. In terza posizione si trovavano i figli di due alpha, tanto rari quanto temuti, indicati per convenzione con il termine gamma.
A queste rara anomalia del sistema seguivano i figli illegittimi del re, e quindi ecco che anche le povere concubine riacquisivano un minimo di potere, in barba al fatto che la natura in origine le aveva designate come compagne naturali degli alpha…
Ad occupare i gradini più bassi della società erano i figli che, tenendo bene a mente l’ipotetico scenario di corte, erano generati da un tradimento, e quindi i figli di lascive concubine che seducevano retti ministri, i delta, figlie di coppie beta x omega, e in ultima posizione, anche loro scarsamente considerati per via della loro rarità, anche loro indicati con il termine gamma, i figli di due omega.
-Quest’immagine, se mi è concesso dirlo, Sire, mostra abbastanza bene la gerarchia generica delle relazioni. La specie vuole la sopravvivenza, è disposta a tutto per perpetrarla, e infatti questa struttura è valida soltanto per coppie di genere misto, logicamente due alpha maschi o un alpha e un beta non possono generare, così come due omega femmine, due beta o una beta ed un omega. Se per questo ci sono anche dei forti tabù sul fatto che siano le alpha a ingravidare e gli omega maschi a restare incinti, un altro giudizio umano che non tiene assolutamente in conto la naturale predisposizione di ognuno di noi a ricoprire un ruolo piuttosto che un altro, ma per quanto ho sperimentato sulla mia stessa pelle le maggiori discriminazioni le subiscono le coppie che non hanno la chance di concepire.
Sono venuta qui perché Sindria mi era stato descritta come la terra promessa, in cui nessuno critica gli altri per le scelte del cuore e invece-
-Sei rimasta delusa?-
Sahsa sorrise, scaldandogli il cuore. Era una brava oratrice, aveva idee chiare e la capacità di esporle in maniera semplice, con degli esempi facilmente comprensibili per chiunque, rispondendo alle critiche senza prendersela a male.
-No, Sire, non lo sono. Siamo ancora guardate con sospetto e diffidenza, ma quando tempo fa siamo state attaccate da dei marinai stranieri la popolazione si è schierata in nostra difesa, anche coloro che avevano mostrato di non approvare le nostre scelte. Né io né la mia compagna abbiamo mai creduto alle leggende che dicono esista un posto su misura per ciascuno di noi, e Sindria non sarà perfetta, ma è un paese in cui la gente s’impegna per comprendere prima di criticare. Non sarà il paradiso, ma ci piace.-
Sahsa sorrise, guardando la faccia assorta di Sinbad fissarla con le mani intrecciate fra loro, i gomiti poggiati sulla scrivania e le labbra serrate celate dietro le dita.
Parve ricordarsi solo in quel momento che era nulla più di una cameriera, e subito ripiegò il capo in segno di riverenza.
-Perdonatemi Sire, ve ne prego, non era mia intenzione esprimermi in modo così arrogante, sono desolata.-
Sinbad strizzò gli occhi, guardandola attonito.
-Non hai nulla di cui scusarti, mi ha fatto piacere parlare con te.- disse con un sorriso, riprendendo le carte precedentemente abbandonate e cercando di tornare a lavorare, ancora troppo concentrato sulla discussione appena conclusasi.
Sbirciò Sahsa, ancora seduta nello stesso punto, e non poté che cercare di iscrivere sé stesso e lei nel mondo che lei aveva descritto.
Era certo di essere un re migliore di quello che lei aveva illustrato, ma anche lui, indipendentemente dal motivo, non aveva mai ammesso il suo coinvolgimento con un omega e ora solo perché una persona aveva disatteso le sue aspettative stava cercando di liberarsene senza alcuna remora.
Era davvero migliore di quel re descritto dalla ragazza? A parole difendeva i diritti e le libertà degli omega, ma per il solo fatto che Judal non avesse vissuto tutta la sua vita in sua paziente attesa ora lui lo stava ripudiando.
No, non era certo di potersi definire un così buon re.
Portò lo sguardo sulla ragazza, immerso ancora in quei difficili pensieri.
-Cosa ti piace leggere?- chiese con gentilezza, deciso a darle un’attività più appagante che non il semplice guardarlo lavorare, ma la giovane chinò il capo, tenendo le mani giunte in grembo -Non so leggere, Sire, se avete bisogno di qualcuno che sappia farlo me ne andrò subito cosicché possiate assumere qualcuno di più adatto a ricoprire la mia carica.-
-No, no, era solo per chiedere. Rimani, non credo che potrei trovare una consulente migliore.-
-Non sono che una cameriera, Sire, non sono abile in questo ruolo, ma se desiderate farò del mio meglio.- rispose piegando ancor di più il busto
-Chiamami Sinbad. E alza lo sguardo, non c’è bisogno che tu guardi il pavimento. Hai fatto un discorso fantastico, l’ho molto apprezzato, e per questo vorrei il tuo consiglio.-
-Non credo di essere adatta Maestà, io-
-Io invece penso tu sia perfetta. Non ti voglio costringere, se non te la senti non ti obbligherò, ma ho fatto delle… scelte, ecco, che mi hanno provocato dei problemi, e ora non so come uscirne. Non ti chiedo di risolvere il problema al posto mio, vorrei sollo sapere cosa faresti tu se fossi al mio posto.-
Sahsa alzò lentamente lo sguardo, ancora incerta. Si ritrovò a fissare il nero profondo dei suoi occhi nell’oro di quelli di Sinbad, e dopo essersi convinta della sua sincerità parlò cautamente.
-In quale veste chiedete il mio aiuto?-
-In veste di uomo.-
Sorrise, sciogliendo l’intreccio delle mani e muovendosi appena sul divano, assumendo una posizione vagamente più comoda.
-Farò il possibile per aiutarvi, Sinbad-
   
 
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