Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    31/03/2020    19 recensioni
Regole vecchie di secoli ed una studiata crudele vendetta riusciranno ad impedire a due spiriti affini di incontrasi, imparare a conoscersi e, perché no, ad amarsi?
Nota *Non tiene conto degli avvenimenti di Frozen 2*
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ciclo delle Stagioni'
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Capitolo 2

Inverno

 

    «Allora, sei pronta?» sussurrò Anna nell’oscurità che le regalava la porta chiusa davanti a sé, una mano già sulla maniglia.
Una piccola testolina dalle treccine bionde annuì decisa, troppo concentrata per proferire parola alcuna: si era alzata così preso per soprendere sua zia, non avrebbe mandato tutto a monte con una parola di troppo.
«Allora? Quand’è che si entra?» proruppe garrulo il pupazzo di neve alle loro spalle «Freja, dobbiamo augurare un grandissimo buon compleanno alla nostra Elsa!»
«Olaf!» sbottò arrabbiata la bambina sullo stesso tono dell’altro «Se gridi così si sveglierà!»
«E addio effetto sorpresa…» sospirò la principessa alzando gli occhi al cielo «Coraggio… andate!» li invitò aprendo la porta, scatenando così un uragano di urla e risate che, con la forza di una mandria di renne impazzite, si schiantò sul letto della regina.
«Oddio è morta» Anna si portò le mani alla bocca e, incurante del pericolo, si lanciò sul letto della sorella in mezzo ai vari “Tanti auguri a te” strillati e cantati dalla figlia in compagnia del suo fidato compare di disastri «Elsa, rispondimi ti prego!» la cercò preoccupata, lanciando coperte e guanciali «Respira! Elsa?»
Fu l’ultima cosa che disse prima di essere abbattuta dal fuoco incrociato di cuscini impazziti: il grande baldacchino era vuoto, dove diavolo era finita?

 

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    La regina inspirò a pieni polmoni l’aria gelida del primo mattino, mentre la luce dell’alba innondava il cielo di colori spettacolari. Data la bellezza che l’aveva accolta al suo risveglio, al di fuori della sua finestra, e l’ottimo umore in cui si sentiva aveva deciso di concedersi una passeggiata nella neve immacolata dei giardini del castello, un ottimo modo per iniziare il giorno del suo compleanno.
Nessuno si era ancora azzardato ad uscire quel mattino: sapeva che la sorella stava tramando qualcosa con i servitori e la gente del paese, ma solo le orme di piccoli animali erano visibili sul manto candido, di conseguenza, il posto prescelto per la festa doveva essere un altro. Si mosse un altro po’ e, con un sorriso, alzò un braccio andando a sfiorare con le dita dei cristalli di ghiaccio che scendevano dalle fronde di un albero lì di fianco: un pettirosso le sfrecciò accanto, posandosi poco più avanti sulla neve fresca, così leggero che neanche sprofondò. Il piccolo girò appena la testa, regalandole uno sguardo curioso accompagnato da un sonoro cinguettio, poi rispiccò il volo sparendo dalla sua vista in un battito di ciglia.
Il campanile scandì coi suoi rintocchi l’inizio di una nuova ora, non aveva più molto tempo: di lì a poco, Anna si sarebbe scaraventata nella sua stanza, probabilmente con Freja e Olaf al seguito, cercando di soffocarla letteralmente di auguri, abbracci e amore. Al solo pensiero, represse una risata divertita e si girò per rientrare ma un fruscio, al limite del suo campo visivo, catturò la sua attenzione: un coniglietto bianco saltellava felice poco distante, se non si fosse mosso così rapidamente sarebbe stato impossibile notarlo, identico com’era al panorama circostante, come se fosse fatto di neve stessa, sembrava quasi stesse fluttuando nell’aria… Aspetta, cosa? Non era un’impressione, stava fluttuando per davvero! Com’era possibile?
Proprio in quel momento, il piccolo incrociò il suo sguardo e, dopo un leggero fremito di naso, scartò di lato e scomparve dietro ad una siepe.
Troppo incuriosita si dimenticò dell’orario, della sorella e del suo stesso compleanno, si mise all’inseguimento: quel coniglio era magico e, a qualsiasi costo, avrebbe scoperto chi condivideva con lei questo dono.

 

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    Il principe imprecò dopo che, per l’ennesima volta, la mano semicongelata perse la presa, minacciando di regalargli una caduta di svariati metri che gli avrebbe fatto rischiare l’osso del collo. Una nuvola di vapore accompagnò il grugnito che uscì dalla sua bocca, nel tentativo di tornare in posizione stabile: ci riuscì.
Il freddo stava aumentando e i vestiti caldi, con cui era equipaggiato, cominciavano a non essere più impermeabili al freddo e l’umido iniziava ad entrargli nelle ossa. Al diavolo il Nord, al diavolo il freddo. Si ritrovò a chiedersi se, al suo ritorno, avrebbe ritrovato il cavallo lasciato impastoiato molto più sotto: sarebbe scappato per salvarsi la vita o l’avrebbe trovato assopito nel sonno eterno del congelamento? Si augurò che la copertura che gli aveva lasciato sarebbe stata sufficiente a tenerlo al caldo sino al suo ritorno, l’impossibilità di tornare in tempi brevi al suo accampamento avrebbe segnato anche la sua fine. Digrignò i denti e riprese la scalata: più su, sempre più su.
Al diavolo i suoi fratelli, sarebbe stato il primo ad offrire a suo padre la vendetta perfetta. Aveva studiato per mesi, trascurandosi così come la sua barba incolta testimoniava ma, alla fine, aveva trovato la risposta ai suoi desideri. Curioso che, ancora una volta, la sua ambizione lo avesse portato a Nord, l’odiato Nord, ma questa volta non avrebbe arrecato disonore alla sua famiglia, avrebbe ottenuto il riscatto: lui era stato la causa, sarebbe stato anche la soluzione. Arendelle, la sua regina e la sua principessa l’avrebbero pagata cara. Uno scrocchio sinistro sotto al suo piede gli gelò il sangue nelle vene: riuscì appena in tempo a sgranare gli occhi che, sotto di lui, il terreno cedette, dando inizio ad una caduta rovinosa. A nulla valsero i tentativi disperati di aggrapparsi, precipitò finché, con un tonfo sordo, non toccò il fondo e tutto fu buio.

 

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    Il coniglio di neve terminò la sua corsa, la regina lo raggiunse poco dopo costretta, da un leggero affanno, a piegarsi sulle ginocchia per riprendere fiato. Rialzò lo sguardo e trovò il magico animale accanto ad un paio di piedi nudi che posavano tranquilli sul terreno spoglio e gelato: un uomo, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli d’argento, se ne stava lì con i suoi calzoni strappati e una leggera camicia blu a coprirlo dal freddo del mattino. Aveva un lungo bastone stretto nel pugno, con un gesto del braccio, lo innalzò in aria e il piccolo mammifero lo aggirò più volte volando fin sulla cima ricurva, fermandosi a pochi centimetri dal viso dello sconosciuto: lui gli regalò un sorriso e una carezza e, dopo un paio di moine in risposta, l’animale scomparve in una miriade di piccoli cristalli.
Elsa inarcò le sopracciglia stupita «Chi siete voi?» lo vide sorridere nuovamente, questa volta nella sua direzione, in un modo che le risultò stranamente familiare.
Lui portò la mano libera al ventre, omaggiandola con un formale inchino «Jack Frost, al suo servizio maestà»
«Voi siete come me?» volle sapere lei senza altri preamboli «Avete anche voi la magia»
L’uomo sorrise ancora per la sua impazienza «No e sì» le rispose confondendola «Anche se la vostra era più un’affermazione che una domanda, la risposta è “Sì”, ho la magia ma “No”, non sono come voi: io sono lo Spirito dell’Inverno e, anno dopo anno, servo il vostro regno e tutto il resto del mondo con questo» concluse allargando le braccia.
«Voi siete l’Inverno?» ripeté l’altra incredula.
«Possiamo dire anche così» confermò divertito «La domanda vera è: chi siete voi?»
La donna non comprese «Io sono Elsa, regina di Arendelle»
«Grazie tante» sbuffò Jack ironico, si alzò in volo per potersi sedere sul ramo di un albero accanto a lei «Quello che intendevo è: il fatto che lo Spirito dell’Inverno abbia la magia non stupisce nessuno, mentre una giovane regina, di natura umana, diciamo che dovrebbe suscitare non poco scalpore»
«Ciò che dite potrebbe essere vero, se non fosse che qui tutti conoscono me ma nessuno ha mai visto né sentito parlare dello Spirito dell’Inverno» gli rispose a tono decidendo di stare al gioco, stranamente divertita dai suoi punzecchiamenti.
A quelle parole, però, il viso di lui si rabbuiò per un attimo per riaccendersi subito dopo della precedente espressione irriverente «Eppure vivete gli effetti del mio lavoro tutti gli anni» la sfidò e, con uno slancio, lasciò la sua seduta per atterrarle vicino «e non mi avete mai visto perché, di norma, la gente comune non dovrebbe riuscirci. A quanto pare, però, voi non siete comune» concluse, incurvandosi leggermente per incontrare i suoi occhi.
Quella vicinanza la mise a disagio «Non lo so perché sono così» confessò, ritraendosi un poco «So solo che ci sono nata»
«Non dovete preoccuparvi» la rassicurò lui, fraintendendo il motivo del suo turbamento «Il vostro è un dono, non dovreste vergognarvene»
«Oh, questo finalmente l’ho capito» fece presente la regina con un sorriso «La magia fa parte di me, non devo averne paura» e, per dimostrarlo, creò un cristallo di ghiaccio, lanciandolo in aria dove esplose in un’infinità di scintille lucenti. Riportò, quindi, l’attenzione sullo spirito che aveva di fronte e trovò il suo viso acceso dallo stupore e una sincera ammirazione. Si ritrovò a domandarsi il perché «Siete così felice per i miei poteri o perché, finalmente, potete parlare con qualcuno?»
Lui riabbassò lo sguardo su di lei, sgranando gli occhi «Certo che siete diretta» commentò scoppiando a ridere, sorprendendola «Sì, sono felice, per entrambi i motivi a dir la verità: trovo le vostre capacità incredibili, non ho mai visto niente del genere in centinaia di anni e, sì, sono contento di poter parlare con qualcuno che non siano i soliti tre amici di sempre»
Elsa arrossì: non l’aveva solo pensato, l’aveva detto davvero… maledetto fattore Anna. Cercò di riprendersi «Avete degli amici?»
«Beh, sì» le rispose come se la cosa fosse palese «Le stagioni non sono, forse, quattro?»
In effetti, aveva perfettamente senso.
Jack portò la sua attenzione verso il castello «Temo che per me sia giunta l’ora di andare, ho del lavoro da portare avanti: l’Inverno è appena cominciato»
La regina si ritrovò dispiaciuta: avrebbe voluto chiedergli ancora tante cose, a partire dal perché le risultasse vagamente familiare ma, prima che potesse aprire bocca, lui continuò «Pensate possa farvi piacere se tornassi a trovarvi qualche volta?»
«Mi farebbe piacere, sì» confermò con un po’ troppa rapidità.
Lo Spirito dell’Inverno le sorrise divertito, poi allungò una mano verso il suo orecchio e una splendida rosa di ghiaccio apparve fra i suoi biondi capelli «Buon compleanno, Regina di Arendelle» e, con una folata di vento gelido, scomparve.
«Elsa!» urlò la sorella da lontano «Finalmente ti ho trovato» esultò, raggiungendola con grandi falcate «Buon compleanno!» le disse stritolandola in un abbraccio, staccandosi subito dopo per puntarle contro un dito ammonitore «Ero già pronta a tirarti le orecchie nel caso ti avessi trovato a preparare qualche editto o roba del genere…»
«Mettere mano alle mie funzioni di regina, oggi?» la interruppe l’altra «Come se qualcuno fosse disposto a farmi fare qualcosa» concluse divertita.
«E lo credo bene» confermò Anna «Comunque non sei stata molto corretta a venirtene all’alba a bighellonare per i giardini coperti di neve: Freja e Olaf ci tenevano tanto a darti il loro regalo per primi»
«Freja e Olaf?» chiese ironica la bionda, inarcando un sopracciglio.
La principessa roteò gli occhi al cielo «Mmm… e va bene, anche io! Bella quella rosa»
«Grazie…» Elsa sorrise «Dove sono adesso?»
«Ehm…» sudò freddo la minore «Temo stiando finendo di distruggerti la camera»
«Cooosa?»

 

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    Il principe riaprì gli occhi, avvertendo immediatamente un forte dolore alla testa. Si portò una mano alla tempia per ritrovarsi il guanto sporco di sangue. Sbuffò e una fitta lancinante gli attraversò il petto: fantastico, qualche costola doveva essersi rotta o, quantomeno, incrinata. Trovò le braccia e le gambe dolenti ma non allarmanti, così provò ad alzarsi ma una scarica di dolore gli spezzò il fiato, solo con la forza della determinazione riuscì a girarsi su un fianco e a portarsi in ginocchio. La luce entrava flebile dal buco che testimoniava la sua caduta, svariati metri sopra di lui: era dentro ad una grotta, poteva sentire sciabordare l’acqua poco più avanti. Strinse i denti e si portò verso la fonte di quel rumore «Finalmente!» sospirò di soddisfazione.
Al centro della polla d’acqua dinnanzi a lui, alimentata dal gocciolio di numerose stalattiti, c’era quello che stava cercando. Quella maledetta famiglia reale avrebbe ricevuto la lezione che meritava, così come la stupida gente di Arendelle: nessuno avrebbe amato quella strega di ghiaccio mai più.

  
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