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Autore: Lamy_    01/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. FESTA DELLE MASCHERE
 
Una settimana dopo
Ivar camminava nel cortile del palazzo per curiosare in giro. Il palazzo era in fermento per una festa in maschera che si sarebbe tenuta quella sera, perciò i servi si affaccendavano per addobbare la sala principale, in cucina si lavorava sin dalle prime luci per preparare il lauto banchetto, e i soldati lucidavano le armature da sfoggiare con gli ospiti. Oleg aveva invitato tutti i nobili dei dintorni di Kiev, qualche suo vecchio amico e anche suo fratello Dir.
“Pedinare le persone non è carino.” Esordì Ivar, divertito.
Igor spuntò da dietro un barile di vino con le gote arrossate dall’imbarazzo per essere stato scoperto.
“Non ti stavo pedinando.”
“E cosa stavi facendo?”
“Spiavo il nemico.”
Ivar riprese a camminare e questa volta Igor procedette con lui.
“Io sono tuo amico, Igor. Io e Oleg siamo alleati, pertanto io e te non abbiamo motivi di inimicizia.”
“Allora posso sapere perché sei storpio?”
“Sono così dalla nascita per volere degli dèi.”
Igor aggrottò le sopracciglia per quella risposta insensata.
“Gli dèi non esistono. Esiste un solo Dio ed è quello cristiano.”
“E’ per il vostro Dio che state organizzando questa festa?”
Due servi scaricano una grande quantità di legna da due carri poiché i festeggiamenti sarebbero andati avanti per tutta la notte e gli ospiti dovevano stare al caldo.
“Non proprio. Festeggiamo il ‘Carnevale’, il periodo che precede la Pasqua. Indossiamo delle maschere, balliamo, giochiamo.”
“Che cosa stupida.”
Igor rise per l’espressione accigliata di Ivar. A palazzo non parlava con nessuno, anzi faceva il possibile per evitare Oleg e il resto della famiglia, ma il vichingo gli ispirava una certa simpatia.
“Dov’è la ragazza?”
“Hildr, intendi? Non lo so. Ha detto che mi avrebbe raggiunto presto.”
Ivar si sedette su una cassa di legno perché la gamba destra gli tirava i muscoli causandogli piccole scariche di dolore.
“Voi state insieme?”
“Sì, lei è mia moglie … più o meno, è una storia lunga.”
Igor prese posto accanto a lui e arricciò il naso, visto così sembrava davvero un bambino innocente.
“Hildr sembra un ragazzo.”
“Hildr è un po’ un maschiaccio, ma questo dipende dagli anni che ha trascorso insieme a me e ai miei fratelli. Ti assicuro che è una donna strabiliante.”
Per lungo tempo Ivar stesso aveva pensato a Hildr come a una mezza donna. Si sporcava sempre di fango, giocava con i maschi, lottava meglio di un maschio e aveva la sfrontatezza di un maschio. Poi aveva scoperto che sotto quella facciata, in verità, c’era una donna dalla mente affinata e dal corpo pieno di curve sinuose.
“E’ di certo più simpatica di Kyra.” Disse Igor, un sorriso furbo dipinto sulle labbra.
“Sono d’accordo. Dai, andiamo a infastidire Hildr.”
 
Quando Ivar entrò in camera, Hildr era ancora a letto ma non dormiva. Era sveglia, avvolta nelle coperte in posizione fetale, ed era pallida. Per fortuna Igor era rimasto fuori in attesa.
“Hildr, stai bene? Sei bianca come un cencio.”
“Voglio morire.”
Ivar vide un panno sporco di sangue sul pavimento e fu sopraffatto dalla paura che qualcuno l’avesse aggredita in sua assenza.
“Che succede? Ti hanno fatto del male?”
Hildr si mise a sedere lentamente, la sua cera era peggiore di quando era stata ferita in battaglia.
“Sto così per colpa del sanguinamento. Mi fa male la pancia come se mi avessero investito con un cavallo dagli zoccoli ferrati.”
“Posso fare qualcosa per te?” chiese Ivar, titubante.
Di solito Hildr curava quel suo malessere femminile con intrugli appresi da Helga, ma a Kiev con tutta quella neve non crescevano le erbe necessarie.
“Prega gli dèi affinché io muoia. Non sopporto questo dolore.”
“Richiesta decisamente estrema.”
Ivar si sdraiò in modo che lei si appoggiasse con la schiena contro il suo petto, un tentativo di placare il suo stato. Come gli aveva suggerito una volta Aslaug, incominciò a massaggiare piano la pancia di Hildr.
“Che stai facendo?”
“Mia madre diceva che può essere d’aiuto in questi casi un massaggio. Devo smettere?”
“No! – disse Hildr – E’ piacevole. Continua.”
Ivar si rese conto che le lenzuola erano macchiate di sangue, così anche la veste di Hildr, ed ebbe un’idea che forse la ragazza avrebbe contestato.
“Potremmo chiedere aiuto a Kyra. E’ una donna ed è nobile, sono sicuro che abbia qualcosa per il dolore. E poi dobbiamo chiamare qualche serva per ripulire il sangue.”
“Mi vergogno! Non se ne parla! No!”
Hildr parlava del sanguinamento solo con Ivar dopo la morte di Helga perché odiava mostrarsi debole a causa dei dolori. Lei non chiedeva mai aiuto, tantomeno a quella spocchiosa di Kyra con cui avrebbe dovuto affrontare un discorso imbarazzante.
“Hildr, non fare la bambina. Stasera ci sarà una festa e tu dovrai essere al mio fianco.”
“Ti detesto.” Disse Hildr tra i denti.
 
Due ore dopo Hildr stava sorseggiando un intruglio a base di agnocasto, una pianta che possedeva grandi doti curative. Alla fine Kyra era andata in suo soccorso con un boccale di quella brodaglia medicinale, panni di cotone e un paio di calzoni neri per attenuare eventuali macchie. Ivar era andato a visitare i cavalli con Igor mentre le serve pulivano a fondo la camera dal sangue.
“Tu davvero parli di questo con Ivar?” domandò Kyra, sbalordita.
“Sì, davvero. Prima mi confidavo con mia zia, poi mi è rimasto solo Ivar con cui parlarne. Per noi è normale.”
Kyra rimaneva sempre più stupita da quella ragazza. Era cresciuta con il monito a non parlare del sanguinamento perché era una cosa di cui vergognarsi, era una cosa sporca e gli uomini non gradivano sapere nulla al riguardo. Sua madre e sua sorella maggiore le ripetevano che il sanguinamento femminile causava la morte delle api, il cattivo odore del bronzo, l’arrugginimento del ferro, la caduta dei frutti dagli alberi perché appassiti, insomma in quei giorni una donna doveva restare chiusa in camera da sola per impedire alla malattia di diffondersi*.
“Voi due siete bizzarri.” Disse Kyra scuotendo la testa.
Hildr sghignazzò, il dolore stava diminuendo e il buon umore stava tornando – per quanto buono potesse essere l’umore di un’esule in terra straniera.
“Ivar mi ha detto che stasera ci sarà la festa di Carnevale. Cos’è?”
“E’ una festa che si celebra prima della Quaresima, ovvero i quaranta giorni che precedono la Resurrezione di Cristo. Oleg bandisce sempre una grande festa in questa occasione perché adora la sfrenatezza di questa celebrazione.”
Kyra sembrava preoccupata, aveva perso la sua verve altezzosa e non sorrideva neanche più.
“A te non piace questa festa?”
“Sì e no. Mi piace perché posso indossare un bell’abito e sfoggiare la maschera più bella, ma non mi piace perché mi sento sola in mezzo alle donne invitate. Inoltre, questa sera ci sarà anche Dir e non sarà in vena di festeggiare dato che Askold è morto pochi giorni fa per mano di Oleg.”
“Dir vorrà vendicarsi. Tu che ne pensi?”
Hildr non capì perché la rossa la stesse fissando come se l’avesse appena insultata. A Kyra non era mai stato chiesto un parere, era una donna e il suo ruolo era quello di moglie muta e accondiscendente. A lei non era permesso pensare ed avere un’idea.
“Penso che ti serva un vestito decente per questa sera!”
“No, no, no. Non è necessario!” replicò Hildr con veemenza.
Kyra la trucidò con lo sguardo di chi non ammetteva un rifiuto.
“Taci. Tu fai come dico io perché stasera quelle oche starnazzanti delle mie amiche giudicheranno il mio vestito e anche il tuo poiché sei mia ospite. E’ mio dovere dare una sistemata al disastro ambulante che sei.”
Hildr inarcò il sopracciglio e bevve un altro sorso di agnocasto.
“Ah, grazie dei complimenti.”
 “Ora vieni con me, ti porto dalla sarta di corte.”
 
“Per tutti gli dèi, smettila di farmi male!” gridò Hildr.
“Continua.” Insistette Kyra.
La sarta diede retta alla sua signora e continuò a stringere i lacci del corpetto, nonostante Hildr si divincolasse. Aveva sempre indossato vestiti comodi – calzoni e camicia – per muoversi liberamente, perciò quell’abbigliamento le sembrava uno strumento di tortura piuttosto che un mucchio di stoffa. Kyra aveva dato il peggio di sé nella scelta dell’abito: consisteva in una tunica blu notte che arrivava al polpaccio, un corpetto azzurro dalla scollatura ampia e rotonda da cui sbucavano le bianche maniche lunghe svasate dal gomito, in aggiunta una larga fascia color argento sottolineava il punto vita e una cintura di cuoio intrecciato.
“Basta! Ti supplico!”
La sarta annodò i lacci del corpetto tanto da mozzare il fiato di Hildr. Respirare era impossibile.
“Sembri umana adesso, non una gattaccia randagia.” Disse Kyra sorridendo trionfante.
Una serva spinse bruscamente Hildr sulla sedia per acconciarle i capelli. La ragazza pettinava le ciocche con irruenza, tirava, attorcigliava, e Hildr emanava gridolini inferociti. Kyra era già pronta, indossava un abito simile a quello di Hildr ma con colori che tendevano al rosa, i capelli rossi erano legati in due trecce laterali che mettevano in risalto la coroncina e ai lobi pendevano preziosi orecchini d’oro.
“Kyra, la festa inizierà a momenti!” disse Vadim dall’altra parte della porta.
“Arriviamo! Aspettami in sala.”
Quando la serva fece un passo indietro, Hildr poté guardarsi allo specchio e rimase meravigliata: i lunghi capelli neri erano ondulati e ornati da un sottile filo d’argento, le gote erano rosate e le orecchie erano ornate da semplici orecchini argentati.
“Sono … carina.”
Non aveva mai pensato a se stessa in quell’ottica. Non si era mai soffermata sul proprio aspetto fisico, poco le importava di come la vedevano gli altri, eppure in quel momento si sentì bella.
“Ivar rimarrà senza parole.”
 
Hildr rientrò mentre Ivar si issava sulle stampella. Anche lui indossava abiti nuovi, calzoni e casacca neri, e si era legato i capelli in una sola treccia.
“Eccoti! Pensavo ti fossi per … Oh!”
Ivar non aveva mai visto una donna più bella di Hildr. Era talmente stupito che la bocca gli si era spalancata senza volerlo.
“Non startene lì imbambolato! Sciogli i nodi del corpetto, è troppo stretto e va allentato.”
Hildr gli diede la schiena e si spostò i capelli sulla spalla mettendo in bella mostra il collo.
“V-vuoi che … ehm … cosa?”
“Ivar, ma sei stupido? Slacciami il corpetto! Mi manca il respiro.”
Ivar allentò i primi lacci permettendole di fare un respiro profondo. Non vedeva l’ora che la serata volgesse al termine per liberarsi di quel tremendo abito che le dava il tormento.
“Igor ci ha portato … ehm … le … maschere.” Balbettò lui.
Le maschere consistevano in una semplice benda munita di buchi per gli occhi, una era nera e una marrone, ed erano state realizzate con i brandelli residui del cuoio.
“Che festa inutile. E siamo imbecilli noi che partecipiamo!”
Ivar annodò gli ultimi due lacci in modo che Hildr non svenisse, dopodiché fece un passo indietro per ammirarla. Hildr si voltò e si lisciò le pieghe del vestito, i capelli neri ricadevano in morbide onde sulle spalle.
“Sei più bella di Freya.”
“Non dire idiozie, Ivar. Nessuna è più bella della dea della bellezza.”
“Tu sì. Se solo ti guardassi con i miei occhi … sei sensazionale.”
Ivar era sinceramente ammaliato. Aveva visto Hildr in numerosi abbigliamenti e con diverse acconciature, ma quella sera c’era qualcosa di quasi magico nella sua bellezza. La ragazza fece una smorfia, non amava i complimenti e non capiva perché Ivar fosse tanto impressionato.
“Grazie, credo. Andiamo prima che tu dica altro.”
 
Ivar e Hildr avevano presenziato a tutte le feste organizzate da Aslaug, ma il Carnevale a Kiev era tutta un’altra storia. La sala principale pullulava di persone, nobili principi con le consorti e i figli, principesse in cerca di marito, servi che accorrevano ad ogni alzata di mano, e i musici sul fondo che allietavano l’atmosfera. Lunghi tavoli di legno erano coperti da tovaglie sgargianti ricamate a mano con cura estrema e sopra era esposta un’abbondante carrellata di cibi: zuppe, ventri di pesce, pasticci di acqua e farina, panna acida, frutta secca, dolci alla frutta e alcol a volontà.
“Sto morendo di fame.” Disse Hildr adocchiando una zuppa bollente.
“Non è una novità.” Ribatté Ivar.
All’improvviso gli ospiti smisero di vociferare e la musica si interruppe. Oleg era appena entrato insieme a Igor. Tutti si inchinarono al loro passaggio, anche Ivar e Hildr, e rimasero in quella posizione fino a quando Oleg non prese posto. Gli ospiti in gran fretta si sistemarono ai lati della sala per lasciare spazio alle danze.
“Quindi non si mangia?” domandò Hildr, stizzita.
Ivar rise perché Hildr non sarebbe mai cambiata, e non era di certo un aspetto principesco a renderla diversa.
“Come fai a mangiare sempre? Hai lo stomaco più grande di un orso.”
“Lo sai che il sanguinamento aumenta la fame.”
“Hildr, la tua fame aumenta anche in condizioni normali.”
“Può darsi.”
Hildr andò a sbattere contro Ivar dopo che una ragazzina era inciampata addosso a lei. Kyra afferrò la ragazzina per le spalle e la sgridò in russo.
“Scusatemi. Lei è mia sorella ed è molto maldestra.”
“Non importa. – disse Hildr – Quando sarà possibile mangiare?”
“La cena inizia sempre dopo il discorso di Oleg. Dovrai attendere ancora un po’, straniera.”
Rimasta da soli, Hildr e Ivar si appartarono in un angolo isolato della sala per stare tranquilli.
“Stamattina Kyra mi ha riferito che Oleg ha invitato anche suo fratello Dir.”
Ivar, che stava bevendo, sputò il vino nel boccale a quella notizia.
“Solo una settimana fa ha ucciso Askold! Oleg vuole innescare una guerra stasera.”
“Sì. – confermò Hildr – Kyra pensa che Dir voglia vendicarsi. Secondo me c’entra Igor.”
“Igor è il futuro sovrano ed è indispensabile per il reggente, perciò tutti lo vogliono per ottenere maggiore potere.”
Hildr stava per dire qualcosa quando un silenzio tetro piombò sulla folla. Un uomo stava facendo il suo ingresso, mano sull’elsa della spada, sguardo carico di odio. Oleg si alzò in piedi con un sorriso esagerato.
“Dir! Fratello caro, è un vero onore averti qui!”
“Posso parlarti in privato, fratello?”
Vadim si oscurò in volto mentre Oleg e Dir uscivano dalla sala per discutere lontano dagli ospiti. Kyra batté le mani e i musici ripresero a suonare. Anche i presenti continuarono a chiacchierare e bere.
“Dir è venuto qui per minacciare Oleg, vuole vendetta per Askold e rivuole Igor.” Disse Ivar.
“Scommetto che la conversazione finirà con la testa di Dir in mano a Oleg.”
“Che c’entra la testa di Dir?”
Igor era spuntato dal nulla obbligando Hildr e Ivar a zittirsi e a simulare un sorriso.
“Nulla. – mentì Hildr – Dir ha proprio una bella testa.”
“Tu sei Hildr, giusto? La moglie di Ivar.”
“Ah, sono famosa a quanto pare!”
Ad Ivar scappava sempre un sorriso quando Hildr veniva riconosciuta come sua moglie, per lui era motivo di vanto.
“Ivar dice che sei brava a combattere. Mi insegneresti?”
“Ti insegno a combattere se adesso mi porti una scodella di zuppa calda. Ci stai?”
Igor si fiondò come un’aquila verso le pietanze e riempì di zuppa una scodella, però Inna lo bloccò prima che potesse sgattaiolare per rimproverarlo.
“Usi un bambino per sfamarti? Sei una cattiva ragazza.” scherzò Ivar.
Hildr spostò la maschera verso l’alto per fargli la linguaccia, poi rise insieme a lui.
“Il mio corpo reclama cibo, non è colpa mia.”
Ivar si incupì vedendo che Vadim si dirigeva verso di loro con espressione nervosa. Era un uomo che appariva pacato, quindi quel cambiamento doveva dipendere da qualcosa di grave.
“Ivar, vieni con me. Oleg richiedere la tua presenza.”
“Dove? – fece Hildr – Perché non vuole anche me?”
“Hildr, non ti intromettere.”
“Se gli fate del male …”
Vadim le riservò uno sguardo truce tanto da farla zittire.
“Non succederà nulla ad Ivar. Hai la mia parola che lo proteggerò.”
Ivar notò che Hildr era furiosa, tremava di rabbia, perciò le stampò un bacio sulla guancia.
“Va tutto bene. Ci vediamo dopo. Tu pensa a goderti la festa.”
 
Hildr tamburellava le dita sull’orlo della scodella da un’ora ormai. Ivar non era ancora tornato, di Oleg e Vadim non c’era traccia, e anche i soldati di Dir sembravano svaniti. Erano iniziate le danze, le coppie affollavano il centro della sala battendo piedi e mani a ritmo di musica. Kyra ballava con sua sorella minore, che aveva gli stessi capelli lunghi e rossi.
“Non mangi?”
Igor allungò il collo per rubare una cucchiaiata di zuppa alle verdure, era ancora tiepida per fortuna.
“Mi è passata la fame. Strano ma vero. Sono in pensiero per Ivar.”
“Vuoi spiarlo?”
Allora Hildr rivolse tutta la sua attenzione al ragazzino che stava leccando i bordi della scodella.
“In che senso?”
“Ho visto che portavano Ivar nella sala del trono. Dalla mie stanze si vede bene cosa accade là.”
“Andiamo, su! Sbrigati!”
Igor la condusse nelle proprie stanze – che erano due volte più grandi dell’alloggio di Hildr e Ivar – e chiuse la porta bloccandola con la sedia.
“Vedi quella finestrella in alto? Si affaccia sulla sala del trono.”
Nella parete sinistra, coperta da un panno trasandato, si apriva una piccola finestra munita di sbarre di legno.
“Sposta il tavolo contro la parete.” Ordinò Hildr.
Igor buttò a terra le cianfrusaglie e spostò il tavolo in modo da farlo combaciare alla perfezione alla parete. Senza troppe cerimonie, Hildr si sollevò la gonna e salì in piedi sul tavolo. Scostata la tendina, ebbe una parziale visuale della sala. Vedeva bene Oleg e Vadim, di fronte a loro stava Dir, e riusciva a vedere solo la stampella di Ivar.
“Cosa vedi? Ivar sta bene?”
La preoccupazione di Igor per Ivar era dolce, Hildr sorrise e annuì.
“Ora fa silenzio e fammi ascoltare.”
 
Ivar non capiva cosa stava per succedere. Oleg fissava il fratello con espressione indecifrabile. Vadim era teso come una corda, muoveva gli occhi tra i due principi e teneva la mano intorno all’elsa della spada.
“Hai ucciso nostro fratello, Oleg. Non ti senti in colpa?” parlò Dir.
“No. – rispose Oleg – Askold mi stava ostacolando e noi tutti sappiamo che gli ostacoli vanno rimossi. Igor appartiene a me. Mio cognato lo ha affidato a me.”
“E ha commesso un grave errore. A te non importa di Igor, tu vuoi solo il suo potere.”
“Tu cosa vuoi, invece? Vuoi rimboccargli le coperte ogni sera e dirgli che il mondo è un bel posto? Mi deludi, Dir.”
Oleg rideva mentre il fratello incassava il colpo. Ad Ivar sembrò di rivivere uno dei tanti battibecchi con i fratelli, quando bisticciava con Hvitserk per il vino, quando Ubbe gli rubava le coperte, quando Sigurd lo derideva.
“Mi riprenderò ciò che mi spetta. Uomini, arrestate il principe Oleg!” tuonò Dir.
Una dozzina di soldati marciò verso Oleg brandendo le spade, uno di loro in mano portava due catene da polsi. Vadim si parò davanti a Oleg puntando la spada alla gola di Dir.
“Che nessuno si avvicini al principe.”
“Tranquillo, Vadim. Riponi pure la spada del fodero. Userò le mie doti profetiche per difendermi.”
Ivar cercò di mostrarsi indifferente ma dentro di lui si agitava una curiosità morbosa circa le profezie di Oleg. Anche Dir rimase interdetto.
“Non essere sciocco, fratello.”
“Già. – chiosò Oleg – Però mi sa che l’unico sciocco qui sia tu. E sei anche scortese dato che non mi hai invitato al tuo matrimonio.”
Il volto di Dir si tramutò in vero terrore, sapeva che il fratello anche quella volta aveva anticipato le sue mosse.
“Come … come è possibile che tu lo abbia saputo?”
“Perché sono un profeta!”
Oleg con un gesto della mano richiamò due figure che emersero dal buio spingendo una donna. Dir sbiancò per la paura.
“Oleg, lasciala andare. Lei non c’entra niente.” Intervenne Vadim.
Ivar non capiva perché un comandante  delle truppe non appoggiasse il suo principe, del resto il suo compito era quello di assecondare ogni scelta del superiore, ma Vadim aveva quel barlume di moralità che sbandierava senza remore.
“Oh, no, Anna si sta divertendo con noi. Vero, cara cognata?”
Anna tremava, non osava sollevare lo sguardo, piangeva sommessamente.
“D’accordo. – disse Dir – Io mi ritiro a patto che tu mi riconsegni mia moglie.”
Il sorriso spocchioso di Oleg non tardò ad arrivare, di nuovo aveva ottenuto ciò che voleva con la forza.
“Molto bene, fratello. Lasciate andare la donna e accompagnate mio fratello fuori dal palazzo. Per lui la festa è finita.”
 
Hildr scese dal tavolo facendo attenzione a non inciampare nel vestito. Era avvilita da quanto aveva visto. Una vocina nella sua testa le bisbigliava che per Dir le cose non sarebbero finite bene. Oleg era un calcolatore vendicativo, per nessuna ragione avrebbe lasciato andare il fratello e la moglie illesi.
“Torniamo alla festa prima che si accorgano della nostra assenza.”
Igor la riportò alla festa attraverso un passaggio segreto che abbreviava il tragitto. Ricomparvero nella sala da dietro un arazzo decorato a motivi bianchi e rossi. Hildr si sedette su una panca mentre Igor andava alla ricerca di qualche avanzo da mangiare. Ivar rientrò pochi minuti dopo, la stampella che picchiava forte contro il pavimento, l’espressione accigliata. Prese subito posto accanto a Hildr.
“Hildr …”
“So già tutto. Igor mi ha permesso di spiarvi dalla sua stanza.”
Ivar non era sorpreso, Hildr seguiva il proprio istinto alla cieca senza dare ascolto agli altri.
“Oleg mi voleva là solo per darmi una dimostrazione del suo potere. Ridicolo.”
“Efficace. – disse lei – Ora sappiamo che abbiamo davvero a che fare con un uomo ricco di informazioni su chi lo circonda. Pensi che già conosca il nostro segreto?”
“Può darsi, ma lo userà contro di noi solo se necessario. Noi, però, non gli daremo motivo di farlo. Vero?”
Il tono di Ivar sapeva tanto di rimprovero rivolto a uno spirito libero come Hildr che non andava d’accordo con l’autorità, specie se in ballo c’era la vita di persone a lei care.
“Farò del mio meglio per non irritare il principe.”
“Fallirai miseramente.” Replicò Ivar con disappunto.
Hildr sfoderò un ghigno malizioso.
“Può darsi.”
“Ivar! Sei tornato!”
Igor diede una pacca sulla spalla al ragazzo, prese posto e affondò la faccia nella zuppa.
“Eri in pensiero per me?”
“Hildr era preoccupata. Le è addirittura passata la fame!”
“Non è vero! Quel ragazzino dice frottole.” Si difese Hildr.
Ivar inarcò il sopracciglio e rise della vergogna che la ragazza provava per aver ammesso i propri sentimenti.
“Igor! Vieni avanti!” gridò Oleg, il boccale oramai vuoto.
Igor si avviò verso il principe con titubanza, le spalle ingobbite, le labbra morse fra i denti. Gli invitati si scansavano man mano che procedeva, quello era il loro futuro sovrano ed era bene essere già buoni sudditi.
“Ho un regalo per te. Portatelo dentro!”
Un mormorio serpeggiò tra i presenti quando una guardia entrò nella sala trascinando al guinzaglio uno degli uomini di Dir.
“E’ atroce.” Sussurrò Hildr.
Ivar le afferrò il polso per tenerla vicina e poi fece incastrare le loro dita in una presa ferrea.
“Sta buona, Hildr.”
Oleg strofinò la punta dello stivale sul mento dell’uomo al guinzaglio, rideva in maniera sadica.
“Ti piace il regalo?”
Igor avvertiva gli occhi pizzicare a causa delle lacrime che premevano per sgorgare, difatti le guance si bagnarono in pochi secondi. Oleg sembrò contrariato dalla debolezza del ragazzino.
“Piangi come una femminuccia? Davanti a tutti? Sei un perdente.”
“Io … non  ...” balbettò Igor, però richiuse la bocca.
Hildr, che non sopportava più quel teatrino penoso, si staccò da Ivar per raggiungere Igor. Gli circondò le spalle con un braccio e gli asciugò le lacrime col pollice.
“Va tutto bene. Allontaniamoci.”
Stavano per indietreggiare quando una guardia sguainò la spada per minacciarli. Ivar arrancò verso di loro e abbassò l’arma con l’ausilio della stampella.
“Non li toccare.”
Oleg rubò la spada e la rivolse contro Ivar, la punta sfiorava il naso del ragazzo.
“Tu sarai pure senza ossa, ma la tua donna è senza cervello se osa sfidare un principe.”
“Ho abbastanza cervello per capire che stai agendo male.” disse Hildr.
Vadim si accorse che gli ospiti stavano trattenendo il fiato, impauriti da quello scontro, poiché il principe era noto per essere un uomo vendicativo e spietato.
“Ci penso io a lei.” Disse Ivar.
Oleg depose la spada ma i suoi occhi bruciavano di ira per Hildr. Non avrebbe dimenticato quell’affronto.
“Sì, pensaci tu.”
 
Ivar sbatté la porta tanto forte da fare cadere la candela dal tavolino.
“Sei impazzita? Oleg avrebbe potuto ucciderti! Tu e la tua dannata lingua!”
“Sempre meglio che reggere ancora la sua cattiveria!”
Hildr si disfò delle scarpe, si tolse gli orecchini e cercò di slacciarsi anche il corpetto.
“Ti senti quando parli? Hai perso il senno, Hildr!”
“Ho perso il cervello stando al tuo amichetto Oleg! E poi come hai intenzione di pensare a me? Vuoi picchiarmi fino a farmi tacere?”
Le grida di colpo si acquietarono. Loro si guardavano in cagnesco, i respiri affannati, e una distanza che pareva incolmabile a separarli.
“Non ti picchierei mai, lo sai.”
“Perché io ti picchierei prima.”
Per qualche assurdo motivo scoppiarono a ridere. Per quanto fossero cresciuti, nel profondo restavano quei due bambini che amavano passare il tempo assieme fra giochi e risate.
“Dobbiamo evitare di litigare. Dobbiamo restare uniti, ricordi?”
“Certo. – asserì Hildr – E’ solo che … ho rivisto te in Igor, quando i bambini a Kattegat ti prendevano in giro facendoti piangere.”
Ivar appoggiò la fronte contro la sua e abbozzò un sorriso.
“E tu eri sempre lì a difendermi e a consolarmi.”
“Sempre, Ivar. Ti amo.”
“E io amo te.”
Si scambiarono un bacio ricolmo d’amore e anche di un pizzico di tristezza. Non erano più piccoli, non potevano giocare a scacchi e aiutare Floki con le barche, ora erano due adulti che dovevano sfarzi spazio nel mondo a suon di gomitate e asce.
 
 
Salve a tutti! ^_^
La faccenda di Dir l’ho riscritta in maniera diversa dalla serie tv per adattarla alla storia, speriamo non vi dispiaccia.
Oleg sta mettendo un po’ di zizzania, e peggioreranno le cose!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
*queste erano credenze tipiche del mondo antico, Plinio il Vecchio le ha elencate nella sua Naturalis Historia.
* Il Carnevale veniva festeggiato così come l’ho descritto, anche dai cristiani. Mi sono documentata.

 
  
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