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Autore: Lamy_    04/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. A CACCIA DI INNOCENZA

Il giorno dopo
Hildr si aggirava nella biblioteca dalle prime luci dell’alba. Aveva trascorso la notte insonne, quanto accaduto alla festa l’aveva scossa e tenuta sveglia a pensare. Oleg non sarebbe mai stato un semplice alleato, le sue azioni minavano a sottolineare il proprio potere per intimorire chiunque, anche un ragazzino.
“Cerchi qualcosa?”
Johannes era sbucato da un corridoio secondario che gli permetta di accedere alla biblioteca dagli alloggi.
“Forse. – disse Hildr – Non so nemmeno io cosa cerco.”
“I libri sanno concedere una grande consolazione, sai.”
“Peccato che io debba avere a che fare con le persone!”
Johannes ridacchiò, la vichinga era la prima persona a palazzo che si interessava a lui dopo Vadim.
“Come scrisse Seneca: Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est, non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.”
“Mi conviene trovare una meta prima che il vento diventi troppo sfavorevole da impedirmi di scorgere un porto sicuro.” Disse Hildr.
“Hai una bella mente, ragazza. Usala bene.”
“Ci proverò.”
La porta cigolò quando Kyra fece irruzione con le gote arrossate per la corsa.
“Sei qui, straniera! Oleg vuole vederti subito.”
Hildr si girò verso Johannes per salutarlo con un cenno del capo, dopodiché seguì Kyra all’esterno del palazzo.
“Perché mi vuole vedere? E perché fuori?”
“Perché oggi è la giornata della ‘Venatio’, ossia della caccia. E’ un’antica forma di divertimento dei romani che Oleg ha conosciuto a Costantinopoli e se n’è appropriato. Ai nobili divertono le battute di caccia.” Spiegò Kyra.
“E’ una banale battuta di caccia. Perché farne una festa?”
Hildr rabbrividì per il freddo e si avvolse meglio nella pelliccia. Durante la notte una tempesta di neve aveva imbiancato tutta Kiev e i campi circostanti, era uno spettacolo suggestivo.
“Perché questi stupidi giochi servono a Oleg per gratificare i nobili e garantirsi il loro sostegno.”
“In cosa consiste? Dobbiamo uccidere animali?”
“No. – disse Kyra – Si dà la caccia ad una ragazza in età da marito che Oleg sceglie a occhi chiusi. La ragazza è la bestia selvatica in questo caso.”
Hildr fece una smorfia di disgusto. Era una pratica disumana proprio come i sacrifici umani che loro concedevano agli dèi.
“Uccidono ragazze innocenti per divertimento?”
Kyra si fermò per scuotere il capo e sospirare.
“Non la uccidono. E’ solo un gioco. Il primo nobile o soldato che cattura la ragazza è il vincitore. Non muore nessuno, tranquilla.”
“E scommetto che poi la ragazza va in sposa al vincitore.” Disse Hildr, schifata.
“Se il vincitore ha già una moglie sceglie a chi dare in sposa la ragazza. Una delle mie sorelle l’anno scorso è andata in moglie al figlio del nobile vincitore, un bell’affare.”
“E’ orribile. Sposare qualcuno per obbligo è una punizione tremenda!” replicò Hildr.
Kyra la guardò in tralice quasi volesse schiaffeggiarla con gli occhi.
“Non siamo tutte fortunate come te. Non tutte le donne guidano un esercito, lottano e scelgono chi amare. Non siamo tutte libere.”
Hildr abbassò il capo per la vergogna, le parole della russa non facevano una piega.
“Hai ragione. Perdonami.”
Kyra non proferì parola e proseguirono il tragitto in silenzio. Hildr da lontano intravide un gruppo di uomini – nobili, soldati e servi – intorno a Oleg. Tutti si stavano armando per la caccia.
“Principe, la ragazza è qui.” annunciò Kyra.
I suoi capelli rossi erano come fili di sangue in mezzo al bianco della neve. Oleg sorrise e si avvicinò a Hildr per poi baciarle la mano. La ragazza non capiva perché quella gentilezza dopo che lo aveva sfidato davanti alla sua corte.
“Hildr, è un onore averti qui. Kyra ti ha spiegato che giorno è?”
“Andate a caccia secondo una vecchia pratica romana. E cacciate giovani donne.”
“Non per mangiarle!” rispose uno dei nobili, baffi unti e doppio mento.
“Non mangiate i loro corpi ma di certo mangiate le loro anime.” Ribatté Hildr con freddezza.
“Intelligente. – commentò Oleg – Però oggi ho deciso di cambiare le regole del gioco. Dal momento che ieri sera abbiamo un piccolo screzio, mi piacerebbe dimostrare a tutti che noi siamo in pace. Ti andrebbe di essere la preda di questa caccia?”
Hildr si irrigidì, per un secondo la paura le attraversò il corpo come una scarica dolorosa. Desiderava che Ivar fosse lì a sostenerla ma chissà dove era andato insieme a Igor.
“Io sono già sposata, dunque non ne vedo il motivo.”
Oleg le arruffò i capelli come se stesse coccolando un cane, e la ragazza si tirò indietro con uno scatto.
“Non sei davvero sposata, non c’è mai stata una vera cerimonia. Non ti obbligo a sposare nessuno, voglio solo far vedere ai miei nobili che tra di noi non c’è astio. Ieri hai osato sfidarmi, è bene che tu ora mi renda il debito che hai con me.”
“Quale sarebbe il premio per il vincitore?”
“Una pietra preziosa, credo. Ci penserà Vadim a stabilire il premio. Ci stai?”
Hildr voleva rifiutare perché nelle intenzioni di Oleg c’era qualcosa di oscuro, ma il pensiero di Kattegat e della riconquista la pervase ad accettare. Lo faceva per Ivar, per restituirgli il regno che gli spettava.
“D’accordo. Posso scegliere la mia arma?”
“No, la preda non è armata. Che gusto ci sarebbe altrimenti se la preda potesse difendersi?”
“Perché mai la preda dovrebbe difendersi se è solo un gioco innocuo?” lo incalzò Hildr.
Oleg sorrise, aveva architettato un piano mascherando la faccenda losca con uno stupido gioco.
“Sai come sono le battute di caccia, spesso qualcuno resta ferito.”
La vichinga non si lasciò intimorire, mostrarsi debole non rientrava nelle opzioni.
“Allora prega che quel qualcuno non siano i tuoi cacciatori.”
“Pregherò. – disse il principe – Date una cartina alla ragazza!”
Mentre Hildr esaminava la cartina che segnava il percorso della caccia, Kyra le allacciava al braccio un nastro rosso che fosse riconoscibile ai partecipanti.
“Kyra, mi servono i tuoi fermagli.”
“Sono un regalo di nozze, sei impazzita?”
“Sono appuntiti e sono armi perfette. Davvero vuoi che un’orda di uomini spregevoli mi inseguano senza avere la possibilità di difesa?”
Kyra sbuffò, odiava rinunciare ai propri ornamenti, ma la ragazza aveva le sue ragioni. Si sciolse i capelli e cedette i due lunghi fermagli a Hildr, che li nascose sotto la pelliccia.
“Sta attenta, Hildr.”
Hildr agguantò le esili mani di Kyra e strinse forte obbligandola a guardarla in faccia.
“Se dovesse capitarmi qualcosa, dì ad Ivar che … che …”
“Lo farò.” disse Kyra.
“Siete pronta, signora?” domandò un servo.
Hildr annuì e il servo la condusse verso una striscia di neve smossa che indicava l’inizio del percorso. Dietro di lei si erano schierati i giocatori, sguardi eccitati e mani tremanti per l’adrenalina. Oleg si mise in piedi e sventolò uno straccio rosso, poi fischiò.
“Che la caccia abbia inizio!”
Hildr iniziò a correre più veloce che poteva.
 
“Hildr ha scoccato una freccia e siamo sbucati dalle fogne riversandoci per le strade di York. E’ stata una battaglia forte, sanguinolenta e la vittoria è stata molto dolce. Ti sarebbe piaciuto.”
Ivar e Igor, chiacchierando del più e del meno, erano finiti a parlare della presa di York e delle altre battaglie dei vichinghi. Il ragazzino ascoltava quei racconti epici e in cuor suo desiderava farne parte.
“Avrei voluto esserci. Per la prossima battaglia sono dei vostri?” domandò Igor, speranzoso.
Ivar ridacchiò e si fermò un momento per riprendere fiato, camminare a lungo lo affaticava e i muscoli delle gambe incominciavano a indolenzirsi.
“Prima devi imparare a combattere. Sono certo che Hildr saprà insegnarti bene.”
“Ivar! Igor!”
Vadim affrettava il passo per raggiungerli, le guance erano rosse per il freddo intenso. Con lui c’era una ragazza con indosso un abito bianco che svolazzava schizzando neve. Ivar per qualche motivo provava irritazione verso il comandante, la sua sola presenza era fonte di noia.
“Che c’è?”
“Dov’è Hildr?”
“In biblioteca. – disse Ivar – Perché?”
“Perché Oleg ieri sera era infuriato per l’affronto di Hildr, è bene che lei oggi non si faccia vedere.”
“Sei carino a preoccuparti per la mia ragazza.”
Vadim inclinò la testa di lato per osservare meglio l’espressione sarcastica di Ivar, ogni sua parola mirava a pungere come un coltello bel limato.
“Non voglio che un alleato muoia sotto il mio tetto. Ora sarà meglio andare da Oleg ad assistere alla Venatio. Igor ti ha detto cos’è?”
“Sì, è una battuta di caccia in cui la preda è una ragazza. Hildr vomiterebbe se sapesse che delle ragazze vengono usate in questo modo.” Chiosò Ivar.
“E lei la ragazza di quest’anno?” chiese Igor indicando la figura accanto a Vadim.
“Sì, lei è Anya.”
Nel frattempo erano arrivati sul luogo predestinato alla Venatio. Su una pedana, circondato da servi e due guardie, c’erano Oleg su una sorta di trono e Kyra alle sue spalle su una panca. Alcuni nobili accerchiavano il sovrano sotto la pedana, borbottavano fra di loro e scommettevano sul vincitore. Kyra sventolò la mano per invitarli a prendere posto. Oleg e Ivar si scambiarono un sorriso di cortesia.
“La caccia è già iniziata da venti minuti.” Bisbigliò Kyra.
“Come? – fece Vadim – Ma Anya è qui! Chi è la preda?”
Ivar avvertì una sensazione di angoscia che sembrava bucargli lo stomaco. Si portò la mano sul petto dove erano tatuati i due nodi.
“Dov’è Hildr?”
Kyra non capiva perché fossero tutti in allarme, quindi sorrise e fece spallucce.
“Oleg l’ha scelta come preda per questa caccia. Non ha menzionato Anya.”
“Vuole ucciderla.” Disse Ivar tra i denti.
“Già. – convenne Vadim – Vuole punirla per l’affronto di ieri sera. Prendo un cavallo e vado a cercarla.”
Ivar si alzò e si trascinò verso il bordo della pedana con l’intento di recuperare un cavallo.
“Ci vado io! E’ mia moglie quella!”
“Sei lento. E Oleg saprebbe che abbiamo scoperto il suo piano. Resta qui e fingi di goderti lo spettacolo. Penso io a Hildr.” Disse Vadim con tono perentorio.
Ivar dovette rinunciare al suo intento, avrebbe perso tempo a cercare un cavallo e Oleg avrebbe avuto sospetti su di lui, mentre Vadim poteva allontanarsi con una scusa e muoversi liberamente.
“Ti prego, riportala da me. Hildr è tutto quello che ho.”
“Hai la mia parola.”
“Vadim …” tentò di parlare Kyra, ma lo sguardo furente del marito la zittì.
“Con te facciamo i conti dopo, Kyra. Sei stata molto, molto stupida.”
La donna si accasciò sulla panca con gli occhi colmi di lacrime. Igor, invece, stringeva il braccio di Ivar per infondergli coraggio.
 
Hildr aveva l’impressione di camminare da ore. Ad un certo punto non era stata più in grado di seguire la mappa, pertanto ora vagava senza alcuna idea dello spazio circostante. Tutto intorno c’erano solo alberi, neve, ruscelli ghiacciati e un silenzio pacifico. Forse si era spinta troppo oltre e nessuno dei cacciatori l’avrebbe trovata. Ripensò a quella volta che suo padre la portò a giocare con le palle di neve fino ai crampi allo stomaco per le risate. La mancanza dei suoi genitori si faceva sentire ogni volta che restava da sola e aveva un momento per riflettere. A volte, di notte, le capitava di udire la risata cristallina della madre, però al risveglio tutto torna di nuovo triste.
“Sii gentile. Sii un’eccezione.” Sussurrò con un sorriso.
Un flebile rumore fece arrestare i suoi passi. Ivar le aveva insegnato come riconoscere il fragore prodotto da un ramo spezzato, seppure debole. Si voltò lentamente, aspettandosi di vedere uno dei cacciatori, ma non c’era nessuno. Con la coda dell’occhio scorse un movimento dietro gli alberi. Impugnò i fermagli per qualsiasi evenienza. Stava per colpire quando vide Vadim con le mani in alto.
“Sono solo io. Tranquilla.”
“Oleg ha mandato te a fare il lavoro sporco?”
“Hai capito che vuole ucciderti.”
Hildr nascose di nuovo i fermagli e si abbottonò meglio la pelliccia.
“Ovvio! Non ci vuole mica un genio per capire che non ama essere contrastato, quel bastardo pazzoide. Se non sei qui per uccidermi, che vuoi?”
“Ho dato la mia parola ad Ivar che ti avrei riportata da lui sana e salva.”
Vadim era una macchia nera in mezzo al candore nivale. I suoi magnetici occhi verdi risplendevano.
“Io riesco a salvarmi da sola. Non sono una donzella in pericolo.”
“Abbassati!”
Hildr si accovacciò e Vadim scagliò un coltello che si andò a piantare nel petto di un uomo.
“Lo avrei visto se tu non mi avessi distratto!” petulò la ragazza spazzandosi la neve dai calzoni.
Vadim si chinò sul morto per esaminarlo, non indossava abiti nobili né da soldato, era coperto su tutto il volto e mostrava solo gli occhi ora spenti.
“Non è un partecipante. Come è possibile?”
“Forse Oleg ha ingaggiato dei mercenari per ammazzarmi.”
“Può darsi. – disse Vadim – Oleg ti ha dato la mappa sbagliata per farti trovare dai mercenari. Dobbiamo andarcene.”
Nella mente di Hildr ronzò un’idea. Serrò le mani sui fermagli e li puntò contro Vadim.
“Tu sei riuscito a trovarmi, come mai? Nessuno sa che ho preso questo sentiero.”
“Credi davvero che io voglia ucciderti?”
Lui avanzava e la ragazza arretrava, simili a due cani che si annusano per riscontrare il pericolo.
“Credo che ora come ora io non possa fidarmi di nessuno.”
“Hildr, ragiona. Lo sai che puoi fidarti di me.”
“Oh, io ragiono sempre. Perdonami, se puoi!”
“Perdon- …”
Hildr roteò su se stessa per darsi forza e colpì Vadim con un calcio dritto alla mandibola. Il russo si afflosciò per terra come un fiore secco. Ormai quel sentiero era pericoloso e i nemici potevano attaccarla su ogni fronte. L’unica soluzione era ritrovare il castello. Rubò la spada di Vadim e si mise di nuovo a correre.
 
Hildr aveva il respiro mozzato dalla corsa. Non si era fermata da quando aveva abbondato Vadim privo di sensi. Si era guardata intorno più e più volte, aveva velocizzato il passo, e solo ora rallentava per dare tregua ai polmoni. Si sedette su un masso per regolarizzare i battiti del cuore.
“Sul serio, Odino? Vuoi farmi morire in un bosco? Mi aspettavo di meglio da te. Mi punisci perché negli anni ho perso fiducia in te e negli dèi? Beh, mi dispiace se nel Valhalla vi sentiti offesi! Sai com’è, non rendi le cose facili su Midgard. Non te la sarai mica presa per quella volta che ho detto a Heahmund che esistono troppe divinità per riconoscere quelle vere? Quel vescovo era piuttosto convincente con le sue litanie e i suoi discorsi sulle donne. Oppure ce l’hai con me perché il mio ultimo sacrificio era dedicato alle Valchirie? Va bene, provvederò a fare meglio la prossima volta! E sto anche parlando da sola, ottimo! Sono del tutto impazzita!”
Sussultò quando udì un rumore alle sue spalle. Non ebbe il tempo di voltarsi che un uomo la spinse giù dal masso. Hildr ruzzolò nella neve e batté la fronte contro un tronco caduto di traverso.
“Morirò così? Deprimente.”
Si rialzò e brandì la spada di Vadim, il metallo era troppo pesante per lei ma si sforzò di farsela bastare come difesa. Cercò di ferire il mercenario ma quello si spostava talmente veloce che era quasi impossibile vederlo chiaramente. D’improvviso Hildr fu scaraventata ancora a terra, la neve nel naso e nella bocca, e l’uomo la colpì alla schiena con l’elsa della spada. La ragazza rotolò sul fianco, afferrò un fermaglio e lo infilzò nel palmo del nemico. La neve si imbrattò di rosso, i lamenti sommessi dell’uomo era simili ad un gorgoglio.
“Abbiamo un problema di comunicazione, eh.” Disse Hildr con voce tremante.
La schiena le doleva nel punto in cui era stata colpita, aveva la vista appannata e il ghiaccio in bocca le faceva battere i denti. Hildr tentò un affondo e l’uomo si ritrovò col braccio squarciato da una ferita. Mentre lei spingeva ancora la spada in avanti, l’uomo l’agguantò per la mano e le strinse il braccio attorno alla gola nel tentativo di strozzarla. Hildr, che aveva imparato quel trucco da Ubbe, pestò il piede del mercenario, si liberò dalla sua presa e gli diede una testata tanto forte da farlo vacillare. Allora gli tirò un calcio al petto che lo costrinse a inginocchiarsi sulla neve.
“Non si tratta così una signora.”
Detto ciò, Hildr gli mollò una ginocchiata e l’uomo ricadde all’indietro. Sgranò gli occhi quando la ragazza affondò la spada nel suo cuore.
 
Hildr inchiodò gli stivali nel terreno poco prima di cadere. La sua corsa si interrompeva sull’orlo di un burrone. Sul fondo scorreva un fiume, c’erano pareti rocciose dappertutto e in lontananza si intravedevano dei tetti. Poteva essere Kiev oppure un’altra città. Non sapeva più come andare avanti. Era in mezzo al nulla, smarrita, con un’orda di mercenari sulle sue tracce. Prima o poi uno di loro l’avrebbe trovata e l’avrebbe uccisa senza alcun pietà. Soffriva all’idea di lasciare Ivar da solo, di non rivedere più Isobel e Aila, di non poter ammirare il sole sorgere su Kattegat. Si inginocchiò sul precipizio, chiuse gli occhi e si portò le mani sul cuore.
“Ti supplico, Odio, dammi un’altra possibilità. Giuro sui miei genitori che farò tutto quello che devo per riconquistare Kattegat in tuo onore. Mostrami la via. Ti supplico.”
Due corvi volarono in cielo e gracchiarono forte attirando l’attenzione di Hildr. Erano maestosi, si libravano nell’aria con eleganza e il suono roco che producevano sembrava una cantilena antica.
“Huginn e Munnin! Siete voi?”
I volatili si posarono su un ramo, gracchiavano allo stesso ritmo e fissavano la ragazza muovendo a scatti la testa nera. Hildr sorrise. Odino aveva ascoltato le sue preghiere. Quando i due corvi si lanciarono in volo, lei capì che le stavano indicando la strada per Kiev. Senza indugiare oltre, si fissò la spada al fianco e di corsa inseguì i due fedeli servitori di Odino.
 
Ivar non ce la faceva più a fingere una calma che non provava. Era pomeriggio, la caccia era terminata per ordine di Oleg e Vadim non era rientrato. Hildr era andata persa. Il solo pensiero di perderla lo mandava in collera, lo rendeva triste come non mai, lo dilaniava nell’animo. Hildr era tutto per lui. Era l’inizio e la fine, era l’amore e il dolore, era la sua Freya. Era la sua Valchiria. Si slacciò la collana di ambra della ragazza, un tempo appartenuta alla madre, e ne sfiorò la pietra.
“Odino, padre di tutti gli dèi, restituiscimi Hildr. Io senza di lei non posso vivere.”
Quel momento raccolto fu bruscamente spezzato da passi concitati che provenivano dal corridoio. L’attimo dopo la porta si spalancò e apparve un Igor sorridente.
“E’ tornata! Hildr è tornata!”
Ivar si trascinava con la stampella più veloce che poteva, la voglia di riabbracciare sua moglie superava il dolore delle ossa. Sulla soglia si bloccò come se avesse ricevuto un pugno allo stomaco. Hildr era là, insieme a Kyra e ad una serva, e stava sorridendo. I loro occhi si incontrarono finalmente e il mondo, per qualche strana ragione, tornò a girare nel verso giusto. Hildr fece un ultimo sforzo per correre da lui. Ivar l’accolse fra le braccia e la strinse fino quasi a fondere i loro corpi.
“Sei tornata.”
“Tornerò sempre.”
“Vadim!” strillò Kyra, emozionata.
Hildr indurì la mascella e si staccò da Ivar, che non capiva la reazione della ragazza.
“Hildr. – disse Vadim – Sono lieto che tu abbia fatto ritorno.”
“Non grazie a te.”
“Noi ci ritiriamo in camera. Hildr ha bisogno di riposare.” Disse Ivar propinando l’ennesimo sorriso falso.
 
Hildr sospirò di sollievo quando entrò nella vasca di acqua bollente. Il suo corpo si lasciò andare a quella sensazione di benessere senza opporsi. Era troppo stanca per continuare ad essere vigile. Ivar si sedette accanto alla vasca e immerse la mano smuovendo la superficie dell’acqua. Dopo essersi chiusi in stanza, aveva curato i graffi e le ferite di Hildr, l’aveva spogliata e le aveva preparato un bagno per sciogliere la tensione accumulatasi nei muscoli.
“Sapevi che Oleg voleva ucciderti. Sei stata un’incosciente, Hildr.”
“Non potevo rifiutare di giocare. Oleg lo avrebbe interpretato come un segno di debolezza, e lui deve sapere che noi siamo alleati forti.”
Hildr se ne stava ad occhi chiusi e Ivar ne approfittò per imprimere nella mente ogni dettaglio del suo viso, gli zigomi pieni, le labbra carnose e sempre screpolate, le lunghe ciglia nere, la curva perfetta del collo. Tutta quella bellezza lo faceva stare male perché, se fosse andata perduta, anche lui sarebbe andato alla deriva.
“Hai rischiato di morire. Questo non è sufficiente?”
Hildr lo fulminò con lo sguardo. Poi, notando la ruga di cipiglio che gli segnava la fronte, si addolcì.
“Sono viva, Ivar. Conta solo questo.”
“Sei proprio un’eccezione.”
Ivar si protese e la baciò con tutto l’affetto di cui disponeva. Hildr ricambiò il bacio con altrettanto trasporto.
“Lo sai che l’acqua è calda e che io mi sento sola qui dentro? Vieni a farmi compagnia.”
“Hildr!” la rimproverò lui, sebbene ghignasse.
“Non accetto obiezioni. Ho rischiato di morire! Abbi pietà di una povera ragazza che ha corso per tutto il giorno.”
Ivar si spogliò a rilento e adagio si immerse nella vasca, posizionandosi alle spalle di Hildr. Sulla scapola della ragazza vi era un livido bluastro che si stava allargando.
“Secondo te Vadim voleva ucciderti?”
Hildr si rilassò contro il petto di Ivar, che le districava i capelli con le dita per farla rilassare.
“Non lo so, però era strano che conoscesse il tragitto che Oleg ha affidato a me. Comunque me ne sono sbarazzata nell’imbarazzo della scelta.”
Ivar le baciò la spalla e sorrise perché almeno il senso dell’umorismo restava alto.
“Allora direi che è arrivato il momento di una contromossa.”
La ragazza lo guardò di traverso con fare interrogativo, non capiva quelle parole.
“Di quale contromossa parli?”
“Ho un’idea. Oleg sarà pure in vantaggio rispetto a noi, ma io sono piuttosto abile ad anticipare le sue azioni. Stanotte, quando tutti dormiranno, libererò Dir.”
“Ma Oleg intuirà che siamo stati noi. Già nutre forti dubbi sul nostro conto e la fugga di Dir alimenterebbe le sue congetture.”
Ivar esercitò una lieve pressione sulle spalle di Hildr per ammorbidire la durezza dei muscoli.
“Lo so, ma abbiamo bisogno di un alleato in più nel caso in cui Oleg voglia maggiore potere su Kattegat. Non vuole solo aiutarci a riconquistare il nostro regno, io temo che lui voglia appropriarsene ed eliminarci.”
Hildr si sottrasse al tocco di Ivar e si mosse per guardarlo in faccia facendo strabordare l’acqua oltre la vasca.
“L’ho pensato anche io. La tua idea non è pessima ma dobbiamo stare molto attenti.”
Ivar squadrò il viso della ragazza, piccole gocce scorrevano lungo le guance come lacrime e rendevano i suoi occhi scuri più luminosi. Un piccolo taglio era inciso sul mento, eppure anche quel dettaglio contribuiva alla sua bellezza. Si attorcigliò una ciocca nera e umida all’indice senza staccare gli occhi da lei.
“Dicono che Freya sia bellissima, la creatura perfetta, la pura meraviglia creata da Odino. Si sbagliano, sai. Perché la sola e unica creatura perfetta è qui davanti a me.”
“Stai peccando di tracotanza, Ivar. Nessuno può superare Freya in bellezza.”
Ivar le disegnò il contorno della labbra col pollice e Hildr ne baciò il polpastrello.
“Non è tracotanza, è verità. Freya è di certo bella, però tu sei lo splendore in persona.”
“Sei un vero impertinente.” Lo canzonò Hildr ridendo.
“Ma tu mi ami anche per questo, sì?”
“Nah, non direi proprio.”
Ivar non riuscì a simulare un broncio, quindi si mise a ridere e poggiò la testa sul bordo della vasca. Hildr ebbe l’opportunità di vedere per bene i nuovi tatuaggi che decoravano l’ampio petto del ragazzo, segni neri con cui si era marchiato durante il loro viaggio. Sfiorò con la punta delle dita i due nodi che lei stessa esibiva sul polso.
“Ti ricordi quando ci siamo tatuati questi nodi? Mi dicesti una cosa davvero bella.”
“Ricordo bene. Ti dissi che il nostro legame era come il nodo di un marinaio, forte e indissolubile, che niente e nessuno avrebbe potuto annientarlo. Lo credo ancora.”
“Anche io. – disse Hildr – E spero che saremo legati per il resto delle nostre vite.”
Ivar le sollevò il mento perché si guardassero dritti negli occhi senza esitazione alcuna.
“Io ti amo più di quanto abbia mai amato e mai amerò in vita mia.”
“E io amo te, Ivar. Ti amo a tal punto da sacrificare il mio stesso cuore e la mia stessa anima per te.”
Le loro bocche si incontrarono in un bacio vorace, uno di quelli da far girare la testa. L’acqua cadeva sul pavimento mentre loro si stringevano più forte. Hildr si mise a cavalcioni sul bacino di Ivar, che affondava le mani nei capelli di lei per avvicinarla. Il fuoco scoppiettava unendosi ai loro gemiti, l’atmosfera si scaldava di secondo in secondo.
“Hildr …  non …”
“Sta zitto.” Tagliò corto lei.
Ivar prese a baciarle il collo, dedicandosi alle clavicole per arrivare a baciarle il petto. La pelle di lei era bagnata e lievemente arrossata dal bollore dell’acqua, odorava di rose. Hildr gli tirò i capelli per lasciargli un bacio sulla gola, Ivar ansimò e in risposta l’attirò ancora di più a sé.  Quando le mani scesero placidamente sull’addome – tutto muscoli tonici – Ivar sorrise contro la sua bocca. Inspirò in modo brusco quando la ragazza gli accarezzò le gambe.
“A-aspetta … Hildr … n-non …”
“Affidati a me, Ivar.” Lo rassicurò lei con dolcezza.
“Va bene.”
Ivar detestava perdere il controllo, soprattutto quando il suo corpo reagiva ad ogni singolo tocco di Hildr, però la fiducia in lei superava la vergogna. Certo, le sue gambe erano uno spettacolo obbrobrioso, rachitiche e prive di ossa solide, eppure lei riusciva a vederne comunque la bellezza. Le mani di Hildr risalirono sui fianchi di Ivar mentre riprendevano a baciarsi con passione. Si scostarono quando qualcuno bussò alla porta. Era Igor.
“Hildr, sappi che Oleg ti vuole parlare in privato nella sala del trono. Sbrigati.”
“Sì, arrivo!”
Hildr uscì dalla vasca coprendosi con un telo, i capelli lasciavano una scia d’acqua sul pavimento. Ivar ammirava le sue armoniose forme che il fuoco lasciava intravede attraverso il tessuto del telo.
“Ci interrompono ogni volta sul più bello.”
La ragazza fece un sorriso divertito mentre raccattava abiti puliti da indossare. Si vestì in fretta e si asciugò i capelli meglio che poté accanto al fuoco frattanto che allacciava gli stivali.
“Oleg vorrà scusarsi per quello che è successo oggi.”
“Vero. – confermò Ivar – Ed è la scusa perfetta per mettere in atto il nostro piano. Tu distrai Oleg, io e Igor liberiamo Dir. Va bene?”
Hildr aiutò Ivar a venire fuori dalla vasca e a coprirsi con un panno sui fianchi, dopodiché gli rese le stampelle perché si sedesse sul letto.
“Va bene. Farò del mio meglio. Tu e il ragazzino cercate di non farvi mozzare la testa.”
“E tu fa attenzione a Oleg, sa un essere un boia crudele con le parole.”
“Lo farò.”
Ivar afferrò Hildr per la cintura, l’abbracciò e posò il mento sulla sua pancia per guardarla.
“Torna da me, Hildr.”
“Tornerò.”
 
Quando Hildr fu scortata da una guardia nella sala del tono, Oleg stava brindando con un uomo anziano. Era uno dei nobili che avevano partecipato alla Venatio. I due si salutarono con una stretta di mano e un sorriso di intesa, poi l’uomo lasciò la stanza senza degnare Hildr di uno sguardo.
“Hildr, vieni. Accomodati pure.” Esordì Oleg con un sorriso accorto.
“Accomodarmi? Deduco che le tue scuse siano eterne se devo addirittura accomodarmi.”
“Pungente. – commentò lui – Mi piace questa tua caratteristica. Mi dispiace per quello che è successo stamani. Ti è stato assegnato il percorso sbagliato, i servi sono sempre molto sbadati. Mi addolora anche sapere che sei stata aggredita per ben due volte. Meno male che sei una shieldmaiden addestrata a dovere.”
Hildr non credeva a quelle lusinghe, temeva che le sue orecchie avrebbero iniziato a sanguinare a causa di quelle menzogne.
“Sono viva, per fortuna o per sfortuna. Perché sono qui? Ivar e Igor mi aspettano per giocare a scacchi.”
“Igor si è affezionato a voi, sono contento. Un futuro re ha bisogno degli amici giusti.”
Oleg si versò del vino e lo tracannò in poche sorsate, la sua sete era avida come la sua brama di potere.
“E un principe come te di quali amici ha bisogno?”
“Dipende. Tu e Ivar per me che amici potete essere?”
Hildr si morse le labbra per non sorridere. Ora intravedeva una piccola crepa nella maschera di Oleg, un’ombra che oscurava la sicurezza del principe.
“Hai paura che l’alleanza con Ivar sia finita a causa di quanto accaduto oggi? Non è così facile spezzare un’alleanza.”
“E’ facile quando viene minacciata una donna speciale come te. Tu per Ivar non sei solo una compagna o un comandante, tu per lui hai un valore inestimabile. Per Ivar il giorno e la notte si alternano solo se ci sei tu. Tutto il suo mondo ruota intorno a te.”
“Ciò non vuol dire che rischierebbe Kattegat per me.” replicò Hildr.
Oleg si rilassò sul trono, sembrava più vecchio della sua età.
“Quindi siamo ancora tutti amici?”
“Sì. Malgrado di eventi, siamo ancora alleati. La riconquista di Kattegat non si discute.”
“Bene, era quello che volevo sentire.”
“Oleg!”
Vadim fece irruzione nella sala con il volto contratto dalla preoccupazione. I suoi occhi verdi luccicarono quando caddero su Hildr.
“Hildr, stai bene. Mi fa piac-…”
“Che succede, Vadim?” domandò Oleg.
“Ehm … sì, sì. Devi venire con me per una questione urgente.”
Oleg comunicò ad una guardia di accompagnare Hildr nel proprio alloggio, in seguito lui e Vadim si fiondarono in cortile. Hildr poté finalmente sorridere trionfante: Ivar e Igor ce l’avevano fatta.
 
Salve a tutti! ^_^
Ho messo un po’ di carne sul fuoco con questo capitolo.
La Venatio era davvero una pratica di caccia romana, mi sono informata.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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