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Autore: Emmastory    01/04/2020    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Capitolo XLIX

Attesa, speranze e fiori di perdono

 
Davanti a noi il sole e il silenzio, e in cielo una luce appena visibile e sui toni dell’oro misti a quelli del rosa. In altre parole, l’alba. Scivolata nel sonno appena dopo aver letto il biglietto ricevuto da Marisa, mi ero svegliata di buon’ora, e tranquilla, ora mi guardavo attorno. Ad essere sincera non me l’aspettavo, ma proprio come me, anche Christopher è già in piedi. Se io sono ancora sdraiata sotto le coperte, lui non fa altro che guardare la sua immagine riflessa nello specchio e sorridermi, adulandomi come solo lui sa fare. “Tesoro…” lo chiamo appena, a voce bassa perché solo lui possa udirmi. “Sì, Kia?” risponde, emulando quel tono che tanto gli piace e voltandosi a guardarmi. A giudicare dall’espressione dipinta sul suo volto, è tanto curioso quanto preoccupato, e sorridendo debolmente, spero di riuscire a calmarlo. La notte appena trascorsa è stata tranquilla, disturbata e movimentata solo dal movimento dei miei piccoli che scalciavano, e che anche ora, appena sveglia riuscivo a sentire. “Si può sapere che stai facendo? Che senso ha avuto alzarti prima di me?” gli chiedo, lamentosa e viziata come una bambina. Divertito, lui non stacca gli occhi dai miei, e il suo sorriso, luminoso come sempre, mi fa battere il cuore. “Cara, è forse un crimine rendermi presentabile… proprio per te?” non tarda a rispondere, mentre dolce come sempre, abbandona lo specchio e si avvicina. Innamorata, lo lascio fare, e scostando le coperte, mi scosto per lasciare che mi abbracci, ma più veloce di quel che pensavo, si limita a sedersi sul bordo del letto, per poi sporgermi e posare le labbra sulle mie. Sorpresa, quasi non riesco a respirare, ma basta un attimo, e il tempo si ferma. Ci stiamo soltanto baciando, eppure mi sento sua. È mio protettore oltre che mio marito, tutta la mia fiducia sarà per sempre riposta fra le sue mani, e così, ferma in un attimo letteralmente sospeso nel tempo, mi godo quel bacio. In breve, il tempo fra di noi si fa tiranno, e siamo costretti a staccarci, ma tanto decisa quanto furba, approfitto di una sua distrazione per prendergli la mano e attirarlo a me. Basta un attimo, e ci ritroviamo vicini, a pochi centimetri l’uno dall’altra. “Non riesci proprio ad alzarti, oggi, vero?” commenta, bloccato in quella posizione mentre mi sorride. “No, e davvero non voglio. Perché non restiamo qui?” azzardò, con un improvviso alone di malizia ad adombrarmi lo sguardo. Ad essere sincera, non so davvero cosa mi stia succedendo, ma ultimamente sembro fatta così. Come al solito non ho occhi che per lui, e so che mi ama, ma di questi tempi la sua sola vista accende in me mille desideri. Nulla di troppo drastico o profondo, data la mia condizione non potremmo spingerci troppo oltre, e se la sua presenza è l’unica cosa in grado di calmarmi, il letto è il giaciglio perfetto per la mia pigrizia. Spero sia momentanea, o la mia abitudine di passeggiare ne soffrirebbe. Divertendomi anche con poco, rido al solo pensiero, e quasi leggendomi la mente, Christopher mi stringe a sé. “Sai che dovremo uscire da qui prima o poi?” mi avverte, serio ma innamorato come mai mi sembra di averlo visto. “Tu dici? Chi l’ha deciso?” ribatto, sempre ferma nella mia decisione di restare al suo fianco, imbozzolata fra le coperte. Sconfitto a parole, lui esita, e ho appena il tempo di finire la frase, quando si allontana ancora, aprendo la finestra della stanza e facendo entrare la fresca aria del mattino. “Il sole già sorto, fatina cara, e non solo. Ti basta come spiegazione?” insiste ancora, determinato. “Affatto, protettore mio. Ti toccherà essere più convincente, non credi?” testarda, continuo a lottare nella speranza di vederlo arrendersi, dimenticare ogni cosa e tornarmi accanto, e all’improvviso, proprio quando credo stia per cedere, un cigolio. Distratta, dovevo aver lasciato la porta socchiusa prima di addormentarmi, e lento ma deciso, Cosmo spinge appena, riuscendo ad aprirla e a mostrare il suo dolce musetto. “Più convincente di lui, amore?” scherza Christopher alla sua vista, sicuro di non poter competere con un Arylu. “Va bene, mi alzo, sei contento, cagnetto?” sbuffo, fingendo rabbia e fastidio realmente non provati. Voltandomi a guardarlo, scopro che ha in bocca il suo guinzaglio, e scambiandomi con Chris un’occhiata d’intesa, capisco all’istante cosa voglia dire. “Meglio muoversi, o la farà in casa.” Commenta lui, leggendo nel pensiero del cucciolo come nel mio. “Va bene, ma lo porterai tu. Sai come la penso riguardo agli sforzi.” Chiarisco, tutt’altro che interessata ad occuparmi, almeno per oggi, di un cagnolino energico quanto lui. “D’accordo, ma uscirai comunque, o sbaglio? In fondo l’aria fresca non può che farti bene, giusto, piccola naturale?” continua lui in risposta, ora più tranquillo e con a cuore sempre e solo i miei interessi. “Giustissimo, dolce protettore.” Mi limito a rispondere, per poi avvicinarmi abbastanza da toccarlo e stringermi a lui, restandogli accanto fino a sentirmi rinata. È questione di un bacio, un contatto dolce, caldo e tenero, e ancora una volta, non vedo più nulla. L’aria alle mie spalle mi solletica il viso, e cogliendomi alla sprovvista, anche un altro dei miei sensi. Trasportato dal vento, c’è il profumo di un fiore, e in un istante, mi gira la testa. Staccandomi in fretta da Christopher, mi allontano per non farlo preoccupare ancora, e per pura fortuna, non vomito. Grazie al cielo i conati sono scomparsi da qualche tempo, e più il tempo scorre, muovendosi senza sosta, più ansiosa sono di conoscere i bambini. Stando al calendario e alle pagine che oscillano continuamente, oggi non è un giorno di festa, e secondo il colore neanche domenica, ma nonostante tutto, sono felice. Christopher ha ragione, quello che abbiamo davanti è un giorno completamente nuovo, restare in casa equivarrebbe a sprecarlo, e come se non bastasse, Cosmo è già stato chiaro. “Usciamo? Usciamo? Dai, usciamo!” continua a chiedere, la lingua colorata sempre fuori dalla bocca mentre mi guarda. “Va bene, va bene, basta insistere!” scherzo, immensamente divertita. Ormai ha circa quattro mesi, sta crescendo, e ogni volta, le sue simpatiche trovate riescono a farmi sorridere. Non prenderà mai il posto di Bucky, ormai cresciuto e impegnato con la sua famiglia di ben sei roditori, ovvio, ma nonostante questo, è mio amico oltre che il mio animale domestico, e in quanto padrona, so che devo esserne responsabile. Così, mi decido a iniziare la giornata, e dopo una doccia e un cambio d’abito, esco. Veloce, Christopher non perde tempo, e continuando a incalzarci, il nostro piccolo Arylu sembra avere di nuovo piani tutti suoi. Nervoso ed eccitato alla sola idea di mettere il naso fuori di casa, sbatte la coda contro il pavimento, e seduto, ci aspetta. Sorridendo, sento il cuore sciogliersi di fronte alla sua tenerezza, e assicurando il guinzaglio al suo collare, mi preparo ad aprire la porta. Come sospettavo, non arrivo a farlo, poiché l’Arylu, testardo e adorabile, scalpita. “Aspetta…” lo prego, seria e tranquilla mentre il mio sguardo si incatena al suo. Obbedendo a quella sorta di ordine, Cosmo si calma all’istante, e finalmente più rilassato, sembra capire che non muoverò un passo finchè non smette di agitarsi. “Bene, andiamo, bello.” Annuncia allora Christopher, orgoglioso di lui e in completo accordo con i metodi che ho scelto per educarlo. È strano a dirsi, ma se prima era scettico, era sembra essersi convinto, anche se inizialmente io e lui non mostravamo che inutili ma divertenti giochetti. Così, il tempo non smette di scorrere, e insieme, ci ritroviamo nella selva. Attorno a noi tutto è calmo, e con l’aria del mattino a sfiorarmi gentilmente le spalle, la schiena e i capelli, non trovo neanche un dettaglio fuori. È autunno, ma la natura su cui poso gli occhi è ancora viva nonostante la stagione, e a poca distanza, una nidiata di jackalope saltella per strada. Incuriosito, Cosmo si prepara ad inseguirli, ma fermandomi a guardarlo, riesco a dissuaderlo. “Non pensarci, Arylu.” Gli intimo, sempre seria ma mai realmente cattiva. Per tutta risposta, lui rompe il silenzio con un debole uggiolio, e con gli occhi nei miei, mostra quello che ha tutta l’aria di essere un caratteristico broncio infantile. “Perché no? Non gli faccio male!” Come tante, o per meglio dire tutte, un’altra delle frasi che non può né potrà mai pronunciare, ma che il suo sguardo color del cielo e il suo musetto ora imbronciato comunicano perfettamente. È questione di istanti, e mentre tento di riportare questo piccolo predatore alla ragione, la voce del mio amato mi ridesta dai miei pensieri. “Vuoi che lo porti io?” azzarda, trattenendo a stento una risata. Divertita, certo, ma di comprensione più che di scherno. “Cielo, prego! Lo staremo anche educando, ma basta un nonnulla e diventa incontrollabile.” Sbotto, già seccata. È solo un cucciolo, e gli voglio bene, certo, ma il progredire della mia condizione agisce costantemente sul mio umore, e nonostante non voglia, a volte non riesco a impedire che si noti. “Proprio come i piccolini, vero?” mi fa notare Christopher, concentrato su un ricordo che non riesco a identificare. Confusa, lo guardo senza capire, e in un attimo, tutto mi è chiaro. Si riferisce appena a circa un’ora fa, quando un improvviso attacco di nausea mi ha quasi spinta a rimettere anche l’anima. “Già. Forse non sanno che la loro mamma adora la natura, tu cosa ne pensi?” rispondo, ridacchiando e unendomi alla sua ilarità. “Probabile, cara.” Si limita a dirmi, concentrato più sul cammino di Cosmo che su di me. “Ma vedrai, presto starai molto meglio.” Aggiunge poco dopo, guardandomi con gli occhi di chi ama. Lasciandolo fare, cerco la sua mano solo per stringerla, e nel farlo, scorgo nello sguardo che mi rivolge l’orgoglio che già prova all’idea di diventare padre. “E con loro fra le braccia.” Concludo per lui, felicissima. Annuendo, Christopher resta in silenzio, e guardando dritto di fronte a me, scopro che ci siamo ormai allontanati da casa, che questa non è più visibile oltre gli alberi, e che proprio davanti ai nostri occhi, sembra comparsa come per magia la grotta delle ninfe. “Che dici, possiamo entrare?” indago, improvvisamente tesa e incerta sul da farsi. Stando a ciò che ho imparato nel tempo, e letto nel libro di magia ricevuto dal mio Chris in un momento di noia, le ninfe erano da sempre spiriti buoni come le fate a me simili, ma per qualche strana ragione, ero convinta  di dover chiedere una sorta di permesso prima di entrare. Immobile, resto dove sono, e in completo accordo, Christopher annuisce, mentre per nostra sfortuna, nonché decisamente felice all’idea di fare nuove conoscenze, Cosmo riesce  a liberarsi del guinzaglio, e sfuggito al nostro controllo, parte in avanscoperta. Da allora in poi, non riesco a richiamarlo, e non potendo fare più nulla, non vedo altro che un piccolo missile a quattro zampe, ancora disobbediente e fin troppo curioso. Frustrata, mi ritrovo costretta ad entrare per recuperarlo, e non appena metto piede sulla roccia, eccolo. Felicissimo, abbaia come un matto, e girando su sé stesso, cerca di giocare con i boccioli, che cresciuti dall’ultima volta che li ho visti, sono ormai alti e grandi come piantine, saldamente ancorati al terreno. Mossa a compassione, non ho cuore di sgridarlo, e notandomi, Aster e il suo ragazzo mi salutano da lontano. “Kaleia!” mi chiama la prima, sorridendo apertamente. “Aster, santo cielo, scusa. Non disturbiamo, vero?” non posso evitare di chiedere, mortificata. “Como? No, por què? Cosmo no tiene culpa, ves como juega?” con mia grande sorpresa, la risposta che attendo non arriva da lei,   ma dal suo fidanzato. “Grazie al cielo…” sospiro, sollevata. Preoccupato, Christopher si affretta a raggiungermi, e alzando le mani in segno di resa, sorride appena. “No pasò nada, no? Que hizo el perro?” chiede, parlando la sua stessa lingua e facendo uso di uno spagnolo a dir poco perfetto. “No, nada, tranquilo, Chris.” Lento e cadenzato, il botta e risposta fra Carlos e mio marito continuò per qualche altra battuta, e meravigliata, rimasi a guardarli. “Sai come ci riescono?” chiesi ad Aster, che al contrario di me, non era rimasta metaforicamente a bocca aperta. “Non chiedermelo. Io stessa cerco di imparare, e Carlos è un ottimo insegnante, ma a quanto pare ci vorrà tempo prima che le nozioni mi si fissino in testa.” Scherzò lei in risposta, evidentemente già abituata a conversazione di quel genere. “Questo mi consola.” Le feci notare, felice di non essere la sola a non capire una parola di ciò che dicevano. Stringendomi nelle spalle, mi guardai intorno, e abbassandomi, mi battei una gamba. “Cosmo, vieni!” chiamai, sperando che mi ascoltasse. Drizzando le orecchie, il cagnolino non si fece attendere, e non appena fu abbastanza vicino, gli rimisi il guinzaglio. Correndo per tornare da me, aveva portato con sé un rametto con cui giocare, ma decisa, riagganciai subito il guinzaglio al suo collare. “Questo dovrebbe calmarti.” Sussurrai, parlando con me stessa. Lentamente, le lancette del tempo continuarono a muoversi, e dalle ombre della caverna giunse una voce. “Cuccioli. Tipico di loro, voler sempre giocare, vero, Kaleia?” sorpresa, mi voltai, e fu allora che la vidi. Alta e slanciata come il resto delle sue sorelle, Amelie. La ninfa che in passato non aveva fatto altro che odiarmi, e che ormai da tempo, mi appoggiava, dimostrandosi pronta ad aiutare ogni volta che poteva. “Vero.” Le feci eco nel risponderle, tenendo lo sguardo istintivamente basso al solo scopo di non adirarla. Per quanto ne sapevo, detestava essere fissata troppo a lungo, e memore di quanto accaduto nel giorno in cui Lucy aveva deciso di sfidarla nel tentativo di difendere il mio onore, restai al mio posto. “Non dirmi che pensi ancora al nostro incidente? Su, alza gli occhi e guardami. Sarai qui per una ragione o l’altra, sbaglio?” replicò lei alla mia vista, le labbra increspate da un sorriso di puro scherno. “In verità siamo qui per il cane, Amelie.” Disse Christopher al suo indirizzo, distraendosi dal suo scambio di battute con Carlos per difendermi e fare le mie veci. “Bene, pare già essere tornato accanto a tua moglie, Chris. Non ha causato problemi, ma qualcosa mi dice che state dimenticando un dettaglio.” Gli rispose lei, seria e gentile al tempo stesso, i tratti del viso ingentiliti dalla calma. Confuso, il mio rimase lì a guardarla, poi all’improvviso capì. “Kia, credo voglia visitarti.” Mi disse, stringendomi una mano e abbozzando un mezzo sorriso. “Sul serio? Perfetto! Vedi, Amelie, gli ultimi mesi sono stati movimentati, se controllassi i piccoli mi faresti un favore.” Risposi, imitandolo in quel mezzo sorriso e muovendo qualche incerto passo verso la ninfa. “Certamente, cara naturale. Sdraiata e sta tranquilla, non ci vorrà molto.” Mi rassicurò lei, sempre sfoggiando quel sorriso incoraggiante. Annuendo, feci ciò che mi era stato chiesto, e attenta, trovai posto su un letto di erba e foglie. Compiaciuta, la ninfa sorrise ancora, e anche se per un solo istante, il tocco della sua mano e la bianca luce che vidi mi gelarono la pelle. Attimi dopo, riflessa su una delle pareti di roccia, la seconda delle mie solite ecografie, che mostrava, come aspettavo e speravo di rivedere, i miei bambini. Sempre teneri, sempre bellissimi, fortunatamente in ottima salute, e stando all’immagine, sorridenti, ma grandi quasi il doppio dell’ultima volta. Orgogliosa, non potei fare a meno di sorridere a mia volta, anche quando Christopher cercò la mia mano e Cosmo tentò di leccarla. Senza parole, mi godetti la scena, notando solo allora che se uno dei due dormiva, l’altro si succhiava il pollice. “Visto? Stanno benissimo anche adesso, nonostante quello che temevi.” Disse poco Amelie, distraendomi dalla moltitudine dei miei pensieri. Non sapendo cosa dire, mantenni il silenzio chiedendomi come facesse a saperlo, se fosse a conoscenza delle voci e degli spiriti che mi facevano visita, ma cercando di non pensarci, mi imposi la calma. Di lì a poco, il silenzio tornò a regnare nella grotta, e distratto da qualcosa che non vidi, forse un gioco di luci o uno stormo di uccelli, Cosmo decise di romperlo con un debole uggiolio. “Preoccupato anche tu, perrito?” azzardò Carlos, prendendolo bonariamente in giro. Ignorandolo, il mio giovanissimo amico si lamentò ancora, e guardandolo, capii. Era distratto, ed era vero, ma ad attirare la sua attenzione non erano luci, ombre o uccelli di sorta, bensì proprio il mio controllo medico. “Cosa vuole, ora? Conoscere i suoi fratellini?” tentò Amelie, ridacchiando come una bambina. “Potrebbe anche essere, sai?” le rispose appena Christopher, abbassando per accarezzarlo. Grato di quel gesto, Cosmo si ridusse al silenzio, e agitando la coda, quasi non si accorse della piccola lastra di ghiaccio formatasi appena sotto le sue zampe. Una scena comica, dovevo ammetterlo, e probabilmente legato ai suoi poteri privi di controllo a causa della giovanissima età. “E sia. Tu e tua moglie siete pari, caro protettore. Sono un maschio e una femmina.” Veloce e inaspettata, una notizia che ascoltai senza interrompere, e a seguito della quale, sentii di avere le lacrime agli occhi. “Chris, hai sentito?” chiesi, felice ma ancora incredula. “Sì, fatina, ho sentito. Dì, non sei contenta?” mi rispose lui, innamorato perso di me come dei nostri futuri figli. Ancora non nati, ma ormai con ogni giorno più vicini al traguardo rappresentato dalla vita vera, il cui solo pensiero mi riempiva di gioia. “Stai scherzando? Certo che lo sono!” fui svelta a rispondere, con voce rotta dall’emozione e il cuore in tumulto. “Grazie, Amelie, grazie davvero.” Aggiunsi poco dopo, tendendole una mano perché mi aiutasse a rialzarmi. Poco dopo, le nostre mani si sfiorarono, e afferrando la sua, mi rimisi in piedi. Avvicinandomi, ne approfittai per abbracciarla, e lasciandomi fare, lei mi strinse a sé. “Di nulla, Kaleia, e aspetta, noi ninfe abbiamo ancora qualcosa per voi.” Disse poco dopo, parlando mentre ancora mi teneva stretta e indietreggiando poi di qualche passo. “Davvero? E cosa?” chiesi, curiosa come la pixie che non ero più da tempo. “Questo.” Rispose un’altra delle sorelle, uscendo a sua volta dall’ombra con in mano un sacchetto di tela. A quella vista, Christopher annuì, e prendendomi la mano, lo accettò assieme al suo contenuto. Soddisfatti e grati del loro aiuto, lasciammo la grotta, e poco prima di tornare a casa, lasciai che il costante e continuo tintinnio di quelle che avevo scoperto essere monete mi ricordasse qualcosa. “Chris, vieni, Bea ci aspetta.” Dissi, già decisa riguardo la mia prossima mossa. “Come? Perché lei e non Garrus?” replicò lui, scoppiando in una fragorosa risata divertita. “Mi sta antipatico!” quasi urlai al suo indirizzo mentre scherzavo e correvo, più svelta di lui. “Aspettami!” mi gridò in risposta, lasciandosi contagiare e alzando la voce perché lo sentissi. Dandogli retta, arrestai la mia corsa, e ridotta al silenzio, rientrai assieme a lui nel negozio del caro folletto. “Buon pomeriggio.” Azzardai appena, sentendo un campanello tintinnare e annunciare il nostro arrivo. “Chris, Kia, benvenuti! O dovrei dire bentornati?” ad accoglierci furono la voce e la presenza di Bea, che felice di rivederci, non esitò a salutarci abbracciandoci. “Ciao a te, cara, immagino tu sappia perché siamo qui.” Si limitò a dirle Christopher, calmo ma contento. “Notizie dei vostri pargoli?” provò a chiedere lei, emozionata alla sola idea. “Esatto! Non mi crederai, ma dopo sei mesi abbiamo scoperto il sesso di entrambi.” Esclamai, portandomi una mano sul ventre ormai gonfio. “Davvero?” chiese allora lei, spinta dalla curiosità. “Sì! E sai una cosa? Sono maschio e femmina.” Non esitai a rivelare, stringendomi al mio Christopher e lasciandomi abbracciare. “A questo punto non avete che da scegliere, mes amis.” S’intromise Garrus, nascosto dietro al bancone mentre leggeva una rivista. Conoscevo il suo lavoro, a giudicare da come interagiva con i clienti ero sicura che gli piacesse, ma a dirla tutta avevo più fiducia in Beatrice. “Garrus, sul serio?” gli disse Christopher, già esasperato. “Pardon, amico, è il mio modo di scherzare.” Rispose soltanto il folletto, quasi ignorandoci entrambi. Ricambiando quella sorta di favore, restammo con Bea, e seguendo i suoi consigli, iniziammo il nostro primo, ma non certo unico, giro di compere. Con occhio attento e critico, osservammo decine, forse centinaia di tutine colorate, scegliendone alcune in base alle nostre preferenze. Rosa o bianche per la bimba, occasionalmente con dei disegni sul tessuto, e almeno per il momento sui toni dell’azzurro o del grigio per il bimbo. Dopo le tutine, scelsi di dare un’occhiata ad alcuni vestitini scelti con lo stesso criterio, e solo dopo, ben due culle in legno di betulla, con disegnati sopra dei fiori bianchi conosciuti come germogli di fata, bianchi come la neve e grandi come ninfee. Dopo il vestiario e le culle, fu il turno dei giocattoli. Guidati dall’istinto, Chris ed io ci lasciammo influenzare dai classici, scegliendo i giochi già visti in precedenza, ovvero qualche sonaglino color argento, dei cubi colorati con sopra le lettere dell’alfabeto così che i piccoli imparassero giocando, e ultimi, ma non per importanza, i peluche. Cagnolini, gattini, Arylu, Pyrados, Slimius, perfino jackalope, ma proprio come avevamo già deciso in precedenza, un cerbiatto e un dinosauro, tutti di morbida pezza. A lavoro finito, non dimenticammo di saldare il conto, e sicuri di non poter portare a casa quella spesa da soli, mi fermai a pensare. Gentile come al solito, Beatrice si offrì di aiutarci, e come lei anche Garrus, ma sempre pieno di risorse, Christopher ebbe un’idea. Spostandoci all’esterno, mi incoraggiò a richiamare Xavros, e dopo solo pochi minuti di attesa, lui fu lì per noi, letteralmente al nostro servizio. Fiero di poter dare una mano, o per meglio dire uno zoccolo, ci aiutò a trasportare la nostra grande spesa portandola in groppa, mentre noi, a terra e al suo fianco, tenevamo ognuno le redini. Seguendoci senza un fiato, Cosmo infilò il muso nelle buste piene di giocattoli, ma veloce, decisi di correggerlo. “Non sono per te, signorino.” Gli ricordai, con quello di vederlo rovinarli uno per uno come ultimo pensiero. In breve, quello fu il mio sesto mese d’attesa, e all’alba del settimo, Chris ed io ci impegnammo fino allo spasimo per trasformare l’unica stanza ancora vuota di casa nostra in una nursery. Lavorammo in coppia fino a sera, reclutando per scherzo anche Cosmo e Willow, ben contenti di aiutarci trasportando secchi di vernice e pennelli. Già sicuri sulla scelta del colore, lasciammo che si sfogassero imbrattando di impronte di zampa una miriade di fogli di carta e teli di stoffa stesi per terra, e dopo un tempo che parve infinito, le pareti furono pronte. Dipinte a mano, di un giallo tenue e rassicurante, che ricordava il colore e l’energia del sole. Creativa come al solito, disegnai sui muri mille animali diversi, e finalmente soddisfatta, quella notte scivolai nel sonno fra le braccia dell’uomo che tanto amavo, notando, prima di addormentarmi definitivamente e mentre chiudevo la finestra, un volto conosciuto. Triste e con il morale a pezzi, Noah, che camminando senza meta stringeva in mano dei fiori. Data la distanza, non riuscii a capire cosa fossero, ma nonostante tutto, ripensando alla loro situazione e alla nostra, compresi che quegli ultimi tempi erano divisi fra attesa, speranze e fiori di perdono.  
 
 
 
Buonasera! Con leggero ritardo rispetto a quando avrei voluto, ma alla fine ecco il penultimo capitolo di questa parte della saga. Vediamo Christopher e Kaleia che continuano a destreggiarsi con il progredire della gravidanza di lei, e in previsione del lieto evento, come la coppia gestisce i preparativi, se così vogliamo chiamarlo. Sullo sfondo e sul finale si rivede Noah, e la nostra protagonista ha le sue teorie, ma riuscirà nel suo intento? La risposta a questa e probabilmente altre domande nel prossimo capitolo, che chiuderà questa parte della storia. Ringrazio sentitamente ognuno di voi per l'incrollabile supporto, sappiate che per me conta moltissimo, e a presto, con il prossimo aggiornamento,
 
Emmastory :)
   
 
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