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Autore: RaidenCold    02/04/2020    1 recensioni
Fin dai tempi del mito, i cavalieri di Atena proteggono l'umanità dalle minacce più oscure.
Gettato nel loro mondo, sotto l'egida di una severa insegnante in pochi anni Ramiel si trasforma da fragile bambino a cavaliere d'oro; all'arrivo di una nuova minaccia sconosciuta, sembrerebbe che stia per iniziare una nuova guerra, ma lui scoprirà che la posta in gioco è molto più alta di quanto il Grande Sacerdote Saga ed i suoi cavalieri possano immaginare.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold Saints, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera il cielo appariva sgombro, senza neppure una nuvola all’orizzonte; solo tante stelle, e l’accenno della prima falce della luna nuova. Nessuno vide arrivare l’ombra, né tanto meno la sentì appropinquarsi al di sopra delle campagne.

L’allarme venne dato celermente, e in pochi minuti giunse anche al Grande Tempio, il quale inviò un potente cavaliere d’oro assieme ad alcuni guerrieri di bronzo per investigare.

 

“Nobile Shaka, riuscite a vedere ciò che abbiamo di fronte?”

Per la prima volta della sua vita, il cavaliere d’oro della vergine, che per accumulare il proprio cosmo in maniera più elevata si privava spontaneamente del senso della vista, dovette spalancare gli occhi poiché incapace di identificare col proprio cosmo che cosa avesse davanti:

“E’ soltanto… ombra…” - constatò atterrito il guardiano della sesta casa, osservando una colossale massa nera e informe che inghiottiva ogni cosa su cui si posasse.

“Come agiamo?” - domandò un cavaliere di bronzo.

Shaka iniziò a bruciare il proprio cosmo:
“Contrasteremo le tenebre con la luce.”

 

 

La notte era stata lunga, ed essendo dovuto rimanere costantemente in guardia, alle prime luci dell’alba Ramiel ne aveva approfittato per riposare un po’ gli occhi – rimanendo comunque all’erta.

Circa un’ora dopo l’aurora, sentì qualcuno entrare nel palazzo del leone d’oro, tuttavia notò che i passi non provenivano dall’ingresso, bensì dall’uscita che dava sulle scalinate per salire alla casa della Vergine.

Sentendo bussare alla porta della propria abitazione all’interno del palazzo, Ramiel si destò ed andò ad aprire la porta al suo ospite:
“Salve Milo”- lo salutò garbatamente.

“Buongiorno Ramiel.” - contraccambiò il cavaliere dello Scorpione.

“E’ successo qualcosa?”

“Volevo chiederti se per caso avessi visto Shaka.”

“No, oggi non è passato nessuno in questo palazzo a parte te ora.”

“Capisco…”
“Ho sentito che è corso in missione stanotte.”

“Sì, ma, da alcune ore non abbiamo più notizie sue, né dei cavalieri di bronzo con cui è partito.”

Ramiel rabbrividì impallidito:
“Non mi dirai che…”

“Non ci voglio neppure pensare.” - commentò Milo scuotendo il capo.

“Questo è assurdo… Shaka è uno dei cavalieri d’oro più potenti, come può essere scomparso così nel nulla?”

“Io non lo so.”
“E se fosse opera di…” - Ramiel fece una pausa, come per trovare il coraggio di pronunciare la successiva parola - “… Specter?”

“No questo è impossibile, io, Saga, e gli altri cavalieri d’oro

della vecchia guardia abbiamo annientato Ade ed il suo esercito diciannove anni fa. E poi sapremmo riconoscere il cosmo di quei diavoli.”

“Capisco… in ogni caso fammi sapere se scopri qualcosa.”

“Senz’altro.”

Detto ciò Milo passò oltre e si incamminò verso la casa del Cancro.

 

Nei giorni successivi Saga fece rastrellare a pettine tutte le zone adiacenti al Grande Tempio: eppure, nonostante gli sforzi congiunti di cavalieri e soldati semplici, di Shaka e del suo gruppo non era rimasta alcuna traccia.

 

Per evitare che qualche curioso si avventurasse nella voragine dove erano scomparsi i cavalieri, alcuni soldati erano stati incaricati di sorvegliarne i bordi: nessuno sapeva che cosa vi fosse all’interno di quello spazio vuoto, ma bisognava prevenire ogni rischio per i civili delle zone.

Un paio di essi chiacchieravano del più e del meno seduti su una panchina posta in quel che rimaneva di una strada che si interrompeva bruscamente nel nulla, quando nel pomeriggio

videro giungere una figura in lontananza.

Tosto i due balzarono in piedi impugnando le proprie lance, ma quando videro un’armatura scintillare si calmarono.

“Ma che volete fare con quegli arnesi?” - domandò il cavaliere appena arrivato.

“Queste sono le armi che abbiamo in dotazione…” - rispose sconsolata una guardia.

“Non vi abbiamo mai visto” - disse l’altro - “chi siete?”

“Sono un cavaliere di Atena, non vi serve sapere altro.”

Il cavaliere li guardò di sbieco e i due si vergognarono per aver posto una domanda tanto sciocca.

 

L’uomo aveva un aspetto piuttosto minaccioso, per via di una corvina chioma arruffata e di penetranti occhi glaciali, sormontati da un paio di occhiaie che gli davano un’aria ancor più truce.

L’armatura non aveva particolari aspetti salienti, eccetto quattro code pendenti da dietro la schiena, e sotto di essa portava vestiti neri in pelle, pieni di borchie e catenelle.

“Io vado a dare un’occhiata.”

“M-ma signore, è pericoloso…!”

Il cavaliere si voltò e gli lanciò un’occhiata tagliente:
“Ho detto che vado a guardare, non vi ho chiesto il permesso.”

Dinnanzi a tali parole, i due tapini non poterono far altro se non rimanere in silenzio come due bambini appena sgridati dall’insegnante.

 

Il cavaliere iniziò ad esplorare la zona: l’area scomparsa doveva estendersi per almeno tre chilometri quadrati.

Tre chilometri quadrati di materia disgregata nel nulla.

Girò a lungo, esplorando tutta la zona, ma l’unica cosa che trovò fuori dal normale fu una specie di sabbia nera mescolata alla polvere: la cosa più curiosa di quella sostanza dal colore fosco era che, partendo da quello che doveva essere stato l’epicentro della calamità, si espandeva per diversi metri in forma spiraleggiante.

Ma a parte questo fenomeno, che il cavaliere ritenne potesse essere spiegato con del magnetismo dovuto a elementi ferrosi – che avrebbero anche spiegato il colore scuro della sabbia – tutto sembrava perfettamente normale.

Nessuna traccia di energia o di esplosioni, soltanto una fossa piena di polvere.

D’un tratto, alzando lo sguardo da terra, per un battito di ciglia quasi impercettibile il cavaliere vide la figura di un giovane dalla chioma dorata che sorrideva in quell’abisso.

Per diverse ore cercò di capire cosa fosse accaduto, ma non trovando alcuna prova della presenza di quel personaggio, concluse momentaneamente che si fosse trattato di un’allucinazione.

Quando infine il sole iniziò a calare il cavaliere ritenne che non vi fosse più nulla da osservare in quel luogo, e pertanto uscì dalla voragine e tornò al punto di partenza:

“Potete andare a casa, qui non c’è niente; l’unico rischio è di scivolare per il dislivello del terreno, ma per quello sono certo che un cartello sia più che sufficiente.”

Le due guardie lo salutarono, e prima di andarsene il cavaliere si rivolse a loro un’ultima volta:
“Ad ogni modo io sono Blake di Phoenix.”

 

377

 

Ormai il mattino appare utopia, solo il lampo del mio pugno riesce a squarciare le tenebre.

 

 

Ramiel aprì gli occhi, e vide Natalia osservarlo preoccupato; la fioca luce dell’aurora attraverso le fessure delle persiane illuminando flebilmente la cameretta, e i loro volti in penombra.

“Ti stavi lamentando…”

Il ragazzo si voltò, fingendo di ignorare le parole della sorella, la quale delicatamente si stese accanto a lui e lo abbracciò, senza dire nulla. Ramiel era sempre stata una persona con cui era difficile parlare, ed in particolare, ogni volta che tornava dal Grande Tempio il suo carattere diventava ancor più ermetico.

Natalia sapeva bene che in certe situazioni la forma di comunicazione più sincera era il contatto fisico, ed ogni volta che lo abbracciava dopo un lungo periodo di tempo, si rendeva conto delle nuove cicatrici che il fratello si portava dietro, domandandosi quando avrebbe finalmente cessato di procurarsene altre.

 

Quando Natalia si appisolò nuovamente, Ramiel ne approfittò per strisciare fuori dalla camera, ed andare in cucina a fare colazione.

Non appena entrò nella stanza, notò che assieme a sua madre, seduta al tavolo vi era una ragazza dal viso tondeggiante con una chioma bionda tenuta legata in una coda, ma con la frangia lasciata sciolta.

Senza dire una parola Ramiel prese una ciotola dalla credenza, la riempì di latte, prese un cucchiaio e si sedette a sua volta al tavolo, sotto lo sguardo delle due.

Iniziò a sorseggiare in silenzio, allorché la bionda si rivolse a lui con tono pacato:
“Ciao Ramy...”

Il giovane alzò lo sguardo, e la fissò in silenzio per un istante.

“Che ti serve, Ikaros del Toro?” - domandò senza emozione.

“Non essere scortese Ramy…” - lo esortò Kaila, ottenendo in risposta solo un altro sorso dalla tazza.

“Te ne sei andato senza dire niente a nessuno, ci stavamo preoccupando…”

“Sto bene.” - sentenziò il giovane finendo di prendere l’ultimo sorso.

“Sì lo vedo, solo, ecco… mi dici cosa ti è preso?”

Ramiel si alzò da tavola, posò la ciotola nel lavandino e la sciacquò con un piccolo getto d’acqua, al ché spazientita Ikaros si alzò in piedi e gli si portò davanti:
“A che gioco stai giocando?”

Ramiel alzò lo sguardo – nonostante il suo metro e settantasei, lui e Ikaros avevano praticamente la stessa altezza – e la guardò negli occhi cerulei:
“Sei venuta qui a riportarmi indietro con la forza?”

“Perché dovrei?”

“Perché non tornerò al Grande Tempio.”

Ikaros lo guardò amareggiata:
“Non capisco come mai ti stia comportando così, noi siamo i tuoi compagni, puoi fidarti! E soprattutto… abbiamo bisogno di te.”

A quel punto anche Kaila si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla:
“Che cosa succede Ramy?”

D’improvviso il giovane prese dapprima a ridacchiare sommessamente, poi scoppiò in un risata quasi isterica, e scuotendo il capo con gli occhi chiusi si rivolse alle due donne:

“Non c’è niente che possiate fare per me: oggi è il giorno in cui morirò.”

 

   
 
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