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Autore: PONYORULES    02/04/2020    0 recensioni
«Cosa ti piace di lui?» la domanda di Constance lo raggiunse inaspettata quasi quanto uno schiaffo e rimase ad osservarla. Lei lo odiò, odiò specialmente il suo essere così cieco e ottuso, lo detestò nel suo intimo. Quel quesito non l'aveva posto solo a lui, no.
Al contrario, lei sapeva perfettamente rispondervi: la sua pelle olivastra, che andava a scurirsi intorno agli occhi e alle labbra; i suoi capelli neri come la notte. E ancora: le sue ciglia fitte invidiate da tutte le donne del circondario; i suoi denti maledettamente bianchi da sembrare più una presa in giro che altro. Il suo modo di scherzare, l'odore di cuoio e metallo che le rimaneva incastrato nelle narici anche per giorni interi dopo essersi abbracciati.
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Il ragazzo si alzò in piedi e con fare disinvolto cancellò tutto lo spazio che li separava con due falcate. La strinse in un abbraccio, i capelli a solleticarle l'orecchio.
«Non ti rendi conto di quanto tu sia importante per me».
Non abbastanza, caro. Mai abbastanza.
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Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aramis, Athos, Constance Bonacieux, D'Artagnan, Porthos
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Carta Bianca

«Ne avete parlato persino con Athos e Porthos, eppure vi siete sentiti liberi di omettere con me questa verità» la voce di Aramis era talmente tagliente che rischiò di ferire i timpani di D'Artagnan, seduto di fronte a lui. Aveva entrambe le mani a coprire il viso, in un gesto a metà fra il disperato e l'imbarazzato. 
Aramis rimase in silenzio per qualche minuto, spostando lo sguardo altrove. Dalla finestra che dava sullo spiazzo del quartier generale poteva sentire gli stallieri iniziare a spazzolare e sellare i cavalli; i mercanti incominciare ad urlare ai pochi passanti quanto fosse di qualità la loro merce. Avrebbe voluto continuare a sentire la città  animarsi e guardare il tutto da quella finestra, dimentico della situazione. Vide D'Artagnan muoversi a disagio, come ad alzarsi.
«Dove pensate di andare?» gli domandò, la voce fattasi di nuovo dura. 
«Da nessuna parte» gli rispose subito l'altro, slacciandosi la fibbia che sorreggeva il fodero della spada. «Ma almeno vorrei essere comodo» appoggiò anche la grande pistola esattamente in mezzo a loro due. Aramis assottigliò gli occhi, chiedendosi cosa potesse voler significare quel gesto. 
«Ho bisogno di spiegazioni».
«In realtà c'è molto poco da dire, Aramis» D'Artagnan sorrise, ma gli occhi rimasero tristi. Prese un bel respiro, chiuse gli occhi e si mise una mano sul cuore. «Non volevo arrivasse mai questo giorno, però» ammise poco dopo.
«Mi offendete».
«Mi offende maggiormente il vostro sguardo, Aramis» gli rispose subito. «Ciò che state pensando di me, immagino che cambi tutto ora».
«Potete giurarci» si sentì dire. «Come potrei fidarmi di nuovo di voi? Combattere al vostro fianco, cavalcare assieme, proteggere la Regina? Io non riesco a capire, perché?» si alzò in piedi, sbattendo un pugno sul piano. «Pensavate di poterlo nascondere per sempre?».
D'Artagnan alzò il mento per poterlo guardare meglio. «Sì, perché non reputo questi sentimenti casti, cristiani e degni di essere provati».
«Parlate chiaro!» gridò Aramis, sporgendosi verso di lui. Sentiva il corpo scosso da terribili fremiti, la rabbia stava cominciando a montare veloce, come non succedeva da anni. 
«E perché dovrei?! Per essere poi umiliato in seguito?!» D'Artagnan schizzò in piedi, facendo cadere all'indietro la panca con un tonfo sordo. 
«Potreste almeno scegliere la sincerità, stavolta» l'uomo dai folti ricci castani si allontanò di qualche passo, abbassando le braccia e lasciandole abbandonate lungo i fianchi. «Tutto questo mi distrugge».
«Su questo siamo d'accordo» anche l'altro scrollò le spalle, cercando di ritrovare il controllo.
«Da quanto?».
«Non importa, Aramis».
«Voglio saperlo».
«Non serve, dav-».
«D'Artagnan! Vi prego!».
La distanza era troppa, Aramis sospirò e capì che doveva fare qualcosa per evitare che la situazione si complicasse. E anche perché, nel profondo di sé stesso, aveva bisogno di qualcosa che l'altro in quel momento avrebbe potuto rifiutargli. Valeva comunque la pena rischiare.
Girò attorno al tavolo, incurante di vedere D'Artagnan indietreggiare e sbattere le spalle contro al muro, accorgendosi di essere in trappola. Continuò ad avvicinarsi, non gli interessò sentirsi intimare di smettere. Quando gli arrivò di fronte gli mise le mani sulle spalle, le stesse che tante volte lo avevano riportato a casa ubriaco fradicio, dopo troppi brindisi alla Regina, vago ricordo di un amore troppo doloroso da provare.
«State soffrendo quanto me?».
Lo vide iniziare a piangere, in silenzio. Lo abbracciò, lo strinse a sé. 
«Vi amo, Aramis» disse D'Artagnan, fra i singhiozzi. «E so che non verrò mai ricambiato da voi, per questo motivo ve l'ho tenuto nascosto».
«Ora mi è tutto chiaro, vi chiedo scusa per aver usato parole così forti con voi» Aramis, con gli occhi lucidi, lasciò andare l'amico e lo guardò a lungo. «Dispiace anche a me».

Parlarono a lungo, non smisero neanche quando iniziarono ad arrivare altre persone.
Athos li vide in un angolo e li salutò con un semplice gesto del mento, decidendo di non intromettersi; si girò verso Porthos, in quel momento intento a pulire la propria pistola. 
«Vedo che si sono chiariti» disse quest'ultimo, ammiccando nella loro direzione e non riuscendo a nascondere un sorriso.
«Ne sono lieto anche io» gli rispose Athos, sedendosi affianco a lui. «Ma sarà difficile riuscire a convivere con i sentimenti di entrambi, d'ora in poi» aggiunse, incrociando le braccia al petto.
Porthos si trattenne a fatica e si girò verso il capitano, divertito. «Quindi dite che..».
Athos annuì con la testa. «Esatto, Aramis ancora non ha capito di amare D'Artagnan».
A quel punto Porthos non riuscì a resistere e proruppe in una sonora risata, che riecheggiò a lungo.
 
Fine
  
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