Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    02/04/2020    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                   La minaccia senza forma

 
Passarono i giorni che divennero così settimane, e la raggiante estate aveva lasciato posto all'inesorabile autunno. Le chiome degli alberi si erano colorate di giallo, arancione e ben presto di rosso intenso. Il vento frizzante giocava con la natura creando con piccoli mulinelli un festoso ballo tra polline e fili d'erba. Sulla cima della collina verdeggiante il solito gregge di pecore pascolava docile e belante. Tra quel mucchio di lana vaporosa trotterellò fuori una bestiola che non assomigliava per niente a una pecora. Col mantello bruno e dalle chiazze chiare, il cerbiatto saltellava giocosamente insieme ai cuccioli delle sue amiche dal manto candido. Una folata di vento sbuffò tra le fronde degli alberi. Le foglie danzarono nell'aria e arrivarono sulla valle in miniatura. Quando quella brezza si calmò, una foglia d'acero di colore arancio si posò sull'erba, vicino a una pila di ceppi di legno. Una mano candida recuperò quella foglia e la portò su una chioma bruna dai riflessi rosso mogano.
- Ehi, come sto? - fece una voce chiara e femminile. Doveva trattarsi della piccola Roxanne, su questo non vi erano dubbi. Ma quando la figura si spostò di lato, specchiandosi sulla superficie dell'acqua all'interno di un secchio, il riflesso che si materializzò era del tutto diverso. Infatti, non si trattava del viso di una bambina di sette anni, ma di una giovane donna, bella e attraente. Erano passati 10 anni da quella lontana estate, e la piccola pastorella era sbocciata in una splendida creatura, dai lineamenti morbidi e armoniosi pari a quelli di una Venere. La pelle era levigata da un tono chiaro e dorato, che ricordava il latte mescolato al miele. I capelli, legati in una spessa treccia, erano cresciuti moltissimo, tanto da arrivarle sotto le natiche. Mentre gli occhi erano praticamente rimasti gli stessi, verdi e dalle pagliuzze dorate. Ma nonostante i piccoli cambiamenti nel suo aspetto, Roxanne aveva mantenuto alcuni tratti del suo carattere da bambina. Un esempio, adorava ancora stare all'aria aperta e occuparsi delle pecore. Inoltre, ogni anno aspettava con ansia l'autunno e quando giungeva, si lasciava inebriare dallo spettacolo che la natura le offriva. Per non parlare dei deliziosi frutti e ortaggi che l'orto di suo padre donava per la loro tavola. Per questo la fanciulla era diventata una cuoca provetta, e per lei quella stagione era fonte di ispirazione per cucinare creme e vellutate alle carote, minestroni di legumi, e soprattutto torte di mele e di castagne.

Pv Roxanne

- Più tardi andremo all'orto. Se le zucche saranno mature al punto giusto, preparerò per cena una buona zuppa. Gnam! - dissi ad alta voce, rivolgendomi al mio tenero Morò. Qualche anno fa, mentre stavo sistemando il bucato sulla corda tesa per farlo asciugare al sole, ebbi la sensazione di udire degli strani versi. Per un breve momento pensai addirittura che fosse il vagito di un bambino abbandonato. Seguendo quel "pianto" insolito, arrivai nei pressi della siepe di arbusti. Lì accanto, a pochi centimetri dalla barriera, trovai un piccolo cucciolo di una specie che non aveva mai visto in vita mia. In un certo senso, assomigliava un po’ alla strana pecora che incontrai tanto tempo prima. Intenerita da quella bestiola, con una zampetta ferita, non ebbi il coraggio di lasciarla lì, perciò senza alcun indugio la presi in braccio e la portai nella capanna. "Possiamo tenerlo? "fu la prima cosa che chiesi a mio padre, appena tornato dal lavoro. Per una manciata di minuti, avevo scrutato l'espressione sul suo volto, e fui certa a cosa stesse pensando. Quell'animale, che scoprì essere un cerbiatto, doveva provenire al di là della siepe, in quel bosco. Conoscendo mio padre e il suo odio verso quella parte di mondo, sapevo che avrei faticato tanto per convincerlo. Ma nonostante le rigide regole era un uomo dal cuore buono, e si era accorto di quanto già amassi quel cucciolo, e allora, con dolce resa, mi diede il permesso di tenerlo con noi. Dal canto suo, anche il cerbiatto si legò molto a me, alla sua nuova casa e fece amicizia con le pecore. A volte si comportava proprio come un agnello, imitando le sue compagne, come brucare l'erba ed emettere versi che, per sua sfortuna, erano ben lontani dall'inconfondibile belato. Ogni volta che mi allontanavo per qualche necessità, lui mi cercava insistentemente, come farebbe qualunque cucciolo bisognoso della propria mamma. Per la dolcezza e gli occhioni teneri, scelsi core nome Morò, che significava " bimbo ", e che rispecchiava il suo lato innocente da eterno cucciolo. Dico questo perché, nonostante fossero passate tre primavere, Morò non era cresciuto di molto. Perfino la sua pelliccia non presentava cambiamenti e non vi era alcuna minima traccia delle corna sulla testa, tipiche dei cervi maschi in fase adulta. Era come se fosse rimasto bloccato nel suo stadio di cerbiatto e che non potesse crescere più di così. Era una cosa che non riuscivo a spiegare. 
- Morò, vieni qui! - lo chiamai felice, mentre recuperavo da una cesta un fascetto di fieno. Era la sua leccornia preferita. Il cerbiatto smise subito di giocare con un piccolo agnellino e mi raggiunse in un batter d'occhio. Era così adorabile! Non era solo carino e affettuoso, ma anche molto ubbidiente. Accarezzai il suo mantello morbido mentre lui accettava con piacere il fieno dorato. Era un giorno perfetto per stare all'aria aperta, con quella dolce brezza e il sole che splendeva radioso. La valle in miniatura era il luogo più tranquillo e sereno che esistesse in tutto il mondo. Già, in tutto il mondo...  
        Quel pensiero era ciò che mi era sempre bastato nei miei anni da bambina, in passato. Voglio precisare, non è che non ne fossi più convinta, ero certa che la mia casa fosse un luogo perfetto per poterci vivere in armonia. Ma nell'ultimo periodo qualcosa era cambiato, in me di certo. Ogni giorno, in cui le ore trascorrevano monotone e con gesti quotidiani ormai meccanici, sentivo che c'era altro oltre la placida valle. Inoltre, come potevo essere ancora sicura delle mie certezze, di ciò che mi era stato sempre detto, se non avevo mai messo piede fuori dalla collina? I miei occhi, guidati da un silenzioso desiderio, si spostarono verso l'orizzonte, oltre il pascolo e la collina verdeggiante. Lì, dove il mio sguardo si fermò, c'era la siepe di arbusti. Al di là di quel "muro" c'era tutto un mondo che non conoscevo affatto.
- Sai, e pensare che una volta ho oltrepassato quella stessa siepe - dissi ad alta voce, ma senza distaccare gli occhi - Avevo incontrato un altro animale davvero insolito. Ma era anche molto bello -.
Lo so, adesso penserete che sono matta e che sto parlando da sola. Può sembrare assurdo, ma in verità stavo parlando proprio con Morò, che intanto continuava tranquillo la sua merenda. Non fraintendete, ero consapevole che il cerbiatto non mi avrebbe mai risposto, e di certo non pretendevo che le mie parole fossero capite. Ma avevo vissuto per tutto quel tempo sulla collina, il cui mio unico punto di riferimento era stato mio padre, e gli unici amici che potevo permettermi erano le pecore, docili e mansuete compagne di giochi fin dall'infanzia. Non era quindi così strano che mi venisse naturale parlare col gregge o con il mio cerbiatto. A volte mi aprivo di più e confidavo a loro i miei sogni e i miei desideri più intimi, perché ero certa che non mi avrebbero ammonito o giudicato come avrebbe potuto fare mio padre.
 - Se almeno avessi mia madre al mio fianco - ripresi poi - Magari lei mi avrebbe compresa -.
In quel momento non potei fare a meno di pensare quanto io e Morò fossimo simili. Ritornai con la mente a quel giorno. Il piccolo cerbiatto doveva aver perso la madre, forse uccisa da qualche animale feroce, e lui si era salvato per miracolo, allontanandosi dal bosco e superato la siepe di arbusti. Anche io avevo perso mia madre. Era morta di parto, dandomi alla luce. Data la circostanza, non l'avevo mai conosciuta, e come se non bastasse mio padre ne parlava raramente. Il dolore della perdita era così devastante che ogni volta che cercavo di fargli qualche domanda a riguardo, preferiva sempre troncare l'argomento sul nascere, lasciandomi con maggiori domande che non avrebbero mai avuto risposte. Ma perché così tanti segreti? Forse dovevo solo arrendermi e accontentarmi di quello spazio tutto mio, sebbene piccolo e solitario. A un certo punto ecco che arrivò una brezza insolita. Era dolce e avvolgente, aveva un profumo selvatico e pungente, e proveniva da qualche posto lontano. Mi era così familiare. Lo avevo già avvertito altre volte.
- Lo senti anche tu, Morò? - chiesi piano, rivolta al mio amico, che in quel momento lasciò perdere il fieno. Rimasi per un attimo a fissare il cielo limpido mentre il vento mi accarezzava il viso. Strano, era come se avesse cambiato direzione. Lo capì dai batuffoli di polline che invece di danzare verso il gregge, si stavano muovendo verso la parte opposta, proprio in fondo dove c'era la siepe di arbusti. Una strana sensazione mi stava scorrendo in tutto il corpo. Era come se avvertissi un richiamo, una voce interiore che mi spingeva verso quella direzione. Era una forza irresistibile, la stessa che percepì quel giorno, quando mi ritrovai davanti all'entrata del bosco. Senza rendermene conto, i miei piedi fecero qualche passo e dopo aver superato il gregge mi ritrovai a fissare quei rami aggrovigliati che formavano la barriera invalicabile. Perfino il cerbiatto sembrava come ammaliato, e come me aveva l'impulso di correre e raggiungere la siepe.       
" Cos'è che mi attira sempre verso quel posto proibito? " pensai tra me e me, incantata da quella melodia evocata dal fruscio degli alberi smossi dal vento.

- Roxanne! Dove sei figlia mia? -.
Un'altra voce, più forte e reale offuscò l'altra che mi aveva rapita momentaneamente. Sussultai appena la riconobbi. Mio padre. Quando mi voltai vidi il contadino correre verso di me. Aveva un'aria agitata, con il viso madido di sudore e nei suoi occhi leggevo una terribile preoccupazione. Per un attimo ebbi il timore che mi avesse colta in quel momento mentre rivolgevo l'attenzione alla siepe. Ma con mio gran sollievo, a parte l'agitazione, non sembrava affatto in collera con me. Era semplicemente spaventato, da qualcosa a me sconosciuto.
- Vieni, presto, dobbiamo entrare in casa! - mi disse, facendomi segno di seguirlo. Allora mi affrettai e lo raggiunsi nella capanna. Intanto Morò si accinse a seguirmi a sua volta, come faceva di solito. Appena fummo tutti dentro, mio padre chiuse la porta in legno e la serrò con una lamina di ferro. In quel preciso istante cominciai a preoccuparmi anche io. Cosa stava accadendo?
- Padre, cosa è successo? Perché ci siamo dovuti barricare dentro? - cominciai a chiedergli, mentre Morò si accovacciò sul mio grembo, come se egli stesso avesse intuito una sorta di pericolo imminente. Si sa che gli animali percepiscono cose in largo anticipo a differenza degli umani. L'uomo non mi rispose e lo vidi girovagare per la capanna, chiudendo accuratamente anche le finestre.
- Padre...? - cercai di richiamarlo, sperando di ricevere finalmente una spiegazione. Allora il contadino, dopo aver recuperato un fagotto di cuoio, senza guardarmi in faccia rispose:
- Vai in camera tua -.
La sua voce aveva assunto un tono secco e sfuggente. Ma ciò che mi fece rimanere interdetta, fu la freddezza e il distacco delle sue parole.
-Perché? E che stai facendo? - gli chiesi, mentre notai che da quel fagotto tirò fuori alcuni pugnali e coltelli.
- E' una faccenda che non ti riguarda, figlia mia. Devo intervenire personalmente - mi rispose, ma tutto ciò mi angosciò ancora di più.
- Stai andando alla siepe, vero? Anzi, nel bosco... - dissi senza mezzi termini. Durante la mia crescita erano state rare le volte in cui avevo visto mio padre avvicinarsi alla barriera, ma ogni volta portava con sé sempre un'arma per difendersi da chissà quale minaccia temibile. Ma il vero problema, e ne ero più che certa, risiedeva proprio in quel bosco misterioso, che per anni e anni, lui mi aveva tenuta lontana in ogni modo.
- Roxanne, ne abbiamo già parlato...anche fin troppe volte - si limitò a dire, ricordandomi delle mille avvertenze che mi aveva dato. Non ce ne era bisogno, dato che me lo ripeteva tutti i santi giorni, ma non mi aveva mai spiegato tutta la verità. Solo storie di creature indicibilmente orrende e pericolose. Un covo infernale dalla falsa immagine di un bosco comune, che brulicava di bestie mostruose. Ma per una ragazza di 17 anni quei racconti risuonavano solo come una banale scusa. Ero troppo grande per ascoltare le storie di paura. Per far valere la mia determinazione mi puntai davanti alla porta di casa. Ero stanca di essere sempre messa all'oscuro di tutto.
- Figlia mia, non rendermi le cose più difficili - fece lui, mentre sistemava le lame alla cintura - Posso solo dirti che devo andare e tu devi rimanere qui al sicuro. Se ti accadesse qualcosa... -.
- Cosa? Cosa dovrebbe accadermi? Che mi imbatta in una stana pecora? - chi chiesi in tono deciso, con un pizzico di ironia. Dopo quella scialba spiegazione mi ero sentita ancora più messa da parte e non riuscivo più a tollerarlo.
- Non è di una semplice pecora che devi temere, ma dei...-.
Non aveva terminato la frase poiché si era tempestivamente morso le labbra, come se cercasse di trattenere un segreto che non poteva svelarmi. "Padre cosa mi stai nascondendo?" pensai tra me, ormai devastata dall'amarezza di quella situazione. Lui scosse il capo e con risolutezza mi prese per le spalle per smuovermi, ma questo fece scattare in me qualcosa. Mi scrollai di dosso la sua presa e con rabbia vomitai tutta la mia frustrazione.
- Perché non mi dici mai niente?! Di cosa hai paura?! - esplosi, avvertendo le lacrime agli occhi. Quella reazione improvvisa sbalordì l'uomo che avevo davanti. Era la prima volta che mi ribellavo in quel modo al suo volere, e per un attimo io stessa ne fui sorpresa.
- Ho paura...per te, figlia mia - mi rispose, mantenendo il tono calmo - Io devo proteggere la mia bambina -.
- Non sono più una bambina! Io sono cresciuta, padre! Sono una donna! - dissi con fermezza, guardandolo fisso negli occhi. Uno strano silenzio scese in quello spazio. Stavo aspettando, ma lui sembrava essere caduto in uno stato di mutismo che era peggio di un rimbombo assordante.
- Già, hai ragione...- rispose infine. Con una tenerezza che mi aveva sempre riservato, mi sollevò il mento per guardarmi meglio. Lo faceva spesso negli ultimi tempi. Le mie guance erano rigate dalle lacrime, ma ero troppo amareggiata per preoccuparmene.
- Proprio per questo devo proteggerti, mia Roxanne. Perché sei diventata una donna...-.
Cosa stava dicendo? Per quanto quelle parole fossero cariche di affetto, sentivo che per l'ennesima volta mio padre mi volesse tacere qualcosa di molto importante, e non solo su quella faccenda di pericolo che non comprendevo. Ma su di me. Nonostante il tempo avesse indurito il viso con le rughe, mutato il colore dei capelli nel grigio, e le mani rese callose, quell'amore paterno, che negli anni era diventato un'arma a doppio taglio, era rimasto intatto e integro nell'animo di mio padre. Non ne potevo più! Mi distaccai da lui e mentre mi passavo una mano sul viso per asciugare le lacrime esclamai:
- Sono stanca di essere prigioniera nell'ignoranza...e nella tua " gabbia" che chiami protezione! -.
Detto ciò corsi al piano di sopra, salendo i gradini e infine chiusi la porta alle mie spalle con un fragoroso botto. Poi mi fiondai sul mio letto, affondando la faccia sul cuscino, dando sfogo a tutta la disperazione e alle lacrime che mi erano rimaste. Nella mia giovane vita non avevo mai pianto così tanto. Sapevo quanto mio padre mi amasse e che il suo fosse solo il modo che riteneva giusto per tenermi al sicuro. Ma ormai ero grande, e qualunque fosse stata la minaccia o il pericolo, o semplicemente le verità nascoste, non potevano rimanere celati per sempre. E la libertà di conoscere posti nuovi, di scoprire il mondo esterno, era anche quella qualcosa che mi sarebbe stata negata per il resto della vita? Era tutto più facile quando ero ancora piccola e ingenua...

La notte era buia e carica di suoni e odori. Correndo a piedi nudi sulla terra, le foglie secche sfioravano le caviglie, mentre la polvere si alzava ad ogni singolo passo. I capelli spettinati e lunghi svolazzavano per aria, con il vento che sferragliava forte e freddo. Dove mi trovavo? Questa non è la collina! Circondata da alberi tortuosi e lugubri, correvo spaesata come se avessi smarrito la strada. Ma non ero sola. Nel bosco oscuro c'era qualcuno che mi stava inseguendo. O meglio, qualcosa. Potevo sentirlo da metri e metri di distanza. Correva e sbuffava, in cerca della sua preda; me. Con il terrore di essere raggiunta, corsi più veloce possibile, col cuore che mi stava per uscire fuori dal petto. Ma più mi affannavo a scappare, più avvertivo un'ombra terrificante avvicinarsi alle mie spalle. Mi prenderà! Dei versi animaleschi mi fecero sobbalzare dallo spavento e allora inciampai. Mentre cadevo tutto sembrava rallentare e udii una voce che mi risuonava nelle orecchie: " Nel bosco, oltre la siepe... ci sono orrende creature". Ma questa, è la voce di mio padre! " Se ti dovesse succedere qualcosa...". Quando finalmente la caduta terminò, mi ritrovai sommersa in un mare di foglie di un rosso vivo. Il mio colore preferito. Volevo cercare di alzarmi ma non ci riuscivo, come se in realtà stessi nuotando disperatamente in un oceano illusorio per evitare di annegare. Poi, la paura si impadronì di me quando ebbi il tempo di vedere quella feroce creatura sbucare dalla penombra del bosco...e scagliarsi su di me per cibarsi delle mie carni.

- Nooooo! -.
 
Angolo dell'autrice
Buonasera, gente ^^ Ecco a voi il secondo capitolo di questa storia. Lo so, ancora nessuna apparizione dei nostri personaggi principali, ma tranquilli ci arriveremo presto. Intanto cosa ne pensate della ormai cresciuta Roxanne? E secondo voi cosa sta succedendo nei pressi della siepe proibita? Posso solo consigliarvi di seguire i prossimi capitoli, e molti enigmi e misteri saranno finalmente svelati ^^. Perdonatemi se per il momento è tutto ancora poco chiaro, ma credetemi, ne varrà la pena XD Nel frattempo, fatemi sapere la vostra opinione. Grazie a tutti <3
 
   
 
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