Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: FDFlames    03/04/2020    1 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Sei

Reyns era ben equipaggiato, per quanto riguardava le armi: possedeva un arco lungo e un pugnale, oltre ad una faretra contenente almeno venticinque frecce. Aera invece poteva contare soltanto sul pugnale regalatole da Neal.
Sapendo che non sarebbero riusciti a dormire, e non potendo neppure accendere un fuoco perché gli Ideev avrebbero potuto trovarli, i due giovani parlarono del loro passato.
Reyns raccontò che il suo clan, Lokeef, aveva base all’estremo est della Valle Verde, e che il capo se l’era presa comoda, pensando che gli Ideev non sarebbero riusciti ad attraversare gli strapiombi che separavano la loro base dal resto della Valle Verde.
C’era solo un sistema di ponti e di funi che permetteva il passaggio da una parte all’altra, ed erano solo i membri del clan a rendere possibile il collegamento.
L’unica spiegazione a ciò che era accaduto quella notte era che alcuni Ideev fossero riusciti ad infiltrarsi nel clan, quindi all’insaputa degli altri avessero teso le corde e il ponte fosse stato assicurato dagli Ideev a ovest e dai traditori a est.
In questo modo gli Ideev avevano attraversato, e fatto strage del clan. Solo quattro o cinque membri del clan Lokeef erano riusciti ad attraversare il ponte – anche se a provarci erano stati almeno in quindici – poi almeno due di loro erano stati colpiti dagli arcieri Ideev, ma Reyns non poteva dirlo per certo, perché l’unica cosa che aveva fatto era stata correre, correre a perdifiato verso ovest. «Così eccomi qui.» concluse.
Nonostante fosse accaduto da pochissimo tempo, sembrava che Reyns avesse già accettato l’accaduto – aveva davvero un animo forte, e un’implacabile fame di vita.
«Immagino che ci siano diverse storie simili alle nostre. Essere gli unici superstiti di un clan sembra essere un fardello molto pesante da portarsi sulle spalle, tanto più è stata scarsa la probabilità di salvarsi. Quando penso che forse, là fuori, c’è un bambino tutto solo, l’unico ad essere uscito vivo da una battaglia tra gli Ideev e un clan magari anche più numeroso dei nostri due messi insieme!»
«C’è molto più coraggio nel restare soli che nell’accettare di unirsi agli altri.» rifletté Reyns, «E questo vale anche per quanto riguarda la vita e la morte.»
Aera annuì, sentendosi d’un tratto curiosa di sapere quanto la sua storia fosse simile a quella del ragazzo, che appariva tanto forte, coraggioso e saggio. Nel suo passato dovevano comparire forse più di un ricordo di un grande dolore che il giovane era stato costretto ad affrontare, probabilmente da solo, e che l’avevano reso quello che era, ma non aveva pensato a tutte le altre possibili conseguenze che un dolore può portare; cicatrici, talvolta invisibili, grandi e spaventose, che presto o tardi Reyns avrebbe fallito a nascondere.
«Quanti membri contava il tuo clan?» domandò la ragazza.
«Non eravamo più di una quarantina.» rispose lui, senza specificare, «Voi?»
«Trentadue.» rispose Aera, che conosceva ogni volto, tutti i membri del clan, e considerava davvero Knej la sua famiglia.
«Mi dispiace,» l’espressione sul volto di Reyns si fece grave, ma non del tutto priva di speranza, «Sicura che dei tuoi non si sia salvato proprio nessuno?»
«Se qualcuno si è salvato, si è unito agli Ideev, quindi non conta. Sono l’unica rimasta a fare davvero parte del clan Knej. Gli altri sono traditori.»
«Non pensi che ci sia un motivo dietro al loro gesto?»
«Hanno giurato di essere fedeli membri del clan Knej, e sono scappati!»
«Anche tu.»
Aera abbassò lo sguardo.
Reyns aveva ragione; chi era lei per giudicare gli altri? Era stata la prima a fuggire. Il sacrificio più grande l’aveva fatto proprio il gruppo che era tornato sul sentiero a ovest. E il motivo per cui erano corsi consapevolmente contro gli Ideev e alla morte certa era proprio quello di tentare di salvare Aera, Zalcen e Aniène, e solo una di loro ce l’aveva fatta. Avrebbe dovuto ringraziare gli altri, perché semplicemente correndo in quella direzione avevano compiuto una scelta e avevano dimostrato molto più coraggio di lei.
«Comunque io spero ancora che i miei compagni ce l’abbiano fatta.» continuò Reyns, «Mi dispiace di non averli potuti aiutare, ma credo di aver fatto la scelta che avrebbero fatto tutti, no?»
«Suppongo di sì,» rifletté lei, «Ma non sperarci troppo.»
«Sperare non ha mai ucciso nessuno.» disse lui, ottimista.
«Sì, invece.» obiettò la ragazza, «Aniène aveva sperato con tutta se stessa di riuscire a scappare con me e Zalcen, e ora...»
«Quelle sono le conseguenze di una speranza.» rielaborò Reyns, «Sperare di per sé non uccide, è credere con tutti se stessi che la vita ci sorriderà a farlo. È la troppa confidenza che ci porta ad abbassare la guardia. Non è la speranza a uccidere. È la fiducia.»
Reyns sorrise, immaginando che Aera non si fidasse affatto del primo ragazzo che le capitasse di incontrare dopo che il suo clan era stato sterminato dagli Ideev, e pensò che rivelarle quella morale che gli era stata insegnata da bambino non giovasse per nulla alla sua posizione, in quel momento.
«Sì, credo che tu abbia ragione.» rispose la ragazza, pensando che quella che Reyns le aveva appena rivelato era una morale che mancava alla collezione di Zalcen.
Pensò di fare una domanda, anche se una delicata. Era difficile trovare le parole giuste, e Aera rimuginò alquanto a lungo, alla ricerca dei termini più sottili ma meno affilati, cercando di lasciare intendere, e non di gettare il peso di un ricordo doloroso sul povero ragazzo, che chissà quante ne aveva passate.
Lo osservò cingersi le ginocchia con le braccia, chiudendosi in se stesso, mentre i suoi occhi amaranto rimanevano fissi sulla foresta, alla ricerca di qualche movimento, sempre in guardia.
«Reyns,» iniziò, insicura, catturando l’attenzione del ragazzo, rendendosi conto di aver appena infranto il silenzio, mentre le voci nella sua testa urlavano, «Nemmeno tu ti sei voltato, vero? Quando...»
«Quando li hanno colpiti?» terminò la sua domanda, le parole che lei non era riuscita a pronunciare, con il sangue freddo di qualcuno che ha già riflettuto sul passato ed è arrivato ad accettare l’accaduto, rincuorandosi pensando di averne superate di peggio.
Aera si chiese se fosse davvero possibile.
«No, non ce l’ho fatta,» riprese serio il ragazzo, «Eppure sono sicuro che loro avrebbero fatto lo stesso, sarebbero corsi via, il più lontano possibile, senza mai voltarsi indietro. E io li avrei perdonati per questo.»
Reyns notò la sfumatura che il senso di colpa dava agli occhi di Aera. «Non ti devi sentire in colpa per essere qui. Non l’abbiamo scelto noi, né loro, e nemmeno gli Ideev. È semplicemente successo.»
Era confortante sapere che c’era qualcuno che la comprendeva, anche se aveva fatto qualcosa di cui si vergognava a morte; Zalcen le aveva detto che se le fosse successo qualcosa, lui sarebbe tornato indietro, ad aiutarla. Aera non l’aveva fatto, non l’aveva nemmeno guardato negli occhi un’ultima volta, quando si erano presi per mano. Poi però le tornò in mente ciò che le aveva detto Zalcen, la notte precedente: «Quando gli Ideev ci troveranno, seguiremo l’istinto e scapperemo il più lontano possibile senza nemmeno accorgercene. E non è una colpa, Aera.»
Sì, Zalcen aveva ragione – come sempre – e la cosa migliore che Aera poteva fare ora era mandare avanti il loro piano.
«Ehi, Aera, secondo te ora che cosa dovremmo fare?» le domandò Reyns, sdraiato, che osservava il cielo notturno, sovrappensiero.
La ragazza, fortunatamente, ci stava giusto pensando. I suoi pensieri e quelli di Reyns combaciavano alla perfezione, fino ad ora.
«Andremo a ovest.»
«Che cosa? Sei matta?» Il giovane si tirò a sedere e la guardò sbigottito, «Ci sono solo Ideev a ovest!» cercò di convincerla inutilmente.
«Conosci per caso un posto dove non ci siano solo Ideev, ormai? I clan non esistono più, e l’unico modo per riportare la libertà nella Valle Verde è andare a ovest, per estirpare il male alla radice.»
«Quindi... Che cosa vorresti fare, esattamente?» Reyns aveva paura di chiederlo.
«È tutta colpa di Vyde, e ancor di più di Tavem.»
«Tavem? Intendi dire...»
«Quel suo maggiordomo, pronto a fare di tutto per lui. È stato Tavem a convincere il primo gruppo di Ideev ad abbandonare il loro clan in cambio di denaro. Ha preso quelli che più ne avevano bisogno e ha formato un gruppo di una quarantina di uomini, e da allora tutti i clan nella Valle Verde sono caduti, uno dopo l’altro.»
Fece una pausa e riprese poco dopo, alludendo al significato della parola Ideev e anche al nome di Ikaon: «E l’edera ha continuato ad arrampicarsi, fino a che l’albero, ora, è morto.»
«Capisco, ma credo che alcuni Ideev non abbiano avuto una vera e propria scelta.» disse Reyns, «Pensi mai a chi Ideev ci è nato, magari? Quei ragazzi che vengono dall’ovest. Hanno all’incirca la nostra età, e sono costretti a svolgere incarichi come quelli di assassini, o spie. Certo, forse il loro compito è uccidere ed è naturale disprezzarli per questo, ma non stiamo tutti quanti solo cercando di sopravvivere al mondo corrotto che Vyde ha creato?»
Aera lo guardò storto; non ci aveva pensato prima, ma se fosse stato proprio Reyns, una spia? Il tono di voce che stava usando adesso, un po’ più basso, forse un po’ più serio del primo... Stava mentendo?
Al ragazzo non sfuggì questa sua occhiata, e sorrise di nuovo ad Aera, in un modo innocente, come un bambino sorpreso a fare una marachella.
Macché! Perché parlare di argomenti come sicari e spie, se lui fosse stato il primo a doversi dire coinvolto? Se fosse stato davvero un Ideev, avrebbe cercato di distrarla e di parlare di argomenti diversi. «Prova a rifletterci, per un attimo,» riprese invece il giovane, «Se ti fossi ritrovata in una situazione come quella, che cosa avresti fatto? Che cosa avresti potuto fare, anche volendo? Ti saresti fatta uccidere?»
«Io sarei scappata, ed è quello che ho fatto.» rispose lei.
«E se non fosse così semplice?» propose Reyns.
«Allora avrei combattuto, ed è quello che ho in mente di fare.» disse allora la ragazza, e gli lanciò uno sguardo, quasi fosse di sfida. Ora non c’era nulla che Reyns avrebbe potuto inventarsi per contraddirla. Era costretto ad ammettere che Aera aveva ragione. E questo un poco lo ferì nell’orgoglio – farsi zittire da una ragazza che aveva appena conosciuto? – ma lo riempì anche di stima nei confronti della giovane. C’era qualcosa di eroico in lei, che lo fece sorridere.
Così annunciò: «Bene, quindi comincia ora il nostro viaggio verso ovest! Il nostro viaggio per...» si fermò, senza sapere come andare avanti, «Quale sarebbe il tuo scopo, esattamente?» chiese, senza riuscire ad abbandonare quella piccola speranza che, costringendo Aera a formulare la sua idea, potesse ricredersi, trovarvi una qualche falla, un difetto, e rinunciare.
«La libertà.» rispose invece Aera, irremovibile, «Io e Zalcen avevamo pensato di influenzare più Ideev possibili e convincerli ad unirsi ad un gruppo, per organizzare una rivolta contro Vyde, ma in questo modo saremmo stati identificati come traditori molto presto, e non avremmo mai riottenuto la Valle Verde. Io voglio fare di più.»
Aera lo fissò dritto negli occhi, e per un momento Reyns non seppe che cosa rispondere.
Era testarda, quella ragazza, e lui se n’era accorto, ma aveva avuto una grande idea, quindi non si sarebbe opposto.
«Non vorrai...» lasciò in sospeso la frase. Se Aera era davvero convinta di ciò che aveva in mente di fare, avrebbe avuto il coraggio di pronunciare quelle parole.
«Vyde e Tavem devono morire.» disse lei, seria e irremovibile.
«Ne sei così convinta?» volle un’ultima conferma il ragazzo.
Aera fece di sì con la testa.
Reyns sorrise, più a se stesso che alla ragazza. Non si sarebbe mai aspettato che potesse essere così semplice, ma Aera, con tutta la sua cocciutaggine e ignoranza sullo stato degli Ideev, era perfetta così com’era. Avrebbe potuto limitare le bugie.
«E io che stavo cominciando a pensare di essere impazzito, quando mi è balenata l’idea di andare a ovest!» esclamò il ragazzo, quasi contento, con un tono di voce più alto, spiegando, «Sai, è proprio per questo motivo che ho attraversato quel ponte rischiando di venire colpito, questa notte. Mi sarei potuto nascondere in qualche grotta lì sulle Montagne, aspettare il giorno, e poi continuare a fuggire verso est, invece sono corso verso il Bosco delle Frecce, mi sono fermato tra i rovi, e poi ho visto questa grotta.»
Si alzò in piedi e si avvicinò ad Aera. «È stata la collera a portarmi qui, la rabbia e l’odio che provo nei confronti di chi è a capo di tutto questo, il rancore che serbo per l’uomo che ha distrutto la Valle Verde, la mia vita, e a quanto pare anche la tua. Hai ragione, Aera, dobbiamo fargliela pagare, non importa se significa sporcarsi le mani! Sarei pronto a farlo io stesso.»
Le prese le mani e le ricambiò quello sguardo deciso, onesto, che lei aveva avuto prima.
Inevitabilmente conquistò la sua fiducia, e forse anche qualcosa di più.
Il ragazzo se ne accorse, e sorrise, come se ciò significasse aver portato a casa la vittoria. «Hai un piano?» le chiese, quindi.
«Credo che l’unica sia infiltrarsi tra gli Ideev, ma non ho idea di come fare. Ne dovremmo trovare due e rimpiazzarli, insomma...» Non c’erano altre parole, non poteva scappare, «Ucciderli.» fu costretta a dire.
«Niente di tutto questo.» le assicurò Reyns, mostrandole il dorso della mano destra, dove era stato inciso un curioso simbolo di un quadrato al quale erano state tracciate le diagonali, che però sbordavano dai vertici vicini alle dita.
«Che cosa significa, questo simbolo?» domandò Aera.
«I traditori che si erano infiltrati nel nostro clan avevano cicatrici simili sul dorso della mano destra.» spiegò Reyns, «Avevano detto che questo era il simbolo che portavano tutti i membri del clan al quale appartenevano in precedenza, che stando a ciò che dicevano era stato sterminato dagli Ideev pochi giorni prima. Ci avevano convinti di esserne gli unici superstiti, e noi li avevamo accolti. Come ti ho detto, è stata la fiducia a portarci alla rovina.»
Fiducia... Pensò automaticamente Aera. Ma sì, non costava nulla mettere alla prova la fiducia di Reyns. Voleva eliminare ogni dubbio sulla sua vera identità. Se era chi diceva di essere, avrebbe capito.
«Questo simbolo dev’essere quello degli Ideev,» continuò il ragazzo, «L’ho visto ancora inciso sulle cortecce di alcuni alberi dove sappiamo per certo che sono passati. Ne ho tracciato uno simile sulla mano, nonostante abbia fatto un po’ male, poco prima di venire qui, così da poter mentire agli Ideev dicendo di essere parte del loro gruppo, nel caso in cui mi avessero trovato.»
Si notava che la ferita si era rimarginata da poco, ma Aera voleva essere sicura che Reyns stesse dicendo la verità, così chiese: «Come hai fatto a inciderlo sulla mano destra?»
«Sono mancino.» rispose prontamente l’altro, mostrando il pugnale che portava al fianco destro invece che al sinistro.
«Ma il tuo arco ha un’impugnatura per destri.» notò la ragazza, dando un’occhiata all’arma, che era fatta apposta per essere tenuta nella mano sinistra. Era un arco di pregiata fattura, un tipo del quale la ragazza aveva solo sentito parlare, che veniva dall’Oriente.
«Oh, quello non sarebbe mio.» ammise il ragazzo, «L’ho rubato insieme alla faretra a uno degli Ideev che sono stati uccisi dai membri del mio clan. È più scomodo da impugnare, per me, ma questo è ciò che ho trovato, e mi ritengo fortunato.»
E portava la faretra al fianco sinistro. Sì, era mancino, non stava mentendo. Ma che cosa ci faceva un arco Orientale nelle mani di un Ideev? Che i mercenari avessero invaso anche il regno confinante?
Aera si ritrovò a sperare che fosse così, perché quando una speranza si infrange è meglio trovarsi a una certa distanza da essa, o i suoi frammenti feriscono come schegge di vetro. Erano così vicini all’Est che ritenere il suo raggiungimento la soluzione ad ogni problema era troppo doloroso. Era meglio pensare, sperare, credere che la situazione oltre le Montagne fosse addirittura peggiore di quella nella Valle Verde.
Notò però qualcosa di strano, riguardo al suo pugnale: potendo vedere solo l’impugnatura avrebbe avuto dei dubbi, ma guardando più da vicino, ora, era sicura. Era quello di Zalcen.
«Il tuo pugnale...» iniziò a dire, senza sapere come continuare.
Sentendola mormorare qualcosa riguardo al pugnale, Reyns lo estrasse dal fodero, per mostrarlo alla ragazza, la quale spalancò gli occhi, alla vista della lama.
Al che, Reyns la osservò a sua volta, leggendo i caratteri Antichi che componevano la scritta Souro hyor Zalcen tentou.
Ancora senza capire il motivo del disagio della giovane, il ragazzo prese a spiegare: «Mentre ero nascosto qui vicino, questa sera, ho notato il corpo di un Ideev, che era stato colpito alla schiena da una freccia, e dato che portava ancora un’arma, ho pensato di rubargliela, per difendermi. Devi capire, ero spaventato...»
Vedere sul suo volto quell’espressione colpevole la portò istintivamente a scusarsi al più presto per aver diffidato. Eppure, quel pugnale era di Zalcen.
Subito tutto le fu chiaro: Reyns aveva dedotto l’identità della persona a cui apparteneva l’arma basandosi solo su quel mantello, che Zalcen aveva infatti rubato a un Ideev.
Già. Era chiaro, ora.
Aera si sedette in un angolo. Da un lato si sentiva più tranquilla, dall’altro era estremamente preoccupata. Ciò che parlare con Reyns aveva portato a galla poteva significare due cose: o quel ragazzo era onesto, mancino e pronto a tutto per riportare la libertà nella Valle Verde, oppure era davvero bravo a mentire. E nel secondo caso Aera non avrebbe avuto strumenti per difendersi.
Sentì che Reyns stava tentando di trattenere una risata.
«Che c’è?»
«Aera, certo che sei proprio sveglia!» si complimentò, «Hai cercato di mettermi alla prova, giusto? Sospetti che io sia un Ideev?»
«No, no, assolutamente no!» Si rese conto che avrebbe odiato venire fraintesa da Reyns, dato che rappresentava il suo unico alleato.
Il ragazzo continuò comunque a sogghignare, e aggiunse: «Se fossi davvero un Ideev, non credi che ti avrei già uccisa?»
Poi smise di ridere e abbassò nuovamente il tono di voce, «Non devi preoccuparti. Puoi fidarti di me, te lo giuro sul clan Lokeef! E come ulteriore prova della mia fiducia, vedrò anche di rimediare ad una cena.»
Così Reyns si allontanò lasciando Aera da sola; pugnale al fianco destro, faretra al sinistro, ma arco nella mano sinistra.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: FDFlames