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Autore: AleeraRedwoods    03/04/2020    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Vulcano-


    Galion attraversò il corridoio velocemente, corrucciato. Era tutta la notte che correva da una parte all’altra del Palazzo, per risolvere assurdi problemi di cui prima ignorava l’esistenza.
    Il Re era davvero efficiente e ora più che mai, suo malgrado, il silvano se ne rendeva conto.
    Aveva sempre considerato il Reame Boscoso un luogo tranquillo, ordinato, incorruttibile, dove ognuno occupava un posto ed un compito ben preciso. Tutto scorreva con minuzia estrema, come un complesso ingranaggio ben oleato. E Galion sapeva di essere una pedina importante, in quell’ingranaggio: era il consigliere del Re. Tutto doveva passare attraverso la sua sorveglianza ed era certo che ogni cosa fosse ben gestita proprio perché era lui in persona a occuparsene.
    Thranduil, dal canto suo, non doveva fare altro che starsene sul suo Trono e leggere qualche rapporto, pensava.
    Eppure, era bastato che il Re si assentasse per qualche giorno per fare in modo che l’intero sistema crollasse su sé stesso. A discapito di quanto Galion potesse sproloquiare in proposito, Thranduil era la colonna portante di quel luogo, dove vigevano le sue regole e la sua assoluta autorità.
    Lui, che come nessun altro conosceva ogni dettaglio e sfaccettatura del Bosco, era da sempre il perno su cui tutto il loro mondo si costruiva e Galion, il consigliere, di certo non poteva competere.
    In ogni momento si presentava un nuovo problema, ogni ora arrivava nuova documentazione, e l’elfo si era trovato solo e responsabile di ogni faccenda senza essere minimamente preparato. I capi della guardia non lo rispettavano, i saggi lo ignoravano, i più influenti lo criticavano.
    Non avrebbe resistito a lungo.
    In un moto di stizza, Galion accartocciò i documenti che teneva tra le mani: era tutta colpa di quella donna, la stella. Quanto la odiava, era la causa di tutti i loro mali. Il Re non era più tornato ai suoi doveri, per colpa sua. Se solo non fosse mai entrata nella sua vita…
    Immerso nella sua cinica elucubrazione, l’elfo raggiunse l’armeria: -Dunque? Qual è il problema?- Sbottò arcigno, squadrando l’elfo dai capelli castani davanti a lui.
    Questo, appoggiato al muro con fare annoiato, indicò con un gesto del capo l’enorme librone sul tavolo: -All’inventario mancano molte cose.- Galion, che non aveva tempo da perdere, sollevò il mento: -Cosa manca di preciso?-
    L’altro scrollò le spalle: -Molte cose.-
    -Sono cose importanti?-
    -Non sta a me dirlo. Io mi limito a fare gli inventari.-
    Galion si trattenne dal pestare i piedi per terra e liquidò la faccenda sbrigativamente: -Bene. Più tardi me ne occuperò.- Non si sarebbe sorpreso nel venire a scoprire che anche quella segnalazione era solo un grosso scherzo: ultimamente, capitava spesso. Capitava persino prima, seppur per faccende di poca importanza, perciò sapeva bene di non godere di grande simpatia negli altri subordinati del Reame.
    Diede le spalle all’elfo annoiato e uscì nuovamente nel corridoio, questa volta diretto alla biblioteca principale. Questa si trovava svariati metri più in superfice e altrettanti più a Sud dell’armeria e per arrivarvi era necessario aggirare le caverne centrali e uscire all’aperto. Galion superò le guardie della ronda notturna e imboccò la strada in salita, massaggiandosi le tempie.
    Proprio quando l’aria notturna stava riuscendo ad alleviare il suo mal di testa, un elfo minuto sbucò da un portoncino laterale e gli corse dietro, trafelato: -Mio signore Galion, c’è una cosa che devi assolutamente sapere!- La vocetta fastidiosa del giovane elfo dilaniò i nervi di Galion, già a fior di pelle da ore: -No, ti prego! Non ho tempo, qualsiasi cosa sia può aspettare!-
    Erano ore che tentava di sfuggire a quell’elfo invadente ma questo aveva preso molto seriamente il suo nuovo incarico d’intendente del consiglio reale: -Ma mio signore, è importante. Il capitano ha detto a Ciriel di riferire a Sòren di venire da me per riferirti che il capitano ha scoperto che la guardia-
    -Ho detto che non è il momento!- Sbottò Galion, esasperato.
    L’altro si risentì, stringendo i taccuini al petto ossuto: -Questo non è un comportamento degno di un consigliere, se permetti.-
    Era davvero troppo. Galion si voltò di scatto e gli puntò il dito contro, perdendo infine il suo regale contegno: -Bada a come parli, Ladir! Sei solo un intendente, cosa vuoi saperne tu! Io ho tra le mani l’intero Reame, hai capito? Il Re l’ha affidato a me! Voi tutti siete dei buoni a nulla che hanno solo bisogno di attenzioni, non sapete fare niente senza il mio aiuto!- L’altro alzò un sopracciglio, perplesso: -Come vuoi. Comunque volevo solo dirti che Felon ha lasciato il suo posto di guardia. È sparito.-
    Galion rimase immobile, la bocca ancora aperta e il dito fermo a mezz’aria: –N-ne siete certi?- Ladir annuì e Galion sentì il peso di tutto quel lavoro schiacciarlo definitivamente al suolo.
    -Da quanto è sparito?- L’elfo si lisciò una ciocca ramata tra le dita, riflettendo: -Il fatto è che al momento del cambio della guardia, un’ora fa, lui non si è presentato e ancora non lo abbiamo trovato da nessuna parte. Abbiamo cercato persino nelle cucine. Dunque non è facile dire quando sia sparito di preciso, potrebbero essere passate ore e ore o magari è successo qualcosa solo una manciata di minuti prima del cambio della guardia.- Galion respirò profondamente. Per quanto lo disprezzasse per il suo carattere docile e gentile, Felon era un elfo diligente, dei più seri e fedeli che conoscesse, non si sarebbe mai allontanato dalla postazione di guardia.
    Non senza un valido motivo, almeno.
    L’ipotesi più probabile era una sola: -Dai l’allarme, Ladir. Felon è stato catturato, oppure attirato fuori dai nostri perimetri.-
    Per la prima volta, Ladir sembrò prenderlo sul serio: -Un attacco adesso? Non potrebbe essere solo-
    -Non discutere i miei ordini, vai!- Ordinò Galion, alzando la voce e Ladir corse via senza farselo ripetere ancora. Un remoto angolo della mente di Galion gioì dell’accaduto: forse, con un allarme a notte fonda, il Re si sarebbe riscosso dal suo torpore per riprendere in mano la situazione e lui sarebbe finalmente tornato a dirigere i turni di guardia, consegnare i documenti e battibeccare con i messaggeri.
    Corse verso la Sala dei Capi della guardia, deciso a mobilitare tutte le forze necessarie a rendere la faccenda ancor più drammatica. Subito, nel palazzo si diffuse la notizia: gli abitanti si riunirono nelle Sale del Mercato per dirigersi compostamente ai livelli più bassi, al sicuro dall’ipotetica minaccia esterna, mentre le guardie monitoravano ogni angolo e strada del Reame, vigili.
    Galion sorrise, finalmente libero dalla tediosa burocrazia di poco prima. Una volta che tutti furono sistemati al proprio posto, l’elfo si diresse verso la Sala del Trono, impaziente di mettere al corrente il Re del suo meticoloso operato.
    Immerso nei suoi pensieri, passò distrattamente davanti ad una stanza vuota, la cui finestra dava sulle fronde ondeggianti degli alberi del bosco.
    Chiunque altro avrebbe tirato dritto ma non Galion.
    Per quanto non fosse cosa risaputa, l’elfo vantava una vista fuori dal comune, persino per la sua razza. Era stata quella vista a salvare il Re da una freccia potenzialmente letale, durante una rappresaglia di molti decenni prima, ed era stato proprio quell’episodio a renderlo il consigliere reale.
    E fu quella stessa vista che, adesso, gli permise di individuare a colpo d’occhio la figura scura appollaiata nel buio, dietro i rami spessi dell’albero.
    Si fermò, con i muscoli tesi: la minaccia era reale, allora.
    Forse quello era il rapitore, o peggio, l’assassino di Felon.
    Con passo felpato, Galion entrò nella stanza buia e si avvicinò alla finestra, facendo scivolare una mano nella casacca. Sapeva che era una mossa rischiosa ma se fosse corso a chiamare rinforzi, era certo che quell’individuo sarebbe scomparso: doveva agire subito e da solo. Strinse il pugnale nella mano destra e, con un respiro profondo, balzò oltre il davanzale, dritto sulla figura scura. Questa, colta di sorpresa, si sbilanciò all’indietro ed entrambi piombarono verso il basso, colpendo i rami sottostanti per poi atterrare malamente sull’erba umida.
    Tentoni, Galion afferrò il mantello della figura e la spinse a terra, violentemente. Dopo una breve lotta, riuscì a immobilizzare l’avversario, salendo cavalcioni su di lui e premendogli il coltello affilato sulla gola scoperta: -Dimmi chi sei, maledetto!- Sibilò, avvicinando il viso a quello celato dell’altro.
    Con un gesto secco, strattonò il cappuccio.
    Per un secondo, pensò di aver preso un abbaglio, un’allucinazione davvero esilarante.
    Poi sbatté le palpebre, una, due volte.
    Sotto di lui, premuto contro la terra fredda, c’era Felon.

    -Galion, lasciami.- Si divincolò Felon, ignorando le due guardie che li seguivano con gli archi in pugno. L’altro continuò ad avanzare imperterrito, strattonandolo per un braccio.
    –Galion, tu non capisci!- Felon cercò nuovamente di allentare le corde che gli stringevano i polsi dietro la schiena ma Galion le aveva legate ben strette. L’elfo gentile sentì la rabbia per il suo fallimento attanagliargli le viscere e scorgere i profili tetri della Sala del Trono non fece altro che accrescere la sua disperazione.
    Galion lo tirò dietro di sé, lungo le scale a chiocciola attorno all’immenso tronco, senza che un fremito turbasse la sua espressione glaciale.
    La Sala del Trono del Reame Boscoso era avvolta dalla penombra: non un rumore, non un alito di vento aveva alterato l’immobilità di quei luoghi per giorni. Forse fu per questo motivo che i loro passi e i loro respiri pesanti risuonarono nel vuoto in echi quasi assordanti.
    Come pietrificato sul maestoso trono, il Re degli Elfi assisteva alla corta processione. Nonostante la posa scomposta e il viso rilassato, dietro gli occhi socchiusi di Thranduil si agitava un fuoco spaventoso e nessuno in quei lunghi giorni aveva trovato il coraggio di disturbare la sua apparente quiete.
    Fino a quel momento.
    Galion avanzò verso di lui e costrinse Felon in ginocchio, ai suoi piedi: -Mio signore Thranduil.- Iniziò il silvano, senza alcuna esitazione. La sua voce era dura e fredda come roccia: -Costui, Felon, capitano della guardia del Reame Boscoso, si è macchiato di alto tradimento verso di te, la tua corona e il tuo regno.- Felon sollevò la testa, digrignando i denti ma Galion lo costrinse ad abbassarla con una violenta pressione della mano.
    Thranduil si mosse appena, spostando lo sguardo tagliente prima sul suo consigliere poi su Felon. Tornò a guardare Galion poco dopo, il viso simile a una maschera di pietra: -Che accusa altisonante, Galion.- Sussurrò, con voce tanto roca da far rabbrividire i presenti. L’altro mantenne salda la sua determinazione: -è un traditore. Stava tentando di fuggire.-
    Thranduil contrasse la mascella: quel discorso lo turbava. E lui non voleva essere turbato, non voleva pensare a niente. Perché quei due lo importunavano con quei miseri, fastidiosi teatrini?
    –Fuggire? Da cosa?- Il suo nervosismo si estese intorno a lui, avvolgendo i due elfi al suo cospetto. Galion sentì i peli rizzarsi sulla nuca ma strinse i pugni, cercando di non farsi intimorire.
    -Mio signore, tentava di fuggire dai suoi doveri, di nascosto, rubando nelle armerie.- Gettò ai piedi del Trono tutte le armi requisite a Felon, le stesse che risultavano scomparse dall’inventario di poche ore prima. Thranduil le guardò, poi fissò Felon, questa volta con più insistenza.
    L’aria nella Sala stava diventando sempre più irrespirabile e il turbamento psichico dell’immenso e immobile Re li stava schiacciando inesorabilmente. Ecco, la reazione che Galion aspettava da tempo: il ribollire di un vulcano di braci ardenti che aspettava solo un buon pretesto per eruttare.
    –Avrebbe rubato un cavallo e sarebbe uscito dai nostri confini senza il tuo consenso, mio Re.- Continuò.
    –Allora gettalo nelle caverne sotto la collina, com’è giusto che avvenga.- Alzò la voce, l’altro. Ormai, nella sua mente si era insinuato il dubbio e la domanda aleggiava tra loro: perché Felon aveva cercato di andarsene?
    Thranduil non voleva ascoltare. Temeva la risposta e temeva la reazione del sé stesso che l’avesse sentita.
    Galion invece, sollevò il viso di Felon tirandolo per i capelli, annientando le speranze del Re elfico: -Prima lui vi deve dire perché.- Felon fremette, guardandolo con odio.
    –Dillo.- Ordinò Galion.
    Thranduil, ancor prima di ascoltare le parole dell’imputato, cominciò a tremare. Rivide dolorosamente quelle scene passate che tanto odiava e una più di tutte irruppe prepotentemente nella sua mente: il sorriso sul viso adorante di Felon alla vista di… di lei. Felon stava fuggendo, armato, solo per un motivo.
    Gli occhi taglienti del Re incatenarono lo sguardo dell’elfo in ginocchio e questo non ebbe vergogna nell’ammettere le proprie colpe con veemenza: -Sarei fuggito, sì. Avrei affrontato miglia e miglia, da solo, per combattere al suo fianco. Ti avrei tradito mio Re. Avrei tradito il mio amore e la mia devozione verso di te per andare da lei.- Galion sorrise soddisfatto, lasciando cadere a terra i foglietti sgualciti che teneva in tasca: -Ecco le prove. Ha tenuto tutti i resoconti dei corvi dell’Ovest che tu ordinasti di bruciare. Vi sono segnati i nomi degli alleati di quella donna, i loro eserciti, i loro movimenti, le loro intenzioni. Pianificava di tradirci da settimane.-
    -Dal momento stesso in cui lei è partita per la battaglia senza di noi!- Gridò Felon, furioso. –Leggi i nomi, mio signore Thranduil. Nani, Uomini, Aquile! Guarda cosa Sillen sta facendo per salvare il nostro mondo, per salvare noi!- La lama elfica di Thranduil fendette l’aria con un sibilo terribile e si fermò a un soffio dalla gola di Felon, che si zittì, sudando freddo.
    –Non dire quel nome.- Sussurrò Thranduil, talmente piano che i due quasi non lo udirono. Il Re degli Elfi tremava, il viso adombrato e nascosto dai lunghi capelli argentei.
    Sembrò sul punto di parlare di nuovo ma non lo fece.
    Galion attese, rigido e spaventato, eppure esaltato dalla furia del suo Re. Sapeva bene che quello era un momento di estremo pericolo anche per lui: in occasioni simili, Thranduil non faceva differenze, non risparmiava nessuno. Mai.
    Arretrò silenziosamente, ringraziando gli dèi di non essere al posto di quel traditore che, con un solo, folle atto, aveva commesso gli unici due crimini che Thranduil non poteva tollerare: tradire il suo prezioso Reame e nominare lei.
    No, forse aveva appena inventato il crimine peggiore di tutti, quello che nessun elfo silvano avrebbe mai potuto compiere contro Re Thranduil: tradire il suo Regno per lei.
    Quale immane bestemmia.
    –Galion.- L’elfo sobbalzò quando udì la voce del Re pronunciare il suo nome: -Mio signore?-
    -Vattene.-
    Felon gli lanciò uno sguardo impotente ma Galion lo ignorò, inchinandosi profondamente e girando i tacchi: -Sì, mio signore.-
    Quando i passi del consigliere e delle due guardie furono solo un lontano ticchettio, Felon si mosse lentamente, cercando di allontanarsi dalla lama elfica del Re. Thranduil rimase immobile, stringendo l’elsa tanto da far sbiancare le nocche.
    Cercava di combattere contro il desiderio di affondare quella spada nel cuore dell’elfo davanti a lui. Vedeva le proprie mani imbrattarsi di sangue brillante mentre spingeva l’arma nel suo cuore, fino in fondo: dopotutto, perché non farlo? Poteva giustiziarlo, aveva le prove che testimoniavano il suo tradimento, persino la sua confessione servita sul piatto d’argento.
    L’aveva fatto altre volte, senza esitare.
    Sollevò lentamente il viso, incontrando gli occhi castani di Felon. Appena il silvano lo vide in faccia spalancò gli occhi e boccheggiò impaurito, cadendo all’indietro. Lo spavento fu tale da strappargli un breve grido di terrore: il viso di Thranduil era orribilmente sfigurato. A fatica, Felon si ritrovò a fissare l’occhio sinistro del Re degli Elfi, pallido e vitreo e rabbrividì nel vedere da così vicino le profonde ferite che scavavano solchi scheletrici nella sua guancia pallida.
    Thranduil non si curò di quegli sguardi disgustati. Felon sarebbe morto, la sua opinione non aveva mai contato nulla e non avrebbe di certo incominciato a contare adesso.
    Sollevò la spada senza distogliere lo sguardo: voleva guardare negli occhi quel traditore, mentre lo squartava. Con forza, calò il braccio ma Felon si protese tenacemente verso di lui: -Cosa penserebbe Sillen di questo?!- Urlò. Thranduil bloccò il suo gesto mortale, soffiando furiosamente: -Stai zitto.-
    Felon non demorse, tremando di puro terrore: -Io non posso immaginare cosa provi, mio signore. Non so che cosa sia successo tra voi. Ma so che lei ha cambiato tutti noi, non è vero?-
    Thranduil fremette ma non riuscì di nuovo a muoversi. –Tu sei troppo saggio per non averlo capito. Lei è una creatura divina ed è qui per un volere più grande del nostro. Non poteva restare e ignorare il proprio destino.- Continuò Felon, le lacrime che cominciavano a rigargli le guance affilate. I suoi capelli bruni e scompigliati gli incorniciarono il viso sporco: -Sai che non seguirla è stato un errore, che potrebbe costare caro alla nostra gente. Lei ha bisogno di noi. Potrebbe…- Le sue labbra morbide tremarono e Thranduil le fissò, come ipnotizzato: -Potrebbe morire.- Singhiozzò Felon.
    L’altro strinse gli occhi a due fessure e un’espressione indignata gli deformò il viso sfigurato: -Tu la ami.- Non era una domanda, era una sentenza. Felon scosse la testa con forza: -Non oserei tanto, mio signore. Solo, da quando ho capito chi è, le sono stato devoto. Me l’hai insegnato tu, mio Re. Mi hai insegnato a combattere per il bene del mio popolo.- Thranduil nemmeno si accorse che dal suo occhio senza vita stavano scendendo pesanti lacrime salate, che s’inseguivano dentro le profonde cicatrici.
    –E credo che lei sia quel bene. Per questo non posso restare qui ad aspettare con le mani in mano.- Poi, per un secondo, la paura lasciò spazio alla frustrazione: -Per così tante volte ti ho chiesto udienza ma tu non mi hai mai permesso di parlare! Sarai la rovina del tuo stesso regno! Perché almeno non ammetti che anche tu vuoi rivederla ancora una volta!?- Un solo ringhio profondo spezzò il respiro del Re, poi calò con violenza la spada argentea sull’elfo ai suoi piedi.


 


N.D.A
Ciao a tutti! Spero tanto stiate tutti passando questo terribile momento nel miglior modo possibile. Nel mio paesino vige il silenzio in questi giorni e ho colto la triste occasione per concentrarmi sulla fan fiction e volare nella Terra di Mezzo. Non che in questo momento se la stiano passando meglio XD
Okay, è vero, dalla scorsa volta non ho mai più aggiornato, faccio mea culpa. Ma ora che sono costretta a rimanere a casa, non ho più scusanti valide! Quindi eccomi qui, di nuovo, un po’ più motivata e un po’ più cupa hihi.
Spero di farvi compagnia con questi primi capitoli (e con quelli che verranno, questa volta non mento :3)
Che dire, facciamoci forza.
Alla prossima!
Aleera <3
   
 
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