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Autore: BabaYagaIsBack    04/04/2020    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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(l'immagine è di mia creazione e proprietà)

7. Who is she?

Come da previsione, Leah non gli lasciò alcuno scampo. Appena si fu alzato dal tavolo per andare in un qualsiasi luogo che fosse lontano dai latrati lamentosi della sua famiglia, lei gli corse dietro - eppure aveva bisogno di restar solo, di riflettere su ciò che Gabriel aveva confessato.
Cercò di seminarla più e più volte, senza però ottenere alcun risultato e, quando furono nei pressi delle sue stanze, la giovane gli si aggrappò al braccio con eccessiva veemenza; gli occhi blu ora furenti come il falò più ingordo.

«Non credi di aver omesso qualche dettaglio?» lo apostrofò appena prima di varcare la porta, bloccando la sua fuga proprio a un passo dalla salvezza.

Joseph avvertì i muscoli tendersi, una morsa stringergli il petto e, quando si volse verso di lei, la consapevolezza di non poter più evitare la conversazione divenne soffocante - e allora sbuffò, ormai rassegnato: «Ho le mie ragioni» provò a dire, forse in un vago tentativo di rimandare quel discorso il più a lungo possibile; peccato solo che sua sorella avesse ereditato la stessa cocciutaggine di Gabe e, per questo, non demorse.
«Non mi interessa quale scusa tu voglia usare, chiaro? Kyle è morto, l'ho perso per sempre e tutto per...» la ragazza fece una piccola pausa, si guardò attorno con circospezione chiudendosi nelle spalle: «chi? Ho bisogno di capire, Joseph, di conoscerla» sibilò poi, mentre nei suoi occhi si faceva largo l'ombra del pianto. Fu un'immagine alquanto persuasiva, capace di smuovere in lui una pietà che non credeva di poter provare per un membro di quel clan - eppure Leah riuscì a far breccia nella sua corazza.

Il ragazzo scosse la testa, conscio di quale segreto le stesse per rivelare, della gravità delle parole che avrebbe pronunciato di lì a poco - e ripensò a Kyle, a quell'amico che aveva rinunciato alla propria vita per Aralyn, anzi, per loro, per quello che aveva scoperto unirli in modo indissolubile e per ciò che sarebbero potuti diventare in futuro, vicino o lontano. Poi pensò a sua sorella, che tanto aveva amato quel licantropo, seppur in segreto, e che aveva tutto il diritto di fare simili richieste, di voler capire quanto valore avesse quella sconosciuta.

Se i ruoli si fossero invertiti, lui non avrebbe desiderato altrettanto?

Così si prese la fronte con una mano, cercando di contenere la moltitudine di pensieri che sentiva premere contro il cranio: «Okay. Okay... fammi prendere un'auto, andiamo altrove per parlarne» sbuffò infine, allontanando le dita dal viso, ora pallido.

Non aveva idea di quali sensazioni lo avrebbero assalito, non sapeva se rivangare certi ricordi avrebbe smosso in lui emozioni non del tutto desiderate, ma non sembrava aver altra scelta se non affrontare ognuna delle cose che lo aspettavano a viso aperto.

A grandi passi percorse a ritroso la strada verso i piani inferiori, torturandosi la lingua con i canini. Era pronto a condividere i suoi sbagli? A dare il ricordo di Aralyn in pasto a qualcuno che non fosse sé stesso?

Perché il viso di lei, il sorriso, le lacrime e il suo profumo erano stati tesori solo suoi e degli incubi che lo avevano perseguitato tutte le notti dalla loro separazione.

Fece per scendere il primo gradino dell'enorme scala quando, d'improvviso, allungò una mano in direzione del confratello più vicino, esortandolo con un'autorevolezza degna di un Alpha. Gli ordinò di procurargli una vettura e lasciarla in moto di fronte alla Villa; così, appena quello annuì, mollò la presa su di lui, osservandosi attorno con ribrezzo.

***

Aralyn si era trascinata a fatica fino allo specchio di fronte al proprio letto, aggrappandosi ovunque le fosse possibile per evitare che il polpaccio offeso potesse tradire la sua stabilità. Aveva cercato di muoversi silenziosamente, in modo da non attirare nemmeno uno dei due licantropi presenti con lei in quella casa. Desiderava compiere quell'impresa senza alcun aiuto, scoprirsi nella riservatezza della solitudine. Aveva bisogno di vedersi, di realizzare in totale libertà quanto si fosse rovinata nel giro di poche settimane. Così era infine arrivata al cospetto della superficie riflettente che per anni aveva confortato il suo ego, ma che per la prima volta le pareva tanto terrificante da indurla a distogliere lo sguardo dalla propria figura.

Per i giorni di coscienza passati sotto alle coperte di quella che era la sua nuova e momentanea alcova, la giovane non aveva fatto altro che scrutare con circospezione lo specchio, combattuta tra il desiderio di rivedersi e la paura di dover far fronte al dolore - sia fisico, sia emotivo -, ma alla fine aveva stretto i denti, alzandosi dal materasso in cui era sprofondata e mettendo un piede di fronte all'altro, arrivando a destinazione.

Negare la sofferenza dei tagli ancora in procinto di rimarginarsi sarebbe stato inutile quanto ridicolo, ogni falcata le era costata cara, ma nonostante le fitte lancinanti aveva continuato senza troppi indugi; solo di tanto in tanto si era concessa qualche istante per riprendere fiato. Ed ora se ne stava lì, immobile a fissarsi, mentre tremori lievi le scuotevano il corpo. Nuda con sé stessa, la maglia abbandonata a terra come uno straccio e gli occhi pieni di paura e tristezza. Si guardava, sì, senza però osservarsi veramente. 
Davanti alle sue pupille c'era come un velo, una tenda di lacrime che non voleva scostare per timore di non saper più come fermare il pianto - e allora se ne stava lì, scongiurando Arawn di non reclamarla nuovamente a sé per condurla nelle Lande Selvagge, di darle ancora qualche anno, oppure qualche mese. In realtà le importava poco del tempo, ciò che le interessava veramente era riuscire a rivedere ancora Joseph, sfiorarne la figura, assaporare il suo profumo.

Eppure sapeva non sarebbe successo. 
Ora che Douglas era morto, il figlio avrebbe dovuto fare i conti con l'eredità dell'Alpha, con il suo ruolo nel clan Menalcan e, soprattutto, con Gabriel. Lei sarebbe stata solo un'enorme spina nel fianco - non che prima fosse diverso, certo, però dopo ciò che aveva fatto le cose si erano ancor più complicate, diventando una matassa di guai a cui lei non avrebbe saputo trovare né capo, né coda.

Ma lui l'amava, no? O quantomeno lo aveva fatto se aveva permesso a Kyle di liberarla, di darle la vita - una vita che però Aralyn aveva nuovamente dato per scontata, visto ciò che la stava aspettando.

Con una sorta di ribrezzo, la ragazza passò le dita sui bordi frastagliati delle ferite, cercando di riportare alla memoria il dolore che l'avrebbe attesa. Chissà come venivano puniti, quelli accusati del suo medesimo crimine; li trapassavano con il Pugnale? Spezzavano loro il collo? Li aggredivano in gruppo? Non ne aveva alcuna idea. A dire il vero, non aveva mai visto, ma nemmeno udito, di una condanna come la sua - e come poteva? Probabilmente l'unica sciocca a compiere una cavolata del genere era stata lei, negli ultimi decenni.

D'un tratto i tremori presero a farsi più intensi, tanto che lievi stilettate presero a farle mordere la lingua per impedire ai mugolii di riversarsi fuori dalla sua bocca.

Stupida. Stupida, stupida, stupida!
Si ripetè picchiando le nocche contro la fronte, sempre più lentamente, finché le fu impossibile trattenere ancora i singulti.

Aralyn prese a piangere in silenzio, piegandosi su sé stessa nonostante il dolore, arrovellandosi sul pensiero che, alla fine, era riuscita a distruggere ogni cosa. 
Se fosse stata la medesima ragazza di sei mesi prima nulla di tutto ciò sarebbe capitato. Se fosse rimasta salda ai suoi ideali, se avesse continuato a guardare Arwen e lui soltanto, non sarebbe successo niente di tutto quello che l'aveva portata fin lì; e ora sulla sua testa non sarebbe penzolata così minacciosamente la spada di Damocle.

***

Leah girò la cannuccia colorata, prima in una direzione, poi nell'altra. Erano arrivati al locale, un lounge bar fin troppo sofisticato per la zona in cui si trovavano, da circa mezz'ora e suo fratello non aveva ancora aperto bocca. Se ne stava lì, fermo di fronte a lei a torturarsi le dita, nervoso come mai lo aveva visto essere. Possibile che ciò che dovesse confessarle fosse così segreto? Dopotutto si trattava di un'Impura che presto o tardi sarebbe morta, quindi perché essere tanto agitati?

«Allora?» domandò spazientita, appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti per catturare la sua attenzione, ma Joseph nemmeno la guardò in viso, forse troppo occupato a fare i conti con i fantasmi di ciò che lei ancora non conosceva - e odiava essere all'oscuro di così tante cose, odiava non poter capire la ragione per cui l'uomo dei suoi sogni era stato ucciso così barbaramente dal suo stesso clan.

Il licantropo di fronte a lei esitò ancora. Le sue labbra parevano sigillate con lo stagno e, a quel punto, vista la sua ovvia riluttanza nell'affrontare l'argomento, la ragazza picchiò un palmo sul tavolino, attirando a sé le attenzioni non solo del fratello, ma anche di buona parte dei presenti; dopotutto non era atteggiamento comune, il suo.

Guardandosi attorno con circospezione, Leah controllò che nessuno s'interessasse a loro più del dovuto e, poi, tornò al viso di Joseph: «Vuoi dirmi chi è?»

Lui finalmente sembrò ridestarsi dai propri turbamenti e, passandosi una mano sul viso, prese a parlare: «Si tratta della sorella minore di Arwen» esordì, già visibilmente provato dalla conversazione. Doveva davvero costargli caro rivangare certi eventi o ricordi, ciò che aveva vissuto in quegli ultimi mesi doveva essere stato un susseguirsi di esperienze capace di ancorarsi a lui con eccessiva intensità - ma perché?
«E' per lei che Kyle si è sacrificato, per lei che Douglas è morto» aggiunse, riportando il proprio sguardo su un punto indefinito del locale, pronto a tacere nuovamente. Leah però non poteva permetterglielo, aveva bisogno di saperne di più, così lo incalzò.

«Perché?»
«Che intendi?» le sopracciglia del ragazzo si corrugarono.

«Perchè Kyle si è sacrificato per lei? Che ragione avevi di fargli fare una simile stupidaggine?» la sofferenza nel suo tono era udibile, dopotutto lo aveva amato in segreto per anni e perderlo prima di potersi dare anche una sola possibilità la logorava con insistenza. Se non fosse stato per il suo affidabile cuscino, tutti alla Villa avrebbero sentito i suoi lamenti notturni, scoprendo così la sua infatuazione per un lupo ormai seppellito con la nomina di traditore. Fingere di fronte al ragazzo che le stava seduto innanzi era però un inutile spreco di energie. Lui conosceva Kyle, sapeva la verità e, per questo, non le avrebbe fatto alcuna colpa.

Ancora una volta tra loro scese il silenzio, ma a differenza di prima la giovane esitò a spronare il fratello. Vide senza difficoltà il suo petto gonfiarsi di rammarico e i suoi occhi spegnersi per qualche breve istante, andando a cercare dentro di sé la forza per continuare la conversazione - e seppe che, anche senza insistere, avrebbe ottenuto la risposta desiderata.

«Perché lui mi era fedele, Leah» i canini di Joseph si premettero nella carne con sempre più forza, minacciando la pelle nel tentativo di trattenere la confessione che stava per farle, cercando di tenere segreta una verità che sin dalle parole di Gabriel aveva preso a tormentarla. Fu quando il primo rivolo rosso scese lungo la curva del labbro che il belloccio davanti a lei aprì bocca, svelando ciò che più di tutto la ragazza stava temendo: «ed io lo sono a lei».

Per un attimo le parve di non capire. L'ultima figlia di Douglas prese a sbattere le lunghe ciglia scure, ad aprire le labbra per poi richiuderle senza pronunciare nulla. Quella rivelazione, di cui aveva già iniziato a sospettare qualcosa, la colse comunque alla sprovvista, spaesandola più di quello che avrebbe mai creduto.

Era davvero suo fratello quello che aveva ammesso tale peccato? Era davvero il lupo con cui giocava da bambina o che guardava con ammirazione negli anni della fanciullezza?

Possibile che uno tra i più spietati guerrieri del clan, nonché l'erede dell'Alpha, stesse ripudiando ogni cosa per una... meticcia?

Leah scosse la testa, sempre più incredula.

Douglas aveva cresciuto lei, Joseph e Gabriel nel disprezzo dei mezzosangue, licantropi indegni di essere definiti tali. Li aveva istruiti alla violenza, ricordando loro di essere i prescelti di tutti gli Dèi, specialmente Arianrhod, la Madre Luna - e suo fratello aveva ubbidito a quelle imposizioni per tutta la sua vita, fino a quel momento.

«Stai scherzando, vero?»
Lui negò.

Con le lacrime agli occhi la lupa si protese maggiormente, afferrandogli la mano più vicina: «Joseph... tu...» non riuscì nemmeno a trovare le parole per continuare. Lo sbigottimento e la rabbia erano tali da impedirle di formulare con logicità un qualsiasi pensiero. La loro quotidianità, la vita che avevano sempre conosciuto era stata distrutta per una nemica.

«Vorrei poterti dire che me ne pento, ma non è così» sibilò Joseph, sottraendosi al suo tocco e riservandole uno sguardo degno dei re più potenti, tanto deciso e autorevole da farla sentire indifesa, incapace di opporsi: «appartengo più ad Aralyn Calhum che ai Menalcan, Leah, e questo non cambierà mai» fece una pausa, bagnandosi il labbro e portando via i resti del sangue. Il suo sguardo tornò vivo, si infiammò come prima di uno scontro. L'azzurro dei suoi occhi divenne bollente, ghiaccio caldo di cui temerne il contatto. In quel preciso istante, in lui la ragazza poté scorgere l'ombra dell'Alpha che era destinato a essere: «quindi farò di tutto per impedire a quello schifoso di Gabriel di portarmela via» ringhiò, ponendo fine alla conversazione.


 

   
 
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