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Autore: fujitoid    04/04/2020    0 recensioni
Annamaria Venturi è una ragazza italiana di 23 anni, bolognese di nascita, nata in una bella nottata primaverile del 25 aprile del 1994, con genitori divorziati ma benestanti: Francesco il padre di 50 anni laureato in scienze politiche ed ex politico con la professione di commerciante e titolare di una concessionaria di automobili sia antiche che moderne e la madre Arianna una donna di 48 anni eletta alla Camera dei Deputati, durante le elezioni politiche del 2013 ma di professione avvocato e diventata successivamente sottosegretaria del Ministero degli Esteri per il nuovo governo appena formatosi.
Annamaria, non conobbe mai suo nonno; morto nel 1980 all’età di 42 anni a causa d’un infarto che lo colse all’improvviso. Di lui, tramite il padre sapeva molte cose o quanto meno pensava così, per come glielo descriveva sempre.
Una volta conseguita la laurea, Annamaria, volle entrare nel progetto di questa invenzione trasferendosi a New York; a spingerla in questo viaggio una scoperta che fece per puro caso a casa sua.
In qualche modo l’invenzione della macchina del tempo e suo nonno c’entravano qualcosa e voleva sapere come.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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1° capitolo Una lettera misteriosa
(Ferrara settembre 2017)
Tutto cominciò all’università di Ferrara, il 18 settembre 2017, dove si consegnava una laurea in storia dell’arte con il voto di 110 e lode ad una ragazza di 23 anni Annamaria Venturi. Organizzò una cena, per festeggiare l’evento, la sera stessa in un noto ristorante elegante della città di Bologna; i divertimenti finirono in tarda notte verso le 2.30 di notte.
A causa di questo la mattina dopo del 19, Annamaria si trovò a casa a dormire fino a metà mattinata, in un appartamento indipendente sita su due piani, al cento della città.
La sveglia suonò alle 8.30, inserita da lei stessa appena tornò a casa pensando di svegliarsi a quell’orario ma il sonno ebbe il sopravvento facendola alzare alle 10.30.
Ancora un po' stordita, s’alzò dal letto, andò a farsi una doccia in modo di ricollegarsi con il mondo reale. Finito di lavarsi, indossò un bel accappatoio rosa, si asciugò i capelli e si vestì; recandosi in soffitta prima di raggiungere la cucina dove ad attenderla c’era il padre di nome Francesco.
Classe 1967 proprietario di una concessionaria di automobili, era seduto a tavola con il PC davanti a valutare alcune automobili pronte ad arrivare in consegna nei prossimi giorni. Sorseggiava il caffè con accanto un piatto con le rimanenze di alcuni biscotti dopo aver bevuto il caffè.
Immerso nei suoi pensieri, vide comparire come dal nulla una piccola busta bianca senza scritta sulla superficie ma stranamente sigillata da un sigillo in cera lacca nera e con uno stemma strano ma antico. L’apri e il biglietto recitava "Ovunque tu sarai io ti troverò sempre a me Non servono macchine del tempo. Quindi stai attento che prima o poi tornerò a cercarti. E da quel momento in poi sarò la tua seconda ombra. Per te e per le tue generazioni Avvenire.” La lettera era firmata solo con una grande e semplice “X”.
Dopo aver letto questo biglietto impallidì, abbassò lo schermo del PC portatile riflettendo; perché, improvvisamente, si ricordò di un particolare. Dopo la morte di suo padre queste buste cominciarono a comparire spesso dal nulla sempre con la stessa frase e sudò freddo quando rivide quella firma, quella grande “X” color sangue.
Dopo la nascita di sua figlia, quelle lettere smisero all’improvviso di fare la loro comparsa, fino a quel giorno. Ricordò che suo padre fu trovato con una grande “X” in mezzo al volto privo di sensi ma alla moglie Arianna non disse mai la verità su questo particolare non raccontando la versione dei fatti, bensì un’altra. Anche dopo la nascita di sua figlia, volle evitare di menzionare la verità forse per proteggerla o per preoccupazione personale.
Intanto, sentì i passi provenire dal soffitto stava scendendo sua figlia, andata a curiosare come ogni tanto faceva, così si ricompose e nascose la lettera, nella tasca dei pantaloni facendo finta di nulla risollevando lo schermo del PC.
Appena scesa la salutò – Ciao Annamaria! Ben svegliata, hai dormito bene? – Le domandò riposando la tazzina nel piattino. Annamaria prese un pacco di fette biscottate da uno stipetto, si sedette di fronte a lui e cominciò ad assaggiarne uno – Buongiorno “vecchio”, si ho dormito bene. Pensavo di alzarmi alle 8.30 ma purtroppo non ho sentito la sveglia. – Continuò a mangiare guardandolo con una certa curiosità. Il padre non si scompose più di tanto – Lo credo bene! Sei rincasata alle 2.45, come pensavi di svegliarti per quell’orario? A proposito ha telefonato tua madre voleva parlare con te. – Nemmeno la guardava concentrato com’era nel lavorare al computer portatile – Voleva che la chiamassi appena ti svegliassi, penso si tratti di quel viaggio che vuoi fare in America. – Sapeva benissimo che entrare nel progetto di quell’invenzione, per lui tanto assurda, non sarebbe stato affatto facile.
Con le conoscenze della moglie grazie alla sua posizione lavorativa, forse qualche speranza c’era.
La figlia continuò la colazione, seduta a tavola di fronte a lui – Papà, la mia idea la sai benissimo, capire cosa successe veramente dopo quel 25 luglio del 1365. – Disse cercando di convincerlo. Il padre smise per un attimo di lavorare – Posso capire acculturarsi, leggere libri e tante altre cose; ma tu hai intenzione di viaggiare nel tempo per vederlo con i tuoi occhi. Solo un pazzo potrebbe pensare una cosa del genere. – Cercò di respingere quella sua idea ma senza alcun esito. La ragazza, oltre ad essere testarda, era imperterrita.
Sarebbe andata lo stesso avanti con il suo progetto – Ho già parlato con la mamma ed è d’accordo di mandarmi in America. Solo lì potrò andare avanti con quest’idea se dovessi rimanere in Italia non concluderei niente. – Si fermò un attimo a parlare per ingoiare la fetta biscottata che stava mangiando – E poi sei stato tu a parlarmi di un progetto che il nonno stava portando avanti. Purtroppo è morto giovane ed io voglio continuare il suo lavoro. – Concluse guardandolo fisso negl’occhi. Francesco messo di lato il PC, ancora aperto, le rispose – Ma era solo una favola per farti addormentare la notte, secondo te può veramente esistere una macchina del tempo capace di viaggiare in qualsiasi epoca? Quello che senti alla televisione è solo fantascienza per pubblicizzare un film. – Così si difese, inventandosi la prima cosa che gli venne in mente, per poter zittire la figlia ritornando a lavorare al computer.
Annamaria, allungò la mano per prendere la bottiglia d’acqua posta leggermente distante da lei e bevve un sorso riempiendo un bicchiere già presente nel tavolo.
Disse solo brevemente – Va bene, “vecchio”! Come vuoi tu. Ora chiamo la mamma e vediamo che vuole, speriamo in buone notizie. – Abbandonò la cucina per andare a telefonare dall’ufficio del padre.
Non voleva usare il cellulare preferiva usarlo per altri motivi e contattare chi volesse lei.
Mentre parlava al telefono con la madre, frugò tra i documenti del padre trovando alcuni disegni ed abbozzi fatti da suo nonno, con tanto di firma, che parlavano di una capsula del tempo capace di viaggiare nel tempo descritta nei minimi dettagli su come si potesse costruire ed usare.
Concluse la chiamata come se nulla fosse, ma Annamaria ebbe dei forti dubbi – Questi disegni sono benfatti, risalgono al 1956 precisamente al 12 novembre. – Continuò a leggere fino a quando lesse un appunto di suo nonno – Qui c’è scritto: “Per poter viaggiare nell’epoca desiderata collegare un monitor dotato di tastiera, naturalmente non troppo grande ai circuiti del tempo ed inserire l’orario, il giorno, il mese e l’anno…” – Smise di leggere invasa da un pensiero che solo lei sapeva – Qui c’è un disegno di un orologio sembrano quelli d’epoca della fine dell’800. Magari c’entra qualcosa con questa capsula! Chissà perché il nonno stava progettando questa macchina, c’è tanto di disegno. - In quel mentre pensava a tante cose anche al suo futuro, interrompendo la lettura di quegli appunti.
Sapeva della grande decisione che prese all’età di 10 anni; quando era poco più di una bambina decise di diventare una brava ricercatrice d’opere d’arte ed anche insegnante. Per lei prima di tutto, però, arrivava la famiglia; cominciò a diventare una brava studentessa per imparare cosa volesse dire realizzare i propri desideri anche per un futuro mestiere, aiutata naturalmente dal padre che lei, affettuosamente chiamava “Il suo vecchio”.
Dopo la telefonata con la madre e saputa la notizia che tanto aspettava, le venne in mente il racconto che suo papà Francesco, ripeteva alla figlia. Ormai lo sapeva a memoria per quante volte lo sentiva.
Il pensiero di Annamaria era questo.
<Alberto, al figlio quando era bambino diceva sempre questa parole - Ciccio, ricordati che la vita è fatta d’ostacoli, quando pensi di averli superati e che puoi camminare tranquillamente c’è sempre uno davanti a fermarti e sbarrarti la strada. Tocca a te saperlo superare e ti consiglio di farlo da solo perché non sai mai di chi ti puoi fidare quando cercherai aiuto. - Amava ripetere il discorso al figlio tante volte, poteva sembrare ripetitivo ma non voleva che crescesse ad aspettare il prossimo per andare avanti. Il piccolo Francesco gli rispondeva sempre annoiato - Si, papà me lo ripeti in continuazione, oramai la so a memoria questa frase. Ho capito benissimo quello che vuoi dire. - Essendo un ragazzino, il tono di voce era avvolte annoiato.
Stanco di farsi sentire le solite frasi, allo stesso tempo dentro di sé sentiva che quelle parole erano vere e sincere e doveva seguire quei consigli.
Suo nonno nacque l’8 dicembre 1938, nello stesso giorno dell’anniversario della prima frequenza radio inventata da Guglielmo Marconi, in una casa posta nella periferia di Ferrara e gli fu dato il nome di Alberto.
Lavorò fin da quando era bambino, dovette superare non solo l’ostacolo della II Guerra Mondiale ma anche quelle personali. 
Frequentò puntuale la scuola ma l’abbandonò subito dopo la prima media nel 1949, appena un bambino che si stava affacciando alla vita adolescenziale si mise ad aiutare suo padre Giuseppe Venturi; la cui professione era commerciante delle prime auto di quel periodo.
All’età di 11 anni andò a lavorare insieme al padre Giuseppe, cominciando dai lavori umili come aiuto contadino e cameriere per poi insegnargli quello di commerciante; gli insegnò come trattare con i clienti e comportarsi come vero uomo d’affari.
I genitori di Alberto, dopo l’affermazione di Benito Mussolini al governo divennero affermati oppositori del governo fascista, iscritti al partito comunista di una sezione cittadina ma a lui non importava molto della politica.
All’età di 18 anni, nel 1956, dopo l’anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale che rievocava i festeggiamenti dell’Italia insieme ai suoi alleati Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti per la vittoria contro la Germania, l’Austria ed Ungheria, ricominciò a studiare come disse lui “Spinto da una ragazza misteriosa” frequentando corsi serali di storia e storia dell’arte.
Con lei ci fu una bella storia d’amore e insieme coltivarono l’interesse per la scienza e la storia.
Questa avendo poi fatto studi scientifici e di ingegneria meccanica gli trasmise la passione di queste materie tanto da cominciare in segreto degli esperimenti. Durante uno di questi, nel 1958, nello scantinato della casa di questa ragazza, una vecchia casetta posta nelle montagne romagnole, qualcosa andò storto; ci fu una violenta esplosione lui fece in tempo a salvarsi mentre lei rimase intrappolata all’interno dello scantinato coinvolta, così, nell’esplosione e non fece in tempo ad uscire. Le fiamme, causate da un apparente corto circuito la travolsero e dopo questo incidente sembrò essere diventata cenere infatti non venne trovata alcuna sua traccia.
Da quel momento in poi lui non si diede per vinto, voleva costruire una macchina del tempo per impedire tutto questo e sapere cosa gli fosse successo veramente.
La sua idea venne, prendendo spunto da qualche vecchio libro di quel periodo il cui tema era proprio questo, “Il viaggio nel tempo”.
Un mese prima il compimento del suo venticinquesimo compleanno, nel 1963, verso novembre conobbe la sua futura moglie. I genitori di lei non possedevano niente; neanche un terreno, la casa in cui abitavano era popolare donata dal Re agl’italiani, durante il ventennio fascista, che non avevano possibilità di acquistarne una. La nonna di Annamaria conobbe il nonno quando lei aveva 24 anni, in una calda giornata d’aprile.
Lei, una ragazzina molto timida con i suoi capelli castani lunghi fino a metà schiena, con un fiocco rosa in testa e con un vestito rosso fuoco lungo tenuto da una cintura marrone alla vita passeggiava lungo il corso principale della città, facendo attenzione agl’autobus che passavano di lì.
Stava raggiungendo il negozio dove lavorava sua madre come sarta per prendere un vestito lasciato distrattamente il giorno prima, situato a metà vicino l’attuale Piazza Ariostea.
Vide un ragazzo andare dalla parte opposta che correva veloce dove ad attenderlo c’erano alcuni amici vicino alla Cattedrale di San Giorgio Martire sita in Piazza delle Cattedrale. Andava di fretta da non accorgersi di questa ragazza scontrandosi, cadendo entrambi a terra.
Il ragazzino Alberto era sconfortato con voce vergognosa, rialzandosi e pulendosi velocemente il pantalone le disse - Scusami, andavo di fretta e non t’ho visto. - L’aiutò ad alzarsi tirandola su dalla mano destra. Luciana, il nome della nonna di Annamaria, imbarazzata e con un’espressione misto alla rabbia ed allo stupore appena incrociò i suoi occhi verdi gli rispose - Devi stare attento ma a chi pensi quando corri? Voi ragazzi siete sempre distratti. - Fece un profondo respiro per gustarsi il momento, di quell’incontro-scontro.
S’era innamorata a prima vista. Non sapeva ancora chi fosse ed a quale famiglia appartenesse ma una di una cosa era sicura doveva sapere dove abitasse. Il colpo di fulmine colpì anche lei, come folgorata da una forte scossa.
Alberto avvicinò lentamente la mano ancora una volta verso il suo viso - Mi chiamo Alberto Verduci adesso devo andare ho degl’amici che mi aspettano. Ah proposito se vuoi sapere dove abito basta che domandi di Giuseppe, ha un negozio di automobili proprio qui in città, vicino Piazza Ariostea. Io Invece abito qualche traversa più sopra. Ciao ragazza misteriosa. - Le comunicò queste parole mentre correva via, vide le dita attorcigliarsi bramose per poi metterle in tasca. Luciana si sentì nel cuore una strana luce irrompere nel cuore e ne fu completamente travolta - Io mi chiamo Luciana Zucchini ma tutti mi chiamano Lucy. Ciao Alberto e vedi di correre con gl’occhi aperti. - Lo salutò con la mano destra per poi riprendere la camminata al negozio di sartoria, girandosi di volta in volta fino a perderlo di vista.
Frequentandosi dopo qualche mese, si fidanzarono e due anni dopo il loro primo incontro si sposarono; era il 1965, ma dopo la nascita dei loro primi figli, due gemelli Francesco e Ramona il padre di Annamaria, Lucy vide che il suo Alberto nonostante il loro rapporto si rafforzasse, oltre alla felicità in lui aumentava la preoccupazione.
Lui si giustifico dicendo ch’era causata dall’apparizione di lettere dal nulla sigillate con cera lacca nera in cui era inciso uno strano simbolo ma tutte erano sempre con lo stesso messaggio.
Il biglietto recitava “Ovunque tu sarai io ti troverò sempre a me Non servono macchine del tempo. Quindi stai attento che prima o poi tornerò a cercarti. E da quel momento in poi sarò la tua seconda ombra. Per te e per le tue generazioni Avvenire.” Firmato solo con un grande X.
La loro preoccupazione più grande, più che queste continue lettere, era data dai loro rispettivi genitori che non andavano d'accordo. Dopo, la loro conoscenza iniziarono i problemi per Lucia, appena saputo degl’incontri furtivi della figlia con un ragazzo membro di una famiglia di socialisti convertitisi all’idea comunista, non amavano quella unione opponendosi vivamente. Nemmeno il matrimonio riuscì a far riappacificare le due famiglie, forse solo la nascita del nipote Francesco ma solo in parte.>>
Fine 1° capitolo
   
 
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