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Autore: RaidenCold    05/04/2020    1 recensioni
Fin dai tempi del mito, i cavalieri di Atena proteggono l'umanità dalle minacce più oscure.
Gettato nel loro mondo, sotto l'egida di una severa insegnante in pochi anni Ramiel si trasforma da fragile bambino a cavaliere d'oro; all'arrivo di una nuova minaccia sconosciuta, sembrerebbe che stia per iniziare una nuova guerra, ma lui scoprirà che la posta in gioco è molto più alta di quanto il Grande Sacerdote Saga ed i suoi cavalieri possano immaginare.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold Saints, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Che cosa sta succedendo Ramy?”

 

Tutto era indefinito, e ovattato, ma quella era la voce di sua madre, ne era assolutamente certa.

«Mamma…Ramy…» - provò a chiamarli, emettendo più un gemito che una frase di senso compiuto.

 

Non c’è niente che possiate fare per me.”

La voce di Ramiel sembrava strozzata e graffiante.

Oggi è il giorno in cui morirò.”

 

«No…!» - si agitò Natalia, ma era come se fosse sotto una cappa di fumo che la immobilizzava e le toglieva il fiato.

«No!» - ripeté più decisa, riuscendo a far uscire un flebile grido strozzato.

E mentre si dimenava in quella dimensione di tenebre, vide in lontananza l’inconfondibile chioma argentea del suo gemello;

se ne stava rannicchiato con la testa china tra le braccia, ed aveva indosso l’armatura d’oro del Leone.

Attingendo a tutta la propria forza di volontà vinse la paralisi e provò ad andargli in conto, ma per quanto si avvicinasse a lui, rimaneva in qualche modo sempre distante e sfocato.

Quando arrivò al punto più vicino possibile, notò che l’armatura era coperta di crepe, e pareva avvolta da un sottile strato di una scura sostanza viscosa, che l’aveva privata della sua peculiare lucentezza.

Natalia iniziò a dimenarsi e a cercare di chiamare il fratello urlando a squarciagola, ma solo un’insignificante frazione di

voce fuoriusciva dalla sua gola.

Non si diede per vinta e continuò a strillare per minuti interminabili, fino a ché il suo richiamo disperato non riuscì a raggiungere le orecchie del gemello.

Ma quando Ramiel sollevò il capo, Natalia si sentì raggelare il sangue nelle vene: il viso del fratello era consunto, pieno di abrasioni, e deformato in una maschera di dolore straziante.

«T-Talia…» - sibilò Ramiel con voce roca.

«Sono qui fratellone!» - riuscì infine a parlare chiaramente e ad andargli incontro, e subito si chinò accanto a lui aiutandolo a sostenersi e abbracciandolo.

«Sca… scappa…» - la supplicò, mentre dai suoi occhi sgorgavano copiose lacrime fosche come pece.

 

“Non ti lascio!” - gridò destandosi.

Lui era là, disteso accanto a lei.

Ebbe un giramento di testa, e piombando sul cuscino urlò invocando nuovamente il suo nome.

Udendo il suo grido Kaila si precipitò nella camera della figlia e tosto si portò accanto al letto stringendole la mano:
“Sono qui amore mio!”

Natalia aprì lentamente gli occhi:
“M-mamma… dov’è Ramy?”

“E’ al Grande Tempio.”

In quel momento la ragazza scoppiò in lacrime e Kaila la strinse forte a sé:
“Sta tranquilla…” - la consolò dolcemente - “Sono qui.”

“Ramiel” - singhiozzò Natalia - “gli sta succedendo qualcosa di brutto…!”

Kaila abbracciò ancora più forte la figlia:
“Adesso faccio una telefonata per accertarmi che sia tutto a posto, va bene?”

Natalia fece un cenno con gli occhi lucidi, e dopo averla accarezzata Kaila uscì dalla stanza e prese il cellulare.

 

Non poteva mostrarsi turbata davanti a sua figlia in un tale stato d’animo, ma la verità è che temette per il peggio fino a quando non sentì che il figlio, seppure un po’ malconcio, stava bene.

Una piaga ignota stava falcidiando i cavalieri, e ogni giorno Kaila era sempre più vicina a lasciare tutto per partire alla volta della Grecia; ma ora tale sentimento si era manifestato anche in Natalia, in maniera più improvvisa ed al contempo più intensa.

 

987:

 

Se lotterò fino alla fine, almeno nessuno mi vedrà sprofondare.

Ma alla fine a chi davvero importerà?

 

Trascorsi i dodici giorni dopo il concilio, i tre guerrieri d’oro scelti dal Grande Sacerdote, assieme ad una piccola scorta di soldati e di cavalieri di bronzo e d’argento, si prepararono verso l’imbrunire a recarsi verso le campagne circostanti a Rodorio: nessuno era ancora riuscito a scoprire quale sequenza logica si celasse dietro quegli avvenimenti, pertanto i sacri guerrieri vennero inviati a sorvegliare un’area piuttosto vasta in cui, secondo gli studiosi, sarebbe stato più probabile il verificarsi del successivo cataclisma.

 

Terminato di indossare i paramenti, Areusa fece per uscire dal proprio palazzo, quando si imbatté in Deathmask, appoggiato sull’ingresso a braccia conserte:

“Salute, Capricorno!” - gli si rivolse col consueto sorrisetto spavaldo stampato in viso.

“Salute a te, Granchio dorato.” - rispose cortese ma un po’ sardonica la donna.
“Uffa, odio quando mi chiamano granchio, suona così poco imponente…” - sbuffò Deathmask facendo spallucce - “Ad ogni modo, sono venuto ad augurarti buona fortuna.”

“Oh, molto gentile da parte tua…” - commentò Areusa con falso stupore volutamente mal celato - “C’è forse qualcos’altro che vorresti dirmi, Deathmask di Cancer?”

“Null’altro direi, devi forse dirmi tu qualcosa, oh custode della sacra spada Excalibur?”

“Cosa mai dovrei voler dire a un ragazzaccio come te?”

“Oh andiamo, non sono così male…”

“Sì, in effetti poteva andare peggio, ma poteva anche andare meglio…”

A quel punto, dopo essersi guardati per un istante senza dir niente, i due scoppiarono a ridere di gusto, specialmente Areusa, la quale diede una pacca sul braccio di Deathmask:
“Riesci a farmi ridere anche in momenti del genere… sei un buon amico Deathmask di Cancer, grazie.”

“Di nulla!” - rispose sorridendo impettito il custode della quarta casa.

“Ti andrebbe di accompagnarmi per un po’, mentre discendo le scale?”

“Oh beh, tanto qui o si scende o si sale, e non è che abbia troppa voglia di vedere il brutto muso di Aphrodite!”

“Pensavo voi due andaste d’accordo…”

“Certo, ma rimane comunque un brutto muso; insomma, vuoi mettere me?”

“Se lo dici tu…”

 

“E’ permesso?”

 

I due si voltarono, e videro giungere dall’altra parte del salone una figura canuta vestita con un’armatura d’oro.

 

“Buonasera, Ramiel di Leo.” - lo salutò garbatamente Areusa.

“Buonasera a voi, Areusa e Deathmask.”

“Ciao.” - lo salutò senza troppo entusiasmo Deathmask con un cenno della mano.

“Com’è andato il colloquio con il Grande Sacerdote?”

“Voleva soltanto darmi delle notizie da casa, tutto qui.”

A quel punto i tre iniziarono a scendere assieme verso il palazzo del Sagittario:
“Dimmi, come sta tua madre?”

“Bene, era solo un po’ preoccupata.” - rispose Ramiel, omettendo tutta la parte riguardante l’incubo di Natalia, non avendo voglia di parlarne; in generale comunque, Ramiel non raccontava mai granché ai compagni riguardo la sua vita privata.

“Kaila ha fatto davvero molto per noi della nuova generazione, sono felice che qualcuno segua le sue tracce.” - disse sorridente Areusa.

“Dici davvero?”

“Sì, lei, Saga, e Aiolos hanno assistito il vecchio Gran Sacerdote, Shion, nel crescere un’intera generazione di cavalieri, me inclusa; anche se non ha partecipato direttamente alla guerra santa, senza il suo contributo non avremmo mai sconfitto Ade e i suoi Specter.”

“Voi avete quindi preso entrambi parte alla battaglia dei Campi elisi?”

“No, io rimasi a combattere qui al Santuario, assieme al venerabile Shion.” - rispose Areusa - “Ai tempi ero ancora il cavaliere di bronzo del cane minore.”

“La precedente condusse noi dodici cavalieri d’oro nella tana del leone, l’inferno; fu lì che perdemmo Aldebaran, l’allora cavaliere del Toro.” - spiegò Deathmask - “Poi mentre la battaglia stava raggiungendo il culmine, Atena, bardata della sua armatura d’oro, prese con sé Saga dei Gemelli, Aiolos del Sagittario, Aiolia del Leone, Camus dell’Acquario, e Shura del Capricorno, e si recò dritta dritta da Ade, dove con il loro aiuto sconfisse il re degli inferi in maniera definitiva.”

“Solo Aiolos e Saga tornarono dai Campi elisi: oltre agli altri cavalieri d’oro, purtroppo perdemmo anche la precedente Atena durante la battaglia.” - disse Areusa con un sorriso malinconico dipinto in volto - “All’epoca io e Shura avevamo appena compiuto diciotto anni, e meditavamo entrambi di abbandonare le nostre cariche per andare a vivere assieme nella nostra comune terra natia…”

“Mi dispiace…”

“Ormai è passata una vita, e forse doveva andare così.” - disse Areusa scuotendo il capo - “Nasciamo sotto il segno delle stelle che ci proteggono, non possiamo ignorare il nostro dovere ancestrale; Shura ha combattuto fino all’ultimo credendo in questo.”

 

I tre giunsero infine al palazzo del Sagittario, che non essendo più abitato da quasi vent’anni era divenuto un edificio spoglio ed un po’ polveroso; molte volte Ramiel aveva attraversato tale luogo, ma per qualche ragione quella sera avvertì una strana sensazione nell’animo nel passarvici attraverso; voltò lo sguardo e notò alla propria destra un ampio finestrone da cui era possibile vedere tutta la valle delle dodici case illuminata dagli ultimi tiepidi raggi di sole.

“Voi andate pure, io mi fermo un attimo.”

“Vuoi goderti il panorama?” - domandò Areusa.

“Lasciamolo bearsi in pace, so che il nostro Leone ama la tranquillità.”

Ramiel fece un cenno affermativo, e dopo averlo salutato i due cavalieri uscirono dalla nona casa, lasciandolo solo coi suoi pensieri; si affaccio sulla balaustra, e per godersi meglio un timido scirocco si sfilò il diadema dell’armatura.

Inspirò profondamente, ed immerse il proprio sguardo nell’immensità del cielo roseo e nella calda luce arancio che illuminava la vallata, mentre placido il sole scendeva tra i monti all’orizzonte: per un istante anche lui sì sentì scivolare in quel tepore, cullato dolcemente dal vento crepuscolare.

 

“Bellissimo, non trovi?”

 

Una voce calda e armoniosa si rivolse a Ramiel, il quale voltandosi notò sulla balaustra di fianco un giovane vestito con un’armatura d’oro alata, che se ne stava con le gambe a penzoloni; aveva una folta chioma bionda, ed un viso delicato e candido, sui cui vi erano incastonati un paio di occhi color nocciola, resi quasi cremisi dalla luce del tramonto.

“Chi sei?”

Il giovane ruotò il capo e lo guardò sorridendo dolcemente:
“Il mio nome è Calipso, è sono il cavaliere protetto dalla costellazione del Sagittario.”

Ramiel lo scrutò per alcuni istanti senza dire niente, incuriosito ed al contempo un po’ affascinato dalla sua figura.
“Non ero al corrente del fatto che la nona casa avesse un nuovo custode.”

“Sono appena arrivato in effetti. Ad ogni modo, tu devi essere Ramiel del Leone, dico bene?”

“Sì, immagino tu conosca mia madre…”

“No, io conosco te.” - rispose ridacchiando, facendo sorridere Ramiel di riflesso.

“Tu temi di non essere all’altezza di chi ti ha preceduto, dico bene?”

“Io… forse sì, è così… tutti hanno avuto grandi aspettative su di me fin da quando sono arrivato, e anche se non ci ho mai dato grande peso a lungo andare la cosa ha iniziato a gravarmi un po’.”

Ramiel stesso si meravigliò per quella confidenza così sincera appena detta ad una persona di fatto sconosciuta, ma che gli trasmetteva un enorme senso di calma interiore.

“E’ normale sentirsi in questo modo quando si è parte di qualcosa di grande, ma è anche importante capire che quello che stiamo vivendo è il nostro momento, ed è unico ed irripetibile, ed anche tu sei così, cavaliere di Leo.”

“Io?”

“C’è tanta grandezza nel tuo animo, solo che ancora non te ne sei reso conto.”

“Non penso di meritarmi tali parole… gli altri cavalieri hanno lottato al fianco di Atena, o contribuito alla crescita del Santuario, io invece sono stato lontano e di fatto non ho ancora combinato niente: sono solo un ornamento dorato da esporre tra gli eroi dei dodici templi.”

“Credo che nei prossimi giorni avremo modo di mostrare il nostro valore come cavalieri.” - commentò Calipso smontando dalla balaustra.

“Anche tu dunque percepisci l’avvicinarsi di una grande minaccia.”

“Sarebbe incauto ignorare i segnali degli ultimi giorni, non lo pensi anche tu?”

“Sì, ma ciò che mi preoccupa è l’idea di dover affrontare un nemico senza volto, e per questo invincibile; di fatto, ciò a cui dovremo opporci sarebbe l’universo stesso.”

“Che cosa faresti in quel caso?”

A quel punto Ramiel si incamminò verso l’uscita del palazzo, ma prima di andarsene lanciò un’ultima occhiata al suo interlocutore:
“Me lo chiedo ogni giorno.”

 

   
 
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