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Autore: ShanaStoryteller    06/04/2020    1 recensioni
Una raccolta di storie brevi che dipingono una nuova versione dei miti antichi.
O:
Quello che accadde a Icaro dopo la sua caduta, come Ermes e Estia si immischiarono e salvarono l’umanità e di come Ade voleva solo schiacciare un pisolino.
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Afrodite/Venere, Ares/Marte, Era/Giunone, Poseidone/Nettuno
Note: Lime, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Estia e Prometeo



Per sua natura intrinseca, Estia non dovrebbe avere favoriti, ma Ade lo era sempre stato.

Lei era la sorella maggiore e lui il fratello maggiore. Si domandava se fosse quello il motivo per cui erano finiti col badare l’uno all’altra.

“Mi piace questo posto,” disse, accoccolata nel suo trono, “è tranquillo.”

Lui sbuffò, la testa piegata sui rotoli di pergamena, liste infinite di morti. Chissà perché non aveva mai visto Zeus occuparsi delle scartoffie. “È buio e freddo.” Disse, guardandosi intorno. L’unica luce proveniva dalle pietre di luna che brillavano tenui, dai disegni bioluminescenti incastonati nei muri.

Estese una mano. “Potrei…”

Un allegro fuoco scoppiettante prese vita al centro della stanza, caldo e piacevole, profumato di cedro anche se non emetteva fumo. “Sorella!” Scattò lui. “Restituiscilo subito all’Olimpo!”

Lei gli fece il muso, mantenendo il fuoco acceso. “Perché? È il mio fuoco, sono la sua guardiana, no? Posso donarlo a chi mi pare.”

“Zeus ha decretato che è un privilegio riservato a coloro che risiedono nei cieli,” le lanciò un’occhiata torva, “non permetterò che la sua collera ricada su di te. Restituiscilo.”

Estia chiuse il palmo e il fuoco soffocò, tornando al suo posto sul Monte Olimpo. “Al piccolo fratellino Zeus farebbe bene ricordare di stare al suo posto.”

“Sono sicuro che direbbe lo stesso per noi.” Disse Ade, ironico, riportando lo sguardo sul tavolo.

Lei era la protettrice del focolare, la portatrice del fuoco, la guardiana della casa. Lo spirito di Madre Gaia pulsava in lei più forte che negli altri, a dispetto delle pretese di Era.

Zeus era un ragazzino. Un ragazzino potente, certo, ma pur sempre un ragazzino. Lei e Ade erano cresciuti insieme nello stomaco di loro padre ed era sua la mano che aveva tenuto stretta in quegli anni in quell’orrida prigione.

Disprezzava i ragazzini che le dicevano come governare il suo regno di focolare e casa.

 
~

Prometeo non era un uomo furbo, ma era un uomo coraggioso, un uomo ambizioso.

Dunque, quando una dea gli apparve davanti, offrendogli un’occasione per ottenere la gloria, non rifiutò. Ghignò con occhi fin troppo brillanti e disse: “Fuoco? Lo strumento degli dèi in mani mortali? Potremmo fare così tanto.”

“Sì,” concordò la dea, “ma a una condizione. Se avrai successo, verrai spedito nel regno di Ade, ne sono certa, e quando sarai lì… dovrai portare il fuoco anche a lui. Questo è il prezzo del nostro accordo.”

“Accetto.” Disse immediatamente, e non si domandò perché un dio volesse che un mortale gli procurasse del fuoco. Non aveva il diritto di fare domande agli dèi.

I miti narreranno che era un titano, un dio tra gli dèi, ma non era vero.

Era un uomo solo ed era ambizioso. Le azioni di una singola persona vengono spesso scambiate per quelle di un dio.

 
~

Il trono di Estia sull’Olimpo rimaneva vuoto. La dea si curava più di custodire il fuoco del suo focolare che a ergersi sui mortali.

Qualunque essere che deve esprimere la sua autorità ostentando il suo status, di solito non ha molta autorità, tanto per cominciare. “Stai tramando guai.” La accusò Era un giorno, le vesti volutamente meno appariscenti di quelle del marito e i capelli acconciati in una foggia elaborata e difficile.

Era non sarebbe diventata moglie di Zeus, Regina degli Dèi, se stupida. La si poteva accusare di molte cose, ma non di stupidità.

“Cosa vorresti dire, sorellina?” Chiese Estia, stendendo la mano sul fuoco e osservando le fiamme danzare sulla sua pelle, indenne. Nessuno dei suoi fratelli avrebbe avuto la stessa fortuna se avesse toccato il suo fuoco.

Era incrociò le braccia e sporse il labbro inferiore, e la bocca di Estia ebbe un fremito. Erano ancora tutti così dolorosamente giovani. Era era poco più di una ragazzina e Estia pensava che avrebbe provato tenerezza per lei se solo non nascondesse in maniera palese delle zanne dietro a quelle sue belle labbra.

Amare la propria famiglia non significava certo che ti dovesse piacere.

“Non riuscirai a farla franca, qualunque cosa sia.” Disse Era prima di voltarsi sui talloni e allontanarsi a grandi falcate.

Estia tenne una sfera di fuoco nella mano, sentendone il calore serpeggiarle fin nelle ossa. “Come dici tu, sorellina.”


 
~

La scalata al Monte Olimpo durò settimane. Quando raggiunse la cima era esausto e affamato, aveva esaurito il cibo da giorni. Ma riuscì nell’impresa. Qualcosa che nessun altro uomo poteva dire di aver fatto.

Seguì le istruzioni della dea alla lettera e aspettò che la luna fosse alta nel cielo prima di introdursi furtivamente nel palazzo. Non toccò nessuna statua, arazzo, calice d’oro o piatto d’argento. Non lasciò neanche che il suo sguardo vi si soffermasse, perché era lì per un premio molto più ambito della ricchezza.

Fama. Notorietà. Il suo nome scritto nei cieli, eterno.

Il focolare si trovava al centro della sala del trono, grande il doppio di lui e più dorato che rosso. Fece un passo avanti, tremante, bramoso e terrorizzato allo stesso tempo.

La dea gli apparve davanti, più il contorno di una figura che altro. “Questo fuoco ti brucerà,” lo avvertì, gli occhi luminosi e sfavillanti come l’inferno alle sue spalle, “ti ucciderà. È solo una questione di quando… non di se.”

 “Capisco.” Disse, perché non importava, la morte non aveva importanza. La morte arrivava per tutti gli uomini. Se fosse riuscito a restituire il fuoco all’umanità, sarebbe stato più che un uomo… sarebbe stato una leggenda.

“Molto bene.” Raccolse una sfera di fuoco nella mano. Prometeo fece per prenderla, ma la dea non gliela porse. Aprì la bocca in un modo spropositato e se la posò sulla lingua, chiudendo le labbra, il volto rosso per il calore.

Lo afferrò per la veste e lo strattonò verso di lei, mettendo la sua bocca sulla sua e passandogli la sfera di fuoco celeste sulla lingua.

“Bene,” disse, tirandosi indietro, “La terrà umida abbastanza da permetterti di ritornare alla terra dei mortali, ma non dovrai aprire la bocca fino a quando non sarai pronto... Quando la sfera verrà esposta all’aria ti consumerà. Se non sarai tornato al regno dei mortali per allora, la tua morte sarà vana.”

Bruciava, era un’agonia tremenda. Poteva sentire il fuoco mangiare i muscoli teneri e bagnati delle sue guance. Ma rivolse alla dea un brusco cenno del capo e se ne andò di corsa fuori dall’Olimpo.

Non aveva molto tempo.

~


Prometeo se n’era andato da tempo quando Era si trascinò nella sala del trono, la veste da notte sfatta e il segno dei denti di Zeus sulla clavicola. Era più grande di suo marito, ma ancora così terribilmente giovane e per un momento Estia provò pietà per lei.

“Che cos’hai fatto?” Le domandò Era, la voce roca. Estia non vide alcun livido sulla sua gola, ma questo non escludeva il fatto che non ce ne fossero. “So che hai combinato qualcosa!”

Sapeva che tipo di donna sarebbe diventata Era, aveva visto molte ragazze fare la stessa fine, e in quanto moglie di Zeus il suo destino era quasi inevitabile. Ma non era ancora una donna, solo una giovane che aveva scommesso tutto per giocare a fare la potente e non aveva ancora capito se avesse vinto o perso.

“Fa freddo nelle stanze di Zeus,” Estia le indicò lo spazio libero di fianco a lei, “non ti siederesti qui con me, sorellina?”

Era la fissò e la diffidenza si sentiva greve nell’aria, palese sul suo volto. Avrebbe imparato a nascondere meglio i suoi pensieri un giorno. “Non fa freddo.”

“No?” Le chiese con semplicità, e per una frazione di secondo il volto di Era si sgretolò. “Vieni, sorellina.”

Era fece un passo verso di lei, esitante, poi un altro e finì per inginocchiarsi goffamente vicino a lei, fissando il fuoco, ed Estia era sicura che lo avesse fatto per camuffare i suoi occhi lucidi.

“Niente di tutto questo ora.” Le sistemò la veste e le scostò i capelli dal volto, le ciocche solitamente immacolate ora crespe e aggrovigliate.

Evocò un pettine e lo passò tra i capelli della sorella con movimenti attenti e sicuri.

La tensione lasciò gradualmente il corpo di Era fino a quando non esalò: “Fa caldo, qui.”

“E lo sarà sempre, finché rimarrai al mio fianco.” Disse, perché poteva farle almeno quella promessa. Se Era avesse scelto di sedersi accanto a lei in futuro, era un’altra storia.
~

Le bruciature erano apparse sul suo corpo, legioni di vesciche poi tramutatesi in caverne sanguinolente di cenere dove un tempo si trovava la sua pelle.

Gran parte della zona inferiore del volto si era consumata, la mascella aperta e pendente, solo ossa. La sfera di fuoco celeste era accoccolata alla fine della sua gola; lo aveva consumato a tal punto che solo un sottile strato di pelle la sperava dall’aria aperta. Doveva sbrigarsi. Ogni passo era un’agonia, non poteva respirare da minuti e a quel punto la morte sarebbe stata solo un sollievo.

Non sarebbe morto invano.

Finalmente, finalmente Prometeo mise piede su suolo mortale, ma non si fermò. Corse a casa, alla sua città, al centro della piazza. La gente lo riconobbe, anche se metà del suo volto era stato divorato dal fuoco, e si levarono delle urla.

Collassò nella piazza della città e si infilò quello che restava della sua mano in gola. Quando la ritrasse, teneva in mano niente più che una scintilla di fuoco celeste, e aprì il palmo.

Si consumò all’istante e l’ultima cosa che vide fu il fuoco che volava nelle stufe, accendendo focolari, candele che sfavillavano di vita.

Avrebbero scolpito il suo nome nei cieli per quell’impresa. Morì soddisfatto.
~

“Com’è potuto accadere?” Infuriò Zeus. “Come ha osato rubare agli dèi! Farò sì che Ade lo distrugga in ogni modo possibile!”

“Sì, mio re.” Mormorò Estia. Dubitava che il fratello si fosse accorto della nota di disprezzo nella sua voce al pronunciare il suo titolo.

Re degli Dèi. Come se gli dèi si fossero mai curati dei re.

Era rimase sorprendentemente silenziosa al fianco di suo marito, cauta, i capelli attorcigliati nell’esatta circonferenza delle dita di Estia.

Non era qualcosa che Estia le avesse chiesto né che si aspettasse da lei. Ma fu, in ogni caso, una piacevole sorpresa.

Forse c’era ancora speranza per lei.

 
~

Prometeo aprì gli occhi, cosa che non si aspettava. Si sentiva ancora come bruciare, ma il suo corpo era ritornato più o meno integro.

Si trovava in un luogo buio e freddo, e quando i suoi occhi si abituarono si accorse che Ade, il dio dei morti, era in piedi di fronte a lui.

“Hai profondamente irato mio fratello,” disse il dio, ma non sembrava così sconvolto, “ti infliggerò il peggior supplizio immaginabile per il tuo affronto.”

Prometeo aprì la bocca e ne uscì una fiammella infinitamente minuscola. “Da parte della dea.” Disse, e la fiammella prese a piroettare, danzando da una torcia all’altra, accendendole, passando di fianco a un focolare per farlo ruggire di vita.

Gli occhi di Ade si spalancarono e il dio osservò il lavoro della fiammella fino a quando questa non scomparve lungo il corridoio per illuminare il resto del suo regno. “Folle di una sorella maggiore.” Disse, con una voce più morbida e dolce di quella che Prometeo si aspettasse da un dio degli inferi.

Quel luogo ora era più luminoso grazie al fuoco, trasformandosi da sinistro a quasi… accogliente, un luogo non solo dove arrivare ma a cui fare ritorno.

Ade riportò lo sguardo su di lui. “Le tue ustioni sono state causate da fuoco celeste. Non posso guarirti… dovrai conviverci.”

“Capisco.” Disse Prometeo, anche se non era vero. Se doveva subire il peggior supplizio immaginabile che importava se era ustionato o meno?

Il dio sorrise, come se potesse leggere i suoi pensieri, e disse: “Molto bene.”

Prima che se ne potesse accorgere, Prometeo era tornato nella terra dei mortali. Con spoglie diverse, forse… ma vivo.
~
 
Vennero accesi fuochi in suo nome, le venne dedicato ogni focolare domestico ed Estia sorrise.

Il suo non era un regno che si poteva estinguere così facilmente.



Note dell’autrice:
Spero che vi sia piaciuta!

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