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Autore: MauraLCohen    06/04/2020    2 recensioni
[In revisione]
Raccolta di One shots su Sandy e Kirsten ambientate tra la prima e la quarta stagione.
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Dal I capitolo:
Kirsten si avvicinò a Sandy, aveva una mano sopra la sua, e con l’altra gli stava accarezzando il viso.
« Grazie » gli disse, la voce spezzata dal pianto imminente. Lui le sorrise e, avvicinandosi piano, le scostò qualche ciocca bionda dalla guancia, sfiorandole le labbra con le proprie.
« Lo sai che ti amo, vero? » le mormorò.
Stavolta fu lei a sorridere, annuendo, mentre Sandy continuava a baciarle gli angoli esposti della bocca.

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Dal II capitolo:
« È un appuntamento, signora Cohen? » scherzò lui, rispondendo al bacio e facendola ridere.
Kirsten annuì. « È un appuntamento, signor Cohen. »

{ + flashback ambientato ai tempi di Berkeley }
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Dal III capitolo:
Voltandosi, Kirsten trovò Sandy che le sorrideva un po' colpevole, mentre le portava le braccia attorno alla vita.
« Hey » mormorò lei, abbozzando un sorriso incerto, talmente dolce agli occhi dell'uomo che lo indusse istintivamente a mordersi il labbro inferiore, proprio come un ragazzino.
« Hey » le rispose, con lo stesso tono di voce.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ambientata in un momento non ben precisato della prima stagione


 

Sapore di caffè


Le immagini sfocate della camera da letto iniziarono ad apparirle davanti agli occhi ancora un po' annebbiati dal sonno. 

Mentre si risvegliava, Kirsten allungò una mano nella parte del letto in cui pensava di trovare il marito, che, però, non era sdraiato accanto a lei. 

Il sole era alto e il venticello fresco che entrava dalla finestra, sfiorandole la pelle e scostando di poco le lenzuola che aveva sul ventre, le fece intuire che fuori doveva essere proprio una bella giornata. 

Una di quelle da passare sulla spiaggia

Conoscendo Sandy, non doveva essersi fatto scappare l’occasione di cavalcare qualche onda fin dalle prime luci dell’alba, per poi andare in studio e concentrarsi sul lavoro.
Quello era il suo rituale fin dai tempi di Berkeley. Stare sulla tavola da surf lo aiutava a sgomberare la mente da ogni pensiero e gli permetteva di rilassarsi. Lui glielo ripeteva sempre e per quanto Kirsten non capisse cosa ci fosse di tanto speciale nel finire a sguazzare tra i pesci, trovava che quel luccichio soddisfatto e felice che Sandy aveva dopo ogni 
surfata fosse la cosa più tenera del mondo. Lo amava, tanto, e vederlo così felice, sereno, per lei era l'unica cosa che importava davvero; per questo non si era mai lamentata di tutte le volte che si era svegliata da sola, perché ci teneva a vederlo sempre con quello sguardo spensierato di bambino sul viso. 
Inoltre, quando erano più giovani, succedeva spesso che lei andasse con lui: stava sulla spiaggia e lo guardava fare le sue magie con la tavola mentre l'onda si alzava e il sole della California gli colorava la pelle. Ormai, però, il lavoro non le permetteva più di avere molto tempo libero, specie la mattina, perciò le volte in cui lei poteva seguirlo in spiaggia si erano ridotte all'osso. Era più di un anno che non andava e doveva ammettere che le mancava molto poter ammirare  Sandy cavalcare qualche onda. 

Alla mente le tornarono i primi mesi in cui uscivano insieme: non c'era verso di tenerli separati, nemmeno se stavano male. Proprio per questo lui teneva molto al fatto che la sua ragazza gli facesse compagnia in spiaggia, almeno qualche volta. Il surf era una parte importante della vita del giovane Cohen e Kirsten lo sapeva bene, perciò lo accontentava quando poteva, anche se non aveva mai smaniato per imparare a surfare. Quando lo accompagnava in spiaggia, infatti, era solo per guardare e nulla di più, spesso  non  metteva nemmeno il costume sotto i vestiti, proprio per evitare che Sandy provasse a convincerla a salire su quelle che lei definiva trappole mortali e che il mondo conosceva come tavole da surf. 
Una volta, però, Kirsten dovette ammettere che Sandy riuscì a tentarla e, persino, convincerla a provare. 
Al pensiero di quella mattina le  nacque un sorriso spontaneo sul viso, mentre, con gli occhi rivolti verso il soffitto, rivedeva davanti a sé tutta la scena.

 

Stavano insieme sì e no da quattro mesi e il fatto che i loro rispettivi coinquilini si frequentassero, permetteva a tutt'e quattro di dividersi le camere dei dormitori come preferivano. 
Quella volta a Sandy e Kirsten era spettata la stanza di lei, mentre Helen e Paul avevano dormito in quella dei ragazzi. 

Sandy ronfava a pancia in giù, con il lenzuolo che gli lasciava scoperta la schiena, il viso schiacciato contro il cuscino e le ciocche dei capelli che gli ricadevano sugli occhi, infastidendolo di tanto in tanto. Teneva un braccio stretto alla vita di Kirsten e l'altro disteso lungo il fianco. Sembrava davvero rilassato e visto che non si sarebbe dovuto svegliare prima delle sei e mezza - alle quali, stando alla sveglia sul comodino, mancavano ancora più di trenta minuti -
Kirsten decise di non svegliarlo, anche se la voglia c'era. 

Lei, invece, tanto serena non era. La notte precedente aveva chiuso occhio a stento e forse non era riuscita a collezionare più di venti minuti continui di sonno. Ora aveva la testa che minacciava di esplodere, mentre sentiva tutto il corpo teso per l'ansia che negli ultimi giorni la stava divorando.

A breve, infatti, avrebbe avuto l'esame più difficile del suo corso, con un professore che dava tutta l'aria di avercela a morte con lei perché era una Nichol, ergo, una a cui bastava aprire bocca per avere tutto ciò che voleva. 

« Qui a Berkeley non funziona così, signorina Nichol. Qui sono i meriti che fanno le persone, non i cognomi. » Glielo aveva detto una mattina nel bel mezzo della lezione, così che tutti potessero sentire. In vita sua, Kirsten non si era mai sentita così tanto umiliata come quel giorno. Sentiva ancora addosso gli sguardi curiosi, divertiti e, a tratti, anche soddisfatti dei colleghi. 
Perciò doveva riuscire a prendere il massimo in quell'esame, dimostrare a Jim Donovan che lei non era solo la figlia di Caleb Nichol e che non aveva bisogno del padre per ottenere ciò che voleva. 

Doveva dimostrargli quanto valeva e zittirlo una volta per tutte. 

Più ci pensava, più ansia e rabbia le chiudevano lo stomaco. Era scappata da Newport per poter finalmente trovare se stessa, ma sembrava che ovunque andasse, l'ombra di suo padre la raggiungesse. Tutti quelli che incontrava erano o spaventati o affascinati dal fatto che fosse proprio la figlia di Caleb Nichol, quel Caleb Nichol, ed Kirsten era stanca di sentirsi come se fosse una proprietà del padre. 
Perché non lo era.

Spostò lo sguardo dal soffitto bianco a Sandy, che  ancora dormiva beato, gli accarezzò la fronte, allontanando le ciocche dei capelli dagli occhi. Lui mugunò qualcosa nel sonno che la fece sorridere. Più lo guardava sonnecchiare, più quell'espressione di bambino che aveva la inteneriva. 

Con Sandy, pensava Kirsten, era tutto diverso. Con lui non si sentiva la figlia di Caleb Nichol né la principessina venuta da Newport; a lui non importava cosa si era lasciata alle spalle, non vedeva la bambolina viziata che, invece, vedevano tutti; lui vedeva lei. La vera lei. Quella a cui non interessavano i debutti in società, i grandi ricevimenti o le ville sfarzose. 
Sandy sapeva cosa le piaceva davvero, cosa le interessava e la rendeva felice, e faceva di tutto per assecondarla e supportarla in qualsiasi deicisone prendesse. L'accomoagnava per le gallerie d'arte, stava con lei quando doveva studiare o quando le andava di restare a letto e disegnare; sapeva che pizza e cinese erano i suoi due cibi preferiti e che il venerdì sera le piaceva cenare con uno dei due, così faceva in modo di accontentarla, sempre. 
Sandy conosceva la vera Kirsten, quella che lei per tanto tempo aveva dovuto tenere nascosta per assecondare il volere del padre e le regole non scritte dell'alta società di Orange County. Ora, però, si serviva libera di vivere come voleva. 
Con lui.
Sapeva che non sarebbe mai stata in grado di dirgli quanto lo amasse per questo, ma sapeva anche che, in qualche modo, Sandy ne era consapevole. 


Intanto che la sua mente vagava, però, la sveglia prese a suonare e, piano piano, anche il ragazzo iniziò a svegliarsi. 

« Hey. » Kirsten si chinò su di lui per baciarlo. 

« Hey » mormorò lui in risposta, stropicciandosi gli occhi con i pugni per poi contorcerli sopra la testa e stiracchiarsi. « Mi guardi dormire? » scherzò, subito dopo, portando entrambe le braccia intorno al bacino di Kirsten per farla sdraiare su di sé. 

Lei ridacchiò, poggiando la testa sul suo petto. « Forse. » rispose con fare giocoso. 

Sandy rimase in silenzio per un po', accarezzandole i capelli e godendosi quel momento di dormiveglia: le tende tirate, che a stento facevano entrare la luce dei primi, tenui raggi di sole, e il suono del respiro di Kirsten contro l'addome. L'atmosfera sembrava quasi ovattata e Sandy non voleva alzarsi, anche se sapeva che di lì a poco avrebbe dovuto farlo, se non voleva rischiare di perdersi le onde di quella mattina. 

Kirsten, intanto, era stranamente silenziosa, e già il fatto che fosse sveglia da così presto aveva messo Sandy in allerta. 


Nell'ultimo periodo l'aveva vista molto tesa a causa di qualche scontro un professore. Donovan, Sandy ricordava fosse quello il cognome. Insegnava qualcosa come storia dei materiali o simili, non era importante; quello che, invece, Sandy aveva ben chiaro in mente era la reputazione di quell'uomo. Al campus si vociferava che fosse un vero stronzo, qualcuno che era meglio non mettersi contro, perché se ti prendeva di mira, sapeva come rovinati il curriculum. 
E stando ai racconti di Kirsten, quel professore aveva scelto lei come nuova preda. 
Sandy odiava la gente che dispensava cattiveria gratuita per il semplice gusto di farlo, ma odiava ancora di più quando quel tipo di atteggiamento colpiva Kirsten. 
Lei non aveva bisogno di essere difesa, lui questo lo sapeva, ma la conosceva abbastanza bene da capire quando qualcosa la colpiva a fondo ed era ciò che Donovan aveva fatto senza alcuna pietà. 
L'unica cosa che Sandy voleva in quel momento era capire come aiutarla, così fece l'unica cosa che sapeva avrebbe potuto farla sentire un po' meglio: darle tutto il supporto di cui aveva bisogno 

« Va tutto bene? » le chiese, spostando le mani lungo la sua schiena. « Non riesci a dormire? »

Kirsten sorrise, anche se lui non poté accorgersene, e si morse il labbro inferiore. Sandy sapeva sempre cosa fare e come farla per tirarle su il morale. Era il suo super potere. 

« Se è ancora per quel cretino di Donovan, lo sai. È cretino. Non devi dimostrargli nulla. Non devi dimostrare nulla a nessuno. » lui continuò a rassicurarla, ma sentendo che continuava a non proferire parola, la strinse a sé ancora più forte, affondando il viso nei suoi capelli. « Ti amo » le mormorò all'orecchio e Kirsten non poté fare a meno di sollevarsi per guardarlo. 

Dio, la conosceva così bene. 
Sapeva sempre ciò che pensava, come si sentiva, a volte prima ancora che lo sapesse lei. 
Sandy Cohen era incredibile. 

Gli portò una mano sul viso, accarezzandoglielo. 

« Anche io » rispose a fior di labbra « Tanto »

E Sandy sapeva che quella era la verità. 
Le sorrise, ritirandola su di sé e riprendendo ad accarezzarle la schiena, 

Era in ritardo per il surf, lo sapeva, e probabilmente Owen e gli altri lo avrebbero ucciso, ma in quel momento non gli interessava altri che Kirsten: voleva rimanere lì, nel letto, con lei e assicurarsi che stesse bene. 

« Allora, ho ragione? » insistette, abbassando lo sguardo sul suo viso.  « È per Donovan che stai così? »

« Così come? » contestò Kirsten, sviando la domanda. Voleva evitare di scaricare su Sandy anche quel problema. Non voleva che lui si sentisse sempre in dovere di combattere le sue battaglie. 

« Così, come se qualcosa ti stesse avvelenando i pensieri. È per lui? »

Beccata. 
Ora doveva parlare. 
Nascondere qualcosa a Sandy Cohen era letteralmente impossibile e lei non sapeva mentirgli. In più Sandy non avrebbe mai lasciato perdere di quando non avesse saputo per filo e per segno cosa le stesse passando per la testa. Faceva sempre così e quel suo modo di fare riusciva a farla sentire protetta e amata come niente al mondo.


« È solo che vorrei riuscire a farlo stare zitto. Prendere il massimo all'esame e dimostrargli che si sbaglia su di me. » La voce le uscì fuori quasi fosse un lamento. A Sandy si spezzava il cuore nel sentirla così avvilita: cercava con tutto se stesso di reprimere il desiderio di prendere a pugni in faccia quel Donovan. Sapeva che non doveva farlo, che doveva lasciar perdere perché avrebbe solo peggiorato le cose, ma le mani gli fremevano e quell'uomo si meritava proprio una lezione alla Sanford Cohen.

« Mi dici perché è così importante dimostrarglielo? Tu e io sappiamo che si sbaglia, Helen e Paul sanno che si sbaglia e chiunque altro ti conosca davvero lo sa. Che ti frega di cosa pensa un vecchio bigotto sessista che nemmeno si ricorda più perché ha iniziato ad insegnare? È uno stronzo » provò a consolarla. 

« Lo so » rispose Kirsten, ma non parve troppo convinta. « Credimi. Però ho passato tutta la mia vita a sentirmi dire che tutto ciò che ho, lo devo al fatto di essere una Nichol. Sono stanca di dover sempre giustificare ogni mia scelta agli altri. Stanca di vedere gli sguardi curiosi di chi si chiede perché io sia qui, anziché in un'università dell'IVY League o, ancora meglio, su qualche yacht al largo di Maui a sbronzarmi con qualche amica del fondo fiduciario. È svilente vivere ogni giorno pensando che la gente si aspetta da te solo capricci e lamentele. Io non sono quella ragazza. Sono scappata da Newport per non dovermi più sentire così, ma sembra che ovunque io vada, qualsiasi cosa faccia, il cognome di mio padre mi segua come un'ombra. Almeno qui, Sandy, voglio sentirmi libera da quel fardello. »

Sandy sentì la rabbia divampargli dentro; se avesse avuto Donovan davanti in quel momento lo avrebbe massacrato di botte. Senza pietà o ripensamenti. Era uno stronzo e Dio solo sapeva cosa ci stava ancora a fare in quell'università.
Si poteva essere così meschini da mortificare una persona a tal punto da buttarla giù nel modo in cui Donovan aveva fatto con Kirsten? 

Quanto bisognava essere frustrati per essere così cattivi? 
Persone così non meritano nessun rispetto, pensò il ragazzo, riportando la sua attenzione su Kirsten.

« Allora dimostraglielo » le disse, fiero. « Fagli vedere chi sei. Tu meriti di stare qui anche più di lui e nessuno meglio di me sa quanto puoi essere testarda se ti metti in testa una cosa. - dicendolo la guardò, ridacchiando e pizzicandole la guancia con il medio e l'indice - Perciò vai e fallo a pezzi. So che ce la farai. » 

« Davvero? » Kirsten poggiò il mento sul suo petto per poterlo guardare in faccia. Dopo tutti quei mesi ancora non capiva cosa avesse fatto di buono nella vita per meritarsi che qualcuno come Sandy l'amasse così tanto.

« Davvero » replicò lui, senza nessuna esitazione. 

Lei gli sorrise ancora, avvicinandosi per baciarlo e Sandy le andò incontro. 

Lo amava.
E più passava il tempo, più la consapevolezza di aver trovato chi avrebbe voluto al fianco per il resto della vita si faceva forte. 

Aveva lasciato Jimmy Cooper perché sentiva che con lui le mancava qualcosa, che l'amore che sentiva non era abbastanza; lo aveva lasciato perché voleva molto di più e, finalmente, l'aveva trovato. 
Non sarebbe riuscirà a descrivere a parole quello che provava, se qualcuno glielo avesse chiesto, ne avrebbe potuto definire cosa fosse quel qualcosa che le era mancato così tanto con Jimmy da convincerla a rinunciare ai loro piani, al loro futuro insieme e perfino al bambino. Sapeva, però, che con Sandy lo aveva e se lui glielo avesse chiesto, lei avrebbe lasciato tutto per iniziare una nuova vita insieme.
Era sicura che quello che provava per Sandy era ciò che aveva sempre desiderato sentire. 
Ciò che aveva cercato disperatamente.
Lui era il suo destino, l'amore della sua vita. 
Ne era sicura. 

Lo squillare incessante del telefono la richiamò alla realtà. Kirsten si allontanò da Sandy e prese la cornetta dal comodino. 

« Pronto? » bofonchiò, mentre Sandy le mordicchiava il collo, divertito dal modo in cui lei arriciò  il naso  dopo averne capito con chi stava parlando.

« Kirsten? Hey! Sono Owen. Sandy è lì con te? » disse la voce dall'altra parte. 

Lei, intanto, cercava di allontanare il ragazzo con un braccio, ma senza riuscirci.  Sandy era più forte e aveva facilmente la meglio su di lei. 

« È per te » gli disse, porgendogli il telefono, ma il giovane parve più interessato alla scia di baci che stava lasciando sull'incavo del suo seno.

« Owen... Sandy... Un attimo » mormorò lei, sopprimendo un gemito e spingendo via il viso del ragazzo, che stava risalendo con il labbro lungo il suo collo.  « È proprio qui. Aspet... » Non riuscì a finire la frase che Sandy la zittì catturandole le labbra. « Sandy... fermo » ridacchiò, spingendolo via un'altra volta. Tenendolo a distanza con una mano premuta contro il suo petto, Kirsten tornò a concentrarsi  sull'interlocutore al telefono. « Owen, aspetta che te lo passo » concluse, appoggiando la cornetta all'orecchio del fidanzato. Questi fece una smorfia scontenta, stringendo la spalla al proprio orecchio per tenere saldo il telefono.
 

« Ehi, Ow » esordì, tornando a sdraiarsi sulla schiena e trascinando Kirsten con sé. Lei lo osservava ascoltare quello che l'amico gli stava dicendo e intanto gli accarezzava i capelli con la punta delle dita. 

« Ahn ahn » diceva di tanto in tanto, annuendo e facendo una smorfia annoiata che la faceva ridere. 

« Va bene, ho capito. Dieci minuti e arrivo. Rompi palle. » Con un gesto secco ripose la cornetta sull'apparecchio e tornò a concentrarsi su Kirsten.

« Che voleva? » gli domandò, portandogli le braccia al collo. 

Lui le prese il viso con una mano per baciarla, poi si mise in piedi, cercando i pantaloni, dispersi da qualche parte sul pavimento. 

« I ragazzi mi aspettano per andare in spiaggia » le spiegò, tirandosi su i jeans. « Devo passare in stanza a prendere il costume e la tavola. Ci vediamo dopo le lezioni? » 

Kirsten annuì, mentre, appoggiata alla spalliera del letto e con il lenzuolo che la copriva fino al seno, lo guardava rivestirsi. 
Odiava quando la lasciava per andare a fare surf, ma sapeva quanto a lui piacesse quello sport e non aveva cuore di dirgli che le mancava da morire ogni volta che se ne andava. Se glielo avesse detto, lui sarebbe rimasto lì, ma non voleva che Sandy rinunciasse a qualcosa che amava solo per soddisfare un suo capriccio.  Così Kirsten si limitava ad osservarlo mentre si preparava e ad incoraggiarlo ad andare, senza dire nulla. 

Sandy, però, parve accorgersi comunque che qualcosa non andava o, forse, semplicemente, non voleva andarsene sapendo che lei sarebbe rimasta lì da sola con i suoi pensieri per ancora quattro o cinque ore e che la  cosa non avrebbe fatto altro che peggiore lo stato d'animo in cui si trovava. 

Così finì di infilarsi la maglia, si diede una rapida occhiata allo specchio, soddisfando il Narciso che era in lui e tornò vicino al letto dove Kirsten era sdraiata. Si chinò su di lei e la baciò senza malizia sulle labbra, sorridendole. 

« Che ne dici di venire con me? » le propose. 

Kirsten scoppiò a ridere. « Ma se non ho mai toccato una tavola da surf in vita mia » rispose, sollevandosi sugli avambracci. 

Lui rise appresso a lei, avvicinandosi al suo viso per baciarla di nuovo. 

« E che problema c'è?! ti insegno io. » Si strinse nelle spalle, facendole gli occhi dolci. « Eddai! Vieni! Nulla come il surf aiuta a sgomberare la mente dai brutti pensieri. Parola di Sandy Cohen »

Lei rise ancora mentre guardava l'espressione fiduciosa che stava facendo brillare gli occhi del ragazzo.  

Sandy poteva giurare che quella fosse la risata più bella che avesse mai sentito in vita sua. 

« Allora, si va? » insistette, dandole un altro piccolo e innocente bacio.

Lei annuì: « Se lo dice l'esperto, non posso che fidarmi. Giusto? » 

« Giusto! » Sandy, esaltato, la prese per una mano e la tirò su, abbracciandola. 

(...)

Neanche mezz'ora dopo si ritrovarono insieme a Owen, Lance e qualche altro amico di Sandy che Kirsten conosceva solo di vista, su una spiaggia quasi deserta, con il sole che tinteggiava il cielo di colori pastello e qualche nuvola. Dalla terra ferma si potevano vedere in lontananza le flebili figure di alcuni surfisti in piedi sulla tavola, mentre il rumore delle onde che si distendevano sul bagnasciuga gremiva l'aria.

Sandy stava preparando la tavola insieme a Owen, mentre Kirsten e il resto del gruppo si stavano ancora togliendo scarpe e vestiti. 

Al giovane Cohen non sfuggì qualche sguardo d'apprezzamento che gli amici rivolgevano di tanto in tanto alla sua ragazza e, infastidito, lanciò un'occhiataccia nella direzione di alcuni di loro, che subito colsero il messaggio, riportando la loro attenzione sulle onde. 

« Oggi calma piatta » commentò uno, con fare deluso. 

Si trattava di Alex Tower; ragazzo carino: castano, alto, anche se un po' magrolino. Studiava scienze politiche, almeno così Kirsten si ricordava di aver sentito da Sandy. I due frequentavano alcune lezioni insieme, ma non si conoscevano molto. 

« In effetti è da un po' che non si vedono onde degne di nota » lo assecondò Owen, uno dei migliori amici di Sandy, mentre guardava il lontananza il movimento del mare. « Meglio per te, Kirsten » proseguì, voltandosi verso di lei e stringendosi nelle spalle con fare beffardo. « Non rischi di romperti nulla, visto che è la tua prima volta. »

Kirsten, in piedi vicino a Sandy, si finì di levare la maglia, rivelando uno splendido bikini nero. Quando sentì le parole di Owen si pietrificò, guardandolo con occhi sgranati. 

« Sta scherzando? Sandy, dimmi che sta scherzando » disse, quasi isterica, portando lo sguardo sul fidanzato. Questi scoppiò a ridere nel vedere l'espressione di terrore che le si era dipinta sul viso. 

« Certo che scherza, ti pare che possa farti fare male? » la rassicurò, allacciandole entrambe le braccia alla vita per stringerla a sé. « Non lo farei mai » continuò, baciandole una guancia, poi rivolse la propria attenzione all'amico: « E tu piantala di dire cazzate, che la spaventi »

Owen scoppiò a ridere, alzando le mani in segno di resa. Conosceva Sandy da anni ormai, dai primi mesi in cui lui arrivò a Berkeley, e non lo aveva mai visto così preso da una ragazza, nemmeno da Rebecca. Quando qualche mese prima Sandy gli aveva confessato che aveva iniziato a vedersi con Kirsten Nichol, la prima cosa che Owen pensò fu che non sarebbero durati una settimana; erano troppo diversi, avrebbero finito col litigare tutto il tempo. Invece sì era dovuto ricredere: Sandy e Kirsten erano complementari e insieme funzionavano alla perfezione, tirando fuori il meglio l'uno dell'altro. E facevano anche un po' invidia a vederli così felici e innamorati.

Una manciata di minuti dopo erano tutti pronti ad andare in acqua.
Sandy teneva Kirsten per mano mentre con l'altra reggeva la tavola sotto al braccio. 

In acqua, iniziò a spiegarle cosa doveva fare: quando e come alzarsi, come muovere le mani, ma per Kirsten era come se stesse parlando in una lingua incomprensibile e Sandy non riusciva a smettere di ridere, prendendola anche un po' in giro.

« Piccola, ti amo, ma il surf non fa proprio per te » scherzò, mentre la teneva per le mani, evitandole di cadere in acqua ancora una volta nel tentativo di alzarsi in piedi sulla tavola. 

Lei lo guardò un po' contrariata, come a dirgli "te l'avevo detto" e quell'espressione lo fece scoppiare a ridere di gusto.

« Cosa ridi? » protestò Kirsten, ridacchiando, mentre lo schizzava con una mano. Era seduta a cavalcioni sulla tavola e per poco non richiò di cadere.
Sandy la afferò per i polsi, sia per impedirle di scivolare sia per farla smettere di schizzarlo. Continuava a sorridere, provando a baciarla, ma lei lo evitava, cercando di liberarsi. 
Sandy era chiaramente più forte e così ebbe la meglio. Fece forza per spingerla con la schiena vicino all'acqua.

« Ti lascio cadere? » chiese, ridendo. Lei si dimendò ancora. 
« Sì, ti lascio cadere » confermò Sandy, allentando la presa sui polsi e spingendola giù dalla tavola.

Kirsten riemerse qualche secondo dopo, passandosi le mani sul viso e poi sui capelli per spostarli indietro; aveva ancora gli occhi chiusi e il naso arricciato.
Era adorabile, pensò Sandy, avvicinandosi per baciarla.  
La strinse per i fianchi, facendo aderire i loro corpi alla perfezione e le sorrise, mentre lei gli portava le braccia al collo.  
Le loro labbra si incontrarono a metà strada ed iniziarono ad esplorassi prima timidamente, poi sempre più profondamente, lasciando che le loro lingue danzassero insieme trovando il loro ritmo. 
Per un attimo il mondo si fece silenzioso, sparendo dalle menti di entrambi. C'erano solo loro due e sarebbe stato così per sempre, si dicevano, immersi l'uno nel calore del corpo dell'altro. 

 

Il ricordo di quella giornata riuscì a farle manca Sandy ancora di più e mentre desiderava di averlo lì con sé, Kirsten si rigirò un paio di volte tra le lenzuola, sperando di non doversi alzare ancora per molto. Sfortunamanere per lei, però, la sveglia aveva deciso di non accontentarla. Era già tardi e sapeva che quella mattina doveva essere al massimo delle sue facoltà mentali, ricettiva e pronta a sopportare il peggio che suo padre aveva da offrire.

Ancora un po’ stordita dalla sonnolenza si mise in piedi per andare a fare una doccia veloce, si stiracchiò allungando le braccia sopra la testa e, dopo aver recuperato l'accapatoio, lasciò la camera da letto. Nel tragitto verso il bagno ne approfittò per guardare fuori dalla finestra: sì, era proprio una bella giornata, pensò, mentre una parte di lei moriva dalla voglia di raggiungere il marito in spiaggia. 

Mezz’ora dopo era pronta, perfetta nel suo abito firmato e raggiante come al solito. Scese al piano di sotto per mangiare qualcosa al volo e mettere insieme le idee per la riunione che l'attendeva al Newport Group. Appena girò la parete che separava il soggiorno dalla cucina,  rimase sorpresa nel trovare Sandy in piedi vicino ai fornelli, intento a preparare la colazione. 

« Non sei andato in spiaggia? » gli chiese, avvicinandosi per baciarlo. Non sapeva dire quanto fosse felice di poterlo vedere prima di andare a lavoro e scordarsi per qualche minuto dello stress che la riunione le stava già causando. 

Guardandolo, però, Kirsten non riuscì a capire se fosse effettivamente andato a fare surf. Lo trovò con addosso i pantaloni della tuta e la felpa grigia, bagnata sul girocollo e sulle spalle dalle punte gocciolanti dei capelli bagnati. Sandy aveva il vizio di non asciugarli mai e lei non capiva come facesse a gestirli o a non morire dal mal di testa. 

Lui, intanto, era rimasto immobile ad osservarla camminargli incontro e quando la ebbe vicina, le sorrise.  

Era bellissima, come sempre, ma qualcosa la turbava.  
Sandy poté leggerglielo negli occhi.  

« Sono tornato poco fa » spiegò mentre le porgeva una tazza di caffè e le baciava una guancia. 

La casa era avvolta nel silenzio e dalla casetta in piscina non sembravano arrivare segni di vita. I ragazzi dovevano essere già usciti per andare a scuola.

Kirsten prese una ciambella che Sandy aveva imburrato per lei e si sedette di fianco a lui, accarezzandogli il collo. 

« Prendo le parole crociate? » le chiese Sandy, voltandosi a guardarla ed indicando con la testa il giornale che giaceva, ripiegato su se stesso, poco lontano dalle loro tazze di caffè. 
Le parole crociate erano una specie di rituale mattutino di cui  nessuno dei due ricordava l'inizio. Un giorno si erano ritrovati a notare che passavano così quasi ogni mattina, quando il tempo lo permetteva: seduti vicini, ridendo tra loro e interrogandosi su quale fosse la soluzione della dodici verticale o della cinque orizzontale. 

In quel momento Kirsten non avrebbe desiderato altro che passare un po’ di tempo con lui, da sola; negli ultimi giorni stavano lavorando come matti - lui a un nuovo caso e lei al progetto dell'abitazione tipo - e a stento riuscivano ad incrociarsi per casa. Si mancavano da morire, potevano leggerlo l'uno negli occhi dell'altra ogni volta che si guardavano. Avevano voglia di stare un po' insieme, lontani dalla frenesia di Newport e da qualsiasi altra cosa potesse frapporsi tra loro.
 Perciò Kirsten avrebbe voluto avere il tempo di rimare lì con lui quella mattina, aveva davvero bisogno di stare un po' da sola con Sandy, ma ancora una volta non poteva perché doveva preoccuparsi di fermare Caleb dal commettere l'ennesimo passo falso, che rischiava di affondare la società. 

C'erano giorni in cui era stanca di dover sempre anteporre alla propria felicità, il Newport Group. 
La mancava il periodo di Berkeley, la casa con il parquet ovunque e le tacche della crescita di Seth incise sullo stipite della porta della cucina. Le mancavano le mattinate di ozio con Sandy, quando bastava un niente per convincerlo a restare a letto con lei per qualche altro minuto. 
Le mancava il tempo in cui erano solo lei, Sandy e il piccolo Seth, senza nessuna telefonata di lavoro che disturbava i loro momenti felici, senza nessuna giornata passata in ufficio fino a tardi che le impediva di stare con Sandy e Seth; le mancava potersi godere la sua famiglia fino in fondo e, a volte, odiava Newport per questo. 

Sospirò sommessamente, guardando Sandy con gli occhi ricolmi di tristezza. 

« Ho solo due minuti »  gli rispose, accarezzandogli il viso, e il tono con cui lo fece lasciava trasparire quanto le costava rifiutare. « Julie sta arrivando. Ci aspetta la peggior riunione della storia del Newport Group. Mio padre è furioso e minaccia di licenziare metà personale per un solo affare saltato. Vuole davvero licenziare delle persone a caso solo per soddisfare il suo bisogno di rivalsa. Come se a lui, poi, servissero davvero quei soldi. A volte mi chiedo come faccia a dormire la notte. Sarà una guerra. » 

Una guerra che lei non aveva voglia di combattere, ma che non poteva ignorare. Nell'utlimo mese la società aveva perso due importanti gare d'appalto su cui Caleb aveva puntato gli occhi ed ora lui dava di matto minacciando di licenziare metà personale, dato che la colpa, ovviamente, doveva essere degli incompetenti, scansafatiche che lui manteneva. Così aveva indetto una riunione del consiglio che, secondo Kirsten, doveva servire per procedere con i licenziamenti in blocco e lei  non poteva lasciare che il padre commettesse un'ingiustizia simile. Si parlava di persone, padri e madri di famiglia che si sarebbero trovati senza un lavoro solo perché lui si era alzato col piede sbagliato. Il Newport Group aveva bisogno che lei, in quanto braccio destro del CEO, fosse pronta a dare il cento per cento quella mattina. 
Il consiglio, infatti, era un organo di facciata: chi prendeva le decisioni era solo ed esclusivsmenre Caleb e se si metteva in testa una cosa, non c'era modo di fargli cambiare idea; Kirsten sapeva che solo lei poteva essere in grado di farlo ragionare e ci avrebbe provato con tutte le sue forze. Quindi no, non poteva restare a casa con Sandy, anche se voleva farlo con tutta se stessa; non poteva ignorare il fatto che il destino di nove persone era nelle sue mani.

Sandy, tutto questo, lo capiva e non poteva che essere orgoglioso di aver sposato una donna così buona ed empatica, pronta a rinunciare a qualcosa che per lei era importate a favore della felicità altrui. Si era innamorato di lei tanti anni prima anche per questo. Conosceva la storia di Kirsten e il mondo 
da cui arrivava, fatto di frivolezze e menefreghismo nei confronti del resto del mondo, ma sapeva anche che lei era diversa: non le importavano stupide feste, ristoranti di lusso e macchine costose, a Kirsten bastavano un bel film (purché romantico), una pizza e qualche birra per passare una bella serata. Lei sapeva che  al di là di quella sfarzosa bolla in cui era cresciuta, c'era il mondo reale, un mondo che non sempre era giusto, ma che aveva tanto da offrire a chi sapeva cercare e lei voleva farlo, voleva scoprire cosa il mondo aveva in serbo per la sua vita. Sandy a volte rimenva stupito dalle cose che faceva e, ancora, a distanza di vent'anni lei aveva il potere di lasciarlo senza parole. 

Le sorrise, accarezzandole il viso con il dorso del pollice. « Ce la farai, vedrai. Nessuno meglio di te riesce a far cambiare idea a tuo padre. D'altronde si fida solo di te e del tuo intuito, sono certo che ti darà retta » le disse, fiducioso. « E stasera ti porto a cena fuori per festeggiare il successo. » 

Kirsten si lasciò trasportare dal sorriso fiero del marito e lo ricambiò, passandogli una mano tra i capelli sempre un po’ ribelli. 

« Ci vorrebbe proprio. Mi sembra quasi di non avere più tempo per noi » ammise e la sua voce si fece dolce, appena udibile. Chiuse gli occhi pregustando già la serata che l'aspettava e gli portò una mano dietro la nuca, lasciando che le proprie dita scivolassero tra i suoi capelli. Gli sorrise ancora, avvicinandosi piano al suo viso per baciarlo. Le labbra di Sandy sapevano di caffè appena fatto.

« È un appuntamento, signora Cohen? » scherzò lui, rispondendo al bacio e facendola ridere. 

Kirsten annuì. « È un appuntamento, signor Cohen. »

   
 
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