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Autore: beavlar    07/04/2020    2 recensioni
Fili e Kili sono morti, hanno sacrificato tutto per il loro re, per la loro gente, ora anche Thorin dovrà rinunciare a tutto, ai suoi pregiudizi, alle sue idee, alle sue alleanze, per il suo "tesoro" e il suo popolo.
Dall'altra parte una mezz'elfa divisa tra due razze, dovrà invece fare i conti con il suo oscuro passato, accettando se stessa e accettando accanto a se il re di Erebor.
Due animi carichi di dolore e rimorsi, in cerca del loro posto al di sotto della Montagna e al di sopra delle stelle.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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capitolo revisionato

Sangue sporco




 






Sentiva delle voci in lontananza, come sussurri. Non riusciva a distinguere i toni, era solo un rimbombo meccanico nella sua testa, flebili sussurri leggeri come piume. Non avevano nemmeno senso. Una parola poteva significarne cento, come cento potevano significarne solo una. Thorin non vedeva niente, l'oscurità continuava ad avvolgerlo, non una luce non un segno, niente che lo potesse far uscire da quel buio.
Le voci continuavano, più alte adesso, più scandite erano le parole e, quasi come se stesse risalendo dalle profondità di un lago, Thorin riuscì a sentire il suo respiro mentre le sue mani si avvinghiavano a quelle che a primo tocco gli sembrarono pellicce.
Il corpo gli doleva in una maniera indicibile, ogni respiro gli sembrava una coltellata ben assestata, e quando tentò di aprire gli occhi, per identificare dove si trovasse ma una luce intensa lo investì facendoglieli socchiudere di nuovo.
Gli occhi si abituarono lentamente ai colori e alla luce, pesanti come macigni, faceva difficoltà ad aprirli, ma da piccole chiazze sfocate sopra di lui riuscì lentamente a identificare le forme.
Tessuti verdi blu erano sopra e intorno a lui, un odore acre di sangue gli investì le narici, non gli ci volle molto a capire che fosse il suo.
Con la coda dell’occhio captò uno scintillio, la sua armatura, lacerata e sporca di sangue era posta accanto al suo giaciglio e accanto ad essa, Orcrist sporca di sangue scuro era poggiata su uno sgabello.
Il dolore e la confusione che gli annebbiavano la mente furono sostituiti dalla consapevolezza di quello che era successo, lo aveva ucciso, aveva ucciso Azog.
Ma a quale prezzo… una muta angoscia prese possesso di lui, frammenti di immagini gli tornarono alle mente, il ghiaccio, il sangue, i volti di Fili e Kili nella neve. Dalle labbra socchiuse uscì un sospiro lento e gutturale, non doveva finire così, non poteva essere finito tutto così. Era tutta colpa sua, solo sua.
Fissò intensamente la lama sporca, mentre il mondo attorno a lui scompariva, e le figure dei due suoi ragazzi gli si presentavano davanti come spettri lontani. Non li avrebbe piu’ rivisti, non li avrebbe piu’ sgridati, non avrebbe piu’ raccontato loro le grandi gesta dei re del passato. Solo una lacrima si lasciò scappare  solo questo poteva permettersi.
 
“Kili…Fili…” un lamento silenzioso gli uscì dalla bocca.
 
I loro volti cominciarono a sparire rapidamente lasciando spazio di nuovo a la sedia con sopra la sua spada, mentre una voce lo stava riportando alla realtà.

"Thorin, Thorin mi senti? Bofur chiama Òin, per piacere, per l’amor del cielo."
Si ridestò lentamente ruotando leggermente la testa ancora con gli occhi semi socchiusi guardò sopra di sé e  con sua grande sorpresa mastro Baggins con gli occhi quasi lucidi lo guardava  sorridendo.
“Thorin, Thorin guardami, rimani vigile Thorin.”
 
Percependo la sua mano stringersi intorno al suo braccio aprì un po’ di piu' gli occhi e mosse la sua mano libera verso la mano con cui gli teneva il braccio lo hobbit. Era reale? Qualcosa in quel momento era reale? La battaglia era vinta? Con quel minimo di forza che riuscì a usare gli strinse leggermente l’avambraccio guardandolo negli occhi.

"È finita?" Riuscì soltanto a chiedere aprendo finalmente gli occhi e annaspando per l’aria che gli mancava, ma una fitta intensa gli fece serrare la mascella e stringere gli occhi.
“Accidenti!” Gemette.

Bilbo lo strinse ancora di piu' al braccio annuendo velocemente mentre guardò preoccupato verso il petto del nano.


"Si Thorin, si è finita, ora sta fermo, per piacere" Disse preoccupato tenendogli il suo braccio giù “Òin sarà qui a momenti, non sei ancora in forze ti prego sta fermo.”
Insistette e Thorin dovette accettare l’idea che non muoversi era l’idea migliore.
Guardò con occhi pieni di orgoglio, ma come uno pugno in pieno petto le immagini di Fili e Kili gli tornarono alla mente, facendolo accasciare ancora di più sul cuscino.

"Fili, Kili..." sussurrò guardando Bilbo e lasciandogli il braccio piano, mentre quest'ultimo sospirò e trasformo in suo sorriso in un’espressione malinconica.
Bilbo scosse la testa e lasciò andare il braccio al nano e lì capì che era davvero finita. Tutto lo era, la guerra ma anche la sua discendenza, tutto per Erebor.
Distolse lo sguardo dall’hobbit mordendosi il labbro pesando a sua sorella, se avesse potuto, non glielo avrebbe mai detto, non era abbastanza forte da affrontare un lutto del genere. Non di nuovo.

"Eccomi Bilbo eccomi, oh Thorin sei sveglio finalmente." La voce di Òin gli fece alzare lo sguardo verso l’entrata, distogliendolo bruscamente dai suoi pensieri.
“Spostati per favore.” Si rivolse a Bilbo che annuendo velocemente si andò allontanò dal letto, ma rimanendo ben attento ai movimenti di Thorin.
Impacciato, il vecchio nano si avvicinò al letto tenendo la cornetta nel suo orecchio stringendo nell'altra una sacca che poggiò delicatamente a terra.
Con il braccio non immobilizzato dalla fasciatura, cercò di tirarsi su a sedere, il suo orgoglio aveva sempre la meglio sul suo buon senso. Velocemente però il vecchio nano scosse la testa. “No no fermati, Thorin, non hai ancora recuperato le forze.”
 
“Òin sto bene.” Lo rassicurò ma fu tradito da un gemito gutturale che gli scappò mentre si metteva a sedere che per quanto avesse provato a non emettere gli era sfuggito.
Bilbo alzò gli occhi al cielo. “Se continui a muoverti ti farai del male già piu’ di quanto ti sia stato inflitto.”
 
“Ho detto sto bene.” Ribatté con un tono che non ammetteva repliche, e anche se ci fossero state, non le avrebbe ascoltate. Stringendo gli occhi infatti con un ultimo sforzo si mise a sedere con la schiena poggiata allo schienale del letto.
 
Notò lo sguardo di Bilbo rassegnato e mentre Òin si accingeva a slegargli le bende che gli ricoprivano il petto, Balin e Dwalin, uno accanto all’altro, entrarono nella tenda  ansimando leggermente.
Guardandolo intensamente facendo chiudere il tessuto dietro di loro e con un breve inchino con la testa si misero un pungo sul cuore attirando la sua piu’ totale attenzione che si spostò dal fastidio delle bende che venivano tolte a loro.

 "Mio re." Dissero all'unisono prima di guardarlo di nuovo negli occhi sorridendogli, Balin piu’ del fratello che con le braccia al petto faceva passare lo sguardo su di lui.
“Ancora per poco però se non si lascia medicare.” Rise scostandosi dall’uscita e muovendosi piu’ al centro della stanza.  Thorin non disse nulla ma per tutta risposta lasciò la testa poggiarsi ancora di piu’ all’indietro respirando piu’ lentamente.

"State bene?" chiese rivolgendogli uno sguardo serio ma pieno di orgoglio, orgoglio non per sé ma per la sua gente.

I due annuirono mentre Òin dal canto suo, provava con gentilezza e cura a togliere tutte le bende dal suo petto.
"Stiamo tutti bene, qualche graffio ma niente che non possa guarire" gli rispose Dwalin girandosi leggermente di spalle permettendogli di vedere un taglio dietro al collo.

"Tu ci hai fatto preoccupare ragazzo.” disse invece Balin mettendosi le mani dietro la schiena e avvicinandosi al capezzale.
 
"Le ferite non sono gravi, ma solo molto dolorose. D’altro canto, sei stato incosciente per molto.”
aggiunse Òin rimuovendo l’ultimo strato di tela sul suo petto. Riuscì finalmente a guardarsi il petto e mordendosi il labbro si rese conto della veridicità delle sue parole. Un taglio enorme gli deturpava il  petto, mentre contusioni viola piu’ grandi di un braccio gli facevano da contorno, senza contare la spalla che a mala pena riusciva a muovere.


"Un taglio da parte a parte ragazzo e due costole rotte, pochi minuti  di indugio e non avresti più respirato, senza contare la spalla slogata". Disse guardandolo per poi sorridere tristemente sotto la barba.
“Ma niente piega un Durin.” aggiunse trionfante con un tono quasi di trionfo, ma lui non si sentiva così trionfante. Il pomo d’Adamo gli si alzo e gli si abbassò mentre cercò di parlare.

"I miei nipoti..."

"Avranno una degna sepoltura, Thorin." lo interruppe Dwalin guardandolo serio e  poggiando una mano sulla spalla di Balin per poi avvicinarsi ancor di più al suo capezzale, mentre Ori non riuscendo a guardarlo in volto, gli annodava l’ultimo giro di bende pulite sul petto.
"Sono morti da eroi e come eroi verranno celebrati." Gli assicurò non riuscendo a controllare ma malinconia che gli fece tremare leggermente la voce.

"Erano dei bravi ragazzi e dei bravi guerrieri, l'intera terra di mezzo dovrà saperlo!" Ruggì mettendosi seduto sul lato del letto ma non potendo sommettere questa volta un gemito di dolore, che però si confuse con il dolore che provava nel profondo del suo petto, un dolore inguaribile.
 
“Thorin fermo per l’amor del cielo…” Bilbo non riuscì a finire la frase che Thorin di tutta risposta si alzò dal letto reggendosi alla colonna di legno accanto al suo letto.
 
"Anche gli elfi lo dovranno sapere, tutti loro!" Ruggì profondamente ansimando mentre la mano lo sorreggeva.

A quelle parole Balin si morse il labbro interno scosso. Suo fratello lo notò, lanciandogli un’occhiata severa, mentre Thorin che non li guardava si dirigeva lentamente verso il tavolo in mezzo alla stanza con i vestiti puliti, trattenuto per un braccio da Òin .
Balin o era, estremamente nervoso, tirato come un filo di un arco. Si dovette mordere  la lingua, non era il momento di rivelare alcuni dettagli, non ora, non ancora, soprattutto per come aveva reagito, non era affatto il momento.

Dwalin nel frattempo porse la camicia blu poggiata su una sedia e Thorin annuì in ringraziamento facendosela passare sopra la testa trattenendo l’ennesimo gemito di dolore,  lasciando fuori solo il braccio con la fasciatura. Un silenzio innaturale gli fece alzare lo sguardo verso i due fratelli ormai davanti a lui e poi verso Òin che non osava guardalo negli occhi mentre velocemente ripuliva il tavolo dove le bende ancora macchiate di sangue erano poste. Qualcosa non tornava un’improvvisa preoccupazione si fece avanti nel suo petto
 
“Cosa non mi dite?”

"I-io credo che sia meglio che vada ad avvertire gli altri del tuo risveglio, saranno felici di vederti." disse Bilbo alzandosi velocemente dallo sgabello su cui si era appollaiato, osservando gli scambi in silenzio. Scappò furtivo dalla tenda senza neanche degnarlo di uno sguardo. Era un Hobbit, doveva occuparsi di cose da hobbit, la politica non era il suo forte nossignore, non voleva averci nulla a che fare. L’importante per lui era solo che il suo amico fosse vivo, il resto poteva aspettare un altro giorno.

Thorin osservò di sottecchi Bilbo uscire dalla tenda, quel comportamento non era da lui nessuno dei comportamenti dei presenti lo era. Qualcosa non andava, lo percepiva, guardò Balin avvicinandosi reggendosi la spalla dolorante

"C'è qualcosa che dovrei sapere?" pausa "Balin?" gli domandò avvicinandosi, e sentendosi chiamato quest'ultimo sospirò e alzò lo sguardo da terra per fissarli nei suoi.
Non era questo il momento non lo era fatto, ma gli occhi del giovane nano non ammettevano repliche o omissioni. Scoraggiato sospirò scuotendo la testa.


"Il clan Nerachiave è venuto in nostro soccorso, negli ultimi istanti della battaglia. Sono stati il motivo della vittoria Thorin."

Thorin si addrizzò di colpo, i Nerachiave, aveva inviato un corvo anche a loro, a Telkar dei Monti Gialli. Aggrottò le sopracciglia confuso ricordando il corno e la giovane donna sul cavallo nero che guidava le truppe naniche. No, no, era certamente una nana, non un’umana, la mente gli deve aver giocato brutti scherzi.
 
“Telkar Nerachiave è qui?”

"Telkar non c'è." Si affrettò a dire Dwalin prima che Balin potesse rispondere. " Ha...mandato un emissario, qualcun altro come comandante delle sue forze e come sua voce di conseguenza" rispose guardando il suo re.
Thorin riuscì a captare un punto di frustrazione nel suo tono. Stava per aggiungere altro,chiedere altro, ma la mano di Dwalin si posò sulla sua spalla.

"Mio re, c'è tempo per tutto, consigli, assemblee e politica. Ma questo momento è solo tuo, va bene…” pausa ”Thorin Scudodiquercia?" Gli chiese guardandolo negli occhi e Thorin annuì mettendogli una mano sulla sua lasciando che le domande si andassero a nascondere nel fondo della sua mente.
"Solo nostro" aggiunse e guardo Dwalin e Balin con un sorriso leggero.
 








Camminò a lungo per il campo di battaglia, aiutava i vari eserciti a caricare i propri morti sui carri. Anche se il dolore al petto non era passato e ogni movimento gli costava uno sforzo disumano, non poteva stare in una tenda a guardare mappe e carte mentre un tale dolore giaceva di fronte alle porte di Erebor. Erebor che ora andava ricostruita, non solo fisicamente ma anche simbolicamente.
Sale, corridoi dovevano diventare nuovamente il rifugio per la sua gente. Il fetido odore di Smaug doveva uscire non solo da quella città ma anche dal suo, dove aveva generato la sua follia. Nessuno, neanche Bilbo disse nulla al nano riguardo agli avvenimenti antecedenti alla battaglia. Non una parola. Nessuno lo ritenne responsabile anche se lui si sentiva in obbligo verso la lealtà che i suoi compagni gli avevano dimostrato, anche quella di Bilbo che alla fine si era dimostrata la più efficace. Ma ogni gesto gli ritornò alla mente, mentre la frenesia l’aveva colto, aveva fatto così tanti errori, così tanti erano morti, per la sua cupidigia, i suoi nipoti erano morti per la sua caparbietà.

I cadaveri degli orchi vennero ammassati su un lato della montagna, nessuno li era venuti a reclamare, perché la loro guerra non c'era mai stata, erano solo pedine su una scacchiera più grande. Man mano gli davano fuoco e il loro odore orrendo si espandeva su tutta la valle.
Gli elfi furono veloci, coprirono i loro carri con veli leggeri mentre alcuni di loro intonavano canti dolorosi e strazianti, anche con quel poco che riuscì a capire, la tristezza gli oscurò il cuore. Molte vite elfiche erano state gettate da un re, che non voleva altro che le sue gemme bianche. Thorin non poteva sapere che non poteva odiare Thranduil come lui odiava sé stesso in quel momento. Ma gli elfi se ne facevano davvero qualcosa del suo rancore? Le ragioni di Thranduil non erano state diverse dalle sue. Tutto questo doveva finire il continuo rinfacciarsi di avvenimenti doveva finire. Kili sarebbe stato d’accordo con lui. Aveva visto a Bosco Atro come guardava quell’ elfa, li aveva sentiti parlare oltre le sbarre, quando pensavano che nessuno li ascoltasse. Gli avevano raccontato cosa aveva fatto per lui a casa dell’Ammazzadraghi, quando persino lui lo aveva abbandonato lei c’era. Se Kili amava davvero quell’ elfa e l’ elfa lo amava a sua volta perché tutto questo?

Gli uomini invece degli elfi erano molto lenti, su ogni cadavere almeno una donna piangeva, figli singhiozzavano tenendo le membra dei loro padri mentre venivano posti sui carri. Una giovane donna si tratteneva il grembo mentre teneva la mano di un uomo sul campo di battaglia. A quelle scene Thorin non si sarebbe mai abituato.
Nani dai Monti Ferrosi e dei Monti Gialli si aiutavano a vicenda a montare le grandi pire nel mezzo della valle, ma del consigliere di Telkar c’era traccia. Non che non avesse provato a richiedere la sua presenza piu’ volte, ma ogni volta che chiedeva Balin ma anche a qualsiasi altro, sviavano il discorso.
I nani, così come lui, si dimostrarono orgogliosi anche nel loro dolore. Non piangevano, non cantavano, non un suono usciva dalle loro bocche, ma come fece Thorin guardando le salme di Kili e Fili sulle tavole di marmo all'interno dell'androne palazzo, piansero lacrime invisibili e silenziose all'ombra della montagna.

La cerimonia funebre fu veloce, troppo veloce, come se tutti volessero dimenticare, volessero svegliarsi.
Avvenne la sera stessa della fine della battaglia, pire per i caduti furono allestite tra Dale e la Montagna, uomini e nani posto alle due estremità del campo di battaglia guardavano silenziosi l’accensione delle pire. Il silenzio regnava per la valle, niente se non il rumore del corno rimbombava pesante come un macigno dello spazio, come un tuono prima di una tempesta.   
 
Thorin si trovava in cima alla balconata di Erebor con la corona in testa e intorno tutta la sua compagnia, che si era stretta in un silenzio tombale guardando i corpi dall’alto di Fili e Kili che venivano lentamente tramutati in polvere. Con ogni fiammata che si alzava, un pezzo di lui veniva portato via, ogni fiammata che si alzava era un monito, un monito per non far più’ riaccadere quello che era successo. Con forza strinse il reggipetto della balconata, digrignando i denti. Non lo avrebbe piu’ permesso, mai piu’.
Gandalf al lato della balconata lontano dalla compagnia, con accanto solo Bilbo, sussurrava parole antiche, tristi, ma piene di significato, che avrebbero accompagnato i caduti e purificato i loro spiriti.
Con gli elfi già via, ebbe l'onere di sporgersi dal dorso del balcone leggermente e cominciare il canto funebre che avrebbe portato le anime di tutti loro nelle Aule di Mandos, con i loro padri. Bilbo osservava Thorin, come le sue mani fossero diventate bianco allo stringere del marmo, anche se lo stava nascondendo, anche se con poco successo, sapeva che qualcosa gli si muoveva nella testa. Sapeva che qualcosa si era irrimediabilmente spezzato, non aveva richiesto l’Arkengemma, non era tornato nella sala del tesoro neanche una volta dopoché si era ridestato. Osservò il suo viso statico, non un’ emozione lasciava trasparire, se non lo avesse conosciuto avrebbe detto che era rimasto il Thorin che lo stava per buttare giù dal bastione, ma la sua voce lo tradiva, piu’ roca, piu’ lenta di quella che non fosse già.   
Durante quel canto percepì, silenziosa e invisibile, il dolore di tutti i suoi compagni sulla schiena, pesante come un macigno.
Bofur stringeva la spalla a Bifur mentre quest’ultimo sospirava profondamente osservando il fumo salire alto. Ori, così giovane e con il carattere così poco temprato da perdite lasciò che delle silenziose lacrime gli attraversassero il suo viso, mentre i suoi fratelli lo guardavano rattristati standogli piu’ accanto possibile, si ritrovarono tutti e tre a pensare la stessa cosa,  
Le parole di Thorin erano intonate e andavano a tempo con il vento leggero delle prime ore della sera. I suoi occhi fisse sulle pire dei suoi eredi, a cui aveva fatto patire il suo onere in egual misura a quello che appesantiva lui. 
Come successe quando sconfisse Il Profanatore, il suo sguardo si mosse verso una figura in lontananza, lontana da tutti che osservava la scena, giù nella valle, una figura con un lungo vestito nero. La vide voltando solo leggermente la testa per guardare l’orizzonte mentre il suo canto continuava e si volgeva al termine.  Non riusciva, così come sulla torre quella mattina, a definire i suoi lineamenti, o la sua razza, ma era lei, era sicuro fosse lei.
Voltò lo sguardo solo pochi attimi di nuovo verso le pire e in quel frangente la figura era sparita, di nuovo.
Finì il canto e rimase in silenzio alcuni minuti sentendo gli altri nani dietro di lui silenziosamente lasciare la balconata. Le pire continuavano a bruciare, e il suo sguardo per quanto ci provasse non riuscì a staccarsi da essere.

“Sarebbero fieri di te Thorin, hai riconquistato la loro casa. Non volertene.” Bilbo si avvinò a lui silenziosamente e con riguardo. Aveva sempre considerato il suo tatto eccessivo, ma in quel momento gli sembrò la cosa piu’ opportuna.
 
“Ora tu tornerai a casa, non è così mastro Baggins?” gli chiese voltando leggermente la testa verso di lui scostandosi leggermente dalla balconata, allentando la presa sulla pietra.
“Ai tuoi libri, alla tua poltrona, al tuo giardino.” Il sorriso di Bilbo si fece triste, mentre tirando su col naso guardò altrove, come se lo avesse messo a disagio.
“Sono quasi tentato di non lasciarti andare via Mastro Scassinatore.”
 
Quella non era casa di Bilbo.
Era profondamente triste di fronte a quella realtà, lo aveva accompagnato durante il suo viaggio, senza pretendere nulla in cambio. E lui cosa gli aveva dato? Nient’altro che disprezzo e sospetto.  quella non era casa sua, per tutto il viaggio lo aveva fatto quasi impazzire con i suoi continui lamenti. Lo aveva odiato profondamente, perché Bilbo aveva ciò che a lui era stato tolto. I libri per lui erano la forgia, il suo giardino, i corridoi immessi nella montagna, la sua poltrona, il suo trono.  

“Ma so anche che questa non è casa tua.”  Bilbo si voltò verso di lui con un sorriso triste e gli occhi quasi lucidi; mentre come aveva già ben visto durante questi mesi, quando era nervoso, si dondolava sui piedi.
 
“Pianterò il mio albero” disse tristemente e annuendo con la testa ” e sotto di esso, mi ricorderò di voi… di tutti voi…di te…Thorin, tu, tutti voi, io…” Scosse la testa affranto prima di prendere fiato e puntare gli occhi nei suoi “quello che sto cercando di dirti è che io… Io non vi dimenticherò mai.”
 
Quelle parole furono come una carezza gentile nell’animo di Thorin. Non seppe cosa provò esattamente, ma la gentilezza dello hobbit la sua fedeltà gli rubarono un sorriso triste.
Neanche noi gli avrebbe voluto rispondere, ma il suo orgoglio ebbe la meglio ancora una volta. Bilbo, ringraziando Aulë, sembrò capire infatti annuì di rimando sorridendo.
 
“La mia avventura è finita, sissignore.” Disse dondolandosi sui talloni e guardando in basso non sorreggendo lo sguardo del re “Ma mi porterò dietro tutti voi, ci sarà sempre un posto per dei nani a casa Beggins”. Disse guardando finalmente Thorin negli occhi sorridendogli.


Thorin ridacchio con le labbra chiuse e annui allo hobbit mentre guardava l’orizzonte.
“E ci sarà sempre un posto nel regno di Durin per un hobbit” ammise Thorin e in amicizia si voltò e lo strinse sorridendo in modo malinconico “Sei parte della famiglia Bilbo.” Gli sussurrò allontanandosi e mettendogli una mano sulla spalla mentre lo hobbit annui tristemente guardando verso il basso.

“Partirò all’alba, la strada è lunga e Gandalf mi accompagnerà, almeno per un tratto si spera” disse verso Thorin “Saluterò gli altri domani, tu invece suppongo avrai da fare, Re Sotto la montagna.” Gli sorrise e fece un breve inchino, maldestro, poco regale, un inchino da Hobbit che fece sorridere il re ancora di più mentre le pire illuminavano la montagna.
 








La mattina dopo si svegliò molto tardi , ma dopo mesi si risvegliò in un letto, il suo letto.
Non aveva dormito sogni tranquilli, la ferita sul petto gli doleva, ogni movimento che compiva era una fitta e i suoi incubi non avevano certo aiutato.
Visioni di oro e fuoco avevano ossessionato la sua mente, aveva sperato che con la ripresa di Erebor gli incubi lo avrebbero lasciato in pace, ma non era stato così, per tutta la notte lo avevano assillato, facendolo piu’ volte svegliare bagnato di sudore e ansimante.
Si mise lentamente seduto sul letto con il viso tra le mani facendo dei lunghi respiri e passandosi poi entrambe le mani nei capelli alzandosi, con tale velocità che una fitta terribile alla spalla lo fece spostare in avanti.
 
Drack!” ruggì dal dolore tenendosi con una mano sul muro e un'altra la fasciatura intorno al petto. Così non avrebbe risolto nulla, avrebbe dovuto dare retta a Bilbo e rimanere a letto. Maledizione a sé stesso e alla sua testardaggine. Ansimante si dirette verso lo specchio e con un gemito si tirò dritto osservando il petto nudo coperto solo dall’enorme fasciatura. La slegò lentamente, con cautela, facendo dei grandi respiri ogni volta che sentiva una piccola fitta. Le bende non erano macchiate di sangue e questo era un bene, la medicazione non si era mossa. Con fatica fece fare un ultimo giro alla fasciatura e si avvicinò allo specchio. La ferita non era ancora chiusa del tutto, ma non secerneva liquidi, era pulita, gli ematomi però, sulla spalla e sulle costole erano viola e ben evidenti. Capì il motivo di tanto supplizio mentre si rigirava nel letto, piu si muoveva, piu’ quel dolore non avrebbe avuto fine.
Si avvicinò a passi decisi verso la cassettiera al suo letto e ne tirò fuori una benda pulita. Non si sarebbe rifasciato tutto il petto, non ne aveva intenzione alcuna. Lo avrebbe solo rallentato e appesantito, annodò i due capi esteri creando un cerchio con la stoffa, per poi passarselo dietro al collo e sotto l’avambraccio come sostegno per la spalla dolorante. Ora arrivava il difficile, vestirsi senza rovinare tutto. Indossare una camicia non gli sembrò mai cosi complesso, mentre indossare le brache gli costo due gemiti di dolore e il doppio di imprecazioni.
 
Alzò poi  lo sguardo verso le pareti, ornate di fregi dorati incastrati nella pietra, non si era fermato ad osservarle la notte prima, prima di addormentarsi, e avrebbe dovuto, così tanti ricordi gli tornarono alla mente.
Le antiche camere reali erano state la sera prima illuminate permettendo al giovane re di risiedere nelle stanze dei suoi padri.
L’aria era pesante, sentiva già il peso della sua razza sulle sue spalle, già il peso dell’essere re, per essere chi era sempre stato destinato ad essere.
Scese le lunghe scale dopo aver indossato il lungo mantello e la corona. Mentre camminava per i corridoi che lo dovevano portare giù verso l’androne principale di Erebor si guardava intorno, con aria incredula mentre le prime fiaccole illuminavano finalmente le sale della montagna e i ricordi gli passarono alla mente. La sua vita prima del crollo del suo mondo era diversa, molto diversa, ora la luce del fuoco doveva riprendere non solo il palazzo ma anche l’animo indurito di Thorin.

Scese la ultima rampa di scale approdando al lato della sala principale. Nell’androne del palazzo, sopra il pavimento d’oro erano state montate tende momentanee per i nani della compagnia. La sala era ghermita di nani che trasportavano travi, pietre e lanterne. La rinascita della città dei nani era cominciata. Non riuscì a nascondere un sorriso alla vista  ghermita di nani. Aveva così tanto desiderato questo momento che piede oltre la scala tutti i nani intorno a lui si fermarono e lo guardarono, per poi lentamente mettersi una mano sul cuore per rispetto. Thorin guardò verso di loro annuendo per poi cercare Balin con lo sguardo schivando i nani operosi, facendo cenni con il capo a risposta di “Salute re Thorin” o “Mio re”.
Arrivò fin quasi all’uscita di Erebor prima di trovare Balin che in mezzo all’enorme corridoio guardava su dando indicazioni a Bifur che insieme a Nori, legati con delle corde trattenuti da Glòin e Bofur, stavano cercando di riposizionare lo stemma di Durin sopra l’arcata dell’entrata. Thorin si avvicinò da dietro al vecchio nano, mentre questo era distratto e si schiarì la gola, facendo sobbalzare Balin.

“Oh, mio caro ragazzo! Felice di vedere che tu ti sia svegliato, stavo per farti mandare a chiamare.” disse girandosi verso Thorin per poi riguardare su’ dando delle indicazioni.

“Non sono piu’ giovane come allora, come l’ultima volta che siamo stati in queste sale.” Storse la bocca leggermente affiancandosi a Balin che non staccava gli occhi da. “E non ho dormito sogni tranquilli.” Aggiunse serio lanciando un’occhiata verso il vecchio nano che annuì serio.
“Ancora quegli incubi?” Annuì evitando lo sguardo preoccupato dell’anziano nano accanto a lui. Si preoccupava troppo, lo aveva sempre fatto. “Sto bene Balin.” Gli disse secco, non volendo approfondire l’argomento, che poi sarebbe comunque arrivato a toccare dei punti dolenti per entrambi.
Balin sospirò scuotendo la testa, non tornando sull’argomento ma lanciando un’occhiata verso le sue spalle.
“In ogni caso sei in perfetto orario, tra un paio d’ore comincerà il consiglio per gli accordi ragazzo.” Thorin si girò verso dove aveva guardato il nano di fronte a lui, verso la porta che si trovava a diversi metri sopra le loro teste.   

“Potrebbe essere piena di sorprese” sussurrò sperando che Thorin non lo sentisse, ma lui lo sentì e bene anche. “Il tuo primo evento politico come Re Sotto la Montagna!” aggiunse come per cancellare l’affermazione di prima in modo frettoloso mentre Thorin sospirò guardando il tavolo girando leggermente la testa.
“Spero di essere un buon re come mi hai insegnato” disse no staccando gli occhi dall’enorme sedia che sovrastava per altezza le altre intorno al tavolo.

“Lo sarai giovane lo sarai” annuì Balin e Thorin sospirò scuotendo la testa, arrendendosi, avevano la fiducia in lui, quando lui stesso non aveva in quel momento.

Nelle ore seguenti, l’intero androne era stato ripulito, i nani non indispensabili all’consiglio erano stati mandati all’esterno a riparare i danni dovuti da Smaug mentre molti altri erano stati mandati come emissari fuori dai confini di Erebor, per far tornare a casa i nani rimasti sparsi nelle Terre Selvagge e nei luoghi piu’ remoti della Terra di Mezzo.
Nella sala del consiglio faceva da fulcro un enorme tavolo di granito verde, venuto fuori dalla roccia, grandi sedie erano poste intorno ad esso ,e  mentre la sala si riempiva volti di nani che erano lì per sentire il volere del re, e il re era lì per sentire il volere dei loro portavoce.
Guardò la sala mentre i suoi compagni intimoriti si misero infondo ad essa con la schiena poggiate sulle enormi colonne verdi scure, solo Balin osò avvicinarsi di piu’ verso il tavolo e annuì al re guardando giù brevemente in segno di rispetto.
Thorin poggio una mano sul tavolo facendola scorrere per tutta la sua lunghezza, lì per molto tempo erano state prese le piu’ grandi decisioni dei suoi padri, quel tavolo e quella sala erano seconde solo alla sala del trono per importanza nel cuore di Thorin.
Un soffio gelido che arrivò da infondo alla sala che gli fece guizzare lo sguardo verso l’enorme porta che si spalancava
Thranduil, insieme a due guardie Elfiche, oltrepassò la soia della sala, con le mani incrociate dietro la schiena e lanciando occhiate verso ogni angolo della stanza girando con il lungo collo la testa.  Per quanto si fosse ripromesso di rimanere diplomatico, non riuscì a controllare le sue emozioni,  digrignò i denti, odiava anche solo vederlo nelle sacre stanze ma gli doveva molto, glielo doveva alla sua gente e ai caduti che Thranduil aveva mandato al macello per i suoi affari personali. Ma lui era stato forse diverso?
 Per quanto gli fosse difficile ammetterlo, senza l’aiuto degli elfi, anche se circostanziale, e dei loro archi, la battaglia sarebbe stata perduta.
Il lungo mantello verde strusciava per terra nel silenzio generale e mentre si avvicinava verso il tavolo e fece un lieve inchino che Thorin percepì fu fatto solo per dovere, non per lealtà.

“Re sotto la montagna” disse mentre rialzava leggermente il capo “Spero che la mia permanenza in questa sala non sia motivo di agitazione nei tuoi sudditi, come vedi ho solo due guardie con me” aggiunse tirandosi su con la schiena e guardando verso i nani intorno alla sala, che tenevano fermamente le mani sulle loro asce e spade legati alla cintura.

Thorin lanciò un’occhiata all’elfo e gli indico la sua sedia “Hai così poca fiducia in me, Thranduil?” chiese guardandolo di sottecchi, tenendosi la spalla sotto l’enorme mantello di pelliccia, ricevendo un’occhiata sinistra da Balin che disapprovò la sua affermazione mentre Bofur scuoteva la testa guardando Thorin, consapevole che certe cose non sarebbero mai cambiate molto probabilmente. Ci si ritrovò a pensare in maniera malinconica sperando invece in un possibile rappacificamento tra due razze che fin troppo a lungo avevano lottato troppo.
Thranduil  ghignò avvicinandosi alla sua destra lentamente. “Re Sotto la Montagna, potrei porti la stessa domanda.” E lanciandogli un’ultima occhiata si sedette lentamente accanto a lui ringraziò incrociando le gambe facendo segno alle sue guardie di mettersi dietro di lui.

Durante il piccolo dibattito Bard era entrato, non scortato, da solo, guardandosi intorno alla sala con occhi spalancati, osservando le gigantesche mura verdi che circondavano la sala. Thorin non disse niente mentre lo osservava, non potendo capire cosa provasse un umano di fronte alla grandezza di Erebor, probabilmente una emozione che si prova una volta nella vita. Bard guardò poi verso Thorin e con la testa guardò verso il basso verso il pavimento senza dire nulla. A quest’ultimo, Thorin, senza dire una parola indicò solo la sedia accanto a quella di Thranduil. Non era sicuro di entrambi, ma nessuno ci sarebbe riuscito stando al suo posto, dopo tutto quello che era accaduto solo a pochi metri da quelle sale.
Il suo sguardo si posava prima su uno e poi sull’altro fino a che la porta in fondo alla sala venne aperta facendo un frastuono che rimbombò per alcuni minuti dentro tutta Erebor.
Dain con i suoi guerrieri entrò nella sala allargando le braccia guardando il cugino.
Melhekhul!” urlò in modo fiero facendo un inchino fin troppo teatrale, e ridendo si avvicinò entusiasta a Thorin stringendolo in una stretta fraterna.

“La corona ti dona cugino.” Disse avvicinandosi a scrutandolo dall’alto in basso strappando a Thorin un leggero sorriso. Si soffermò sul mantello blu e gli diede una pacca sulla spalla. “I mantelli pomposi un po' meno, ma mi ci potrò abituare” rise e poi si girò verso Thranduil e Bard “Oh guarda chi abbiamo qui un piccolo elfo dei boschi e l’ucciso di draghi!” Sghignazzò poggiando entrambi i pugni sul banco scatenando occhiataccia di Thranduil. “Decine di nani sono morti per i vostri insulsi giochetti, voi makk an E ha’- “

“Dàin!” Ruggì Thorin “No.” Asserì Thorin assottigliando lo sguardo poggiando le mani sul tavolo guardandolo. “Mi hai capito cugino?” Gli chiese ancora fulminando Dàin con uno sguardo che non ammetteva repliche mentre. L’altro annuì mettendosi seduto accanto a Thorin che nel frattempo dovette resistere a qualsiasi impulso di sguainare la Fendi Orchi legata alla sua cinta.

“Si, cug- mio re” si corresse guardando Thorin che ancora in piedi lo sovrastava. Lentamente si sedette al suo posto a capotavola del consiglio poggiando la schiena sull’enorme schienale in pietra. Spostando gli occhi duri da Dàin verso Dwalin che crucciato dall’avvenimento era vicino alle porte.

“Il consigliere di Telkar Nerachiave e i suoi uomini, dove sono?” chiese Thorin spazientito dopo lo scontro dei due seduti al suo fianco. Serrò la mascella, mentre Dwalin scuoteva la testa guardando la porta chiusa in confusione mentre il silenzio aleggiava nella sala. A romperlo una leggera risata di Thranduil, quasi uno sghignazzo che fece girare Thorin confuso e spazientito.

“Qualcosa che vi turba?” chiese Thorin mentre le vene vicino al suo collo si allargavano, spazientito. Una risata di un elfo rivolta a lui no, poteva accettare tutto ma essere sminuito per la sua intelligenza da un elfo no.

“Consigliere?” chiese guardando di sottecchi il re dei nani “Mithrandir ti ha detto che era un consigliere? O meglio i tuoi compagni te lo hanno riferito?” disse girando di nuovo il suo lungo collo verso il re poggiando la sua testa sulla mano poggiata al bracciolo. “Il vostro caro cugino? Anche lui ha usato questo termine?” chiese nuovamente Thranduil ghignando.

Thorin guardò prima Balin che velocemente abbassò lo sguardo e poi Dàin che si strinse nella sua sedia tenendo la sua ascia con entrambe le mani ferma sulle sue gambe facendo diventare i suoi occhi due fessure.
“Un abominio che non avrebbe neanche il diritto di entrare in queste sacre sale.” Ringhiò serrando la mascella continuando a non guardare Thorin. “Sangue fetido e marcio” aggiunse continuando a non guardare verso Thorin. Bofur velocemente si avvicinò a Thorin che non poteva notare gli sguardi colpevoli dei suoi compagni intorno alla sala, come loro non potevano notare il suo mentre la collera montava.

“Thorin, no…”  Bofur non fece in tempo a mettersi accanto al re e a finire la frase che le porte infondo alla sala si aprirono e da queste entrarono una decina di nani seguiti da qualcosa che Thorin non avrebbe mai neanche pensato o potuto immaginare nelle sue notti piu’ buie.
Un bisbigliare faceva da sottofondo mentre una ragazza alta poco meno di lui avanzava guardando di fronte a sé. Un lungo vestito di diverse sfumature di verde, scuro come il marmo di Erebor, avanzò nella sala. Una placca di ferro le cingeva la vita, intarsiata con piccoli disegni geometrici bronzei e argentei. Le spalle scoperte mostravano una fila di rune naniche tatuate partire dal polso per finire verso la spalla da dove cominciavo le lunghe maniche aperte del vestito. Orecchie leggermente a punta erano visibili da dietro i lunghi capelli bruni e mossi intrecciati, ma lasciati sciolti.  Thorin apri leggermente la bocca con centinaia di quesiti nella mente mentre i bisbigli diventano silenti nelle sue orecchie. Osservò senza muovere un singolo muscolo la ragazza fare un lungo inchino guardandolo dritto negli occhi con i due pozzi scuri.

“Ghìda, figlia di Telkar mio signore” disse la ragazza con tono marcato “Melhekhel” aggiunse rialzandosi lentamente. In quell’esatto momento Thorin posò lo sguardo vicino alla vita della ragazza, spalancò ancora di piu’ poggiando una mano sul tavolo che nel frattempo era diventata bianca per quanto stretta.
Un corno bianco.
Era lei.







Drack=Cazzo (Cavolo)
Melhekhel=Mio re
Melhekhul=Mio signore






 





Angolo Autrice
Ecco il primo lungo e pieno capitolo. Ho dovuto trattare diversi elementi, diverse parentesi che dovevano essere chiuse dal canon e non è stato semplice devo dire. Ho soprattutto cercato di includere piu' nani possibili, o almeno quelli che sicuro nel canon rimarranno a Erebor. Ho cercato anche di far rimanere il più possibile Thorin fedele all'originale del film. Mi scuso per la descrizione finale un po' fuori luogo, ma le presentazioni di nuovi personaggi non mi riescono mai particolarmente bene. Vi prego ditemi cosa ne pensante e soprattutto se pensate ci siano dei difetti gravi che potranno essere corretti nel corso dei capitoli, soprattutto a livello di personaggi e di caratterizzazione. Al prossimo capitolo. :)
 

 

 
   
 
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