Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Ang_V97    07/04/2020    0 recensioni
Dal testo: ".. meglio tenere tutto a portata di mano. Anche perché quel dannato nodo alla bocca dello stomaco non voleva passare e si sentiva fin troppo nervosa e scettica nel pensare che quella scossa fosse solo una semplice scossa."
Una famiglia non convenzionale, una macchina e l'attraversare il Paese per riuscire a salvarsi da quella che sembra essere una catastrofe mondiale.
Forse i Maya avevano solo sbagliato data.
Genere: Generale, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Hope?! Hope come stai? Rispondimi... Hope!» Sebastian era terrorizzato: la scossa, ch'era durata una quindicina di secondi, aveva fatto saltare la luce e alcuni pezzi di intonaco dal soffitto. «Mer... stai bene? Mer?» Prima ancora che la sorella gli rispondesse Sebastian l'aveva sentita tossire, come a schiarirsi la voce dopo aver rischiato di strozzarsi con qualcosa che va di traverso in gola, probabilmente aveva inalato un po' di polvere. «S-Seb... Sto bene, mi fa solo un po' male la testa. Tu stai bene?» Più lei parlava più lui si sentiva tranquillo, anche se notò che la sorella biascicava. Era nascosto sotto al grande tavolo da pranzo mentre la casa attorno a lui crollava e così, non appena ebbe sentito la voce della sorella, uscì dal riparo dirigendosi verso di lei; quando dopo pochi istanti ebbe percorso la breve distanza tra la cucina e il divano si rese conto che un pezzo del soffitto, seppur piccolo, era caduto proprio di fianco al bracciolo del divano, dal lato in cui Mer era seduta con i bambini. «Io sto bene. Ehi, ma i bambini? Dove sono? Su ragazzi, venite fuori vi prego...» Stando in piedi davanti alla sorella, leggermente curvo verso di lei e con le braccia pronte a proteggerla da eventuali crolli, cercava con lo sguardo i tre bambini ma solo i capelli neri di Lucas spiccarono a gli occhi del ventottenne. «Sono sotto al tavolino, stanno bene. E anche Luke. Seb, dov'è Hope?» Meredith sembrava tranquilla e per niente terrorizzata dal fatto che un'enorme maceria caduta dal soffitto a causa di un terremoto le avesse quasi spaccato la testa, era solo contenta per aver protetto un bambino con il suo corpo ed essere riuscita a mandare altri due bambini sotto al tavolino in tempo. «Hope... Lei è di sotto. Ora vado a controllare ma voi quattro dovete uscire da qui. Meredith ma tu sanguini. Oddio. Ora vi porto via da qui, subito.» Non le permise nemmeno di obbiettare che già l'aveva presa per un braccio, anche se lei protestava Seb la tenne stretta fra le braccia fino a quando non la mise fuori alla porta dell'ingresso; poi fece lo stesso con tutti e tre i bambini, i quali erano finalmente usciti dal loro nascondiglio sicuro. «Prendete le borse e mettetele in auto, io e Hope arriviamo subito.» Sicuro di sé e del fatto che tutto stesse andando bene, ecco come voleva e doveva apparire per non far andare in panico i tre bambini. Meredith non protestò per niente, anzi incoraggiò i tre fratellini a stare tranquilli e a seguire le istruzioni sue e del fratello maggiore.
Appena furono usciti dalla porta d'ingresso oltre le scale della piccola ma graziosa veranda c'erano due donne che sembravano conoscere abbastanza bene Nick e i suoi fratelli. «Lola, Ginny! State bene anche voi allora, meno male.» Lexi lasciò la mano del fratello maggiore per dirigersi correndo verso le due donne e in quel momento Ginevra lasciò la mano della sua compagna per poter prendere in braccio la piccola Alexis e darle un tenero bacio sulla guancia. Alla vista di quella scena Meredith si bloccò per qualche secondo, non avendo idea di cosa fare o come comportarsi: i bambini conoscevano le due donne, questo era chiaro, ma erano persone affidabili? Poteva lasciare la piccola Lexi tra le braccia di Ginny? Se fosse successo qualcosa a quella piccola creatura non avrebbe avuto scuse poiché era stata lei ad avere l'incarico di badare ai tre bambini e sempre lei a lasciare che Alexis stesse con quella che per lei era una sconosciuta. «Tranquilla Mer, Ginny è la nostra vicina. È simpatica ed io mi fido a lasciare Lexi con lei.» La ragazza rimase positivamente stupita dalle parole del bambino, ma si rese presto conto che aveva percepito il suo nervosismo dalla presa della mano, decisamente più stretta di pochi istanti prima, cosa che segnalò il suo essere tesa e nervosa. Inoltre Meredith aveva capito fin da subito che Nicholas non avrebbe mai permesso alla sua sorellina, tanto amata, di avvicinarsi a qualcuno di cui non si fidava e il suo istinto era buono, almeno per ciò che aveva visto. «Ciao, piacere. Io sono Meredith.» Un sorriso accennato e un lieve gesto con la mano, ecco cosa ottennero le due vicine di casa come presentazione dalla diciassettenne. «Lexi perché non prendi la borsa e fai come ha detto mio fratello? Anche tu Luke, e Nick badi tu che mettano le borse nel portabagagli? Ci sono già anche le nostre. Io torno tra un secondo.» Aveva appena messo giù Lucas e aveva rivolto a tutti e tre un sorriso dolce quando si rese conto che suo fratello e sua cognata tardavano ad arrivare. Cercando di evitare che Luke e gli altri si preoccupassero troppo decise di andare a dare un'occhiata all'interno della casa prima che chiunque potesse fare una qualche domanda inopportuna. «Scusate se ve lo chiedo ma... potreste dare un'occhiata ai bambini? Ci metto davvero pochissimo.» Lo sguardo freddo e distaccato che aveva rivolto alle due donne appena conosciute venne trasformato in uno più umile, umano, quasi a volerle supplicare di darle una mano cosicché i tre marmocchi davanti a loro non venissero investiti da un'onda di paura e senso di solitudine. «Ci pensiamo noi, tranquilla, vai pure. Ma tu cerca di medicare quella ferita.» La ferita alla testa; Meredith l'aveva quasi dimenticata tanti erano i pensieri che le passarono per la testa. Ad ogni modo, sapeva che l'unica cosa da fare in quel momento era rientrare in casa e capire che razza di fine avesse fatto Seb. Così lasciò i bambini a Lola e Ginny, le quali erano così tranquille e sorridenti che sembrava quasi che non fosse accaduto nulla, come se quella fosse una normale serata da passare fuori con gli amici e non la sera in cui le peggiori calamità naturali stavano letteralmente distruggendo il pianeta intero.
Mer ci mise davvero pochi istanti a girare i tacchi per tornare in casa ma a bloccare il movimento quasi meccanico delle sue gambe fu la vista, non appena fu sul ciglio della porta, di quel soggiorno totalmente devastato e distrutto che sembrava essere scoppiata una bomba. Si chiese, in quel momento, come avesse fatto a sopravvivere al macigno che l'aveva quasi uccisa; i ricordi erano un po' confusi e la testa le faceva ancora male, quindi non riusciva nemmeno a ragionare lucidamente. «Seb sei ancora qui? Mi senti? Seb...» Dieci secondi. Erano passati dieci secondi da quando era riuscita ad entrare in casa, dieci secondi da quando aveva iniziato ad urlare il nome del fratello e non aveva ricevuto risposta alcuna. Dieci secondi di puro panico. «Mer? Che ci fai qui dentro? Esci. Subito. Da. Qui.» Ogni parola scandita perfettamente, impartite come fossero un ordine dato da un generale ai suoi subordinati; l'ordine più bello che le fosse mai stato impartito. «Oh meno male, sei vivo. Ma che cazzo stai combinando e dove cazzo sei?» «Ehi mostriciattolo, modera il linguaggio. Sono qui sotto, in cantina. Le scale sono crollate a metà e sto cercando di scendere per salvare Hope. Ha la gamba bloccata e non riesce a muoversi.» Con passo veloce ma cauto la giovane Meredith si era avvicinata alla porta della cantina, osservando suo fratello che cercava di scendere di sotto e sua cognata, della quale si vedeva solo mezzo busto, incastrata tra diverse macerie. «Se tuo fratello mi ascoltasse sarebbe più facile e meno rischioso! Mer ma... Nick, Luke e Lexi dove sono?! Ti prego dimmi che stanno bene...» Hope aveva improvvisamente cambiato tono di voce, passando da esasperata e dolorante a isterica e preoccupata, quasi supplicante. Non si sarebbe mai perdonata se uno dei suoi nipoti si fosse fatto male, o peggio. «Tranquilla Hope, sono fuori con le tue vicine: Lola e Ginny. Ho fatto male? Vado subito da loro se vuoi!» Anche la ragazza aveva il tono della preoccupazione nella voce, si sentiva pur sempre responsabile di quei tre marmocchi. Hope, in ogni caso, le disse che non c'era da temere e che anzi aveva fatto bene; soprattutto le serviva una mano a convincere Sebastian a passare per l'entrata del garage, quindi nel viottolo esterno della casa, e tirarla fuori. «No, è pericoloso. Se nel tirare su la saracinesca uno dei barili di benzina si aprisse o esplodesse? Sarebbe pericoloso. Il tutto qui è riuscire a scendere senza fratturarmi una gamba.» «Bene, per te sarà anche scendere qui giù il problema, ma per me è uscirne. Ho la gamba che a stento me la sento, non è fratturata ma sicuramente è lesionata. E poi Seb... esplodere? Ma come? Mica aprirai il garage con un lanciafiamme! Smettila di fare il bambino capriccioso e tirami fuori di qui, subito!» Il ventisettenne rimase senza parole: un po' perché non era abituato a sentirla urlare e impartire ordini, ma in gran parte restò ammaliato dal modo in cui con poche parole era riuscita a districare ogni suo dubbio o paura dandogli la forza di rischiare e salvarla; seppur fosse innamorato di lei da ormai sette anni in quel momento si sentì più preso che mai. Quando si alzò all'in piedi indicò a sua sorella alcuni oggetti come torce e piccole cassette di ferro sul bancone della cucina e le chiese se poteva riporre tutto in uno dei borsoni che avevano preparato e messo in auto cosicché lui potesse andare, con una chiave inglese e un crick, ad aprire la porta che circoscriveva la cantina.
«Non ti sei ancora medicata la ferita? Se vuoi ti do una mano. Meredith, giusto?» Lola, dai lunghi capelli rossi, rasati solo da un lato, con più di un tattoo colorato sul corpo e diversi piercing messi sparsi sul corpo e sul viso; la tipica punk rocker insomma! «Tranquilla, è solo un graffio. Voglio prima accertarmi che Seb stia bene. Seb è-» La interruppe prima che potesse terminare la frase, rivolgendole un sorriso dolce e caloroso, probabilmente per tranquillizzarla. «Tuo fratello. Lo so, o meglio l'ho immaginato. E me lo ha detto Luke.» Una risatina sottile e leggera uscì dalle labbra della donna, la quale però non riuscì a coinvolgere l'adolescente troppo tesa e distratta da tutt'altri pensieri per concedersi una sana risata; infatti con educazione e gentilezza si congedò dalla nuova conoscenza per recarsi sul retro della casa, dove trovò oltre suo fratello anche i tre bambini proprietari della casa stessa. «Mer!! Ora Seb salva zia Hope e poi andiamo via lo sai?» «Sì Luke, lo avevo immaginato.» Cercando di sforzarsi il più possibile nel rivolgere al bambino un sorriso tranquillo e sincero la ragazza lo prese in braccio dandogli un bacio sulla paffuta e rosea guancia mentre gli altri due bambini le si attaccarono alle gambe come se avessero paura di perdere tutto ciò che avevano. E come dar loro torto, pensò Meredith mentre, con fare dolce e quasi materno, accarezzava le testoline dei due bambini che si tenevano stretti a lei; aveva avuto paura lei in primis quando per quella manciata di secondi non aveva avuto la certezza che suo fratello stesse bene, figuriamoci come potevano sentirsi tre bambini così piccoli che stavano ancora cercando di superare il lutto per entrambi i genitori: Hope è tutto per loro e sperava davvero che filasse tutto per il verso giusto. «Seb è un vero eroe, quindi riuscirà a tirar via Hope da lì e tutto andrà benissimo; ve lo prometto.» Non seppe ammettere nemmeno con se stessa se quelle parole le disse per incoraggiare e calmare i piccoli o per far avere l'effetto appena descritto su di sé. L'unica cosa che ammise e che voleva ammettere perché ne era felice era che suo fratello, il suo fantastico e amato fratello era innamorato di quella ragazza e in fondo ne era felice perché aveva percepito lo stesso sentimento da lei.
«Okay.. al mio tre. Pronta? Uno… due… Tre.» La porta fu aperta e tanta polvere si alzò in aria facendo chiudere repentinamente gli occhi a tutti i presenti sul luogo, in special modo la coppia di fidanzati. «Tutto okay baby? Ora ti tiro fuori.» Come un cavaliere dalla scintillante armatura si fa largo nella foresta tra liane e rami, così Sebastian tirò via uno dopo l'altro tutte le macerie piccole o grandi che fossero così da crearsi un passaggio che lo portassero dritto fino alla sua dolce metà. La povera Hope tirò un sospiro di sollievo quando, oltre a Seb, intravide abbastanza chiaramente le figure esili e sfuggenti dei suoi tre nipoti; potersi accertare che stessero davvero bene e che si stavano quasi divertendo ebbe un effetto straordinariamente benefico sulla ragazza, la quale si sentì come rigenerata di forze nuove tanto che, appena Seb ebbe rotto la maceria che le bloccava la gamba, subito scattò in piedi come nulla fosse. Ovviamente dovette immediatamente appoggiarsi al suo ragazzo poiché la caviglia era slogata e gonfia, ma ciononostante si sentiva fiduciosa del fatto che presto quella orribile sensazione alla bocca dello stomaco sarebbe sparita e tutto sarebbe tornato alla normalità. Presto, sì. Ma non in quel momento.
Appena furono usciti dalla cantina Hope si sedette sul sedile del pick-up di Sebastian cercando di tenere la caviglia più alzata possibile e soprattutto ci mise una busta di ghiaccio sopra, una di quelle bustine che danno le infermerie scolastiche. Ne aveva una piccola scorta in una borsa termica che ospitava anche qualche bottiglietta d'acqua, succhi di frutta e birra, e che ora era riposta assieme alle altre borse sul retro del furgone, il quale era, fortunatamente, tutto coperto anche sulla parte posteriore. «Seb la mamma dice che lì per ora è tranquillo, anche se piove incessantemente da ore e l'allerta meteo consiglia di restare in luoghi alti e sicuri. Salutano sia te che Hope e qualcos'altro che non ho sentito.» «Un'efficiente segretaria, come sempre. Mi lasci dare un'occhiata a quella ferita ora? Vieni qua su.» Mer sbuffò e scosse il capo, scocciata dall'idea che suo fratello stesse facendo il così detto “dramma per un nonnulla” ma si lasciò comunque esaminare dallo sguardo attento e amorevole del ragazzo; certo lui non era un medico, ma un paio di cerotti a farfalla avrebbe saputo metterli. Infatti in pochi minuti la ferita era pulita, disinfettata e medicata.
Sembrava davvero che la situazione fosse calma e si stesse stabilizzando, ma una folata di vento fortissima fece tremare persino i vetri del furgoncino e senza troppi problemi ruppe un vetro della finestra della casa. Una nuova calamità naturale stava per abbattersi su quella città e non sapevano dove o come ripararsi, nessuno di loro.
La maggior parte dei vicini si chiuse in casa; Lola e Ginny, che avevano un seminterrato andarono a rifugiarsi lì mentre Hope, Seb, Mer, Lexi, Nick e Luke si chiusero in auto serrando le sicure e i finestrini pregando ogni possibile dio di salvarsi la pelle.
Sebastian mise in moto l'auto e iniziò a guidare in direzione ancora ignota, con l’unica intenzione di trovare un posto in cui ripararsi, mentre altre macchine sfrecciavano al loro fianco e il vento sembrava sradicare gli alberi dalle radici.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Ang_V97