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Autore: fradurso    08/04/2020    2 recensioni
Si era lasciata trasportare dai ricordi.
Questa era la parte peggiore dell’avere la vista, I ricordi agli occhi di Sibilla non erano dei flash.
Ogni volta era come tornare indietro nel tempo; ricordava ogni parola, ogni battito di ciglia, ogni respiro.
Sibilla non era brava a guardare al futuro, ma per Dio se era brava a guardare al passato.
Certo se avesse avuto una vita felice, come quella delle famiglie nei programmi tv babbani che le piaceva tanto guardare, ricordare cosi vividamente non sarebbe stato poi così terribile.
Ma la vita di Sibilla era tutt’altro che semplice, figuriamoci felice.
Era per questo che beveva, lo sherry la aiutava a rendere quei ricordi poco nitidi, proprio come quelli di tutti gli altri.
Ma tutto ha un prezzo, per far sì che i suoi ricordi fossero sfocati, anche il presente doveva esserlo e per quel che valeva anche il futuro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Minerva McGranitt, Severus Piton, Sibilla Cooman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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<< Licenziata >>.
Quella parola le ronzava in testa come una mosca fastidiosa, la disturbava come il gracidare di una rana, cosa che, d'altronde, non si allontanava dal timbro vocale e l’aspetto della persona, o come la chiamavano tutti la rospa, che l’aveva pronunciata.
<< Nonostante non sia in grado nemmeno di prevedere che tempo farà domani, deve per forza aver capito che la sua penosa condotta durante le mie ispezioni e la mancanza totale di progressi avrebbero reso inevitabile il suo licenziamento >>
<< Hogwarts è la mia casa >>
<< Era la sua casa >>
Ricordando la conversazione per quello che poteva, data la grossa quantità di Sherry che aveva tracannato, le sali un brivido su per la schiena, un singhiozzo si fece strada per la gola facendola pizzicare fastidiosamente Ma Sibilla non voleva piangersi addosso, non di nuovo, tutto ciò l’avrebbe resa più miserabile di quanto non si sentisse già.

Si fece forza, si alzò dalla poltrona nella quale si era abbandonata per più di 2 ore, e si recò in bagno.
Aveva un aspetto terribile, le occhiaie di un colore nerastro. Sembrava che oltre ad averla colpita nel cuore la Umbridge le avesse tirato anche 2 pugni dritti negli occhi che avevano un colore rossastro per via del pianto ininterrotto degli ultimi giorni. Il trucco le scendeva per le guance, gli abiti stropicciati le cadevano come un sacco su quel corpo ossuto che si ritrovava.
Ma la parte peggiore erano i capelli. Sembravano un ammasso di paglia che le copriva quasi interamente il volto e la faceva sembrare ancora più magra di quanto non fosse già.
Sibilla non era mai stata insicura del suo corpo, o, per meglio dire non aveva mai dato troppo peso al fatto di non essere bella e attraente, non le sembrava un fattore rivalente nel lavoro che svolgeva e cosa più importante, riteneva che un giorno qualcuno l’avrebbe accettata così com’era.
La bellezza per lei era relativa.
Ma quel giorno non era mai arrivato.
Per un breve periodo si era autoconvinta di aver trovato quel qualcuno, ma, col passare del tempo i litigi aumentavano e, quando lui le chiese di adottare il suo cognome il giorno del matrimonio, lei fuggi.
Al suo cognome, forse l’unica cosa di valore che possedeva, non avrebbe mai rinunciato.

Per un periodo si era ritrovata a fare la veggente in un circo, girando tutta l’Inghilterra e vivendo in condizioni disumane.
Solo in quel momento della sua vita si era sentita come si sentiva adesso. Persa.
Si accorse che stava piangendo per via del riflesso distorto dalle lacrime del suo viso.
Si era lasciata trasportare dai ricordi.
Questa era la parte peggiore dell’avere la vista, I ricordi agli occhi di Sibilla non erano dei flash.
Ogni volta era come tornare indietro nel tempo; ricordava ogni parola, ogni battito di ciglia, ogni respiro.
Sibilla non era brava a guardare al futuro, ma per Dio se era brava a guardare al passato.
Certo se avesse avuto una vita felice, come quella delle famiglie nei programmi tv babbani che le piaceva tanto guardare, ricordare cosi vividamente non sarebbe stato poi così terribile.
Ma la vita di Sibilla era tutt’altro che semplice, figuriamoci felice.
Era per questo che beveva, lo Sherry la aiutava a rendere quei ricordi poco nitidi, proprio come quelli di tutti gli altri.
Ma tutto ha un prezzo, per far sì che i suoi ricordi fossero sfocati, anche il presente doveva esserlo e per quel che valeva anche il futuro.
 
Più si guardava, più si accorgeva di odiare ogni particolare di sé. Questa volta però spinta forse dalla sobrietà decise di fare qualcosa al riguardo.
Prese delle forbici e incominciò a tagliare, più tagliava e più si sentiva leggera, le lacrime si asciugavano sul suo viso e quando finalmente taglio l’ultima ciocca, si senti meglio.
Aveva optato per un taglio sopra le spalle, non era ancora il massimo, ma dopo una bella doccia e qualche ritocchino almeno non sarebbe più parsa come una barbona.
Dopo una doccia bollente e aver scelto di indossare una vestaglia color beige che le lasciava scoperte le spalle, Sibilla lanciò un semplice incantesimo che rimise apposto tutto ciò che aveva lanciato quando la rospa le aveva bussato alla porta.
A ripensarci senti qualcosa salirle su per la gola, la tristezza era stata sostituita brevemente da una furia e impulso omicida nei confronti di quella sottospecie di troll rosa.
Come si permetteva, dopo 16 anni di leale servizio, La nuova insegnante di difesa contro le arti oscure aveva la faccia di sbatterla fuori, questo Sibilla non poteva sopportarlo.

Silente le aveva salvato la vita, di nuovo.
Subito dopo essere scappata dal circo in cui “lavorava” Sibilla decise di rivolgersi a lui come ultima sponda. Sapeva bene che il preside di Hogwarts era impegnato nella lotta contro Voldemort, ma anche lei voleva contribuire in qualche modo e se nel frattempo avesse guadagnato anche un posto di lavoro e un tetto sopra la testa ne sarebbe stata più che felice.
Si erano incontrati alla “Testa di Porco”.
A dire la verità non ricordava molto di quel colloquio, una volta seduti al tavolo lei aveva iniziato a raccontare della sua famosissima bisnonna Cassandra Trelawney e di come avesse ereditato i suoi poteri chiaroveggenti, aggiungere un po’ di pepe non guasta mai in un curriculum, no? Poi il vuoto. Non ricordava più nulla fino alle ultime parole di Silente: << Grazie Sibilla, ti farò sapere al più presto >>.
A dire il vero si era un po’ scoraggiata per la risposta ed era ritornata nell’albergo dove stava a testa bassa. Solo 2 giorni dopo l’incontro la lettera che confermava la sua assunzione arrivò e la settimana seguente si trovava già nella sua nuova casa, la torre Nord del castello di Hogwarts.
Era più di quanto potesse sperare, aveva un lavoro, un camino dove riscaldarsi, del buon cibo e un tetto che la riparava dalla pioggia, non le mancava nulla. Le mancava qualcuno.

Sibilla non era proprio in vena di lamentarsi, era stata più fortunata di quanto potesse sperare, ma la solitudine è una brutta bestia e senza avere qualcuno con cui parlare le fini per rifugiarsi sempre di più nei suoi ricordi senza riuscire ad uscirne.
Non si può dire che avesse davvero cercato di avere rapporti interpersonali, lei aveva sempre preferito rimanere sola. Tuttavia isolarsi quando si ha qualcuno dal quale ritornare è ben diverso dall’essere “forzati” a rimanere in solitudine.
Non che lei non avesse provato, il minimo indispensabile, ad avvicinarsi ai suoi colleghi.
Regalava predizioni a destra e a manca e si offriva sempre per leggere le foglie del tè nella sala professori. Sibilla era consapevole che la sua reputazione era quella di essere una ciarlatana e anche se lei si mostrava sempre sicura di sé e sicura di quello che diceva, in cuor suo sapeva di essere un’imbrogliona.
Non era neanche tanto sicura del perché Silente l’avesse assunta.

Immersa nei suoi pensieri non si era accorta che si erano già fatte le 8 di sera.
Verso l’ora di pranzo Minerva le aveva fatto portare qualcosa dagli elfi del castello: un piatto ripieno di verdure, pollo arrosto e purè di patate.
A lei non era mai piaciuto mangiare eccessivamente, prendeva quello che le bastava per andare avanti, ma ripensando a tutto ciò che aveva affrontato non se la senti di mandare giù neanche un sol boccone e il piatto mandato per supporto o probabilmente per pena dalla professoressa Mcgranitt rimase intoccato sul piccolo tavolo della “cucina” della torre.
Sibilla era rimasta sorpresa quando Minerva era accorsa ad aiutarla e soprattutto a difenderla, si sarebbe aspettato qualche sguardo impietosito o indifferente, dato l’astio che provavano l’una per l’altra, invece le era stato concesso addirittura di rimanere a vivere nel castello.
Da quel momento tutti i professori le erano venuti in contro, Pomona le aveva regalato una scorta a vita di te alla vaniglia –il suo preferito-, Madame Pince le aveva fatto arrivare diversi libri e a turno tutti i professori erano andati a farle visita. Ovviamente non erano mossi da nessun tipo di sentimento nei suoi confronti, gli incontri erano brevissimi, tutti sembravano voler essere in qualsiasi altro posto piuttosto di fermarsi per un tè e le facevano sempre le stesse domande: << Come stai oggi Sibilla? >>, << Ti serve qualcosa Sibilla?>> ,<< Sibilla, hai saputo del nuovo insegnante di Divinazione?>>.
Era ovvio che la loro fosse una mossa strategica, farsi vedere tutti uniti contro la decisione della Umbridge avrebbe contribuito, nel suo piccolo, a farle un torto.
Le poche volte che riceveva delle visite tutto il castello ne era a conoscenza e stranamente il tono di voce dei suoi ospiti era sempre più alto della media.

Ora che ci pensava bene però non tutti erano andati a trovarla, non che la cosa la infastidisse, era già tanto se uno solo di loro l’avesse ritenuta degna di qualche parola di conforto, ma Sibilla non poté fare a meno di rifletterci su.
Silente era impegnato, come al suo solito in qualche missione segreta, ma in fondo non era lui oggetto dei suoi pensieri e poi il preside aveva già fatto abbastanza per lei.
No il professore a cui pensava era Piton.
Non si aspettava di certo un abbraccio o una pacca sulla spalla ma si sarebbe aspettata una sua breve comparsa, giusto per apparire schierato contro la ranocchia rosata. Invece nulla, probabilmente sosteneva la decisione di licenziarla, come tutti d’altronde, ed aveva deciso di rimanere coerente con sé stesso non facendole visita.
Sibilla era sempre stata intrigata dalla sua presenza, poteva sentire che c’era qualcosa che non andava in lui, che non era la statua di pietra che appariva, la professoressa di Divinazione non sarà stata la migliore a leggere le mani, ma sapeva leggere le persone e anche se non sapeva bene cosa ci fosse di cosi strano in
Piton, era sicura che nascondeva qualcosa.
Nei 16 anni passati ad Hogwarts aveva sempre cercato di risolvere il mistero che si celava dietro quelle vesti nere e il viso austero, più volte aveva cercato di rubare la sua tazzina del tè dopo le riunioni degli insegnanti o di convincerlo a farsi leggere la mano ma lui l’aveva sempre respinta bruscamente accompagnando il tutto con una battutina sulla sua incapacità di prevedere cosa avrebbe mangiato il giorno dopo.
Lei non lo odiava, ma odiava il fatto di non sapere cosa nascondesse, con il passare degli anni però si era chiusa sempre di più in sé stessa, l’unico contatto umano che aveva era con i suoi studenti e le occasionali riunioni insegnanti, non scendeva neanche alla mensa, tranne che per il primo giorno di scuola e per natale, quindi aveva rinunciato al suo tentativo di risolvere il mistero irrisolvibile e aveva archiviato il fatto.

Ritornando al presente, Sibilla decise di abbandonare definitivamente l’idea di mangiare qualcosa, bevette un bicchiere di acqua gelida e si risistemò nella poltrona.
Aveva ancora un aspetto poco presentabile, ma non le importava più di tanto, almeno i suoi occhi non erano più rossi dal pianto. Pensò a lungo a cosa potesse fare, di certo non voleva addormentarsi, no, avrebbe rischiato di ricadere nel buco nero che era la sua memoria, o almeno doveva essere sfinita per riuscire ad addormentarsi.
Pensò e ripensò a lungo ma non c’era molto che potesse fare, fece un tour mentale della sua casa per cercare qualcosa con cui tenere occupato il suo tempo e un ricordo le riaffiorò alla mente.

Erano lei e suo padre, in un grande salone luminoso con grandi finestre dalle quali si intravedevano la scogliera e il mare, era un giorno di primavera lo ricordava bene, un venticello le smuoveva l’ammasso di folti capelli che si ritrovava e che le arrivavano fino ai piedi, aveva all’incirca 6 anni.
Al centro del salone c’era un piccolo pianoforte a corda bianco, suo padre suonava una musica leggera e lei si avvicinò di soppiatto ammaliata da quella melodia, si sedette sullo sgabello e osservò incantata i movimenti delle dita sul pianoforte.
Il ricordo svaniva li, si sentiva di nuovo le guance bagnate ma questa volta sorrideva lievemente, aveva trovato qualcosa da poter fare.
Sibilla si alzó e si avvicinó al vecchio pianoforte che si ritrovava in camera, era un regalo di suo padre per la sua assunzione ad Hogwarts, ed era uno dei pochi ricordi che le erano rimasti del suo eccentrico papà, spostò le diverse palle di vetro che si trovavano sullo strumento e lo apri. Una nuvola di polvere si sollevò e la colpi dritta in faccia, lei tossicchió e con un incantesimo rimise a posto e ripulì il pianoforte.
Poggiò le lunghe dita sui tasti e si sforzò di ricordare come muoverle nel modo giusto.
Dopo un paio di fallimenti una melodia incominciò a prendere vita e a invadere la mente di Sibilla rimpiazzando i mille pensieri che la occupavano.
Per la prima volta non pensava a nulla.





Salve a tutti quelli che sono giunti fin qui, spero tanto vi sia piaciuta questa mia interpretazione di questo bizzarro personaggio. È la prima vera fanfiction che scrivo e ad essere sincera ero un po' indecisa se postarla o no. Comunque il danno é fatto e se vi è piaciuta abbastanza...vi aspetto per i prossimi capitoli! Spoiler : fará la sua comparsa il nostro adorato pozionista
   
 
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