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Autore: Doux_Ange    09/04/2020    0 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DON MATTEO 12 - 2.0
 
NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO
 
 
Anna’s pov
 
Sono passati un paio di giorni da quando ho deciso di non lasciare Spoleto.
Con l’aiuto di mia madre, ho fatto in modo di sottrarre a Cecchini il doppione delle chiavi del mio appartamento, così che né lui né Marco possano entrarci senza che io glielo permetta.
Non voglio vedere Marco, e onestamente ho bisogno di distrarmi, perché a casa ogni cosa mi ricorda lui, ciò che stavamo costruendo insieme, e mi fa male. Non voglio pensarci, almeno per un po’ - che sia solo qualche ora non importa.
Chiara ha colto la palla al balzo, ovviamente, e mi ha proposto di accompagnarla a una festa, in un locale appena fuori Spoleto, organizzata da una sua amica.
Siamo rimaste di vederci direttamente sul posto, perché Chiara lavora a Perugia, quindi, come al solito, io sono in perfetto orario e lei ancora non si vede.
Mi avvicino all’ingresso: la location è mozzafiato, una villa splendida.
Su suo consiglio, avevo invitato anche Sara, sia per conoscerci meglio che per ringraziarla per la sua sincerità, ma aveva già preso un impegno. Ci siamo comunque accordate per rimandare a un’altra sera.
Comunque, mia sorella ancora non arriva. Ma che fine ha fatto?
 
Attendo una ventina di minuti, poi provo a chiamarla.
Chiara è ritardataria con i ragazzi con cui esce, non con me. Anzi, in certi casi sono io quella che arriva in ritardo alle nostre serate tra sorelle, per contrattempi sul lavoro però.
Dopo un tentativo andato a vuoto, risponde, spiegandomi che ha trovato traffico lungo la strada tra Perugia e Spoleto, ma che sta arrivando. Questa cosa mi solleva, ammetto che avevo pensato già volesse darmi buca.
Comunque, per sentire meglio ciò che dice, mi sono spostata verso il parcheggio perché la musica era troppo forte.
 
Chiusa la telefonata, alzo lo sguardo e mi accorgo di due figure che se la prendono con un ragazzo, sembra, intimandogli di consegnar loro il portafogli. Non vedo bene il ragazzo, ha il volto coperto dal cappuccio della felpa che indossa, ma è evidente sia in difficoltà.
Io sono in borghese, e loro sono in due - o tre, non so come reagirebbe l’apparente vittima - ma il mio senso del dovere ha la meglio.
“Lasciatelo stare!” esclamo, avvicinandomi pur restando a distanza di sicurezza.
I due, ovviamente, non la prendono bene, facendo qualche passo nella mia direzione.
Pessima idea, Anna.
Okay, è vero che sono cintura nera di judo, ma sono lo stesso in minoranza. I tacchi non aiutano di certo, e riuscirei a resistere relativamente a lungo, anche perché uno dei due è armato di coltello.
Il ragazzo, comunque, non accenna ad aiutarmi.
Bel comportamento. Intervengo per te e tu non ti muovi. Grazie, grazie tante.
Non potrei essere più d’accordo, vocina.
 
Mentre cerco di capire in fretta cosa fare, qualcuno deve aver sentito le mie preghiere, perché un’auto giunge nella mia direzione. I fari mi abbagliano, ma sono sufficienti a far scappare i due malviventi, mentre altra gente inizia ad arrivare.
Noto che anche il ragazzo è fuggito, ho intravisto appena il suo volto teso.
Da quell’auto scende Chiara.
Non credo di essere mai stata tanto felice di vederla.
“Anna!” strilla lei, preoccupata, raggiungendomi. “Ho visto da lontano... stai bene?”
“Sì, sì, tranquilla... tempismo perfetto.” la ringrazio.
Lei mi scruta per qualche istante.
“Mi sa che è meglio se ce ne torniamo a casa, mh? Troppe avventure in una sera. Meglio un qualcosa di tranquillo come un bel re-watch di Cenerentola, che ne pensi?”
Io resto interdetta per un attimo, e non per la serata tranquilla, ma per la scelta del film.
Porta un po’ troppi ricordi con sé.
Chiara se ne rende conto, conoscendo il retroscena, perché cerca di rimediare.
“No no no, aspe’, forse Cenerentola non è una grande idea, che scema, non è il massimo da-... io...” biascica, impappinandosi.  
Io però scoppio a ridere, tranquillizzandola.
Che casinista, che è... ma non la cambierei per niente al mondo.
 
Rientriamo comunque a casa mia. Avevamo già deciso che si sarebbe fermata a dormire da me, per passare più tempo insieme.
Per fortuna c’è lei, ad aiutarmi, in questi giorni.
È l’unica che non insiste a tentare di convincermi a parlare con Marco, anche se le battutine le fa anche lei.
Lo so, che non posso evitarlo per sempre, ma non sono ancora pronta a perdonarlo.
O almeno, la mia testa non lo è, il mio cuore non è d’accordo.
 
Marco’s pov
 
Anna mi evita da un paio di giorni.
A me sembrano anni, davvero.
Sono sollevato di sapere che non ho combinato danni con Sara, e l’ho anche ringraziata per ciò che ha fatto per me scusandomi per non averla ascoltata prima.
Anche se devo ammettere che si comporta in modo strano, perché ha fatto qualche battuta circa il mio dovermi impegnare a rimediare.
Non è che si è alleata con Anna per fartela pagare, vero?
No, dai. Si conoscono appena. Non avrebbe ragione di farlo. Spero.
Fatto sta che non riesco a trovare un modo per parlare con Anna, e non posso nemmeno tornare a casa per aspettarla lì, visto che qualcuno ha fatto sparire la copia delle chiavi di Cecchini.
Grazie, signora Elisa.
 
Sono quindi seduto sul divano del maresciallo, che ancora mi ospita.
Sono talmente disperato da essere quasi disposto a seguire uno dei suoi assurdi consigli, ma per fortuna non sono ancora così folle da cedere.
Più che risolvere le cose, credo che al momento le peggiorerei, e non ho certo bisogno di fare ulteriori danni.
Devo trovare un modo, ma uno giusto per farmi perdonare da Anna.
So che l’ho ferita, ho tradito la sua fiducia, anche se non è successo nulla di fatto.
Ma poteva succedere, e solo il fato era stato clemente con me da impedirmelo.
Anna, come mi ha detto lei stessa, non è il fato, e il perdono dovrò sudarmelo.
Già il fatto di avere una possibilità di riscattarmi è più di quanto mi aspettassi quando sono andato a parlarle in caserma.
 
Nel momentaneo silenzio del palazzo, sento il portone richiudersi e due voci femminili ridere: Anna e Chiara.
Come, sono già rientrate? Strano, è prestissimo, ma forse hanno solo cambiato programma.
So che Anna doveva uscire con Chiara perché, usando Cecchini come tramite, proprio Anna mi aveva fatto sapere di dovermi occupare di Patatino stasera. Patatino che è seduto ai miei piedi, intento a fissarmi con aria confusa. E non ha tutti i torti, visto che io sono sul divano da ore, rigorosamente in bermuda e ciabatte, con l’aria di uno che non vorrebbe fare più nulla. Perché senza la mia Anna, nulla ha un senso.
Ma Patatino ha bisogno di fare la sua passeggiata, e forse anche io.
Mi decido a fare una doccia veloce e poi, preso il guinzaglio, usciamo. Magari l’aria fresca porta consiglio.
 
La mattina, dopo l’ennesima notte agitata, mi ritrovo a seguire Cecchini in un terreno di campagna per andare... dalla Madonna dei Disperati.
“Mi scusi, ma era proprio necessario costringermi a venire qui alla Madonna dei Disperati? Guardi che Anna ha solo bisogno di un po’ di tempo, ma mi perdonerà, dai... Le passerà, insomma,” minimizzo. Voglio dire, è stata lei stessa a lasciar intendere questo.
“Ma noi non siamo venuti qua mica per Anna, siamo venuti per Lei!” mi contraddice il maresciallo. “È la Madonna dei Disperati, e Anna la perdona solo se Lei espia le sue colpe. E per questo ci vuole il miracolo della Madonna!”
“A parte il fatto che non sono così disperato, non le pare un po’ eccessiva, ‘sta cosa qua?” tento.
Però, da un certo punto di vista, Anna si ostina a non voler neppure parlare con me, e tentar non nuoce. Dopotutto, che i miracoli esistono lo so anch’io, o almeno ci credo fin da quella notte di neve ad agosto in cui tutto è iniziato.
Chissà che crederci non possa essere di buon auspicio anche questa volta. Non ho niente da perdere, in fondo.
Certo, Cecchini che si mette a litigare con Cocozza, il proprietario del terreno in cui si trova la statua, non è proprio un inizio promettente. Riesco a trascinarlo via prima che la situazione degeneri, ma sulla via del ritorno inizio a macinarmi il cervello di domande.
È un cattivo segno, che non siamo riusciti nemmeno a vedere la statua? O peggio, sapere che Cocozza vuole distruggerla?
Mh, non eri tu che avevi dubbi sull’aver bisogno di un miracolo? Allora Cecchini ha ragione, non è che sembri disperato... lo sei!, commenta il grillo nella mia testa.
Non posso far altro che dargli ragione.
 
Anna’s pov
 
La serata a base di cinema, ieri sera con Chiara, è stata curativa.
Davvero. Avevo proprio bisogno di ridere, e mia sorella è la persona giusta per aiutarmi in questo senso, la sua leggerezza mi permette di scollegare il cervello e lasciarmi un po’ andare. Anche se lei sa essere anche un’ottima dispensatrice di consigli, soprattutto per le mie questioni di cuore.
Il mio cellulare stamattina è squillato prima del solito, a quanto pare c’è stata un’aggressione in un cimitero. Raggiungo i miei uomini sul posto. Cecchini si affretta ad affiancarmi, e dalla sua espressione capisco che non è del caso che vuole parlare.
 
“Come va?” mi chiede, cauto.
“Una meraviglia,” rispondo, seccata. So già dove vuole andare a parare.
“Senta, ma non pensa che dovrebbe parlare con Nardi? In fondo non ha fatto nient-”
“Non mi interessa, maresciallo. Inutile che insiste. Abbiamo un caso di cui occuparci, no? Pensiamo a lavorare!”
 
Scopro che l’uomo aggredito si chiama Sergio La Cava, un pregiudicato, assassino, uscito di carcere proprio ieri dopo sei anni. Lo ha trovato - casualmente - Don Matteo, riverso su una tomba, ferito da un colpo di pistola.
Mi reco in ospedale per parlarci, ma quando apro la porta della sua stanza, noto immediatamente la felpa appoggiata a una sedia.
Io la conosco...
Per poco non mi prende un colpo.
È l’uomo che ho salvato dall’aggressione ieri sera.
“Tu sei Sergio La Cava?” chiedo, esterrefatta, quando lui alza lo sguardo su di me, riconoscendomi a sua volta.
Lui scoppia a ridere, irritandomi subito.
“E tu sei un Capitano dei Carabinieri?! Scusami ma... ma non lo avrei mai immaginato!”
Quante possibilità c’erano che fosse lui, una su un milione?
E poi, tutta questa confidenza?
“Io non immaginavo che fossi appena uscito dal carcere...”
“Eh già... Quindi sai tutto?”
“So quello che hai fatto sei anni fa, sì.” Commento.
È una storia terribile, quella per la quale è finito in galera. Accusato dell’omicidio del nipotino. Il suo è stato un caso molto noto, in zona, da quello che ha detto Cecchini. Sebbene il dramma si sia consumato qui a Spoleto (la famiglia Spada è di qui), erano stati i colleghi di Perugia ad occuparsene, perché è lì che la sua fuga era giunta al termine. In ogni caso, non importa il suo passato, o almeno credo. Sono qui per parlare della sua aggressione, quella di cui è stato vittima.
“Ha a che fare con quello che è successo stanotte?” gli domando.
Provo a interrogarlo, ma lui non collabora, anzi, capisco che sta palesemente mentendo. “Smettila.” gli dico, infastidita, ma quello continua.
“Ahh, che dolore, è difficilissimo continuare a parlare, sa, Capitano...!” Mi prende in giro, con una ben poco credibile espressione dolorante, e un sorrisetto che gli cancellerei volentieri dalla faccia.
Che razza di sfacciato!
Sembra quasi lo stesso sorrisetto menefreghista che mi sono trovata davanti il giorno che ho conosciuto Mar-
Alt, Anna, non facciamo paragoni azzardati, su. Quello che hai davanti è un galeotto, l’altro è il tuo Marco.
Sì, ma non è il momento di pensare a lui, ora. Che c’entra Marco?
C’entra sempre, il tuo Marco. Ti mancano le sue battutine, e ti manca stare con lui, anche se sono passati pochi giorni. Ammettilo, dai.
Basta, devo pensare al lavoro.
Quando capisco che Sergio non ha intenzione di collaborare, faccio per andar via, bloccandomi però sulla soglia quando sento la sua voce richiamarmi.
“Meno male che non sono intervenuto, ieri sera, visto che sei un Carabiniere, eh...” Mormora, irritandomi ancora di più.
Mi trattengo dal rispondere, andando via.
 
Dovrò fare da sola per risolvere il caso, come sempre, a meno che non arrivi Don Matteo prima, visto che sta sempre in mezzo ai piedi. Come dicevo, chi ha trovato Sergio? Lui, naturalmente!
Vado a parlare con la famiglia di La Cava (famigliola tranquilla, a proposito, ma lasciamo perdere i commenti), e tornando il caserma Cecchini tenta di convincermi a parlare con Marco.
Acconsento per esasperazione, ma non è che abbia esattamente intenzione di farlo.
 
Marco’s pov
 
Per il momento, sono ancora ospite di Cecchini. Mi ha offerto di restare da lui finché le cose con Anna non si sistemano.
Sto per entrare in casa sua quando la porta alle mie spalle si apre, e Anna esce dall’appartamento con Patatino al guinzaglio.
Questo basta a farmi tornare alla mente i giorni felici con lei, a portare il nostro cane a passeggiare, e noi due mano nella mano... Per certi versi, oserei dire che Patatino abbia iniziato a preferire Anna a me, ma non è possibile... mi è sempre stato fedele, lui.
Torno alla realtà quando sento la sua voce chiamarmi.
Sono giorni che mi evita, e sentirle pronunciare il mio nome mi sembra quasi un sogno.
Ho cercato di provare a parlarle in ogni modo, forse in maniera anche troppo insistente, bussando ogni paio d’ore alla porta di casa, nella speranza che lei aprisse, ma niente da fare.
Anzi, avevo perfino cercato di chiamarla da fuori casa, in stile film, con i sassolini contro la finestra, ma l’unica a dare segni di vita è stata la signora Serena. Sì, proprio la vicina di casa del palazzo di fianco che ha sabotato la mia proposta di matrimonio più di una volta, mesi fa.
Ora, la signora sa essere anche simpatica, quando vuole, ma se qualcuno osa disturbarla mentre sta guardando una delle sue amate soap opera sono guai, per cui dopo un po’ ho desistito.
Il fatto che sia Anna, adesso, a parlarmi di sua spontanea volontà è inaspettato.
“Bene, ti stavo cercando!” afferma soltanto, il viso una maschera di ghiaccio.
“Ehh, no, sono qua perché mi ospita il Maresciallo, perché non ho un posto dove andare... Anch’io volevo parlarti, assolutamente...” tento di approfittare di questi istanti, non sia mai che riusciamo a risolv-
Come non detto.
“Questa roba è tua?” Chiede, accennando alla scatola che tiene in mano che ha appena recuperato dentro casa.
Sospiro di sollievo, perlomeno non mi ha chiesto di restituire i regali di nozze, visto che ci hanno già pensato Elisa e Cecchini quando abbiamo annullato tutto. L’esperienza, con Federica, era stata disastrosa.
Riconosco la scatola a cui Anna fa cenno.
“Sì!” E lei lo sapeva benissimo senza chiedere, che è roba mia. Ci sono i miei vestiti, dentro.
Guardandomi fisso negli occhi, Anna la gira sottosopra, riversando l’intero contenuto sul pavimento, ai miei piedi.
“Scusa, lo scatolo mi serve.”
Si volta per riportarlo in casa, mentre io mi do del cretino.
Abbi pazienza, Marco. Fa parte del processo di espiazione.
Mi torna in mente una scena simile: il mio rientro dopo il primo matrimonio mancato, quando ho aperto l’armadio e mi sono ritrovato tutti i vestiti tagliuzzati. Perlomeno Anna me li ha lasciati interi, e di certo la situazione è meno grave.
“Va bene, d’accordo, ho recepito il messaggio...” Abbasso la testa, e lei fa per andar via senza aggiungere nulla, afferrando il guinzaglio di Patatino.
Su questo però la fermo. “No, aspetta aspetta aspetta... Patatino - dico male? - ci penso io!” Le dico, un po’ più convinto. Il cane è mio, almeno quello! Dovrei occuparmene io, no?
Anna, naturalmente, non abbandona lo sguardo di sfida.
“Tieni!” Mi dice, sarcastica, porgendomi il guinzaglio senza opporre resistenza.
Oh, bene...
“Patatino, vieni, bello... Oh!” Esclamo, esterrefatto, quando lui si alza e raggiunge Anna, scodinzolante. “Ma perché?!”
Anna, che si era abbassata per accarezzare il cane, si rialza e mi lancia uno sguardo altezzoso. “Perché? Perché è lui che mi sceglie, Marco! Perché mi prendo cura di lui... lo porto fuori a fare pipì, gli do da mangiare...”
Lancio a Patatino uno sguardo infastidito.
“Tu sei un traditore, lo sai?”
Mi rendo conto con un secondo di ritardo di quello che ho detto, perché Anna si blocca e si gira verso di me, un’espressione sdegnata sul bel viso. Il pollice alzato come a dire ‘Ottima scelta!’.
Un’altra espressione no, eh? LO VUOI RICOLLEGARE IL CERVELLO, PER CORTESIA?
“No, dai, l’ho detto così per dire, non stavo alludendo a niente, Anna... però! Dai, per favore!”
Lei mi volta le spalle senza più degnarmi di uno sguardo, portando con sé Patatino, che la segue felice.
Perfetto, direi.
 
Rientro da Cecchini, che trovo sul divano. Mi sfogo con lui, disperato.
“Maresciallo, che devo fare? Non mi vuole parlare, ogni cosa che dico la prende male, e ora anche Patatino è andato con lei! Sono disperato, come faccio? E se non mi perdona?”
“Calma, calma, questo è un buon segno!”
“Ma che buon segno è?!”
“Un buon segno, almeno la calcola, perché la cosa più brutta è l’indifferenza!”
“Maresciallo, e se non mi perdona più, Anna?” biascico, sconsolato. Sono un grandissimo idiota, ho quasi commesso la cazzata più grave della mia vita e non so come fare ad avvicinarla per rimediare.
“Calma! Non non dobbiamo soffrire, noi non dobbiamo avvilirci!”
“Noi, chi?”
Lei! Noi la soluzione ce l’abbiamo, e si chiama ‘Madonna dei Disperati’!”
E ti pareva. Gran bella soluzione, proprio.
Ha deciso che deve avere quella statua, e ha pensato di fare una colletta. La prima vittima sono io, mi tocca pure sborsare cento euro. Glieli do sconsolato, nella speranza che almeno servano a qualcosa.
“No, ma io come faccio con Anna...?” Torno a deprimermi, la voce che trema. Non ce la faccio. Non ce la faccio. Sapere che non mi vuole nemmeno parlare... Non lo sopporto.
“Lei deve espiare! E poi Anna la perdonerà... Lei espii!”
 
Una volta a letto, cerco di riordinare le idee.
Mi è già capitato di litigare con Anna in questi anni, ovviamente, anche in modo pesante, ma la nostra separazione non è mai durata più di un paio di giorni. E spesso, in mio aiuto, interveniva Chiara a fare da mediatore tra le parti.
Ora so che si è coalizzata con sua sorella, ovviamente, anche se almeno lei mi saluta ancora.
Vorrei riuscire a parlare dei miei problemi con qualcuno che non sia Cecchini. È in momenti come questo che sento la mancanza di un vero amico, perché c’era stata Anna a sopperire, dopo il tradimento di Simone.
Con lei, eravamo stati prima colleghi, poi amici, poi molto di più. E adesso, l’idea di tornare ad essere, al massimo, ‘solo’ amici nemmeno la voglio considerare. Non è quello che voglio, e forse nemmeno lei lo vuole, perché non reagirebbe così se non gliene importasse più nulla di noi.
Avrebbe indossato la sua corazza e basta, limitandosi a parlare con me in ufficio per il lavoro. Invece no: come succede ogni volta che litighiamo seriamente, ha tagliato tutti i ponti, usando Cecchini, Chiara o sua madre per comunicare con me.
Devo riuscire a fare di nuovo breccia nel suo cuore. Dimostrarle che ciò che le ho detto l’altro giorno, che io sia un uomo migliore di quello che è apparentemente venuto fuori in questa storia, è la verità. E ci riuscirò.
Devo solo capire come.
 
Anna’s pov
 
Ho portato Patatino a fare una passeggiata, anche se forse avevo più bisogno d’aria io di lui. Poco importa.
Adesso che sono rientrata, e lui se ne sta accucciato in soggiorno, io cammino distrattamente per casa.
Sto aspettando la cena, perché non ho voglia di cucinare. Ho ordinato una pizza.
Farai seratona, quindi? Brava. Mi raccomando, la birra. E la caldaia che si rompe, un must.
Chiara è tornata a Perugia, quindi non so bene come impegnare le giornate; non sono più abituata a stare da sola, evidentemente.
Se la smettessi di fare la preziosa e perdonassi Marco, non ti porresti il problema. Ne trovereste taaanti di modi, insieme, per occupare il tempo...
Anche questo è vero.
Il fatto è che io voglio perdonarlo, ma non così facilmente. Se lui vuole realmente una possibilità, sa cosa fare, non ha bisogno che io gli apra necessariamente uno spiraglio.
Deve trovare la strada da solo!
Mentre litigo con la vocina, continuo a gironzolare per casa.
Ci sono scatoloni in ogni angolo, tracce di quel futuro che avevamo iniziato a costruire insieme.
E ora stiamo buttando via tutto.
‘State’? Ah, quindi ammetti di avere anche tu delle colpe? I miei complimenti, pensavo ci avresti messo di più a confessare i tuoi peccati. Chapeau, stellina, sono piacevolmente sorpresa.
Zittisco la vocina, irritata.
Il mio sguardo si posa su una foto di me e Marco poggiata davanti alle altre, su una mensola della libreria. La nostra preferita.
L’ha scattata Chiara durante una gita in campagna, organizzata per far svagare Cecchini dopo la perdita della moglie.
Una delle giornate più belle della mia vita.
C’erano tutte le persone che amo: la mia famiglia di sangue, con mia madre e mia sorella, la mia famiglia acquisita, con Cecchini, perché sì, è diventato come un padre per me, e c’era Marco. L’uomo con cui ero pronta a passare il resto della mia vita. Il mio grande amore.
Pochi mesi prima di scattare quella foto mi aveva chiesto di diventare sua moglie, e proprio in quei giorni avevamo iniziato a programmare tutto il necessario per il nostro matrimonio. Non avremmo potuto essere più felici, in quel momento.
Adesso, guardare quell’immagine mi fa male, se ripenso a quello che è successo.
La afferro di scatto, per poi gettarla con rabbia nel cestino. Un rumore di vetri rotti accompagna la sua caduta.
Non so nemmeno per quale motivo sono arrabbiata, in realtà.
Se con Marco per quello che stava per fare, se con me stessa perché ho ritardato a dirgli del Pakistan, se con il mio cuore che lo ha già perdonato o col cervello che insiste a non farlo.
Forse è un misto di tutte queste ragioni.
Noto appena che Patatino solleva la testa, incerto su cosa mai stia facendo.
Adesso parlo anche da sola. Se continuo così, ci finisco veramente, alla neuro.
Quando mi volto, noto il mio abito da sposa spuntare dall’anta mal chiusa dell’armadio. Deve essere rimasto lì dalla sera in cui ho parlato con Cecchini, nemmeno ci avevo fatto caso.
Quel vestito bianco mi fa tornare in mente le parole di mia madre, quando mi disse che non l’avrei mai indossato perché non sarei riuscita a conciliare amore e lavoro. Quelle parole, col tempo, sono diventate fin troppo reali, anche se mamma mi ha detto di non crederci più a quell’assunto, quando le ho raccontato cosa Marco era convinto di aver fatto.
Mamma adora Marco, da sempre.
Non me l’aveva mai detto a voce alta prima, ma era evidente. Lui l’aveva conquistata fin da quando li avevo presentati, quella mattina in caserma, ed era stata felicissima di scoprire che stavamo insieme.
Non mi stupisce che ora stia tentando anche lei, insieme al maresciallo, di farci far pace. Sotto sotto, non mi dispiace vederla insistere affinché io possa davvero tornare a indossare quel vestito prima o poi, nonostante io abbia messo in chiaro più di una volta che la mia divisa non la lascerò mai. Per nessun motivo al mondo.
Ma anch’io voglio poter vestire di bianco e raggiungere Marco all’altare. Il mio principe azzurro che mi considera bella anche vestita da Zorro.
Solo che, a rivederlo adesso, mentre il mio cuore e la mia testa sono impegnate in una lotta continua, vorrei solo ridurre quel bianco in brandelli.
Con un tempismo sempre perfetto, sento il campanello suonare, saltando in aria, persa com’ero nei miei pensieri.
Vado ad aprire, convinta sia il fattorino con la pizza, ma con mio enorme disappunto c’è Cecchini, al telefono, intento a parlare con ‘Biscottina’, ovvero mia madre.
Il maresciallo entra in casa mia come se niente fosse continuando a chiacchierare al cellulare. Di me, naturalmente.
“Dai, Biscottina, stai tranquilla, le faccio compagnia io! Stai tranquilla, ci penso io, non resterà mai sola, le faccio compagnia io appena- eh... Sua mamma.”
Tenta di passarmela, ma io ho altre idee. Ho evitato le sue chiamate per tutto il giorno. Così è una costrizione!
Vorrei spingerlo fuori, ma in realtà lui non ha fatto niente di male, se non ospitare il traditore.
Capisco tu sia arrabbiata, ma ti ricordo per l’ennesima volta che Marco non ti ha tradito. La smetti di chiamarlo così?
Al momento no, grazie vocina. Torno a Cecchini.
“Non ci voglio parlare... non ci voglio parlare, non ci voglio parlare!” Sussurro, leggermente in panico. Lui, sia mai che mi dia ascolto?
“Un minuto, che sta dando da mangiare al cane... te la passo subito!”
Afferro il telefono, furibonda. “Mamma, ciao... sì, sto bene... Non ti preo- no, non c’è bisogno che vieni, stai tranquilla... Sì, certo, lo tratto bene il maresciallo...” mormoro, apatica, prima di mettere una mano davanti al microfono del cellulare quando vedo che lui ha recuperato la foto dal cestino. “Si deve fare gli affari suoi!!” gli intimo prendendogli la foto di mano e buttandola di nuovo insieme alle cartacce prima di tornare, malvolentieri, a parlare con mia madre.
Lei insiste sul fatto che devo pensarci, che devo calmarmi, riflettere...
Io la ascolto per metà, assecondandola più per abitudine che per reale intenzione di seguire i suoi consigli.
Una volta chiusa la chiamata, riconsegnato il telefono e convinto il suo proprietario a lasciami da sola - perché non ho proprio voglia di restare in compagnia di Cecchini, e quella di non lasciarmi mai sola suonava più come una minaccia - finalmente torno alla mia attività precedente.
Aspettare la pizza, chiudendo la mente.
 
Marco’s pov
 
“Furto d’auto, truffa aggravata, violazione di domicilio...” Elenca Cecchini in ufficio, la mattina seguente, leggendo il fascicolo sull’indagato.
“Senza contare la storia del bambino...” Aggiungo.
Siamo in ufficio.
Io e il maresciallo stiamo leggendo il fascicolo di Sergio La Cava.
In realtà più per Anna che per me, perché io lo conosco bene.
Ero io il PM che si è occupato delle indagini, quella volta, quando ancora lavoravo a Perugia.
Il caso era stato terribile, anche se mi aveva lasciato diversi dubbi perché il ragazzo, dopo una breve fuga, non aveva esitato a farsi catturare e assumersi la colpa di tutto. Strano, no?
Ma si dichiarava colpevole, era stato sul luogo del delitto, gli elementi c’erano tutti.
Si era beccato sei anni di carcere per omicidio, e il suo era stato uno degli ultimi casi che avevo seguito lì. Avevo chiesto il trasferimento qui a Spoleto perché Federica era di qui, per evitare di spostarmi tutti i giorni, e quando il mio predecessore Lucrezia Volpi aveva lasciato il posto, avevo ricevuto l’agognato trasferimento.
Certo, aveva causato più problemi che altro con Federica, visto che la mia precedente assenza aveva già portato lei e Simone al tradimento, ma alla fine ne era uscito qualcosa di molto meglio.
Perché dal tradimento era nato un amore più grande.
Avevo incontrato Anna.
Non è un riferimento casuale, è lei che sto osservando in questi istanti.
È concentrata, attenta, e capisco che anche a lei risulta qualcosa di strano dalla storia dell’omicidio del piccolo Spada.
Stiamo per iniziare a discutere del caso, quando una voce ci interrompe.
“Si può?”
Sara.
Rivolge un saluto generale a tutti, prendendo poi parte alla conversazione sull’aggressione.
Una volta terminato, si rivolge ad Anna.
“In realtà sono venuta anche per un altro motivo. Posso parlarti un momento in privato?” le chiede, e Anna annuisce con un sorriso.
Questa strana confidenza mi preoccupa un po’.
Non è che ci avevo visto bene? Si sono alleate davvero in qualche modo contro di me?
In ogni caso, per non peggiorare la situazione, io e il maresciallo andiamo via, ma non prima che Cecchini, come al suo solito, decida di approfittare del momento per chiedere alla PM un contributo per salvare la Madonna dei Disperati.
Ancora con ‘sta statua?!
Lei, senza esitare, tira fuori una banconota da cento euro.
 
Io e il maresciallo usciamo dall’ufficio del Capitano, e mi siedo accanto a lui alla sua scrivania, più scoraggiato che mai.
“Ma che si stanno dicendo? Non si capisce ‘na parola...”
“Non lo so maresciallo, non ne ho idea...”
Chissà cosa stanno progettando...
Anche tu dovresti progettare. Un modo per riconquistare la fiducia di Anna. In fretta, anche. Perché sì, ha detto che ti perdona, ma non è che la puoi fare aspettare in eterno. Come per la proposta, ricordi? SBRIGATI.
Solo che non mi sembra una grande idea parlarne con Cecchini, ché rischio di combinare un altro disastro annunciato.
“Ahhh, invece ce l’ho io una buona notizia!” Esclama lui, con una nota di speranza. “La Capitana, l’abito da sposa lo ha conservato! L’ho visto io, lo ha conservato.”
“Davvero?”
“L’ho visto spuntare dall’armadio, ieri sera quando sono passato a casa sua! Se lei non se ne libera, vuol dire che sta pensando, riflettendo, nel suo cuore... Mia madre lo sa come diceva? Finché c’è il vestito, c’è speranza!”
Un sorriso si fa spontaneamente largo sulle mie labbra.
Cecchini ha ragione, il vestito è un buon segno.
Nemmeno si rende conto di quanto le sue parole mi abbiano aiutato.
 
Sara’s pov
 
Giungo in caserma per capire meglio il caso che si sono trovati sottomano.
Arrivata in ufficio, trovo Anna intenta a parlarne con Marco e il maresciallo.
Mentre mi faccio spiegare lo stato delle cose, non posso fare a meno di notare lo sguardo mesto di Marco, che torna sempre su Anna.
Vista la richiesta che mi aveva fatto lei, di darle una mano a far espiare il suo fidanzato, colgo al volo l’occasione, chiedendole di poter parlare in privato. Lui entra immediatamente nel panico, ma va via senza fiatare. Il maresciallo mi chiede un contributo per... salvare una statua? Strana richiesta, ma sembra che lui ci tenga molto, per cui mi limito a collaborare.
Una volta rimasta da sola con Anna, dopo qualche istante scoppiamo a ridere per la scenetta appena svoltasi.
“Grazie per... l’aiuto per l’espiazione,” ridacchia lei.
“Figurati, non devi nemmeno dirlo... è divertente.” sorrido. “Non mi costa niente, dopotutto.”
“Grazie lo stesso. Ah, a proposito... mi chiedevo se ti andava di andare a prendere qualcosa stasera, se ci sei... Ci sarà anche mia sorella, così magari possiamo conoscerci meglio...” propone Anna, con una leggera esitazione.
“Volentieri!” accetto.
Ci mettiamo d’accordo.
Facciamo anche il punto sul caso, e poi esco dall’ufficio dopo averla salutata.
Uscendo, passo davanti alla scrivania del maresciallo, e sorrido perfidamente a Marco, continuando il ‘giochino’ architettato con Anna, che lo fa andare ancora più nel panico.
Poverino...!
Ma ci si è messo da solo in questa situazione, e impegnarsi non gli farà di certo male.
Comunque, sono sempre più sicura che l’uomo ubriaco che ho conosciuto quella sera, innamorato perso della sua Anna, una soluzione per questo casino la troverà certamente.
 
Anna’s pov
 
Sara è uscita qualche minuto fa dal mio ufficio.
È veramente carina, e sebbene ci conosciamo da pochissimo, qualcosa mi dice che è anche una buona amica. Mi sta aiutando a far ‘espiare’ Marco senza che fosse dovuto, in fondo.
Ci siamo accordate per stasera, ma prima ho una lunga giornata di lavoro che mi attende.
Sto rileggendo il fascicolo di Sergio La Cava.
Questo ragazzo non è certo un santo: la lista dei reati è lunga, anche se non si tratta di cose troppo gravi, tranne ovviamente l’omicidio.
Dal fascicolo, scopro anche che il PM che si occupò del caso, sei anni fa, era proprio Marco.
Ecco perché non ha detto quasi nulla prima, mentre Cecchini leggeva... sapeva già tutto, ed ecco anche il motivo per cui continuava a fissarmi.
Per Marco sono sempre stata un libro aperto. Avrà capito che alcuni dettagli non mi convincevano e stava aspettando di terminare per chiedere la mia opinione in merito, quando era arrivata Sara.
Evidentemente anche lui aveva avuto dubbi, nonostante le prove fossero tutte contro La Cava.
Forse dovrei parlarne con lui... del caso, di nient’altro.
Certo, come no... ci sto credendo!
Eccola, dannata vocina. Sta’ zitta!
Eddai, sai benissimo anche tu che non parlate mai solo di ‘lavoro, lavoro, lavoro’...
La ignoro, tornando al fascicolo.
Penso a cosa possa c’entrare con il caso corrente.
Chi ha sparato a Sergio? E perché? Chissà se le due cose sono collegate...
 
Sono le 17 quando il mio turno finisce.
A casa, trovo Chiara, appena rientrata. Mi cambio in fretta, per incontrare Sara direttamente al bar.
Le presento ufficialmente, visto che qualche giorno fa, nel mio ufficio, non avevamo avuto modo di farlo, prima di ordinare da bere per tutte e tre.
La serata precede tra risate e scoperte.
Non avevo sbagliato sul suo conto, Sara mi somiglia molto: testarda quanto me, dedita al suo lavoro, forse un po’ cinica anche se credo possa avere a che fare con qualche ferita non rimarginata del suo passato, di cui però non ha parlato apertamente.
L’ho intuito dai suoi gesti, dal comportamento verso alcuni temi trattati - sembra un po’ Marco quando l’ho conosciuto.
Ora cosa c’entra Marco? E poi dici che non pensi sempre a lui... Sì, sì, si vede.
Evidentemente c’entra a prescindere, perché sento Sara fare il suo nome.
Torno alla realtà, solo che non ho idea di cosa lei mi abbia chiesto perché mi sono persa una parte del discorso.
“Uhm, sorellina, gli alieni che dicono, sono simpatici? No, perché solo un rapimento extraterrestre poteva riuscire a farti distrarre...” commenta Chiara, facendomi arrossire, prima di ridere insieme a loro.
“Fa niente... ti stavo chiedendo cosa hai intenzione di fare con Marco. Perché quando l’ho incrociato in tribunale, in questi giorni, mi è sembrato anche lui distratto e parecchio giù. Ho capito che sta tentando di farsi perdonare...”
Io abbasso lo sguardo.
“Hai ragione... è solo che... la verità è che non so ancora cosa fare. Sono abbastanza confusa, è... una situazione difficile, per tanti motivi.” mormoro, ripensando a quello che Marco ha passato con Federica.
Sara forse intuisce qualcosa, perché lascia cadere il discorso, ma non prima di avermi dato il suo consiglio.
“In fondo ti capisco... meglio di quanto credi. Fai bene a prenderti del tempo per riflettere.”
Poi solleva il bicchiere per un brindisi.
“A Marco Nardi, l’uomo che inevitabilmente abbiamo tutte e tre in comune, che è pazzo della sua Anna e che però deve prima espiare per riprendersela!” esclama, facendo ridere sia me che Chiara, che ne sta a sua volta apprezzando la compagnia.
Confermo, questa serata tra donne è stata una manna dal cielo!
 
Marco’s pov
 
Sono rientrato da poco a casa del maresciallo. È quasi ora di cena, e mi sto avviando in cucina con l’intento di mettermi ai fornelli quando Cecchini sbuca fuori dal nulla, facendomi quasi prendere un infarto.
“Dobbiamo fare qualcosa per la Madonna dei Disperati!”
“Maresciallo! Un colpo m’ha fatto prendere...” esclamo, una mano sul cuore.
“E vabbè... mi deve aiutare,” dice, senza curarsi di nient’altro. “Deve venire con me. So che cosa dobbiamo fare per la statua.”
A me già questa cosa non piace.
“Che ha in mente?” gli chiedo, sospettoso.
“Non si deve preoccupare, Lei, deve venire con me. Anche per passare una serata diversa... all’aria aperta.”
“Quello magari ci vuole...” commento, seguendolo fuori senza reale entusiasmo.
Quello che non ci voleva è il modo in cui passiamo la ‘serata diversa’, come immaginavo.
Perché il suo piano prevedeva di andare con Pippo al terreno di Cocozza a rubare la Madonna dei Disperati.
Non so nemmeno perché accetto lo stesso.
Peggio, sulla strada di ritorno, incrociamo Zappavigna e un altro carabiniere di pattuglia, che chiedono cosa ci sia nella carriola, mentre io mi sono nascosto: ci mancherebbe solo questa!
Cecchini mi mette in mezzo, dicendo che ci sono io, che mi sono ubriacato - e dire che vorrei tanto essere astemio, da un po’ di tempo a questa parte - e che mi stanno portando a casa. Mi ritrovo costretto ad ascoltare le parole di compatimento dell’appuntato, giusto per migliorare la mia fama in giro.
Rientriamo dal maresciallo, mentre io mi chiedo se non sono davvero impazzito.
Rubare una statua, ma si può?
Se Anna lo scopre, sono nei guai fino al collo! Ed è l’ultima cosa di cui ho bisogno, perché dovrei essere alla sua porta, a supplicarla perché possa parlarle, non con Cecchini e Pippo per i vicoli di Spoleto...
La statua giunge sana e salva fino all’appartamento.
Ho passato tutto il tragitto di ritorno a battibeccare col maresciallo, e lui come al solito vuole avere ragione.
Io sono già nervoso di mio perché ho pure saltato la cena, così me ne vado a dormire senza dire altro, nonostante lui tenti di fermarmi chiedendomi scusa.
Nel cuore della notte mi alzo per prendere un bicchiere d’acqua, ritrovandomi davanti la statua della Madonna. Una presenza un po’ inquietante da incontrare al buio, visto che Cecchini l’ha posizionata proprio al centro del salotto. Certo, sempre meglio dell’idea fantastica che aveva avuto all’inizio: piazzarla accanto al mio letto.
Disperato sì, ma fino a questo punto non ancora.
 
Anna’s pov
 
 
La serata di ieri sera con mia sorella e Sara è stata terapeutica.
Finalmente sono riuscita a dormire tutta la notte, come non facevo da un po’.
La mattina, decido di andare a trovare Sergio in ospedale, nella speranza di riuscire a convincerlo a collaborare. So che nasconde qualcosa, e vorrei capire di che si tratta.
Busso per avvisarlo del mio ingresso, ma quando apro la porta lo trovo intento a cercare di infilarsi la camicia.
“Scusa...” mormoro con un leggero imbarazzo.
“No, che scusa, figurati...” minimizza lui, affrettandosi il più possibile a indossare l’indumento.
Il mio sguardo coglie la catenina che porta al collo.
“Allora, a cosa devo questa visita?” chiede, sempre col suo tono velatamente sarcastico.
“Sappiamo che non è stato Alfiero a spararti, sappiamo però che gli Spada posseggono una pistola dello stesso calibro di quella che ti ha sparato, pistola che non si trova... sappiamo che sai chi ti ha sparato.” affermo, senza esitare.
“Sapete un sacco di cose... e allora non vi servo, giusto?” mormora, prima di voltarmi le spalle e dirigersi verso la porta, che apre e attraversa.
Mi sento interdetta.
“Che fai, te ne vai?”
Mi lancia un’occhiata divertita. “Sono un uomo libero o no?”
La frecciatina velata non ha l’effetto che lui vorrebbe. Mi avvicino.
“Senti... a me non interessa quello che hai fatto prima, né quello che gli altri pensano di te. Sto solo cercando di capire chi ti ha sparato, e lo scoprirò... con o senza il tuo aiuto.” gli dico, piantando lo sguardo nel suo, che non abbassa.
“Bene, in bocca al lupo allora... Capitano!” sottolinea con leggera ironia. Il sottotesto del mio grado mi fa innervosire, come ogni volta.
 
“Allora, Sergio La Cava non collabora, dobbiamo vedercela da soli. Abbiamo novità?” affermo, una volta rientrata in caserma.
Sono nel mio ufficio insieme a Cecchini e Zappavigna. Marco è in ritardo, ma quando arriva il mio tentativo di parlare del caso va in fretta a vuoto.
“Buongiorno a tutti!” saluta, una punta di fastidio nella voce.
“Come mai a quest’ora?” si impiccia il maresciallo, come al solito.
“Scusatemi per il ritardo... Sono dovuto andare in tribunale e poi venire qua a piedi,” dice, imbronciato. “Maresciallo, non è che ha preso Lei le chiavi della mia moto, vero?”
“Io?!” fa lui, sconcertato. “Che ci dovevo fare con le chiavi della moto?”
“Magari le ha prese per sbaglio...”
Io trattengo un sorriso.
“Dice-” tento di parlare, ma Marco mi interrompe di nuovo.
“Scusa, Anna, un attimo... Lei non sa niente nemmeno del casco?” continua a chiedersi, col maresciallo che nega ostinatamente di saperne nulla.
A me viene da ridere, perché è vero che Cecchini non sa niente.
Potrei essere stata io a nascondere entrambe le cose con l’aiuto di Chiara.
Per una buona espiazione, bisogna camminare, faticare. E poi gli fa bene alla salute, così si tiene in forma.
Interrompo di nuovo le lamentele. “Abbiamo novità?” insisto, cercando di chiudere il battibecco.
Zappavigna ci sta spiegando cosa c’è di nuovo, quando arriva Don Matteo che ha trovato l’arma del delitto.
Ma è sempre un passo avanti a noi, il prete!
Come se non bastasse, giunge anche una telefonata per avvisarci di una rapina avvenuta nella gioielleria della famiglia di Sergio.
Ci precipitiamo lì.
 
Appena entrati, troviamo il corpo di Egidio Spada privo di vita.
Mi basta un’occhiata per capire che non è stato preso niente.
“... Non è un furto.” affermo, prima di accorgermi di un oggetto per terra, accanto a Spada.
“Cos’è?” chiede Cecchini, ma io rispondo solo con un profondo sospiro.
Conosco quella catenina, so chi l’ha persa.
“Dobbiamo trovare Sergio La Cava.”
 
Chiara’s pov
 
Sto lavando i piatti.
Non so bene come Anna sia riuscita a incastrarmi, ma tant’è. Di solito me ne tiro sempre fuori.
Lei però mi sta dicendo di quanto sia stanca e di come abbia passato tutto il giorno a cercare quel ragazzo senza trovarlo, quando qualcuno bussa alla porta.
È mamma.
Non sapevo fosse a Spoleto.
Dopo averci salutate entrambe, chiede di poter parlare con Anna.
So bene perché: sono giorni che cerca di contattarla, ma mia sorella risponde solo con brevi messaggi privi di vere informazioni su come stia.
Capisco dalla sua espressione che è qui per raccontare ad Anna una storia che io già so, e che ho scoperto per sbaglio.
Non ho mai detto niente ad Anna perché sapevo che avrebbe dovuto sentirla dalla mamma, se mai ce ne fosse stato bisogno. Il momento della verità è arrivato, e so che se ha deciso di dirglielo, è per far breccia nella sua armatura, e per indurre il processo di riappacificazione con Marco.
Così afferro il guinzaglio di Patatino, portandolo a fare una passeggiata e lasciandole alla loro conversazione.
 
Elisa’s pov
 
Chiara ci ha lasciate sole, intuendo probabilmente il motivo del mio arrivo a Spoleto.
È il momento che anche Anna sappia quella storia che avrei preferito non doverle raccontare mai, visto il suo rapporto con il padre, e che Chiara sa già ma che ha scoperto per puro caso.
Mi siedo sul divano, invitando Anna a fare altrettanto.
Lei accetta di malavoglia.
“Allora, io sono venuta qui a dirti che... anche tuo papà mi ha tradita. E io... io ero furibonda, lo sono stata per tanto tempo...”
Lei spalanca gli occhi, incredula.
So che non si sarebbe mai aspettata una notizia del genere, e io stessa non gliel’avrei data se non l’avessi ritenuto fondamentale.
Anna sembra non capacitarsene.
“Perché me lo stai dicendo? Che... che cosa mi stai dicendo? Che gli uomini tradiscono... e basta? Questo, è così?” Mormora, rabbiosa, fraintendendomi.
Capisco che devo spiegarle tutto fino in fondo. È una donna perspicace, ma alcune verità ha bisogno di sentirsele dire, invece di intuirle solamente.
“No. Che nonostante questo errore, tuo papà resta l’uomo meraviglioso che hai conosciuto e che ho amato perdutamente per quasi vent’anni... Può succedere in una vita, Anna, si può sbagliare... l’importante è che nelle persone che abbiamo davanti, che amiamo, non vediamo solo gli errori, ma il cuore!”
Lei mi fissa con gli occhi lucidi, così continuo.
“Io ho perdonato tuo padre nonostante mi avesse tradita, ed è stata la scelta migliore che potessi fare... Se io ho perdonato un tradimento, allora tu puoi perdonare Marco, che non l’ha commesso. Non ha mai avuto l’intenzione di farti del male, anzi... so che fa soffrire, ma... può un piccolo errore contare più delle azioni buone, dei momenti belli che avete condiviso? Più del suo amore, e del fatto che ti avesse lasciata libera di inseguire il tuo lavoro, cedendo all’alcol solo perché disperato all’idea di perderti?”
Anna a questo punto non riesce a trattenere quelle lacrime che sono convinta tenesse dentro da giorni. Cerco di asciugargliele come posso, anche se so che ha bisogno di sfogarsi.
“Anna, pensaci...” le suggerisco in tono dolce, lasciandola poi da sola a riflettere.
Ho preferito non insistere, perché capisco che deve ancora avere del tempo per elaborare tutto.
So che per lei la fiducia è uno dei valori più importanti in assoluto, e Marco ha rischiato di tradire proprio quello. Adesso mia figlia ha bisogno di riflettere, anche se spero che riesca a venire a capo della questione in fretta, perché vederla stare così male, quando sono abituata anch’io alla sua facciata forte, mi provoca solo ulteriore dolore.
 
Anna’s pov
 
Il discorso di mamma l’ho capito fin troppo bene.
Non avrei mai, mai pensato che papà potesse aver fatto una cosa del genere.
Ma mia madre è riuscita a guardare oltre, come io stessa non avrei mai immaginato, anche per me e per Chiara, probabilmente, e lo aveva perdonato.
È andata via poco fa, ha preso una stanza in albergo per lasciare me e Chiara più libere, sapendo che ho bisogno di passare del tempo con lei.
Vado verso l’armadio, aprendo poi l’anta per tornare a fissare il mio abito da sposa.
Quel vestito mi confonde.
Più lo guardo, più mi viene in mente quello che sarebbe potuto succedere.
In questo momento rientra Chiara, che capisce e mi abbraccia a lungo senza dire nulla.
Solo dopo un po’ mi chiede se può fare qualcosa per me.
“Se vuoi aiutarmi davvero, devi far sparire il mio vestito da sposa. Mi fa male vederlo di continuo.”
“Va bene, non ti preoccupare. Ci penso io, ho già in mente cosa farne.”
Torna ad abbracciarmi, prima di lanciarmi uno sguardo divertito.
“Mi sa che ci vuole un po’ di gelato, mh? Cioccolato e panna.”
 
Marco’s pov 
 
Cecchini ha appena fatto credere ad Anna che la figura distesa sul divano fossi io.
Lei ha bussato per avvertirlo del risultato positivo dello stab sul corpo di Egidio Spada, indicandolo come colpevole dello sparo a Sergio La Cava. Il ragazzo, a quanto pare, è venuto a Spoleto per rintracciare la figlia, quindi probabilmente è ancora in paese.
Solo che, prima di aprire la porta, il maresciallo mi ha costretto a spostare la statua della Madonna dei Disperati, e l’unico modo veloce era quello di appoggiarla in orizzontale sul divano, gettandole sopra una coperta poggiata lì.
Solo che - me ne rendo conto solo ora - la statua, per qualche assurda ragione, ai piedi ha dei sandali che assomigliano terribilmente a delle infradito. Morale della favola: Anna ha pensato che fossi io, che mi stessi nascondendo - dandomi pure dell’ ‘essere che fa finta di dormire’, giusto per migliorare le cose - e Cecchini glielo ha pure lasciato credere, con una pessima scusa tra l’altro.
Sì, perché le ha detto che avevo addosso quella coperta perché ho sempre freddo, quando Anna sa meglio di chiunque altro che non è così.
Anche in pieno inverno, ho sempre avuto il vizio di stare in maniche corte, bermuda e ciabatte a casa, non c’è temperatura che tenga.
Lei ha sempre affermato di non riuscire a capirmi in quel contesto, visto che, al contrario, lei ha sempre freddo.
Una delle cose per cui, se da un lato la prendevo in giro per le sue lamentele in merito, dall’altra non potevo che approfittarne per prenderla tra le braccia e stringerla a me per attenuare i brividi.
Ogni scusa era buona per averla vicina.
Comunque sia, non è il momento di fare i nostalgici: più mi lascio coinvolgere da Cecchini, più la situazione peggiora. Se solo Anna rispondesse alle mie chiamate e al mio incessante bussare alla sua porta...
Da fuori non mi azzardo più a provare, ho troppa paura della signora Serena. Mi ha già innaffiato una volta e minacciato di buttarmi giù dalla scala, preferirei evitare.
 
Nel frattempo, mi comunicano di aver rintracciato Sergio, che si trovava insieme a Don Matteo presso una casa di cura, in cui hanno accolto un’anziana signora, e che con loro c’era una bimba.
Probabilmente sua figlia.
 
Quando lo portano in caserma affinché possiamo interrogarlo, lui mi riconosce immediatamente.
Certo, come dimenticare chi ti ha sbattuto in galera?
Solo che sul suo volto si dipinge lo stesso sorriso beffardo di allora, irritandomi.
Se pensa che io provi piacere a farlo tornare dentro, si sbaglia. Non è questo lo scopo  del mio lavoro, e avevo sperato che avesse cambiato testa in questi anni.
Lascio che sia Anna a condurre l’interrogatorio, almeno inizialmente.
“Questa è tua, vero? Era sul luogo del delitto.” Chiede lei, sollevando una catenina.
Sergio, come al solito, non collabora.
Anzi, mormora qualcosa che non capisco.
“Come, scusa?”
Lui mi rivolge uno sguardo irriverente. “Dico, pensa te dov’era finita...”
Tanto basta a innervosirmi. “Fai meno lo spiritoso, però. Ieri sei stato visto entrare dagli Spada in un orario compatibile con quello del delitto.”
“È stato Egidio a spararti, vero?” Preme Cecchini.
“Eh, non mi ricordo...” è però la risposta di La Cava. Niente, quel tono che usa non fa altro che irritarmi.
Interviene Anna. “Hai ucciso tu Egidio Spada?” gli chiede soltanto, guardandolo dritto negli occhi.
Lui non abbassa lo sguardo né esita a rispondere. “No.”
È Anna a puntare gli occhi in basso, stavolta, pensierosa.
Anche lei crede ci sia qualcosa di strano nel suo atteggiamento, sebbene non abbiamo ancora affrontato direttamente l’argomento, ma lui non può sperare di passarla liscia, stavolta, con queste prove a carico.
“Adesso ti dico cosa penso: penso che Egidio ti abbia sparato e tu l’hai ucciso per vendetta.” asserisco.
Lui non risponde. Anna torna a parlare. “È andata così?”
Perché gli fa queste domande così semplici? Perché non insiste?
Lo sai bene, il perché. Gli stessi dubbi, ricordi? Aspetta.
La Cava non cambia atteggiamento. “Ditemelo voi com’è andata e fatemi sapere, va bene?” commenta, con un altro sguardo strafottente a me.
“Va benissimo, te lo facciam sapere subito, guarda... Sei in stato di fermo.” Affermo io, gelido.
Lui non sembra sorpreso, anzi. Fa per alzarsi, rivolgendo però un sorrisetto ad Anna. “Ci vediamo... Capitano.” La saluta in tono sommesso, con una sfumatura nella voce che mi fa montare una gelosia senza precedenti.
 
Lo seguiamo giù fin quando gli altri agenti non lo fanno salire in macchina.
Lui e Anna si scambiano un lungo sguardo, un’altra volta.
“Sembra che non vedesse l’ora di tornare in carcere...” mormora lei con voce incerta, lanciando poi un’occhiata di traverso a me.
“Perché è colpevole!” esclama il maresciallo con ovvietà.
“No, non penso...” nega però lei. “I colpevoli abbassano lo sguardo...”
“... gli occhi non mentono.” finisco io per lei, quasi sovrappensiero.
Anna stavolta si gira a piantare gli occhi nei miei, un misto di stupore e consapevolezza perché, anche in questo caso la pensiamo allo stesso modo.
Sono d’accordo.
Come quel giorno.
Per un secondo, vedo un piccolo sorriso farsi strada sulle labbra di Anna, prima che lei mi volti le spalle, tornando in caserma.
 
Anna’s pov
 
Poco fa Marco ha confermato ciò che io sospettavo già, ovvero che, come me, ritiene che Sergio nasconda qualcosa.
Non che mi stupisca più di tanto. Io e Marco siamo spessissimo d’accordo sui casi, contrariamente all’inizio del nostro rapporto di lavoro.
All’epoca, non facevamo altro che litigare, ma col tempo ci eravamo resi conto di avere solo modi di ragionare diversi, ma i dubbi alla base erano uguali. Da quel momento, era diventato tutto più semplice, e il nostro sodalizio lavorativo ne aveva giovato, ma non solo quello.
Forse mamma ha davvero ragione, dovrei guardare oltre l’errore che Marco stava per commettere, concentrandomi invece su ciò che di lui ho sempre amato, ciò che mi ha portata a fidarmi, e innamorarmi di lui.
I miei pensieri sono interrotti da Cecchini che vuole parlarmi di una sua intuizione. Sua, come no.
Una di quelle di Don Matteo, che se possibile, mi fa innervosire di più.
È la stessa identica cosa che avevo detto io prima: perché se lo dice il prete, Cecchini ci crede, e se lo dico io no?! Che senso ha?
Mentre parliamo, si presenta in caserma Cocozza, che strilla che Cecchini gli ha rubato la statua della Madonna dei Disperati.
Cerco di calmare le cose, inutilmente, ma il furto mi sembra un’accusa esagerata.
Anche perché, il maresciallo non la voleva comprare? E poi, che se ne fa di una statua?
Certo, da lui c’è da aspettarsi la qualunque, non mi sorprendo più di niente, con lui, ma da qui a rubarla... si può essere così disperati da compiere un gesto del genere?
Mi sorge un dubbio. Non è che Cecchini ha rubato la statua per - o con - Marco, vero?
Voglio dire, non è poi così disperato da volersi affidare all’aiuto divino, no?
Sorrido.
Certo che è proprio un pazzo se ha perfino dato retta a un piano di Cecchini.
Sì, stellina. È pazzo di te, e lo sai.
Scuoto la testa, tornando alla realtà. Non credo che il mio rossore sia consono al momento, ecco.
Cocozza insiste per controllare a casa del maresciallo, che inizialmente non vuole ma poi desiste.
Mentre siamo da lui, dove non troviamo nulla, sentiamo uno strano rumore.
Cecchini borbotta a proposito di qualcosa che ha mangiato, ma non mi frega.
“No no no no no, veniva dal mio appartamento, maresciallo!”
“Andiamo a vedere!” salta su Cocozza.
Apro la porta di casa mia, e mi si presenta davanti una scena a dir poco strana.
Chiara, intenta a parlare con Marco.
“Ciao, scusa, che cosa fai a casa mia?!” chiedo, irritata, perché mia sorella sa benissimo che non volevo che lui ci entrasse.
Lui sembra senza parole per qualche istante, spiazzato, alla ricerca di una giustificazione, forse, quando risponde Chiara.
“No, l’ho fatto entrare io... è, uhm, venuto a riprendersi una cosa...”
Questa storia non mi convince.
“Cosa?” presso.
Mia sorella mi rivolge uno sguardo di sufficienza, prima di afferrare un oggetto accanto a lei.
“Questo.” afferma, con nonchalance.
Il pouf.
 
Marco’s pov
 
Tra tutte le cose che avrebbe potuto scegliere, proprio il pouf doveva nominare Chiara?!
L’espressione di Anna è indecifrabile. Starà pensando mille cose, e una buona parte posso perfino indovinarla.
La scusa comunque sembra reggere, che lei ci abbia creduto o meno, e senza pensarci due volte si trascina via Cecchini e Cocozza, non prima di avermi lanciato uno sguardo incerto.
Sto per dirne quattro a Chiara, quando lei mi precede, dicendomi che deve darmi una cosa per davvero.
Tira fuori una borsa dall’armadio, porgendomela.
Il suo contenuto mi lascia perplesso.
È l’abito da sposa di Anna.
“Perché lo stai dando a me?” le chiedo, confuso.
“Mia sorella mi ha chiesto di disfarmene, in realtà, perché più lo guarda, più sta male, dice che la manda in confusione.”
Io abbasso la testa, sconsolato. Se vuole farlo sparire, significa che non ho poi molte speranze.
“Guarda che non è un male, eh,” mi riprende Chiara. “Anna è troppo concentrata a pensare alla parte negativa di quel vestito, ma se sa di non averlo più in casa, riuscirà a ragionare meglio sui suoi sentimenti. La conosci anche tu, no? Lei è una che ragiona su tutto, anche troppo, direi, e il vestito la blocca. Se invece riuscirà a riflettere, arriverà a risolvere tutti i suoi dubbi, e quando lo farà, le servirà quello,” continua, accennando all’abito.
La fisso per qualche istante: è assolutamente certa di ciò che sta dicendo, e il suo sorriso sicuro ne fa baluginare uno sul mio volto.
“Perché mi stai aiutando? Pensavo parteggiassi per Anna, non per me.”
”Infatti sto dalla sua parte, ed è proprio per lei che lo faccio. E poi, nessuno più di te vorrà difendere quel vestito con le unghie e con i denti, perché sia sempre lei a poterlo indossare. È il suo vestito, e lo indosserà al vostro matrimonio, quando sarà il momento. Dalle solo un po’ di tempo, ha ancora bisogno di accettare l’idea che ti ami più di prima.”
Ci scambiamo un abbraccio.
Tra noi non ha funzionato per ovvi motivi, ma sono felice di averla come cognata.
All’improvviso mi ricordo del vero motivo per cui sono in casa di Anna.
 
Recupero Pippo, nascosto in bagno con alla statua, e insieme cerchiamo di riportarla all’appartamento di Cecchini, mentre Chiara ridacchia di fronte ai nostri sforzi.
Ma la statua ci sfugge dalle mani, finendo in frantumi.
Ci scambiamo tutti e tre uno sguardo terrorizzato.
E ora chi lo dice, a Cecchini?
 
Anna’s pov
 
È sera.
Sono seduta sulla poltrona a ripensare al mio abito da sposa.
La borsa è sparita dall’armadio, quindi Chiara ha fatto come le ho chiesto, lo ha fatto sparire.
Il pensiero che un’altra possa avere il mio abito mi fa male, ma so che è stata la scelta più giusta.
Chiudo gli occhi per un istante, mentre mi concedo di ripensare a quel giorno in atelier, insieme a mia madre, quando l’ho scelto.
Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, ma ero incredibilmente emozionata.
Se ero lì, era perché finalmente io e Marco ci saremmo sposati.
Avevamo stabilito la data, e iniziato a prenotare il ristorante, i fiori, la chiesa...
Era arrivato anche il momento del vestito bianco.
Non sapevo nemmeno cosa chiedere alla commessa, ma per una volta mia madre non aveva messo bocca, lasciando che trovassi da sola quello che faceva per me.
L’ho riconosciuto subito, quando l’ho visto.
Ho capito che fosse il mio non appena ci ho posato gli occhi sopra.
Quando l’ho indossato, ne ho avuto la conferma.
Il mio abito da sposa.
Quello con cui avrei raggiunto Marco all’altare.
Avevo desiderato che quel momento arrivasse il prima possibile.
Forse, ora, senza averlo intorno, riuscirò a ragionare in maniera più lucida.
Lascio vagare lo sguardo, alla ricerca di una possibile risposta ai miei dubbi, quando mi accorgo di qualcosa seminascosto sotto al divano.
Mi abbasso, tirando fuori... una mano. Di gesso.
Chiudo gli occhi, scoppiando a ridere.
Marco era qui a casa mia, oggi, e avevo trovato strano che Chiara lo avesse lasciato entrare così, senza dirmi nulla.
Adesso capisco perché.
Non era affatto venuto per il pouf.
Ha... davvero aiutato Cecchini a rubare la statua. Probabilmente il maresciallo l’avrà avvisato dell’arrivo di Cocozza, e lui ha pensato di portarla per qualche minuto da me, con la complicità di mia sorella.
Evidentemente il trasloco non è andato così bene, però, se le ha (hanno? Dubito fosse solo lui, comunque) amputato un braccio.
Le idee di Cecchini sono sempre più strambe, e Marco non riesce mai a sottrarsi in tempo. Si trova sempre invischiato nei suoi casini, solito vecchio Marco.
Questa consapevolezza mi diverte, anche se una bella ramanzina non gliela leva nessuno.
Non hanno di certo bisogno di una statua per risolvere i problemi.
E il mio fidanzato - perché lo è ancora - dovrebbe trovare un modo più ‘terreno’ per farsi perdonare.
 
“Ma Lei che pensa, che è stato lui a uccidere Egidio?” mi chiede Cecchini l’indomani, in caserma, riferendosi al figlio di Spada.
“No, è escluso, era a scuola.”
“Posso dire quello che penso, senza offesa?” fa allora lui, alzandosi. “Secondo me è stato Sergio La Cava. Voleva ricattare Egidio per non fargli rivelare che era stato Stefano a sparargli.”
Io non sono d’accordo. “Che fa, lo ricatta e non prende neanche un gioiello? No, non è stato lui.”
“E allora perché non parla, perché non si difende?”
“Perché sta nascondendo qualcosa, o qualcuno per cui è disposto a finire in carcere e a perdere sua figlia.” spiego, convinta della mia idea. Sono sicura che Sergio è innocente. Devo solo capire perché si comporta così.
“No...” nega il maresciallo, nonostante ciò.
Io lascio correre, cambiando argomento. “Ah, a proposito di nascondere... guardi cosa ho trovato sotto al divano...” dico, prima di tirare fuori da sotto la scrivania il pezzo di gesso.
Lui si illumina. “Ahh, la mano della Madonna...” mormora, prima di rivolgermi uno sguardo incerto.
“Se Cocozza la denuncia, rischia la divisa...” lo avviso, preoccupata. Lui si rigira il frammento di statua tra le mani. Io trattengo un sorrisetto. Fa sempre casini, ma gli voglio bene anche per questo.
 
Scopriamo finalmente chi ha sparato a Sergio, anche se non capiamo perché lui si ostini a comportarsi come se non ne sapesse nulla. È chiaro che mente, ed è per questo che ho provato a farlo parlare, andando in carcere a trovarlo, con zero risultati.
Forse la cosa che posso provare a fare è tornare a parlare con la sorella... o meglio, con il nipote e il marito di lei, perché ho la sensazione che la vera soluzione sia lì.
Quando arrivo a casa, ho appena iniziato a fare qualche domanda al ragazzo quando arriva anche Don Matteo, che ha i miei stessi dubbi.
Insieme, riusciamo a risolvere l’enigma: non è mai stato Sergio il vero colpevole dell’omicidio del bambino, ma sua madre, per via di un terribile incidente.
Una volta tornata in caserma, riferisco tutto a Cecchini, con Marco e Sara presenti.
Marco ha in volto un’espressione soddisfatta: è finalmente riuscito a venire a capo dei dubbi che aveva sempre avuto, e questa cosa mi rende felice. Siamo ancora un grande team sul lavoro, e non solo.
Dispongono così il rilascio di Sergio dal carcere, e io decido di andare a parlargli, aspettandolo fuori.
 
Quando esce, gli chiedo perché si sia preso la colpa per un omicidio che gli è costato sei anni di galera e l’impossibilità di stare con la figlia. Lui mi dice che comunque non si pente della sua scelta, perché vuole bene alla sorella e voleva solo proteggerla. Capisco anche che ha paura di affrontare la sua bambina, Ines, e nonostante neghi sia venuto a Spoleto per conoscerla, è chiaro che sia terrorizzato all’idea che lei lo rifiuti, o che lui non possa essere all’altezza. Cerco di convincerlo che dovrebbe comunque proseguire nel suo intento, magari a piccoli passi, ma provarci.
Lui non sembra convinto, e va via senza dire nulla.
 
Quando finalmente rientro a casa, poso le chiavi e il cappello sul tavolo, accendendo la radio in attesa che torni mia sorella.
La musica riempie l’aria.
Mi accorgo solo ora che il pouf è ancora qui.
Allora avevo intuito bene, era solo una scusa per coprire il vero motivo, ossia nascondere la statua...
Mentre mi ci avvicino, noto nel cestino la cornice che avevo gettato via per rabbia.
La prendo in mano, stando attenta a non tagliarmi con i vetri rotti, osservandola pensierosa.
Ripenso ai toni della conversazione con Sergio.
Anche Marco ha fatto un sacco di casini, ma mai con l’intento di ferirmi, anzi. Ha sempre cercato di proteggermi, di rendermi felice, lasciandomi libera anche a costo di sacrificare il nostro amore.
Le parole della canzone alla radio mi distraggono per un attimo.
 
“E sembro matto
Perché mi hai preso il cuore dentro al petto
Quando credevo che si fosse rotto
Hai smontato tutto e l’hai rifatto
Il tempo si ferma quando siamo assieme
Perché è con te che io mi sento bene
Voglio quei pomeriggi sul divano
In cui mi stringevi e respiravi piano
Ho perso te e la mia armatura di vibranio
Sembro strano”
 
È chiaramente un segno, questo.
Quelli descritti nella canzone siamo noi due.
Che siamo tornati ad amare dopo due cocenti delusioni, avevamo distrutto l’una l’armatura dell’altro, e ci siamo insinuati talmente tanto l’una nel cuore dell’altro che riusciamo a stare bene solo se stiamo insieme.
Niente l’ha dimostrato più di questi giorni passati lontani.
Adesso so cosa fare.
 
Marco’s pov
 
È sera, l’ora di cena è appena passata.
Chiara mi ha chiamato poco fa, chiedendomi se possiamo vederci in strada, davanti al portone del palazzo.
Mi è sembrata una richiesta strana, anche considerato l’orario, ma ho accettato comunque, per cui sono qui ad aspettarla.
Finalmente scende, e quando mi si para davanti ha un sorriso a trentadue denti.
Solleva una mano: tra le dita stringe un mazzo di chiavi, ma non uno qualsiasi.
Sono le chiavi di casa di Anna, o meglio dire, sono le mie chiavi di casa, quelle col portachiavi che mi ha regalato lei.
Chiara me lo consegna, prima di abbracciarmi.
“Hai già fatto l’idiota una volta, vedi di non sprecare quest’altra occasione,” mormora al mio orecchio prima di lasciarmi andare.
Tanto basta a farmi correre da lei.
 
Salgo le scale di corsa, a due a due.
Apro la porta, trovando Anna seduta sul pouf, un sorriso incantevole sulle labbra, gli occhi che brillano.
Noto sulla libreria la cornice con la nostra foto preferita: il vetro è rotto, ma è tornata al suo posto, segno che tutto si può aggiustare.
Non riesco nemmeno a parlare, ma lei non sembra aspettarsi che io lo faccia, anzi, è lei a prendere la parola.
“Penso proprio che tu abbia espiato abbastanza,” esordisce. “Me lo ha detto anche la signora Serena, quando sono rientrata dal supermercato. Mi ha detto che ho un fidanzato completamente matto, ma che di sicuro è innamoratissimo... e non posso che darle ragione. Così come, anche se mi costa ammetterlo, hanno ragione il maresciallo e mia madre. Non sarei partita in ogni caso, avevo già rinunciato al lavoro in Pakistan per restare con te. Per il nostro amore. Perché ho capito che sei tu che mi rendi felice... Mi rendi felice quando passeggiamo insieme, mi rendi felice quando andiamo a prendere il gelato, quando passiamo le serate a coccolarci sul divano, quando cuciniamo insieme... la verità è che mi basta stare con te. E ho finalmente capito che non mi importa cosa stavi per fare, o meglio, sì, mi ha fatto male, ma se il destino ha voluto che non succedesse nulla, allora forse dovrei guardare a ciò che di buono è venuto fuori da questa situazione. Come l’aver capito che possiamo superare tutto, e come la nascita di una bella amicizia con Sara,” spiega, con un sorriso.
Allora si erano coalizzate davvero per farti espiare!, afferma il grillo parlante nella mia testa, ma io lo zittisco subito, perché Anna non ha ancora finito.
“E, ecco, io... mi chiedevo se... ti andasse ancora di sposarmi... Magari non subito, possiamo aspettare l’autunno per riorganizzare tutto e ricominciare per bene dopo questo ostacolo, ma... Se lo vuoi ancora...”
Mi aspettavo il suo perdono, ma in questo non avevo osato sperarci. Mi sembrava troppo, dopo tutto ciò che è successo.
Lei è ancora in attesa di una risposta, così mi decido, sul mio volto un sorriso ampio quanto il suo.
“Certo, che ti voglio risposare... duemila volte, ti risposo!” esclamo.
Anna ride, venendomi incontro e gettandomi le braccia al collo, prima di baciarmi.
Quanto mi era mancata la sensazione delle sue labbra sulle mie...
E quanto mi era mancato stringerla, fare l’amore con lei, sapere di nuovo che domattina la troverò al mio fianco, dopo una notte senza fine.
 
Anna’s pov
 
Stamattina mi sono svegliata, finalmente, tra le braccia di Marco.
Mi mancava, questo risveglio. Mi mancava averlo accanto, mi mancava lui.
Non potrei essere più felice della scelta fatta, di riprendere insieme il cammino dopo una pausa accidentale, per via di una storta che sì, sul momento ha fatto male, ma che non ha causato alcuna rottura.
Il maresciallo ha bussato poco fa alla porta di casa, senza mostrarsi sorpreso di trovare Marco con me, limitandosi a un sorriso affettuoso per poi dirci che voleva riportare la statua al suo posto, e che aveva bisogno del nostro aiuto.
Stiamo finendo di prepararci giusto adesso e, come di consueto, mi ritrovo ad aggiustare il nodo alla cravatta del mio fidanzato. Io alzo gli occhi al cielo, fingendomi esasperata, mentre lui ridacchia prima di baciarmi.
Non mi ero resa conto di quanto tutto questo mi mancasse.
Ci affrettiamo a correre giù, prima di recarci con Cecchini e una piccola folla al campo di Cocozza.
L’uomo è ancora intenzionato a distruggere la statua, ma il maresciallo riesce a farlo ragionare e desistere, con grande gioia di tutti.
La statua della Madonna dei Disperati è salva, e ha anche compiuto un miracolo, quello che inizialmente Cecchini aveva chiesto.
Riprendere la strada del nostro amore.
Io e Marco assistiamo a tutto con le mani intrecciate.
Questa è la seconda volta che ci capita, di essere partecipi di un evento del genere, e in entrambi i casi, noi siamo insieme, più innamorati che mai.
Chissà cosa il futuro ci riserverà...
Noi non vediamo l’ora di scoprirlo.
Insieme.
 


Eccoci al secondo ‘episodio’!
Beh, non potevamo farli restare arrabbiati a lungo, giusto? Avevano bisogno di tempo, Anna doveva aver modo di riflettere, e meno male che c’è Chiara a fare da cupido, insieme agli altri (è tornata anche la signora Serena!!), altrimenti saremmo persi.
Tutto si è risolto, per il momento: Anna e Marco hanno fatto pace, e tutto sembra andare per il meglio.
Secondo voi, cosa succederà ancora? Il percorso è lungo...
Chissà! Voi diteci le vostre idee in merito, sbizzarritevi, io e Martina siamo curiose di sapere!
A presto,
 
Mari
 
   
 
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