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Autore: Louve Vanessa Wolfe    08/08/2009    2 recensioni
Jacob ha avuto l'imprinting con Bella Swan, ma lei ha sposato Edward Cullen. Renčesme č nata. La battaglia contro i Volturi č avvenuta. E' Nessie che narra.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La casa era bianca, ma sporca. Le piante si arrampicavano per buona parte della facciata frontale. La luce dell'alba aveva fatto si che una patina grigia ricoprisse tutto, rendendo l'atmosfera pių cupa e soffocante. Mossi un passo incerta verso l'abitazione nella quale era avvenuta la mia turbolenta nascita. Felix, mio marito, dietro di me attendeva immobile. I Volturi mi avevano concesso un piccolo viaggio nella mia cittā natale, come premio per la mia fedeltā in quanto ero tra i migliori componenti del loro corpo di guardia. Mi avvicinai alla porta e la spinsi delicatamente. Quella si socchiuse con un cigolėo timido. La tenue luce mattutina illuminava a malapena il grande salone. Un pianoforte impolverato, giaceva su di un piano rialzato. Fervida l'immagine di mio padre prese vita dinanzi ai miei occhi. Lui al pianoforte, concentrato mentre le sue mani -candide- scivolavano sui tasti. Un leggero soffio gelido mi sfiorō la guancia e l'immagine svanė. Mi mossi lentamente, come se avessi paura di svegliare qualcuno. Salii le scale, sfiorandole solo con la punta dei piedi. Non scricchiolarono neanche. C'era polvere d'appertutto. Il mobilio era in pessime condizioni, eppure tutto era fermo come sospeso nel tempo. Come se da un momento all'altro i magnifici inquilini sarebbero potuti tornare e riprendere la loro vita eterna. Svoltai, ritrovandomi dinanzi ad un gigantesco crocifisso. Volsi lo sguardo a destra, verso una porta. La stanza di mio padre. Entrai, attenta a non toccare nulla. Non volevo che con un mio gesto il residuo della loro presenza svanisse. La vetrata era semi aperta, alcune foglie secche giacevano sul pavimento. I vecchi drappi erano ancora al loro posto, sulle pareti. Solo uno era staccato, e solo per un angolo. I CD erano ordinatamente impilati, accanto allo stereo. Un piccolo divano in pelle nero faceva contrasto con la moquette color caramello. Sbuffi di polvere uscivano dal pavimento ad ogni mio passo. Uscii, sempre in silenzio, mentre calde lacrime rigavano il mio volto di porcellana. Scostai un boccolo e mi sporsi verso un'altra porta. Era uno studio. Le pareti erano ricoperte da libri di ogni tipo. Una grande poltrona ed una scrivania altrettanto imponente completavano il semplice arredamento. Fogli erano sparsi disordinatamente sul tavolo. Mi accostai leggermente per leggerne il contenuto. Ibridi. Mio nonno stava conducendo ricerche su di me. Il mio sguardo si spostō verso le pareti, un piccolo quadro colorato catturō la mia attenzione. Assieme a mio nonno, i suoi tre carnefici mi sorridevano bellissimi. Uscė nuovamente, protrarre per troppo tempo la visita della casa non mi avrebbe fatto bene. Entrai in una nuova stanza. Un armadio gigantesco la occupava quasi interamente. Zia Alice. Per un breve istante la rividi volteggiare nella mia mente. Non sapevo dove fosse, era sparita quando ero ancora piccola e non si era pių fatta viva. Sembrava un ateličr pių che uno studio. Vi era una piccola porta alla fine della stanza, evidentemente comunicava con un'altra camera. Entrai anche in quella stanzetta. Era abbastanza modesta. Era sui toni del panna. Un divano, una poltrona ed una piccola libreria con volumi accatastati. Zio Jasper. Era come se mi sorridesse seduto sulla poltrona in pelle beige. Uscė, stavolta sicura di dirigermi verso la stanza di Zia Rose e Zio Em. Erano stati come dei genitori, nei brevi mesi che avevamo potuto passare assieme. Prima della loro fine. Prima della mia cattura. C'era un letto immenso, uno specchio con una mensola colma di prodotti di cosmesi. Un televisore campeggiava di fronte al letto, una vecchia guida tv era appoggiata a terra, aperta sulla pagina dei programmi sportivi. Mi diressi verso la camera da letto che era stata dei miei nonni. Sulla scrivania di nonna Esme, notai delle foto. Mi avvicinai, curiosa. Le foto ritraevano mia madre, umana, abbracciata ad un ragazzo con la pelle scura ed i capelli lunghi. Jacob, il mio Jacob. Si era lasciato morire dopo che i Volturi avevano ucciso Bella. Il mio pensiero corse al resto del branco. Erano passati pių di 100 anni ormai, erano tutti sicuramente morti. Li invidiai per questo, io avrei dovuto sopportare quel dolore per l'eternitā. Notai un foglio, sopra con una scrittura elegante e chiara c'era una nome. RIO DE JANEIRO. Uno degli ultimi, quanto inutili, tentativi di mia madre di salvarmi. Scesi gių per le scale, lanciai un ultimo sguardo addolorato alla mia casa. Poi uscė fuori. Decisa a voltare le spalle al passato. Per sempre.
  
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