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Autore: Shora    10/04/2020    3 recensioni
Può l'amore esistere tra persone separate da secoli di differenza? E se ciò accadesse che ripercussioni avrebbe sugli anni a venire? Il destino ha deciso di unire tre ragazzi. Amore, morte, misteri... Cosa nasconde Parigi che tutti ignorano? Che segreti custodiscono le persone che ognuno di loro pensava di conoscere?
Ecco a voi il primo capitolo di quella che spero cresca e diventi una trilogia. Buona lettura e spero vi piaccia XD!
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sette:
Quasi due settimane dopo stavo ballando da sola, con un accompagnatore immaginario nella sala della musica. Franz musicista, nonché istruttore di minuetto, mi aveva abbandonato dopo qualche ora di strepiti per il mio scarso coordinamento. Ad un certo punto avevo smesso di ricordargli che non avevo mai nemmeno ballato un valzer, figurarsi il minuetto e credo che nessuno, nemmeno le dame del passato, lo avessero imparato in due ore. Ero certa che nemmeno a Chloè fosse arrivata a tanto. Lo aveva ammesso lei stessa qualche settimana fa, durante il suo rimprovero per come avevo trattato Adrien.
«Stupido minuetto! Stupidi viaggi nel tempo!» dissi a denti stretti, mentre cercavo di ricordare i passi e di non inciampare nell'ingombrante vestito verde oliva che avevo addosso.
«Mi scusi monsieur, le ho pestato i piedi?» domandai al mio accompagnatore immaginario.
«Sa non sono molto pratica, vengo dall’anno 2019, nessuno balla più questo ridicolo ballo.» continuai. Feci una giravolta alla gonfiando la gonna come un fiore. Feci un risolino.
«Così mi offende monsieur, una gentil donna non dice false notizie!» mi finsi scandalizzata per poi riprendere a ballare. Volevo sul serio esercitarmi e migliorare, ma senza musica era difficile, dopotutto Franz mi aveva abbandonato e non sarei mai andata a cercarlo, sarebbe stato come ammettere una sconfitta.
«Smettetela di prodigarvi in tanti complimenti, non serve così poco perché io cada ai vostri piedi.» continuai a parlare al nulla.
«Quell’accompagnatore vi sta importunando Coccinella?» sobbalzai, fermandomi di colpo. Mi voltai rossa in viso verso la porta. Adrien era appoggiato allo stipite e mi guardava sorridendo divertito. Da quanto tempo era lì e stava ascoltando i miei sproloqui.
«Emm… io...» balbettai. “Che esordio convincente!” mi complimentati con me stessa. Sempre sorridendo, il giovane entrò nella stanza. Non lo vedevo da qualche giorno, sapevo che era stato impegnato a viaggiare avanti ed indietro nel tempo. Vederlo fece gonfiare un po’ il petto di gioia. La cosa era strana, dopotutto mi aveva appena beccato a parlare da sola. Fece una sorta di inchino rivolto a me.
«Posso offrile questo ballo?» domandò. Ripresi subito il controllo della situazione. Il rossore sulle guance svanì e sfoderai un sorriso per stare al gioco.
«Non saprei.» dissi con un tono falsamente civettuolo. «Monsieur Fabian qui...»continuai indicando il vuoto. «… è molto geloso.»
«Beh, io non lo sono affatto.» mi prese la mano e cominciò a ballare con me nel silenzio della sala della musica. Una cosa che avevo notato di Adrien era che finché non si parlava di cose spinose, come pazzi assassini che volevano infilzarci, era un ottimo conversatore, con il quale si poteva scherzare tranquillamente. Dopo quel litigio avuto quel giorno a scherma avevo evitato accuratamente questioni di questo genere, più che altro perché non volevo discutere ogni giorno. Non ne avevo le energie. Avevo già preso in considerazione l’idea di parlare direttamente con M. Agrèste, ma ogni volta che passavo davanti al suo studio, mi rendevo conto di non avere ancore un discorso abbastanza convincente da permettermi di estorcergli la verità, così stavo aspettando il momento giusto. Adrien mi conduce va magnificamente e muovermi con lui mi veniva naturale. Alla faccia tua Franz!
«Come mai eri da sola?» mi chiese il ragazzo, mentre ci spostavamo in perfetta sincronia su e giù per la stanza.
«Il vostro musicista ha un carattere davvero molto particolare.» lui mi lanciò un’occhiata confusa.
«Diciamo solo che in alcuni casi capisco gli istinti omicidi delle persone.» spiegai con un sorriso, per fargli capire che non volevo iniziare nessuna discussione e che il mio era un riferimento puramente casuale.
«Quindi Franz ti ha lasciata da sola perché non ballavi bene?» si vedeva che stava per scoppiare a ridere. Mi schiarii la voce.
«Ragazzina scoordinata di qvesto passo non imparerai mai a pallare minuetto!» dissi imitando l’accento tedesco molto forte del musicista. Questa volta Adrien non riuscì più a contenersi e cominciò a ridere. Io con lui. Quando ricominciò a controllarsi mi guardò da capo a piedi, come se mi stesse analizzando.
«Non te la cavi poi così male.» mi elogiò. Finsi di non aver notato l’occhiata alla mia scollatura che aveva fatto durarne l’esame accurato di qualche istante fa.
«Anche tu.» risposi. «Continua così e arriverai al mio livello.» lo guardai con un sorriso. Un guizzo di furbizia gli brillò negli occhi.
«Oh, molto gentile da parte tua Coccinella.» si finse compiaciuto. «Ma non credo di poter raggiungere un tale livello di grazia.» ridacchiando gli diedi una spintarella. Ci sedemmo per terra, al centro del riquadro di sole proiettato dalla finestra. Rimanemmo un po’ in silenzio. Non era uno di quei momenti imbarazzanti. Semplicemente non avevamo niente da dire. Io accarezzavo la seta del vestito come se fosse un cucciolo.
«Ti sta davvero bene.» mi disse Adrien.
«Grazie.» risposi cercando di togliere un capello dalla gonna.
«In verità prima ero venuto per dirti una cosa.»
«Ti ascolto.» spostai lo sguardo su di lui.
«Domani io, te e Chloè faremo un viaggio nel 1682.» annuii. Non chiesi perché, tanto non me lo avrebbe detto. Detto questo si alzò e io lo imitai.
«È stato un piacere ballare con te.» disse mentre si spazzolava i pantaloni per togliere un po’ di polvere. «Spero che Fabian mi abbia perdonato.» sorrise. Io guardai un punto imprecisato della sala.
«Sì, si è reso conto che non c’era competizione.» scherzai.
«Grazie di questa piccola distrazione Coccinella, ora devo andare.» mi fece un cenno della mano, mentre usciva dalla stanza. Sventolai la mia, ricambiando. Come fui certa che si era allontanato, mi sporsi oltre alla porta e guardai bene a destra e a sinistra. Via libera! A passo spedito mi diressi verso lo studio di Gabriel Agrèste. Se proprio voleva spedirmi nel 1682 allora volevo delle spiegazioni. Non avevo nessun discorso in testa, come mi ero prefissata, ma detta sinceramente ero stanca di brancolare nel buio. Era arrivato il momento per alcune risposte concrete. Bussai alla porta e prima che potessi ricevere una risposta mi infilai nell’ufficio dell’uomo.
«Marinette non… umm… non ti aspettavo.» mi guardava sorpreso. Probabilmente stava lavorando visto il computer accesso davanti al lui.
«Lo so.» risposi avanzando di qualche passo. «Adrien mi ha detto che domani viaggeremo nel 1682.» continuai.
«Se è un problema possiamo spostare il giorno.» disse lui, sistemandosi gli occhiali.
«No il problema non è quello.» Finsi di osservarmi le unghie. «Voglio delle risposte. Sulla missione o io non parteciperò più ad alcun viaggio indietro nel tempo.» dichiarai. M. Agrèste emise un sospiro parecchio scenico.
«Va bene Marinette.» mi indicò una poltrona, la stessa dov’era seduta Chloè la prima volta che avevo messo piede qui dentro. Mi accomodai, nonostante l’enorme abito.
«Quello che è il vostro obbiettivo...» cominciò Gabriel con un leggero tentennamento. «… è trovare delle persone nel passato.» Era stato proprio prodigo di informazioni!
«Chi dobbiamo cercare?» “Perché?” avrei voluto aggiungere. L’uomo si passò una mano tra i capelli, sembrava a disagio. Non capivo perché gli costasse così tanto parlare con me, perlomeno delle cose davvero importanti.
«Al momento conosciamo solo due nomi delle tre persone che dovete cercare. Una è Tikki, la prima Coccinella che ha capito come poter usare i portali in sicurezza. Il secondo è Plagg, più o meno coetaneo di Tikki, era un antenato del Gatto Nero che insieme alla Coccinella della sua epoca ha viaggiato nel tempo. La terza è colei che precedette l’Ape, ma purtroppo nome e località ci sono sconosciute.» dovevamo cercare delle persone. Okay.
«Perchè?» chiesi. M. Agrèste mi scoccò un’occhiata un po’ irritata.
«Questa è una informazione riservata. Nemmeno Adrien e Chloè lo sanno.» la cosa mi parve strana. Cercavamo delle persone ma non sapevamo perché? La cosa era sospetta o pareva solo a me?
«Ora per favore torna da Franz, dovresti esercitarti ancora un po’ con il minuetto sospetto.» la sua voce aveva assunto un tono distaccato. Rinunciai al fatto di informarlo che Franz mi aveva abbandonato da qualche ora, ma comunque uscii dalla porta mormorando un “arrivederci” che non fu ricambiato. Mentre mi dirigevo con turbine di pensieri verso al sala della musica per ballare ancora un po’ con Monsieur Fabian provai anche un moto di eccitazione. Tikki, la prima Coccinella che aveva capito come usare senza pericoli i passaggi temporali. Una mia antenata! Avrei conosciuto una mia antenata di qualche secolo fa! Quando ripresi a ballare ero tutto sommato contenta e il fatto di non conoscere ancora il motivo di quella ricerca abbandonò pian piano la mia mente mentre contavano sottovoce i passi, volteggiando nella luce quasi arancione del pomeriggio. Dopo una buona mezz’ora di ballo ero stanca. Era tutto il giorno che mi allenavo e le scarpe di seta che indossavo per abituarmi alle calzature delle varie epoche cominciavano a farmi male. Mi fermai con un sospiro e me le tolsi, abbandonandole per terra. Mi avvicinai a piedi scalzi alla grande finestra e guardai fuori. La Parigi che mi si profilava era frenetica e sembrava che nessuno avesse tempo per nessuno. Il sole mi accarezzò i capelli. Guardando davanti a me, verso il cielo, mi sentii piena di una speranza che non provavo da quando tutto questo era cominciato. Sapevo un po’ di più riguardo a quello che stava succedendo e se nessuno mi voleva dare informazioni, me le sarei presa da sola. Ma per momento volevo solo godermi quella sensazione e quella singolare certezza che tutto sarebbe andato per il meglio.

  
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