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Autore: Lamy_    11/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7. LA PRINCIPESSA E LA GUERRIERA

# Ivar faceva del suo meglio per non lanciare l’ascia contro uno dei suoi fratelli. Era una sera come le altre, si trovava a cena con la madre e i tre fratelli. Aveva invitato anche Hildr per avere un supporto morale, ma l’amica aveva promesso a Floki di aiutarlo con la costruzione di una barca e poi doveva aiutare Helga con i preparativi del viaggio. Difatti, l’indomani sarebbero partiti tutti insieme per uccidere re Aelle e re Ecbert e vendicare così la morte di Ragnar. Hildr, però, non sarebbe andata con loro perché Bjorn le aveva ordinato di restare a Kattegat e proteggere Aslaug. La ragazza aveva accettato l’incarico volentieri, difendere la regina e la casa reale era un traguardo di spicco per una shieldmaiden alle prime armi.
“Ivar, hai sentito cosa ha detto nostra madre?” chiese Hvitserk.
Ivar scrollò la testa per liberare la mente dal volto di Hildr e tornò al presente, i fratelli e la madre lo guardavano.
“No. Cosa hai detto, madre?”
“Ho detto che avete l’età giusta per sposarvi. Nessuno di voi è innamorato?”
“Io ho messo gli occhi su una ragazza.” ammise Sigurd con un sorriso beffardo.
Hvitserk aggrottò le sopracciglia e diede una gomitata nelle costole al fratello.
“E chi sarebbe la sfortunata?”
“E’ Hildr.”
Ivar smise di mangiare, il cibo era appena diventato veleno. Fissò lo sguardo cieco di rabbia su Sigurd.
“Hildr non è disponibile.”
“Perché? Vuoi sposarla tu? Nessuna donna potrà mai amare uno storpio come te. Hildr è tua amica solo perché prova pietà per te.”
Aslaug abbassò il mento per non vedere la tristezza che si abbatteva su Ivar. Sapeva che suo figlio era innamorato di Hildr e che temeva di esternarle i propri sentimenti, quindi le parole di Sigurd per lui dovevano sembrare coltellate nella carne viva.
“Hildr non sarà mai tua. Non sarà di Hvitserk, né di Ubbe, né di qualsiasi altro uomo!” tuonò Ivar.
La risata di Sigurd fu come sale su una ferita aperta, bruciava e corrodeva Ivar dall’interno.
“Non mi importa della tua cotta. Hildr diventerà mia moglie quando torneremo.”
“Ti sei appena scavato la fossa da solo, Sigurd.”
Ivar fece un sorriso perfido, intriso di cattiveria pura, perché il fratello aveva appena segnato la propria condanna a morte. #
 
Una settimana dopo
Ivar distese il braccio per toccare Hildr, ma la sua mano incontrò solo le lenzuola fredde. Si passò le mani fra i capelli ed emise un sospiro grave. Da una settimana Hildr aveva preso le distanze da lui, non gli rivolgeva lo sguardo, non gli parlava, cambiava strada quando lo incrociava, e si era allontanata anche da Igor. Ivar era conscio che quella separazione fosse colpa sua e del suo segreto riguardo alla morte di Freydis, ma in tutto ciò riusciva solo a pensare che Hildr gli mancava terribilmente. La ragazza aveva trovato un’altra sistemazione da qualche parte nel palazzo, mangiava da sola e passava il tempo con Johannes e con Kyra.
“Disturbo?”
La testa di Katya fece capolino dalla porta e Ivar d’istinto si coprì, benché rimanesse a petto nudo.
“Principessa, non dovresti essere qui.”
La ragazza ridacchiò e liquidò la faccenda con un gesto della mano, poco le importava di ciò che doveva o non doveva fare. Più lui cercava di stare lontano da Katya, più lei si avvicinava. Per qualche assurda ragione Ivar in parte era felice di quella vicinanza, era come riavere Freydis con sé.
“A volte mi guardi come se mi conoscessi da una vita.” Disse lei.
“E’ così. – confermò Ivar – Mi ricordi mia moglie Freydis. Quando ti guardo è come rivedere lei. Fa uno strano effetto.”
“Strano in positivo o in negativo?”
“Positivo.”
I due si scambiarono un sorriso imbarazzato. Ivar si ricordò che Hildr non c’era e di colpo si accigliò. Ricordare Freydis, chiacchierare con Katya, erano cose che lui non avrebbe mai dovuto fare poiché la sua attuale – quasi – moglie si aggirava in quello stesso palazzo.
“Oggi pomeriggio Oleg ha organizzato un torneo. Ti va di accompagnarmi?”
“Non penso sia consono. Deve essere tuo marito ad accompagnarti.”
Katya si sdraiò sul letto a pancia in giù, occupando il posto di Hildr, e si mise a giocare con la pelliccia della coperta.
“Oleg sarà impegnato fuori città per affari commerciali. Ha lasciato il governo nelle mani di Vadim, che presenzierà al torneo. Io sono senza accompagnatore.”
Ivar si morse le labbra nel tentativo di frenare le parole, però non ebbe un esito favorevole.
“Allora sarà per me un onore essere il tuo accompagnatore.”
“Non vedo l’ora di rivederti.”
Katya si allungò a baciargli la guancia, dopodiché sgattaiolò via dalla stanza con un risolino.
 
“Il tanfo che c’è qui dentro supera quello che c’è in una tomba!” esclamò Kyra, nauseata.
Hildr sbatté le palpebre piano per abituarsi alla luce. Dormiva in una nicchia della biblioteca, in mezzo a volumi polverosi e fogli ingialliti, su una branda improvvisata.
“Buongiorno anche a te.”
“Puzzi, Hildr. Hai bisogno di un bagno.”
La vichinga si tirò a sedere e si stropicciò gli occhi per scacciare il sonno. Era l’ennesima notte trascorsa nel dormiveglia.
“Lo so, ma le tue stanze sono vicine a quelle di … quella persona innominabile.”
“Hai paura di incontrare quello sgorbio? Questa è nuova!”
Hildr non vedeva Ivar da una settimana ormai, faceva i salti mortali pur di non trovarsi nella stessa stanza con lui. Era troppo arrabbiata e ferita per tollerare la sua presenza.
“Non è uno sgorbio, soffre di una disabilità. Lo odio, sì, ma non per questo prenderò in giro il suo fisico.”
“Sei disgustosamente buona. Comunque, Oleg ha indetto un torneo per questo pomeriggio.”
“E a me cosa importa?”
Kyra si portò le mani sui fianchi ingrossati dalla gravidanza e la guardò come se stesse per comunicarle la fine del mondo.
“Il tuo nome compare nella lista dei lottatori.”
“Ma io non mi sono iscritta.” Disse Hildr, la voce ancora assonnata.
“Lo so. E’ stata Katya a segnare il tuo nome. Quella vipera ti vuole ammazzare.”
“Non sarebbe la prima.”
Kyra inarcò le sopracciglia a quella affermazione, sembrava che Hildr ci tenesse poco alla sua vita.
“Hai intenzione di batterti? Sono tutti lottatori più grossi e capaci di te.”
“Mi batterò per il gusto di illudere Katya di potermi fare fuori. Non so perché lei ce l’abbia con me, ma è appena diventata una questione personale.”
“Lei vuole Ivar.” Disse Katya senza preamboli.
Hildr si guardò la mano sinistra senza anello e avvertì un vuoto al centro del petto.
“Può prenderselo. Io ho smesso di correre dietro a lui.”
“Vadim immaginava che avresti risposto così, ecco perché ti aspetta nel capannone dove si allenano ogni tanto i soldati. E’ l’austero edificio in pietra sul lato est del palazzo.”
 
 
Hildr raggiunse Vadim soltanto verso mezzogiorno, dopo un bagno e un pasto veloce. Quando entrò nel capannone, il comandante stava discutendo con sua madre. Inna si interruppe quando si accorse della ragazza, quindi disse qualcosa al figlio in russo e lasciò l’edificio senza calcolare Hildr.
“Hildr! Benvenuta nel mio regno personale.” La accolse Vadim con un sorriso.
“Grazie. Tua madre non sembrava felice di vedermi. Ho sbagliato qualcosa?”
“Non è per te. Mia madre è offesa con me perché ieri sera non ho cenato con loro. A corte devi sempre fare attenzione al galateo altrimenti ti additano come un eretico maleducato.”
Hildr annuì, non capiva bene perché i cortigiani dovessero seguire tutte quelle stupide regole di educazione dato che a Kattegat le cene erano occasioni in cui il baccano e la birra la facevano da padrone.
“So che Katya ha inserito il mio nome per il torneo di lotta. La principessina si dà piuttosto da fare per togliermi di mezzo.”
“Oleg le concede ogni lusso, cede ad ogni suo capriccio, addirittura ha costretto i miei uomini al freddo perché Katya voleva fare un bagno in mezzo al ghiaccio.”
Vadim si sbottonò la giacca e Hildr per la prima volta si accorse di quanto fosse tonico e muscoloso il suo fisico. Guardò altrove per non essere scoperta.
“E’ una viziata. Dunque, cosa ci facciamo qui?”
“Ci alleniamo. I tuoi avversari sono forti, giocano sporco, molti di loro provengono da ogni parte di Kiev e sono spietati con quelli che stanno a palazzo. Ho valutato la tua tattica di combattimento e ritengo che alcuni punti vadano rivisti.”
Hildr aggrottò la fronte a quella specie di insulto, lei sapeva combattere come i figli di Ragnar le avevano insegnato e non ci poteva essere altro modo.
“E sentiamo, saputello, cos’è che sbaglio?”
Vadim si avvicinò a lei e le posò le mani sulle spalle, i suoi palmi erano tanto freddi da far rabbrividire la vichinga.
“Sei alta all’incirca un metro e settanta, hai muscoli forti ma i mesi in mare hanno debilitato il tuo corpo a causa della scarsa nutrizione. Mmh, direi che ti serve un’arma semi-leggera.”
“Un’arma semi-leggera? Io uso arco e ascia.”
“Non qui. – replicò Vadim – Il torneo prevede solo l’utilizzo di spade e scudi, ti dovrai accontentare. In base al tuo peso e alla tua altezza è meglio usare una spada semi-leggera che ti permetta agilità e buona presa. Sei una donna, sei minuta rispetto ad un uomo e questo è il tuo vantaggio perché puoi essere più veloce e scattante.”
Hildr rimase stupita da quelle direttive, nessuno le aveva mai spiegato quei particolari che potevano migliorare le sue modalità di combattimento. Ubbe e Ivar le aveva sempre insegnato ad attaccare a oltranza, a non lasciar respirare il nemico, a montare dentro la furia per poi scagliarla in battaglia. Al contrario, Vadim adottava la logica come filo conduttore e questa novità le piaceva.
“Va bene. Quale spada mi consigli?”
Hildr diede un’occhiata alle tante spade che ornavano una parete del capannone, erano tutte lucenti e ben affilate.
“A te la scelta. Prendi quella che vuoi, te la regalo io.” disse Vadim indicando le numerose armi.
“In base al mio peso e alla mia altezza, credo che sia ottimale una lama da sessanta centimetri con profonde scanalature per migliorare la potenza. Inoltre, la lama deve essere costituita solo da acciaio dolce e omogeneo. L’elsa deve avere la guardia piatta e l’impugnatura deve essere ad una mano. Hai qualcosa del genere?”
Vadim si era imbambolato ad ammirare Hildr che parlava tanto da non rendersi conto che la ragazza lo aveva colpito al braccio per risvegliarlo.
“Sì … ehm, sì, ho qualcosa del genere. Anzi, ho un pezzo unico.”
Dalla parete sfilò una spada conservata in un pregiato fodero di cuoio solcato da ricami dorati, la sguainò e la depose sul tavolo con cura. Hildr ne accarezzò la lama con delicatezza.
“E’ bellissima. Cosa c’è scritto qui?”
Tra le scanalature c’era un parola incisa perfettamente visibile.
“C’è scritto ‘свѣтъ’ che significa ‘luce’. Dopo la conquista di Costantinopoli il Vescovo fece un omaggio a Oleg per salvarsi la vita: donò dieci spade con sopra incise parole che rimandassero alla Bibbia.” Spiegò Vadim, le dita che sfioravano l’incisione.
“E questa parola a quale passo rimanda?” domandò Hildr, curiosa.
“Giobbe al versetto nove del capitolo tre scrive: si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce e la luce non venga, e non contempli le palpebre dell’alba. Ancora Giobbe al versetto ventotto del capitolo ventidue scrive: quello che intraprenderai ti riuscirà, suo tuo cammino risplenderà la luce.”
“Voi cristiani scrivete delle cose belle, lo ammetto.” Disse Hildr.
Vadim rise e fece un buffo inchino facendo ridacchiare anche la ragazza.
“Sì, sappiamo il fatto nostro.”
Hildr si sedette sulla panca con fare meditabondo, qualche pensiero le vagava nella mente.
“Per caso conosci il nome del mio sfidante?”
“Non ho ancora avuto modo di controllare la lista degli sfidanti. La prima cosa che ho fatto stamattina è stata preparare le armi per te. Sei preoccupata?”
“Non per il combattimento. Sono preoccupata per la rabbia che proverò nel rivedere Ivar.”
Vadim si sedette al suo fianco e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, i suoi gesti erano lenti e accorti.
“Ivar è un imbecille se si lascia scappare una come te. Fin da ragazzo sogno un grande amore che riempia la mia vita, sai. Ho sempre pensato che un giorno avrei sposato la donna giusta per me, che il nostro matrimonio sarebbe stato felice e che avremmo cresciuto insieme i nostri figli. Le mie speranza sono andate in frantumi quando mia madre mi ha imposto di sposare Kyra. Quando ho visto te e Ivar insieme ho provato una grande invidia, volevo quello che avevate voi, volevo essere amato e sostenuto come tu fai con lui.”
“Peccato che i sentimenti finiscano.” Chiosò Hildr, mesta.
“Tu sei piena di luce, Hildr. Nessuno può oscurarti. Sei destinata a splendere.”
Poi accadde tutto in fretta. Vadim si chinò su di lei per baciarla. Fu un bacio rapido, a stampo, molto casto, ma che bastò a far sobbalzare Hildr dalla panca. Afferrò la spada e uscì dal capannone di corsa senza voltarsi a guardare, anche se Vadim era rimasto fermo sulla panca con un mezzo sorriso.
 
“Sei sicura di quello che fai? Non devi dimostrare niente a nessuno.” Ripeté Johannes.
Hildr aveva trascorso il resto della giornata in biblioteca, lontana da chiunque volesse infastidirla o baciarla. Mentre Johannes aveva lavorato alla copiatura di Cicerone, lei si era allenata con la spada in modo da riuscire a gestirla bene durante il combattimento. Avrebbe preferito usare l’ascia o l’arco, ma quell’arma sembrava forgiata apposta per lei.
“Sono sicura. La principessa vuole a tutti i costi che io combatta e io le darò ciò che vuole.”
“Lei ti vuole morta per chissà quale motivo.” Replicò l’anziano, piegato sul rotolo.
Anche Hildr si poneva la medesima domanda: perché Katya stava cercando di eliminarla? Quale vantaggio avrebbe ottenuto dalla sua morte? Davvero il motivo di tutto era Ivar?
“Non morirò, non oggi perlomeno.” Scherzò Hildr per alleggerire l’atmosfera.
Johannes tastò la tasca della tunica e tirò fuori un bracciale con un ciondolo dalla forma bizzarra.
“Questo bracciale apparteneva a mia figlia, me lo ha lasciato come suo ricordo prima di morire. Una brutta malattia me l’ha portata via, ma il Cielo si prende cura di lei e ciò mi rincuora. Voglio che lo tenga tu come portafortuna.”
Hildr era sbigottita mentre il bibliotecario si premurava di allacciarle il monile al polso.
“Grazie. Sei un buon amico, Johannes. E sono fiera di indossare il bracciale di tua figlia. Vincerò anche in suo onore.”
Johannes sorrise, poi con il mento le indicò qualcuno alle sue spalle. Vadim, ora in abiti ufficiali da comandante, la guardava dalla soglia.
“E’ il momento, Hildr.”
 
Mille pensieri affollavano la mente di Hildr, alcuni cupi e altri poco più colorati. Vadim le aveva consegnato una tenuta da combattimento che una delle serve aveva adattato per il suo corpo. Lei si cambiava e lui limava la spada perché fosse il più letale possibile.
“Mi dispiace per prima. Non avrei mai dovuto baciarti senza il tuo permesso.” Esordì Vadim.
Hildr ringraziò il separé che celava la sua espressione di totale imbarazzo.
“Non importa. Solo non ti azzardare mai più a farlo oppure ti ritroverai con la faccia spiaccicata contro il muro.”
“Messaggio ricevuto. Però, sai, avevo davvero voglia di baciarti.”
La ragazza si annodò per bene le stringhe degli stivali e raccattò un pezzo di stoffa per legarsi i capelli in una treccia singola. Vadim osservava ogni sua azione con un certa ammirazione.
“Non ne parliamo più, Vadim. Io … beh … non voglio altri baci.”
Il russo stava per replicare quando Kyra entrò nello spogliatoio con le braccia conserte e i capelli svolazzanti.
“Quella strega me la pagherà cara! Io avrò quel vestito a tutti i costi!”
“Che succede, mia cara?”
“Succede che Katya ha rubato il vestito che ho fatto cucire appositamente per me. Ti rendi conto? Quella megera pensa davvero di farmi un simile torto e passarla liscia. Oh, si sbaglia di grosso!”
Hildr e Vadim risero per il comportamento infantile di Kyra, alle volte sembrava davvero vivere in un mondo tutto suo fra le nuvole.
“Andiamo a battere quella strega allora!” esclamò Hildr.
Kyra e Vadim la presero a braccetto per accompagnarla sul luogo dello scontro.
 
Vadim fissò il fodero alla cintura di Hildr e controllò che l’elsa fosse ben salda per la presa.
“Sei pronta. Il tuo sfidante è Goran, è il vincitore del torneo da quattro anni. Il pubblico lo venera, e anche Oleg fa il tifo per lui. E’ grosso e forte, ti farà a pezzi. Stai attenta.”
“Ho tranciato la testa ad un uomo una volta, posso ripetermi anche oggi.”
Kyra allungò una mano sui capelli della vichinga in una sorta di carezza di conforto.
“Resta viva, ho bisogno di insultarti per vivere bene.”
“Ci proverò.”
Mentre Kyra e Johannes andavano a prendere posto, Vadim la scortò all’interno del perimetro dove si combatteva. Goran era già lì, si sgranchiva le gambe e faceva scricchiolare le ossa del collo con un rumore inquietante.
“Goran è enorme rispetto a te, sfrutta questo vantaggio.” Le suggerì Vadim all’orecchio.
Hildr annuì, era concentrata a studiare il nemico per carpire eventuali punti deboli. Dopo che Vadim ebbe lasciato il perimetro, Katya si alzò in piedi e la folla si zittì per lasciarle la parola.
“Siamo giunti al duello finale, miei sudditi. Gli sfidanti sono il mio campione Goran e Hildr.
Comunico un cambiamento delle regole: si combatte senza spade. Si combatte a mani nude.”
Ivar si agitò sulla sedia, le grida della folla acclamante erano ovattate. Goran era corpulento, era alto il doppio di Hildr e le sue mani da macellaio erano forti. La ragazza, più minuta e gracile, sembrava non avere scampo.
“Ivar, hai sentito? E’ una ingiustizia!” protestò Igor, sbattendo i pugni sui braccioli della sedia.
“Taci, Igor. – disse Katya – Questo è un gioco e si gioca fino alla morte.”
Hildr non si scompose, teneva la testa alta e la schiena dritta, non avrebbe mai mostrato di avere paura. Goran, invece, rideva pregustando la vittoria. Un corno diede il via al duello: i due sfidanti occuparono le posizioni e abbandonarono le spade e a terra.
 
“Se quella è una strega, Ivar è uno sgorbio stupido e repellente.” Grugnì Kyra.
Lei e Vadim sedevano nella loggia opposta a quella di Katya, con Inna e un'altra coppia di nobili. Da lì la visuale era ottima, per quanto ottimo potesse essere quello scontro terribile.
“Non capisco cosa stia facendo Ivar. Insomma, Hildr è la sua compagna e lui non si ribella a una tale ingiustizia? Sono senza parole.”
“Tu la ami più di Ivar?” chiese Kyra, divertita.
Vadim arrossì e tossì per schiarirsi la voce. Non era bravo a celare le emozioni.
“Io provo uno spiccato interesse per Hildr, lo confesso. Si vede tanto?”
“Ce lo hai stampato in faccia, amico mio.”
La loro conversazione fu stroncata da un urlo disumano. Goran stava correndo verso Hildr come un orso che si getta sulla preda. La ragazza non fece in tempo a spostarsi che Goran la spintonò a terra con forza.
“La ucciderà.” Commentò Inna con nonchalance.
Vadim notò il ghigno perfido di Katya e desiderò scendere sul campo per strappare il cuore di Goran con le proprie mani, ma il regolamento lo impediva e lui poteva solo assistere a quello scempio.
 
Hildr si rialzò con la testa che girava e lo stomaco in subbuglio a causa dell’impatto col terreno. Goran era possente e l’aveva spinta come se lei avesse il peso di una foglia. Stava ancora riprendendo l’equilibro quando Goran le tirò uno schiaffo in pieno volto, lasciandole il segno delle dita sulle guance.
“Vuoi la guerra? E va bene, grosso sacco di carne, ti darò la guerra.” sussurrò lei a se stessa.
Rispose allo schiaffo con un calcio alle costole, però l’omone non fece una piega. Le sue mani tozze agguantarono la ragazza per le braccia e la scaraventarono ancora per terra. Hildr sputò la terra che le era finita in bocca e trattenne un conato di vomito. Tentò di rimettersi in piedi ma la sua instabilità la costrinse ad aspettare qualche altro secondo. Goran ne approfittò per darle un calcio sulla schiena che la fece appiattire al suolo. Hildr trovò la forza di muoversi, rotolò sul dorso e si diede uno slancio per alzarsi.
“Sei davvero un cattivo ragazzo, Goran.” Disse tra i denti.
L’uomo, che non capiva la lingua, aggrottò la fronte e caricò un altro calcio. Questa volta Hildr parò il colpo con la gamba e gli assestò un calcio che fece vacillare Goran. La ragazza si allontanò il giusto per riprendere il respiro affaticato. Goran, però, non mollava e si avventò su di lei come un folle. Hildr fu sbattuta a terra con violenza, la testa pulsava per il dolore e l’orecchio destro perdeva sangue. Scorse il volto minaccioso dell’uomo incombere su di lei, sorrideva e tendeva le mani su di lei. Facendo ricorso alle poche energie rimaste, Hildr afferrò una manciata di terra nel pugno e la lanciò negli occhi di Goran. Liberatasi dal peso, Hildr gattonò via mentre l’uomo invano si ripuliva gli occhi. Il suo obiettivo era recuperare la spada per uccidere l’avversario, benché fosse proibito, perché non aveva altre soluzioni.
 
Ivar non riusciva a guardare, manteneva lo sguardo rivolto verso il basso. Igor sussultava, gioiva, si atterriva, era come leggere il libro di quella sfida. Katya, invece, era tranquilla e pareva assaporare ogni colpo che Hildr subiva.
“Hildr, andiamo! Alzati!” strillò Igor, battendo i pugni sui braccioli della sedia.
“Che succede? – domandò Ivar – Hildr sta bene?”
Il ragazzino gli rivolse un’occhiata gelida, era offeso con lui per come stava trattando Hildr.
“Sta strisciando letteralmente a terra per salvarsi. Secondo te sta bene?”
Ivar osò guardare, e volle cavarsi gli occhi piuttosto che sopportare quella visuale. Gli abiti di Hildr si riempivano di terra e polvere mentre sgusciava verso l’altro capo del campo. Respirava a fatica, sanguinava dall’orecchio e dal labbro, ma qualcosa in lei trasudava ancora determinazione.
“Interrompi il torneo.” Disse Ivar.
“Hai detto qualcosa?” fece Katya, disattenta.
“Interrompi il torneo, Katya. Adesso!”
Igor si morse la lingua per non ridere all’espressione allibita sul volto di Katya.
“Perché? La chiamano Hildr la Valchiria per un motivo, giusto? Attendo con ansia una conferma.”
Ivar voleva battersi per convincerla, ma quel sorriso appena accennato gli ricordava Freydis e questo lo bloccava.
“Hildr è forte, ce la farà.”
Proprio in quel momento Hildr cacciò un grido dopo che Goran che l’aveva presa per le gambe e la trascinava come una bambola di pezza. Per quanto lei tentasse, non riusciva a svincolarsi. La tenuta si stava riducendo a brandelli, la pelle delle gambe era quasi visibile sulla parte anteriore. Igor si voltò di colpo poiché non era in grado di reggere ancora e scappò via piangendo.
 
Hildr sentiva la pelle bruciare. Braccia, petto e gambe erano ricoperti di graffi che diventavano sempre più profondi man mano che Goran la trascinava. Doveva liberarsi prima che fosse troppe tardi, dunque si sfilò la cintura dopo tante difficoltà e diede una frustata al polpaccio di Goran. L’uomo si arrestò per voltarsi e scagliarsi contro di lei, ma Hildr fu più veloce e slittò dalla sua presa. Corse verso la spada – la sua accecante speranza – con la poca vitalità di cui disponeva. Avvertiva il respiro pesante e i passi veloci di Goran, però lei continuava a correre senza indugio. Goran era sempre più vicino, al che Hildr scivolò per terra sul fianco e raccolse la spada. Si inginocchiò con la prospettiva di avere il nemico alle calcagna e inferire un colpo. Voltandosi, la lama della spada si conficcò nello stomaco di Goran. Hildr affondò fino a quando solo l’elsa rimase fuori dal corpo dell’uomo. Il terreno ai piedi di Goran si allagò di sangue, il suo viso era contratto dal dolore e la bocca perdeva sangue rapidamente.
“Addio.” Sussurrò Hildr.
Goran ricadde a terra come un fiore secco che si affloscia. La folla stette zitta per diversi secondi, poi esplose una pioggia di fischi e applausi. Hildr sollevò la mano per ringraziare. La felicità non durò molto, si accasciò per terra e vomitò. Aveva il corpo in fiamme, le ferite multiple bruciavano e sanguinavano. L’ultima cosa che udì prima di svenire fu una voce supplichevole.
“Hildr, non mi lasciare. Resta con me.” stava dicendo Ivar.
 
Hildr sentiva un sapore amaro in bocca, come se avesse ingerito veleno. Aprì gli occhi lentamente e vide tutto buio, solo dopo si accorse che l’ambiente era semi-illuminato dalle candele. Sotto di lei c’era qualcosa di morbido, faceva caldo e tutto profumava di acqua di rose.
“Bentornata, straniera.” Disse Kyra, chinandosi su di lei.
Hildr si mise seduta con calma e riconobbe la stanza di Kyra e Vadim, era lì che l’avevano portata per le medicazioni.
“Hildr!”
Le braccia di Igor la strinsero in un abbraccio goffo. Il ragazzino era stato tanto in pensiero per lei.
“Ciao, Igor. Che ci faccio qui?”
Kyra scansò Igor e offrì a Hildr un bicchiere di acqua.
“Sei svenuta a causa delle ferite. Vadim ha ordinato di portarti qui per le cure. Sei piena di tagli e lividi, ma nel giro di due settimane i segni scompariranno. Sei stata fortunata.”
Solo ora Hildr notava numerose bende avvolte intorno alle braccia e alla gambe, sul petto, e una all’orecchio.
“Mmh, è una specie di esperienza pre-morte. Vadim dov’è?”
“Sta litigando con Oleg per aver lasciato a Katya la direzione del torneo. Katya è stata meschina, ti guardava senza alcun rimorso. Ti odia davvero.” Rispose Kyra.
“Ivar è stato qui. – disse Igor – Ha aspettato per ore il tuo risveglio. Poco fa si è ritirato in stanza perché gli facevano male le gambe. Era in pena per te.”
Hildr fu contenta che Ivar fosse preoccupato per lei. Ricordava ancora la sua voce che la implorava di restare con lui. Era stanca di quella distanza abissale che li separava, era il momento di parlare a cuore aperto.
“Vorrei andare a parlare con Ivar. Posso avere dei vestiti?”
Kyra le prestò un proprio abito – un semplice modello a maniche lunghe di colore verde – e l’aiutò anche a vestirsi.
“Sei una sciocca a tornare da lui. Ivar non ti merita. E poi Vadim bacia bene.”
“Vadim è tuo marito. E poi anche Ivar bacia bene, estremamente bene.”
Igor, che era uscito per avvisare Vadim, incontrò Hildr sulla porta.
“Dove vai?”
“Da Ivar, ho bisogno di parlargli. Mi accompagni?”
Igor le diede il braccio come un vero gentiluomo e Hildr si lasciò condurre, anche perché faceva uno sforzo immane a reggersi da sola.
“Sei stata incredibile al torneo. Dovevi vedere la faccia di Katya!” rise Igor.
“Ti ringrazio. Che dire, essere picchiata davanti a tutti genera un certo divertimento.”
“Vuoi fare pace con Ivar?”
Hildr si commosse per la tenerezza nello sguardo di Igor, era tanto affezionato ad Ivar da sperare in una loro riappacificazione.
“Forse. Vanno considerate alcune cose.”
“Tipo Vadim che ha una cotta per te?”
“Tu sei un impiccione, ragazzino.” Disse Hildr scuotendo la testa.
Una serva andava loro incontro con una cesta di panni sporchi, si inchinò davanti a Igor e poi gli disse qualcosa in madrelingua.
“Hildr, riesci a camminare da sola? Oleg ordina la mia presenza a cena.”
“Ce la faccio. Mangia anche per me!”
Lo stomaco di Hildr guizzò, aveva fame ma era così spossata da non voler neanche annusare l’odore del cibo. Pian piano, poggiandosi sulla parete e fermandosi per le fitte di dolore, imboccò il corridoio che conduceva alla camera che divideva con Ivar. Si fermò all’improvviso quando vide Ivar trainarsi in direzione opposta, era a petto nudo e aveva i capelli sciolti. Hildr lo seguì il silenzio, voleva capire dove stesse andando a quell’ora in un palazzo perennemente controllato. Anche se, notò pochi minuti dopo, le solite guardie appostate per il turno di notte non c’erano. Una serva teneva la porta aperta di una stanza che Hildr non aveva mai visto, Ivar si intrufolò e la donna svanì nel buio.
“Che diamine …”
Hildr si ritrovò schiacciata contro la porta nell’atto di cogliere qualche suono, uno stralcio di dialogo, invece dall’interno non proveniva nulla. Poi una voce sottile, femminile, incominciò a parlare. Subito dopo la voce di Ivar rispose. Oramai troppo incuriosita, spinse la porta il giusto per sbirciare. Quello che vide fu peggio di una pugnalata. Katya era seduta sul bacino di Ivar e si stavano baciando appassionatamente.
“I-Ivar?”
Il ragazzo atterrì quando riconobbe Hildr, gli occhi lucidi di lacrime, le labbra che tremolavano per la rabbia.
“Hildr, aspetta!”
Ivar si scostò da Katya e si precipitò in corridoio per raggiungere Hildr che intanto indietreggiava.
“Io ti odio, Ivar! Ti odio!”
Hildr corse via senza che lui potesse avvicinarsi, i suoi singhiozzi riecheggiavano nel palazzo come una campana che suona gli ultimi rintocchi della messa. Era finita.
 
Salve a tutti!
Beh, Ivar sta facendo il cattivello questa volta. La nostra povera Hildr sta piangendo troppo.
Chissà cosa succede.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 

 
  
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