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Autore: Lamy_    15/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8. DESTINO FRATERNO

# Hildr era di ritorno dal porto, dove aveva comprato del pesce su ordine della regina Aslaug. Il sacco pesava per una ragazza di quindici anni, ma non voleva farsi aiutare per dimostrare alla regina che si poteva fidare di lei per tutto. Attraversando la piazza centrale, si rese conto che i ragazzi riuniti stavano ridacchiando sotto i baffi. Non vi diede peso, in fondo quegli sciocchi ridevano per le banalità, quindi andò dritta verso la dimora reale per la consegna. Si aspettava di trovare Ivar sul portico poiché avevano progettato di andare insieme a caccia, ma l’amico non c’era. Aslaug uscì per accoglierla con un sorriso.
“Hildr, sei stata brava. Grazie.”
“E’ un onore, regina. Dov’è Ivar? Sta poco bene?”
L’espressione affranta della regina preoccupò Hildr, che provò ansia al pensiero che qualcosa di brutto fosse capitato al ragazzo.
“E’ in casa. Non vuole uscire. Credo che i suoi fratelli gli abbiano fatto uno scherzo per cui i ragazzi di Kattegat lo prendono in giro. Entra, per favore, e prova a parlargli.”
Hildr entrò in camera di Ivar senza bussare, non era sua abitudine, e trovò Ivar nascosto tra le coperte.
“Chi devo ammazzare? Sono pronta a fare strage.”
“Vattene. Non ti voglio vedere.” Disse Ivar, la voce stravolta dalla tristezza.
Hildr gli saltò addosso e lo scoprì, rivelando due occhi azzurri contornati da cerchi neri per il sonno mancato.
“Che succede, Ivar? Sono la tua migliore amica. Parlami.”
Erano così vicini che Ivar notò dei riflessi castani fra i capelli neri della ragazza.
“Io e Margrethe abbiamo … beh, siamo andati a letto insieme. E’ stata la mia prima volta.”
Hildr deglutì, la sua stessa saliva era diventata amara a quelle parole. Una scossa di inconcepibile gelosia la punse nel vivo.
“Ah. E’ … è andata … bene? E’ stato … b-bello?”
“E’ andata malissimo! I miei fratelli hanno sparso la voce e tutti mi prendono in giro. Sono un orribile storpio!”
Ivar rimase deluso quando Hildr andò via come una furia. Di sicuro anche lei si sarebbe messa a ridere insieme agli altri. Poco dopo urla starnazzanti rimbombarono nella piazza. Si trascinò sul portico per capire cosa stesse succedendo.
“La ragazza sa il fatto suo.” Commentò Aslaug con un sorriso.
Hildr aveva raccolto un bastone di legno ed era andata da Hvitserk per aggredirlo. Picchiava forte mentre il ragazzo cercava di sfuggire alle bastonate. Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere per Hvitserk che si faceva pestare da una ragazzina di appena quindici anni.
“Così la prossima volta impari a stare zitto. E tutti voi, brutti vermi viscidi, sappiate che Ivar è andato bene! E’ stato bravissimo! Ora tornate agli affari vostri!” urlò Hildr agitando il bastone.
Benché compiaciuta, Aslaug soccorse Hvitserk e lo portò in casa per medicarlo. Ivar, con le gote arrossate, sorrideva.
“Grazie, Hildr. Tu mi proteggi sempre.”
L’amica gli fece l’occhiolino e lo abbracciò brevemente.
“Sempre qui a proteggerti.” #
 
Tre settimane dopo
Hildr lasciò la biblioteca alle prime luci dell’alba. Era il giorno in cui iniziavano le prime ricognizioni a Kattegat, pertanto le navi sarebbero salpate dalla Rus’ ben presto. Oleg e Ivar avevano architettato la strategia: spiare le nuove difese della città, contare su per giù il numero degli uomini, ricavare quante più informazioni possibili sull’esercito di Bjorn. I rapporti tra lei e Ivar non erano migliorati, anzi si erano allontanati sempre più fino a smettere persino di guardarsi. Si erano scambiati solo poche parole di circostanza, ma per il resto ognuno continuava per la propria strada. Ivar e Katya sembravano affiatati, passeggiavano e ridevano, bevevano il tea davanti al fuoco, chiacchieravano fino a tarda sera. Hildr, invece, trascorreva il suo tempo con Johannes in mezzo a volumi polverosi e con Katya e Vadim quando erano disponibili. Ogni tanto parlottava con Igor, ma il ragazzino faceva molta più compagnia ad Ivar.
“Hildr.”
Vadim l’affiancò con due falcate, era tanto alto da obbligare la ragazza a sollevare il mento per guardarlo.
“Come sta Kyra? Ieri era pallida.”
“Sta bene, è colpa della gravidanza. Oleg ci aspetta al porto.”
“Bene. – disse lei – Finalmente respirerò di nuovo la fetida aria di Kattegat.”
“Non vuoi tornare a casa?”
“Quello che voglio è impossibile.”
Hildr stava pensando a Isobel e Aila, le uniche persone su cui poteva fare affidamento, la sua vera famiglia. Si sentiva sola a Kiev, tra genti straniere e inospitali, con Ivar distante anni luce.
“Anche quello che voglio è impossibile.” Disse Vadim, serio.
La luce che filtrava dalle finestre illuminava i suoi magnetici occhi verdi creando un bellissimo contrasto con i capelli scuri. Hildr sbarrò gli occhi per aver solo pensato a una cosa del genere e conficcò le unghie nei palmi delle mani.
“Non ti azzardare a darmi un altro bacio.”
“Oppure mi tranci la testa. Sì, è chiaro.”
Hildr ridacchiò e gli diede una spallata, al che Vadim finse di essersi fatto male.
“Alla buon’ora!” esclamò Ivar in tono irato.
Il sorriso di Hildr si smorzò all’istante, non aveva neanche la minima voglia di essere allegra nei suoi paraggi. Strinse la mano intorno all’elsa della spada per restare lucida e impassibile, proprio come un buon guerriero.
“Siamo puntuali, non temere.” Disse Vadim, gentile come suo solito.
Ivar guardava Hildr con un’intensità tale che lei dovette dargli le spalle per non cedere. Ben presto l’ambiente si riempì di soldati, circa una decina, che avrebbero condotto le navi verso lo stretto di Kattegat. Dalla sala del trono uscì Oleg, maestoso nella sua giacca dorata, e spalancò le braccia con un sorriso trionfante.
“Miei alleati, andate e tornate con le informazioni necessarie a vincere questa guerra. Vadim, assicurati che Ivar e Hildr facciano ritorno sani e salvi.”
“Certamente, principe.” Disse Vadim chinando il capo.
Il manipolo di soldati si riversò fuori dal palazzo, le tenute nere come il manto di un corvo che sembravano sporcare il candore della neve che gli spessi stivali calpestavano. Ivar li seguì per primo, lo sguardo fiero e la mano che giocava con uno dei suoi coltelli. Hildr e Vadim furono subito alle sue spalle simili alle due statue che proteggevano il palazzo.
 
Hildr era stranamente contenta di essere di nuovo in mare, con le onde che sollevavano l’imbarcazione e frusciavano producendo un suono piacevole. Era come essere catapultati nel passato, a quando trascorreva intere giornate in barca con Floki ed Helga tra risate e stuzzichini saporiti che la zia preparava con tanto amore. Sebbene avesse perso i genitori in tenera età, i suoi zii erano stati degli ottimi sostituti che in parte erano riusciti a colmare quel vuoto che lacerava il suo piccolo cuore di bambina. Perdere Helga e Floki avevano allargato quel vuoto di nuovo, ma perdere Ivar aveva fatto sì che quel vuoto la risucchiasse.
“Stai bene?”
Vadim le toccò la spalla per richiamarla, la guardava con enorme preoccupazione.
“Sto bene. Stavo solo ricordando. A che punto siamo?”
“Entro due giorni saremo a Kattegat. Tu e Ivar, invece, avete fatto un viaggio molto lungo per arrivare a Kiev.”
Hildr lanciò un’occhiata ad Ivar che se ne stava da solo in un angolo a intagliare il legno, una delle sue tante doti nascoste ma che lei apprezzava.
“Il nostro viaggio si è protratto a lungo perché siamo rimbalzati da una parte all’altra. Non pensavamo nemmeno di restare in Rus’, è stata una coincidenza che Oleg fosse di origine scandinava.”
“E’ stata una fortuna per me che tu sia capitata in Rus’.” Disse Vadim.
“Vadim, lo sai che io …”
“Che ami Ivar, lo so. Ma non vorrei saperlo. E vorrei che tu non lo amassi.”
Hildr si toccò l’anulare sinistro e avvertì la dolorosa assenza dell’anello. Guardò ancora Ivar, immerso a scavare il legno col coltello, ed ebbe un tuffo potente al cuore.
“Anche io vorrei non amarlo, eppure lo amo. Non è la testa che decide, è il cuore.”
Vadim fece scorrere il dito lungo la treccia della vichinga e abbozzò un sorriso triste.
“Vorrei che il tuo cuore decidesse meglio.”
Ivar di sottecchi spiò Hildr e Vadim parlare fitto, vicini, un’atmosfera particolare li avvolgeva. La gelosia gli schizzò nelle vene unendosi al sangue, era una sensazione sgradevole. Nella sua mente era ancora impressa l’espressione delusa e ferita di Hildr quando l’aveva scoperto a baciare Katya. La tristezza di Hildr per lui era una sconfitta, avrebbe preferito piantarsi l’ascia nel petto che farla soffrire. Invece era successo, aveva ferito l’unica persona che gli era sempre stata accanto, che lo aveva sempre protetto, che lo aveva sempre amato, e tutto questo in memoria di una donna che lui stesso aveva ucciso. Tutto perché il senso di colpa nei confronti di Freydis superava l’affetto di Hildr. L’odio per stesso e per le sue azioni oscuravano l’amicizia e l’amore. Solo. Ivar era rimasto solo.
 
Due giorni dopo
Hildr si svegliò di soprassalto. Ivar incombeva su di lei mentre con la stampella la pungolava.
“Siamo arrivati.”
Lei si mise seduta contro la parete della nave e si sgranchì le braccia intorpidite dal sonno. Il sole era sorto da poco, faceva freddo e il mare era piuttosto calmo. In lontananza era visibile Kattegat, o meglio i tetti e la grande casa reale. Vadim ordinò al timoniere di attraccare nel punto più nascosto della costa per evitare che dalla città si accorgessero di loro.
“Sei a casa. – disse Vadim – Come ti senti?”
Hildr emise un sospiro, non sapeva se essere felice o triste di essere tornata in quel posto che le aveva regalato tanta gioia ma anche tanto dolore.
“Diciamo che sto. Come ci organizziamo, Ivar?”
Ivar fu stupito quando Hildr gli rivolse la parola, non lo guardava in faccia ma nella sua voce non c’era tono di astio.
“Perlustriamo l’area nei dintorni della città in coppie per non essere scoperti. Dobbiamo acquisire quante più informazioni possibili e ripartire prima che ci trovino.”
“Hildr, vieni con me?” chiese Vadim.
Hildr raddrizzò la schiena e prese un respiro prima di rispondere.
“No. Io vado con Ivar, un comandante protegge sempre il suo re.”
Ivar si morse la guancia per non sorridere in maniera sfacciata, ma la decisione di Hildr lo rendeva felice. Sapere che lei, nonostante tutto, pensasse alla sua protezione era positivo.
“Certo. – disse Vadim – Allora ci rincontriamo sulla spiaggia appena fa buio.”
Hildr  recuperò un arco dell’esercito di Oleg, si fissò la faretra sulla schiena e recuperò anche un pugnale dalla lama lunga. Per qualsiasi evenienza, pensò.
 
Ivar camminava a rilento per colpa delle gambe intorpidite dal viaggio. Respirava con affanno mentre arrancava per tenere il passo di Hildr. La ragazza procedeva di qualche metro avanti per assicurarsi che la zona fosse sicura.
“Dunque, tu e Vadim siete molto amici.” Cominciò Ivar.
“Almeno io non bacio la prima principessa che mi capita sotto il naso.” replicò lei, dura.
Hildr scostò un ramo e si abbassò per passare, poi aiutò Ivar a fare lo stesso. In pratica si trovavano alle spalle di Kattegat, dove spesso Floki li aveva portati a raccogliere legna per le sue navi, pertanto conoscevano alquanto bene quella fitta boscaglia.
“Mi dispiace per quello che hai visto. Io …”
“Non ti devi giustificare, Ivar. Katya è una principessa, è bellissima, è raffinata ed elegante, ha quel fascino delicato che piace a tutti. Comprendo il tuo interesse per lei, però non comprendo perché tradirmi.”
Ivar si fermò, esausto nel fisico e nella mente, e costrinse Hildr a voltarsi verso di lui.
“Tu sei straordinaria. Sei migliore di Katya, sei più bella, più forte e coraggiosa, sei più gentile.”
“E perché lei ti piace? Perché hai mandato in malora la nostra relazione?”
Hildr aveva gli occhi, benché si fosse sforzata sino ad allora di mantenere la calma, e Ivar fu sopraffatto dall’angoscia.
“Perché lei mi ricorda Freydis. Mi ricorda la vita che avevo quando ero il re di Kattegat. Mi ricorda che un tempo sono stato speciale.”
“Uccidere Freydis ti ha sconvolto a tal punto? Assurdo. Ti fai divorare da un senso di colpa che ti sei provocato da solo. Quella vita era una bugia, una squallida illusione. Tu non eri un dio, lei non ti amava davvero e il vostro matrimonio si basava sul nulla. Tu sei speciale a prescindere da tutto e da tutti, ma sarà troppo tardi quando lo capirai.”
Ivar non seppe che dire e rimase in silenzio, al che Hildr rise nervosamente e riprese a camminare. La delusione era tale da pizzicarle gli occhi, ma si impose di non piangere davanti a lui. Chiuse le mani a pugno e conficcò le unghie nei palmi perché il dolore le impedisse di lacrimare.
“Hildr, hai sentito?”
La ragazza fece un respiro profondo, si girò e vide che Ivar si indicava l’orecchio. Si mise in ascolto anche lei e colse un flebile fragore tra gli alberi, sembravano passi strascinati. Hildr prese l’arco, incoccò una freccia e la puntò verso le fronde.
“Vieni.” Mimò ad Ivar, che si trascinò al suo fianco.
Quella vicinanza faceva male tanto che Hildr fece un passo avanti per prendere le distanze. Ivar finse di non rendersene conto, anche se dentro di sé il cuore ebbe un guizzo. Poi la sua attenzione fu catturata da una sagoma scura che si dirigeva nella loro direzione.
“Là c’è qualcuno.”
Hildr tese l’arco nel caso in cui dovesse annientare lo sconosciuto, e doveva ammettere che imbracciare la sua arma era una bella sensazione. Da un albero sbucò un uomo vestito di stracci, capelli lunghi e sporchi gli ricadevano sul viso pallido e zoppicava in preda ai tremori.
Ivar avrebbe riconosciuto gli occhi di suo fratello fra mille.
“Hvitserk? Sei tu?”
Hildr sgranò gli occhi quando Hvitserk sollevò lo sguardo spaventato su di loro. Non sembrava neanche più lui, sembrava un morto vivente. Ivar si avvicinò a lui e gli diede una pacca sulla spalla.
“Ivar, allontanati da lui.” disse Hildr, la freccia che mirava a Hvitserk.
“Va tutto bene. Abbassa l’arco. Io e mio fratello dobbiamo parlare.”
Hildr rimase interdetta dalla disponibilità di Ivar a riabbracciare il fratello dopo che quest’ultimo aveva preferito Bjorn e Ubbe. Abbassò l’arco come le era stato ordinato senza distogliere lo sguardo da Hvitserk poiché non si fidava di lui.
“Torniamo alle navi.” Disse Ivar, prendendo il fratello a braccetto.
Hildr li seguiva tenendo la mano intorno all’elsa del pugnale, nel caso in cui Hvitserk avesse provato ad aggredire Ivar.
 
Hildr non ne poteva più di starsene seduta in disparte. Ogni fibra del suo corpo pretendeva di muoversi, di agire, invece doveva restare ferma su una roccia scomoda. Ivar le aveva chiesto di parlare con Hvitserk in privato per un momento – che a lei sembrava eterno – e si erano appartati distanti da lei per non essere sentiti. Vadim e gli altri soldati non erano ancora tornati, del resto non era ancora calata la sera, perciò avevano tempo sufficiente per spremere Hvitserk e farsi spifferare i segreti di Bjorn. Balzò in piedi quando Ivar e Hvitserk si avvicinarono alle navi.
“Ecco il fratello scemo che torna.” Disse lei, sarcastica.
“Bada a come parli, Hildr.” La redarguì Ivar con tono serio.
Hvitserk si sedette contro la parete dell’imbarcazione con un sospiro, era stanco e affamato. Ivar gli mise una coperta sulle spalle e una intorno alle gambe, un’insolita tenerezza gli brillava nel volto. Hildr, invece, tirò un calcetto alla gamba per assicurarsi che fosse del tutto vivo.
“Ebbene, come mai ti sei ridotto così? Un cadavere divorato dai corvi sta decisamente meglio di te.”
Lei ignorò l’occhiataccia di Ivar, non le interessava di essere rimproverata come fosse una bambina indisciplinata. Hvitserk ridacchiò e si strinse nella coperta.
“Sono stato esiliato da Kattegat per aver ucciso Lagertha. Bjorn voleva bruciarmi vivo, poi ha pensato che la foresta mi avrebbe ucciso in maniera lenta e sofferta.”
“Per una volta Bjorn ha avuto ragione.” Disse Hildr.
“Hildr! – fece Ivar –Hai ucciso Lagertha per vendicare nostra madre?”
“Sarebbe la prima volta che fai qualcosa di utile.” Chiosò Hildr.
Ivar le colpì leggermente la coscia con la punta della stampella, irritato da quel comportamento ostile.
“Smettila, per tutti gli dèi!”
“No. – disse Hvitserk – L’ho uccisa senza rendermene conto. Dopo che siete andati via da Kattegat, quando la battaglia si è assopita, la mia mente ha smesso di funzionare. Sono tormentato dagli incubi e da mostri, mi sono ubriacato per sedare gli orrori nella mia testa.”
Ivar e Hildr si scambiarono uno sguardo breve ma loquace, come sempre comunicavano anche senza le parole.
“Credevi che Lagertha fosse uno di quei mostri?”
“Sì, è così. Ho vagato da solo per due giorni prima di incontrare voi.”
“Che peccato.” Commentò Hildr.
Hvitserk fece un risolino e fissò gli occhi arrossati sul fratello, sembrava sinceramente felice di rivederlo.
“E voi come mai siete qui? Indossate abiti strani.”
“E’ una lunga storia.”
Hildr intravide i bagliori dei fuochi che giungevano verso la riva, Vadim e gli altri stavano ritornando.
“Io vado ad aggiornare Vadim. Voi due restare qui a civettare come due signorine.”
“Non cambia mai, sempre pungente.” Disse Hvitserk.
Ivar guardò Hildr che salutava Vadim con una stretta di mano, erano diventati complici negli ultimi mesi e questo era per lui fonte di timore. Deludere Hildr era un errore a cui porre rimedio sarebbe stato quasi impossibile.
“Beh, Hildr … è Hildr.”
 
 
Vadim si era prodigato per accendere tre fuochi in modo che tutti fossero al caldo. Lui, Hildr, Ivar e Hvitserk si erano radunati intorno allo stesso fuoco per mangiare la preda che avevano cacciato prima che il sole tramontasse. Era ormai buio, sarebbero ripartiti all’alba, dunque era meglio sostare per la notte. Hildr accettò la propria porzione di cibo e la mangiò in silenzio, gli occhi fissi sul fuoco, persa in chissà quali pensieri. Dall’altra parte, Ivar la osservava attraverso le fiamme indugiando sul suo volto. Hildr aveva gli occhi scuri e le fiammelle danzavano in essi come stelle incendiate, era bella come sempre. Anche Vadim guardava la ragazza con una certa venerazione, e questo alimentava la rabbia e la gelosia di Ivar.
“Hai detto che Bjorn ha installato nuove protezioni. Di che si tratta?” chiese Vadim a Hvitserk.
“Ha costruito una nuova palizzata e ha realizzato altre opere difensive di cui io non so molto.”
“Inutile sin dalla nascita.” Borbottò Hildr.
Vadim ghignò, l’atteggiamento della vichinga nei confronti del nuovo arrivato lo divertiva.
“Sono sicuro che troveremo la soluzione per superare le difese della città. Deduco che le menti migliori si trovi intorno a questo fuoco.” Disse il russo.
“Vero. – convenne Ivar – Penso che sarà piuttosto facile elaborare una strategia, considerate le scarse doti intellettive di Bjorn.”
Hildr si alzò e si ripulì le mani sui calzoni, dopodiché bevve dalla borraccia di Vadim e raccattò una coperta dalla pila accatasta accanto a lei.
“Fantastico. Io vado a fare un sonnellino, avere a che fare con i traditori mi rende esausta.”
Ivar e Hvitserk si guardarono, non sapeva a chi si riferisse quella frecciatina, forse a entrambi dati i trascorsi.
“Sogni d’oro, Valchiria.” Disse Vadim sorridendo.
Hildr fece un inchino sbilenco e salì sulla nave in cerca di un angolino dove riposare. Non aveva sonno, però non riusciva a stare con Ivar senza volergli conficcare una pugnalata nel petto. Perché era così che lei si sentiva dopo averlo visto baciare Katya: ferita a morte.
 
“Hildr! Hildr!”
“C-che s-succede? Che …”
Hildr inarcò il sopracciglio quando vide la faccia di Ivar ad un centimetro dalla sua. I suoi occhi erano così azzurri da fare a gare con il mare in estate.
“Che diamine vuoi?”
“Ti devo parlare. Mi fai il favore di seguirmi?”
La ragazza, benché riluttante, avvertì l’esigenza di andargli dietro per capire la ragione di tanta urgenza. Ivar illuminava il tragitto con una fiaccola rubata dalla spiaggia, dove alcuni soldati dormivano, e Hildr gli camminava di fianco per non inciampare in qualche sasso o tronco.
“Che succede? Hai visto qualcuno? Siamo sotto attacco?”
“No, non succede nulla. Volevo solo parlarti di un’idea. Ti va ancora di fare quattro chiacchiere con me o sei troppo arrabbiata?”
Hildr arricciò il naso, lui era particolarmente bravo a farla sentire in colpa.
“Spero per te che riguardi l’invasione.”
“Sì, riguarda l’invasione. Prima, mentre sonnecchiavo, mi è venuto in mente quel pomeriggio che abbiamo passato con Floki ed Helga alla cava di pietre. Ricordi?”
Nel frattempo si erano inoltrati nella fitta boscaglia, gli alberi sembravano dotati di tentacoli spaventosi e il vento frusciava sollevando deboli fischi.
“Me lo ricordo. Floki ci portò lì per aiutarlo a raccogliere le pietre per chissà quale suo strano progetto. E’ lì che stiamo andando?”
Ivar incespicò a causa dell’erba alta e Hildr gli afferrò la mano per non farlo cadere. Si ritrovarono appiccicati, i petti che si toccavano, le mani intrecciate. Lei si staccò subito come se avesse avvolto la mano intorno ad una barra di metallo incandescente. Ripresero a camminare senza dilungarsi sull’accaduto.
“Stiamo andando lì perché ho bisogno di un tuo parere sulla mia idea.”
Una decina di minuti dopo, tra una scivolata e qualche imprecazione, giunsero ai piedi di una ripida parete rocciosa. Le bianche pietre accalcate attorno a loro spiccavano nel buio come lucciole in estate.
“Quale sarebbe la tua folle idea?”
Ivar si sedette su un tronco caduto di traverso e si massaggiò una gamba, mentre Hildr spostava la fiaccola di qua e di là con fare circospetto.
“Ci serve un modo per entrare a Kattegat senza essere visti, giusto? Le navi vengono intercettate immediatamente perché  il mare e il fiume sono sempre pattugliati, ma il bosco no. Potremmo scalare quella parete rocciosa per arrivare in città senza essere visti. Come abbiamo fatto a York, usiamo l’ingegno per avere la meglio. Che ne dici?”
Hildr studiò la parete in questione con attenzione, valutando la presenza o meno di appigli, valutando il pericolo di una simile impresa.
“Dico che è folle, però potrebbe funzionare. Bjorn non si aspetta di vederci scalare la parete. Sono d’accordo con te, è un buon piano.”
Ivar sorrise tronfio, lo inorgogliva quando gli altri riconoscevano le sue doti di stratega.
“Proporrò la faccenda a Oleg.”
“Va bene. – disse Hildr – Ora torniamo alle navi? Qui siamo vulnerabili a qualsiasi attacco.”
Stava per avviarsi verso la spiaggia quando Ivar l’agguantò per il polso, obbligandola a voltarsi. La fiaccola cadde tra due massi, la fiamma era debole ma viva.
“Aspetta, Hildr.”
“N-non è sicuro. Dobbiamo andarcene.”
Di colpo Hildr sentì le mani di Ivar sui fianchi che l’attiravano in un abbraccio. Sebbene facesse freddo, lei sentiva caldo per quella vicinanza.
“Aspetta. Ti supplico, aspetta.”
“Che vuoi, Ivar?”
Hildr ringraziò che ci fosse il buio a celare il rossore sulle sue gote, sarebbe stato imbarazzante se lui lo avesse notato. Trasalì quando percepì la bocca di Ivar a pochi centimetri dalla sua.
“Sto letteralmente morendo dalla voglia di baciarti.”
“Allora muori.” Sussurrò Hildr tra i denti, la collera sporcava la sua voce.
Provò ad allontanarsi di nuovo, ma la presa di Ivar era ferrea e non le dava la possibilità di andare via.
“Un bacio, ti chiedo solo questo. E’ buio, non ci vede nessuno, tu non vedi me e io non vedo te. Lasciamo che il buio seppellisca tutto quello che è successo nelle settimane precedenti, lasciamo che nasconda questo momento e che poi lo divori fino a farlo scomparire. Baciami, Hildr. Ti prego. Baciami.”
Una volta Floki, quando Hildr era bambina, aveva detto che Ragnarok – la battaglia distruttiva finale – avrebbe causato un tracollo del mondo tale che solo il buio e il silenzio sarebbero sopravvissuti prima della nuova creazione. E in quel momento, circondati dal buio e dal silenzio, loro potevano compiere qualsiasi azione prima che il sole spuntasse per creare un nuovo giorno. Hildr permise all’oscurità di inglobare e spazzare via quell’istante.
Ivar sussultò quando Hildr finalmente lo baciò. Era un bacio vorace, disperato, al sapore di mancanze. Lui ne approfittò per stringerla a sé e approfondire il contatto. Ben presto le mani di Hildr gli si incrociarono sulla nuca per spingerlo in nuovo bacio passionale. Le loro bocche erano calde e sicure, si muovevano seguendo una logica perfetta. Per loro baciarsi era naturale quasi quanto respirare. Le dita di Ivar risalirono dal fianco di Hildr per sbottonarle la giacca della tenuta e accarezzarle il collo. Lei ansimò quando sentì la mano del ragazzo le scivolò delicatamente sul seno destro, era bollente in tutto quel freddo che li attorniava. Smisero di baciarsi ma non si separarono, le loro fronti si toccavano. Hildr teneva gli occhi chiusi perché, insieme al buio, non voleva vedere cosa aveva appena fatto. Ivar, dal canto suo, la guardava con aria trasognata perché Hildr per tutto ciò che i suoi occhi avrebbero voluto guardare.
“Hildr, io …”
“Hildr! Ivar! Dove siete?”
I due si staccarono non appena riconobbero la voce di Vadim, che avanzava nella notte facendosi luce con una fiaccola.
“Siamo qui! – gridò Ivar – Stiamo bene!”
Hildr simulò una calma apparente quando Vadim fu vicino, i suoi occhi verdi brillavano alla luce delle fiamme.
“Che ci fate nel bel mezzo del bosco?”
“Stavo esponendo la mia strategia di attacco a Hildr. Volevo un parere del mio braccio destro.”
Il russo riservò uno sguardo interrogatorio a Hildr, che si limitò ad annuire in accordo con Ivar.
“D’accordo. Torniamo indietro, sì?”
Hildr fu la prima a muoversi in direzione delle navi, non avrebbe resistito un altro secondo in compagnia di Ivar.
 
“Ivar è bravo a mentire, sai.” Esordì Vadim mentre spostava un ramo per passare.
“Non capisco.” Disse Hildr, turbata da quella affermazione.
“Lo so che la storia della strategia è una bugia, o almeno è vera per metà.”
Ivar li sorpassò per salire sulla nave e controllare che Hvitserk stesse ancora dormendo. Hildr e Vadim si fermarono vicino ad uno dei fuochi sulla spiaggia per scaldarsi.
“E da cosa deduci che si tratta di una mezza bugia?”
“Hai le labbra rosse e la giacca slacciata. Vi siete baciati?”
Nelle parole del russo serpeggiava una punta di gelosia che innervosiva la ragazza, era un sentimento inappropriato.
“Quello che io e Ivar facciamo non è affar tuo. Che ci baciamo o ci ammazziamo, è solo un nostro problema.”
“Lui non ti merita, Hildr. Prima te ne accorgerai, prima capirai che lui per te è nocivo. Sei troppo preziosa per uno come Ivar. Sei troppo preziosa per tutti.” Disse Vadim.
Hildr lanciò un’occhiata a Ivar e si morse le labbra, consapevole di aver commesso un errore. Anziché assecondare quei baci, avrebbe dovuto schiaffeggiarlo e urlargli contro, invece si era abbandonata a lui come faceva sempre. Il suo cuore non avrebbe mai smesso di amarlo.
 
“Brava! Hai una mira perfetta!” si complimentò Hvitserk.
Hildr esultò per gli ottimi risultati che aveva raggiunto negli ultimi mesi di allenamento sotto la supervisione di Hvitserk e Ivar. Si lasciò cadere sull’erba accanto ad Ivar e si mise a guardare le nuvole bianche che solcavano un cielo azzurro vivo.
“Quella nuvola somiglia al cavallo di Ubbe.” Disse Ivar, indicando un punto bianco.
Hildr scoppiò a ridere e rotolò sul fianco per guardare meglio il ragazzo. Aveva i capelli più lunghi ed erano intrecciati, aveva più muscoli e qualche tatuaggio sulle spalle, eppure lei vedeva sempre quel bambino imbronciato che era stato un tempo.
“E le altre nuvole?”
“Quella somiglia alla testa di Floki, è identica! Quell’altra mi ricorda un cervo, non so perché. Quella … quella somiglia a te, leggera e candida.”
Hvitserk, seduto su un tronco, rise per lo sguardo innamorato che Ivar e Hildr si scambiavano. Era palese che fossero cotti l’uno dell’altro, ma per qualche motivo nessuno dei due si confessava. Erano la coppia di amici più strana che avesse mai conosciuto: stavano sempre insieme, ridevano e bisticciavano, si sostenevano a vicenda e si criticavano, l’uno supportava l’altro nei momenti difficili. Ragnar aveva sempre ribadito che quei due sarebbero vissuti e morti insieme perché neanche Ragnarok avrebbe reciso il legame di Hildr e Ivar. Loro erano per sempre.
 
L’indomani, quando il sole emanò i primi timidi bagliori, ripartirono senza perdere tempo. Le probabilità di essere scoperti di giorno erano troppe alte per attardarsi. Hildr sedeva in disparte, distante da tutti, con un senso di angoscia nel petto. Sentiva le risate di Ivar e Hvitserk, per un attimo le sembrava di essere tornata a quando si allenavano insieme e finivano per scherzare sulle nuvole. Non erano più ragazzini, erano adulti con una guerra da fronteggiare, con la morte che aleggiava su di loro. Al collo di Ivar brillava ancora la collana che in passato era appartenuta alla madre di Hildr, lei non aveva il coraggio di chiederne la restituzione. Lui, del resto, non avrebbe ceduto quell’oggetto caro che ormai faceva parte di lui. Hildr rabbrividì quando i suoi occhi incontrarono quelli di Ivar, iridi nere in iridi azzurre. Terra e cielo che si mescolavano. E allora fu chiaro ad entrambi che, nonostante tutto e tutti, loro erano legati per il resto della vita.
 
Salve a tutti!
Hildr e Ivar non sanno come comportarsi insieme, ma è certo che prima o poi si ritrovano sempre. Ora c’è anche Hvitserk a peggiorare le cose!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio, alla prossima.

 
  
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