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Autore: Sophie_Wendigo    11/04/2020    1 recensioni
- Lei, da bambina, di nascosto, leggeva storie di mare, di assalti, di tesori, di pirati, e si sentiva più viva che mai. -
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Una elaborazione del personaggio di Elizabeth Swann, con il pretesto dei vuoti fra film e fra scene originali, ma con un (grosso) pizzico di Sparrabeth :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Jack Sparrow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Ce l’avevano fatta, erano riusciti nell’impossibile. 
Una volta naufragati sulle bianche e terribili sponde del Forziere di Davy Jones, vedere la sagoma di Jack arrampicata sugli alberi della Perla Nera, che lenta scivolava sulla polvere fino al mare, sembrò come un miraggio per tutti i membri della ciurma, come una dolce allucinazione che calma gli animi inquieti di un folle. 
Per Elizabeth non fu così, non riuscì a crogiolarsi in quella visione come gli altri. 
Una piccola parte di lei sperava ancora che essere arrivata fino alla fine del mondo, per riportarlo indietro, sarebbe bastato a redimere i suoi errori, che magari solo vederlo sano e salvo sarebbe persino bastato a sciogliere il peso che le schiacciava il cuore nel petto.
Ma più si avvicinava, più i sensi di colpa aumentavano e più sarebbe voluta scappare lontano, per non doverlo mai più guardare negli occhi. Era convinta che avrebbe capito, era un pirata dopotutto.
Invece era arrivato il momento in cui non solo avrebbe dovuto affrontare l’uomo che aveva condannato a morte, ma anche render conto delle proprie azioni a Will.
 
Il giovane Turner la scoprì sottocoperta, nel ventre umido e oscuro della nave, dove era andata a rintanarsi nel tentativo di posticipare ancora di un istante quegli scomodi confronti.
La testa fra le mani, e i pensieri in tempesta. 
Da quando aveva lasciato Jack al suo destino, si era rotto qualcosa fra di loro, sempre più distanti, alla deriva l’uno dall’altra.
Sembrava che quel tragico evento li avesse entrambi svegliati dalla favola che andavano raccontandosi da quando erano piccoli, da quando la principessa bambina salvò un piccolo pirata naufragato in mezzo al mare, cresciuto in un fabbro dal buon cuore che l’aveva conquistata mantenendosi virtuosamente a distanza, con dei pudici sguardi d’attenzione. Una fiaba scritta dal destino, in cui entrambi volevano credere con tutte le loro forze, anche quando la vita li aveva cambiati e allontanati: lui divorato dalla visione di un padre sfigurato dal mare, prigioniero su una nave fantasma, lei incapace di capire il suo posto nel mondo, a dibattersi fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
E ne aveva fatti di sbagli: condannando Jack a morte, e non dicendolo a Will, per paura che la guardasse con occhi diversi, o forse per paura che intuisse i suoi sentimenti confusi. 
Adesso ne stava pagando le conseguenze, perché, come temeva, lui la gelò con occhi diversi, e indagò i suoi veri sentimenti fra le menzogne che raccontava, persino a se stessa. 
Scappare, questo le ordinava ogni fibra del suo corpo.
“Se fai le tue scelte da sola, come posso fidarmi di te?”
“Non puoi.” Disse scivolando via dalla sua presa, lasciandolo con nuovi terribili dubbi nel cuore della nave.
Avrebbe voluto cancellare tutto quanto, tornare a Port Royal, nei suoi preziosi alloggi, a vestire i suoi preziosi vestiti, magari avrebbe persino sposato il Commodoro e reso fiero suo padre, tutto pur di non perdere il suo preziosissimo Will.
 
Quella stessa notte, si meravigliò del silenzioso sciame di piccole piccole scialuppe che incrociò la rotta della Perla Nera, su una di queste, scoprì suo padre, a lasciarsi cullare oltre la fine del mondo, sospinto dalla morte nella direzione opposta alla sua. 
In quel momento, quando distinse il suo viso pallido, le fu chiaro che poteva non esserci una fine al suo tormento, e che c’era ben altro in lei che poteva ancora frantumarsi. 
Il dolore, lo stupore e le lacrime le offuscarono la vista e la mente, si sarebbe gettata senza timore in quelle acque infestate da anime senza pace pur di riportare il suo amato padre indietro, pur di incollare insieme ciò che rimaneva di sé per non sparire del tutto. 
Ma di nuovo l’abbraccio di Will la costrinse a sé, la salvò di nuovo, certo, ma a quale prezzo? 
Non meritava niente di ciò che aveva, neppure la sua vita, l’avrebbe volentieri scambiata con quella del padre, si sarebbe spenta su quella piccola barchetta in mezzo al niente: niente più rimorsi, niente più rimpianti, niente più dolore, solo riposo e silenzio.
Invece si ritrovò premuta al petto di Will, scalpitante di dolore, e di una furia sconosciuta, che le ordinava di ucciderlo, distruggerlo con le sue stesse mani per essersi ancora permesso di salvarla da se stessa. 
Era ormai evidente che c’erano angoli insondati del suo animo che faticava a riconoscere come suoi.
All’improvviso però, senza che riuscisse a trovarvi un motivo, nella sua mente riecheggiò quella parola, Piratessa, e le forze le fuggirono dal corpo, lasciando solo un dolore sordo.
 
Era l’ultima notte concessagli nel Forziere, se non avessero trovato presto una soluzione sarebbero rimasti prigionieri per sempre, eppure non era quel cupo pensiero a tenere Elizabeth sveglia.
Si alzò dalla sua branda sotto coperta, cercando di fare il minor rumore possibile attraversò il buio più totale e si spinse fuori, e una miriade di stelle la investì assieme all’aria fresca della notte. Passeggiò sul ponte fino a raggiungere il parapetto di destra, vi poggiò i gomiti e affondò il volto nelle mani, lasciando piccoli spiragli fra le dita così che potesse ancora vedere le stelle riflesse sull’acqua nera e placida.
Rimase lì, il tempo che sembrava dilatarsi all'infinito, talvolta cercando senza posa di distinguere la linea dell’orizzonte, talvolta chiudendo gli occhi nella speranza di soffocare quel groviglio di pensieri che le si agitava dentro, ma senza mai riuscirci.
“Con me di solito funziona.” Una voce soffiata, come le fusa di un gatto, preceduta solo dal rumore della bottiglia di rum che le poggiò di fianco sul parapetto. “Boo.” Sogghignò Jacksotto i baffi perfettamente arricciati vedendola trasalire.
Elizabeth rimase in silenzio, ancora incredula per non averlo sentito avvicinarsi nel silenzio della notte, con le labbra dischiuse e la mente che tutto d’un tratto si era fatta silenziosa, incapace di trovare le parole giuste per rispondere a quell’uomo che aveva lasciato a morire. 
Era a piedi nudi, i calzoni sdruciti allentati alla vita, la solita camicia leggera era ancor più aperta sul petto, non portava neppure il suo cappello, e i contorni dei suoi capelli scuri si confondevano nel cielo notturno facendolo sembrare un’apparizione quasi demoniaca.
Sperò che capisse il suo silenzio e semplicemente distolse lo sguardo, afferrando il collo della bottiglia lasciata aperta e portandola di fronte a se, per assicurarsi che non finisse in acqua al dondolare della nave. 
“Non penso che basti un pò di rum, Jack.” Si prese il suo tempo per osservare il liquido, che ora rimandava inaspettati bagliori verdastri per via della luce di quella notte senza luna. 
“Allora ci vorrà più rum.” Fece spallucce l’altro, mentre si sistemava accanto a lei ma con le spalle rivolte al mare, guardando dal lato opposto al suo, con le mani intrecciate all’altezza dello stomaco e i gomiti puntati sul corrimano, in una posizione spavalda e sbilenca al tempo stesso che gli si addiceva.
“Sono contenta che tu sia qui, insomma, che tu non sia più…”
“Sbaglio o mi avevi detto che non ti dispiaceva, e che non avresti chiesto scusa?” La punzecchiò lui, per il puro gusto di punzecchiarla.
“Non sono più sicura di ciò che ho fatto.” Rispose ignorando l’aria di scherno, decisa a non distogliere lo sguardo dalla bottiglia di rum. “ Non sono più sicura di niente.”
“Non ti dona neanche un po’ quest’aria tormentata e pensierosa, sai?”
“Jack mio padre è morto, per me. Per me che invece di essere rimasta a Port Royal a proteggerlo, sono qui su questa maledetta nave. Avevo tutto ciò che si potesse desiderare lì, un futuro brillante, un ottimo partito, non avrei perso mio padre, non avrei allontanato Will, e non ti avrei mai lasciato a morire.” Fu costretta a prendere un lungo respiro, le parole che tremavano “Pare che in qualche modo sia riuscita a rovinare tutto.”
“Oh, ma smettila.” Lo sbuffo annoiato del pirata la colpì come uno schiaffo in pieno volto.
“Perdonami?” Chiese in un soffio, la voce ancora incrinata e un sopracciglio alzato per lo stupore.
“Non dubito che tu sia distrutta per la perdita di tuo padre, che possa riposare in pace.” Si soffermò per una calcolata reverenza.
“Ma?” Lo incalzò lei, con una punta di stizza che iniziava a farsi strada nella sua voce.
“Gioia, non fraintendermi, comprendo bene. Comprendo bene che sarebbe stato tutto molto più semplice per te, a Port Royal.” Di nuovo una pausa, calcolata, e fastidiosa. “Chiusa nelle tua bolla di vestiti ricamati, balsami pregiati, la servitù, con tutti i riguardi e le riverenze del caso, sposata al buon Commodoro e moglie adultera nel letto del fabbro - a dir poco un clichè -, di questo tuo padre sì che sarebbe andato fiero.” Elizabeth s’irrigidì. “Tutto secondo i piani. Ma ti sarebbe piaciuto tanto quanto solcare le onde su questa maledetta nave?” Con quella provocazione, la sfida si era ufficialmente aperta.
“Darei la vita pur di poter tornare indietro.” Mentì fra i denti, guardandolo dritto negli occhi. 
Jack tenne il suo sguardo, sperò fino all’ultimo di vedere anche la più piccola espressione che la tradisse, ma ben presto capì che non avrebbe ceduto tanto facilmente. Un sorriso gli si aprì piano sul volto.
“Bene, allora puoi tornare a piangerti addosso, perdona l’interruzione, Tesoro.” Si mise in piedi di scatto, senza preavviso, allontanandosi con il suo solito passo dondolante e misurato verso la cabina del capitano.
Elizabeth quasi tremava per la rabbia che le montò, che le ribolliva nelle vene fino a bruciare, come veleno. Tentò fino all’ultimo di trattenersi, ma non voleva, non poteva lasciarlo andar via così.
La bottiglia di rum, finora stretta nelle sue mani, precipitò di sotto dal parapetto agitando le acque placide di quella notte calda.
“Come ti permetti?!” La voce le uscì come un sibilo dalle labbra mentre si voltava di scatto, già il viso rigato da delle lacrime che non capiva, pestando appena due passi furiosi e incerti sul ponte. 
“Mi permetto perché sono un pirata.” Si girò di nuovo, senza quasi farle finire la frase, aspettava a gloria quella reazione e lo sapeva che non avrebbe resistito, la conosceva bene ormai. “E in quanto pirata, mi posso permettere di fare e dire tutto ciò che voglio, già solo perché lo voglio.” Cantilenò beffardo, estinguendo la distanza che aveva prima messo fra di loro.
“Smettila.” Stavolta suonò più come una supplica, e Jack poté leggerle nei suoi tratti illuminati dalle lacrime il disappunto per essersi lasciata sfuggire quel tono.
“Ne abbiamo già parlato, ricordi? Puoi raccontarti tutte le idiozie che preferisci, ti crederanno tutti presto o tardi, persino il tuo Will tornerà a leccare le tue ferite immaginarie, ma in fondo, io e te, sappiamo bene qual’è la tua vera natura, Piratessa.” Che fosse quella l’ultima impietosa stoccata? L’ultimo schiaffo che l’avrebbe fatta crollare? Si chiese Jack.
Quella dannata parola, Piratessa, ebbe il potere di catapultarla in quello che aveva tutto l’aspetto di un incubo.
“Mio padre non è morto per vedermi diventare un pirata. L’ha fatto per proteggermi e permettermi di tornare a Port Royal con Will, perché lo sposassi e fossi felice.” L’ultima resistenza, le lacrime ormai si erano fermate.
“Tuo padre è morto perché ti amava, e voleva che fossi felice, è vero. Quindi, vuoi davvero buttare alle ortiche il suo sacrificio con queste menzogne?” La prese per le spalle, per fare in modo che sollevasse lo sguardo dalle assi nere del ponte e lo guardasse dritto negli occhi, non le diede scampo. “Hai avuto la fortuna di vederlo un ultima volta, qui, dove non c’è più tempo per le mezze verità. Ti ha guardata negli occhi, su una nave pirata nelle acque oltre la fine del mondo, e ti ha detto che è fiero di te. È fiero di te Elizabeth, quindi perché tu non riesci ad essere fiera te stessa?”
“Sei crudele.” 
Sfida persa. 
Gli occhi puntati nei suoi, niente più lacrime, niente più rabbia, niente più pensieri aggrovigliati, al loro posto, una chiarezza disarmante. 
Incredibile quanto dare un nome ai propri demoni li rendesse subito più docili.
“No, tu sei crudele. Come hai potuto far cadere il rum?” Il pirata si esibì uno dei suoi soliti accessi di pathos per il liquore perduto, poi, in una frazione di secondo si fece serio. “Dunque, Gioia, per concludere, che ti piaccia o no questa è la tua natura, quindi fa' e di' ciò che più ti aggrada, scegli e accetta le tue scelte, accettale in tutto e per tutto, perché un pirata non deve render conto a nessuno se non a se stesso.” 
Finalmente allentò la presa dalle sue spalle, e si concesse di lasciar scivolare le mani inanellate lungo le sue braccia esili, abbandonate lungo al corpo, fino a cingerle i polsi solo con la punta delle dita. Senza preavviso e senza slacciare il loro sguardo, l’attrasse più vicina a sè, e quando l’ebbe ad una manciata di centimetri dal viso, si aprì in un sorriso soddisfatto che gli spaccò il volto a metà, e lei gliel’avrebbe volentieri cancellato con morsi e baci quel sorriso adesso. “Buonanotte.” Le sussurrò ad un soffio dal naso, quindi le liberò anche i polsi, e la lasciò lì, da sola in mezzo al ponte rischiarato dalle stelle, per dirigersi dondolante verso la sua cabina, canticchiando: -devils and black sheep and really bad eggs-.
 
 
  
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