Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    11/04/2020    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                L'epidemia della pietra

 
Roxanne spalancò gli occhi, col respiro spezzato e il cuore che le martellava nel petto. Sì diede un'occhiata intorno, col buio che regnava incontrastato nella stanza dove si trovava. La sua stanza. Era stato solo un sogno...no, un incubo. Un terribile incubo che le era sembrato così reale. Goccioline di sudore le scendevano lungo il viso, mentre giaceva ancora sul suo letto con le coperte di lino bianco. Cercò quindi di calmarsi, ma il terrore e l'ansia non la lasciarono in pace facilmente. Anche se si era trattato di un semplice sogno, percepiva ancora la sgradevole sensazione che aveva provato mentre correva nel bosco, circondata dalle ombre e dallo smarrimento. E..quella "cosa". Cos'era stata quella strana creatura? Purtroppo non era riuscita a vederne le precise sembianze, ma solo una neutra sagoma nera che si stagliava sul resto della selva. Era forse uno dei spaventosi mostri delle leggende antiche che le raccontava spesso suo padre?

Pv Roxanne

Padre! Solo in quel momento la razionalità tornò a farmi ragionare, ed ebbi una sola preoccupazione in testa. Mio padre! Poi, uno strano rumore mi fece voltare verso la porta chiusa della camera. Era come se qualcosa stesse grattando sulla superfice del legno. Capì subito l'origine di quel suono e allora andai ad aprire. Morò era lì davanti alla soglia, e appena mi vide sfregò la testa su di me.
- Scusami, Morò, ti ho lasciato tutto solo - dissi al mio cucciolo, abbracciandolo amorevolmente. Il cerbiatto fece muovere energicamente la piccola coda, segno evidente che era felicissimo di vedermi. Ma poi il suo comportamento mutò all'improvviso. Emise qualche verso e si agitò sulle sue zampette sottili, mentre gli zoccoli colpivano fragorosamente sul legno del pavimento.
- Cos'hai, Morò? - gli chiesi. Erano in quei momenti che desideravo che il mio amichetto potesse avere il dono della parola. Morò fece agitare le zampe anteriori nell'aria per poi precipitarsi giù per le scale che portavano al piano inferiore. Lo interpretai come un " seguimi, presto". Allora, senza pensarci su due volte, scesi a mia volta le scale e vidi che la stanza era vuota. Una nuova ansia mi pervase, dato che mi tornò in mente la discussione avuta con mio padre in precedenza. Era ovvio che fosse uscito di casa, ed era andato alla siepe. Facendo vagare lo sguardo, grazie alla luce di una piccola candela posta sul tavolo, vidi un pezzo di pergamena proprio lì vicino. Incuriosita lo presi e mi accorsi che era un messaggio da parte di mio padre.
" Rimani al sicuro in casa. Al mio ritorno ti racconterò tutta la verità. Te lo prometto. Tuo padre ".
Per un attimo mi stropicciai gli occhi. Avevo letto bene? Per convincermi che non stessi ancora sognando, rilessi piano e con attenzione il messaggio. Era tutto reale! Il mio animo fu pervaso dall'incredulità e dalla felicità. Emozioni contrastanti si mescolarono tra loro dentro di me, come gli ingredienti di una bizzarra ricetta per una zuppa che nessuno avrebbe mai assaggiato. Ero contenta di quella promessa scritta e che finalmente tutti i miei dubbi sarebbero stati sciolti. Ma al tempo stesso, ero molto preoccupata per mio padre. Per prima cosa, quanto tempo era passato da quando era uscito?
Per via delle finestre serrate, non potevo saperlo, e allora sbirciai da una piccola fessura. Era già il tramonto! Ben presto sarebbe calata la sera, e lui non era ancora tornato.
- Cosa faccio adesso? - dissi ad alta voce, con la pergamena tra le mani - Dovrei rimanere qui ad aspettarlo. Ma...-.
Non ero mai stata una tipa disubbidiente, nemmeno quando ero piccola. Fatta eccezione per qualche volta, ma ero pur sempre guidata da un impulso genuino e mai per dispetto o cattiveria. Una parte di me desiderava uscire e andare a cercarlo. Avevo troppa paura che gli fosse accaduto qualcosa di brutto. Ma dall'altra, il pensiero di disubbidirgli, proprio quando mi aveva promesso di concedermi le risposte che tanto agognavo, mi sembrava quasi un tradimento. Inoltre, mio padre era un uomo in gamba, e ogni volta che si era allontanato da casa era sempre tornato come se nulla fosse. Ah, ma che dico!  Quella era una situazione del tutto diversa. Mentre continuavo ad arrovellarmi il cervello, il cerbiatto annusò l'aria. Vidi il suo corpo fremere leggermente, le orecchie ben tese, e gli occhioni che brillavano nella penombra. Poi, senza un motivo apparente, corse verso la porta di casa e cominciò a battere con gli zoccoli sul legno. Con stupore vidi quella scena, e fu allora che ebbi la mia risposta.
- Anche tu vuoi andare a cercare papà, vero? - gli chiesi, e intanto Morò emise un lamento senza fermarsi nel combattere contro l'uscio sbarrato.
E va bene, pensai in testa mia. Forse mi sarei presa una bella ramanzina, ma ormai avevo preso la mia decisione. Presi il mio mantello verde scuro e me lo allacciai sulle spalle. Con la mia sola veste di lino chiaro avrei rischiato di ammalarmi, lì fuori. Prima di aprire la porta decisi di munirmi di un coltello (quello che di solito usavo per affettare la frutta e gli ortaggi) e lo legai alla coscia destra con una cordicella. Non era chissà quanto come arma, ma almeno non mi sarei allontanata senza avere modo di difendermi, se ci fosse stato bisogno. Sinceramente sperai assiduamente di non farne utilizzo. Fatto ciò, finalmente spinsi indietro la lamina di ferro che bloccava la porta della capanna, e quando la spalancai il cerbiatto uscì fuori, agitato e ansioso. La prima cosa che notai appena uscita fuori fu il panico generale del gregge. Pecore e agnelli correvano da una parte all'altra nel recinto, belando come se fossero spaventati da qualcosa di invisibile, ma che era lì a minacciarli.
- Ma cosa sta succedendo? - feci ad alta voce, e mi avvicinai al recinto, cercando di capire quale fosse la causa di quel trambusto. Di solito le nostre pecore erano sempre mansuete e tranquille. Non le avevo mai viste comportarsi in quel modo. Poi, udii Morò che cercava di richiamare la mia attenzione, e lo vidi sgambettare via, allontanandosi verso la collina.
- Aspettami, Morò! - gli gridai dietro, e corsi a perdifiato dietro al mio cucciolo. Mentre mi allontanavo dalla capanna e dal recinto, mi resi conto che i primi spifferi freddi della sera si stavano facendo sentire. Il cerbiatto non smise di correre e si fermò solo quando arrivò alla siepe di arbusti. Proprio come avevo immaginato, Morò mi aveva guidato verso quella direzione, perché probabilmente aveva intuito fin da subito che stava accadendo qualcosa di strano. Quando lo raggiunsi, mi presi qualche secondo per riprendere fiato, mentre il cucciolo fissava insistentemente i rami che formavano la barriera.
- Eccoci qua...- dissi tra i respiri affannati e i battiti veloci del cuore. Appena mi fui calmata, osservai la siepe e studiai i rami raggrovigliati tra loro, e con le foglie rampicanti che davano quel tocco di colore vivo. Poi, mi diedi un'occhiata attorno, per poi allungare lo sguardo più da lontano. Da lassù si riusciva a vedere tutta la collina verdeggiante, insieme al recinto e alla capanna di legno. Uno spettacolo semplicemente meraviglioso. Non mi ero mai accorta quanto fosse bella la vista, ammirandola lì vicino alla siepe. In quel momento tornai sui miei passi e osservai nuovamente la barriera di arbusti.
- Oltre la siepe...sono sicura che papà ha dovuto oltrepassarla...per qualche buon motivo - pensai ad alta voce. Feci scorrere le dita su un ramoscello della siepe, per poi rivolgere lo sguardo agli occhioni scuri di Morò. Mi fissava attentamente, come se stesse aspettando una mia reazione.
- Oh, Morò, non posso credere che sto per farlo...- gli dissi infine. Poi pensai " beh, è successo tanto tempo fa...e questa volta non è per inseguire una pecora". Il cerbiatto fece scodinzolare la coda come segno di approvazione (come se mi avesse letto nella mente) e fece un saltello vivace. Anche lui sembrava eccitato dall'idea di saltare oltre la siepe.
- Su, andiamo! -.
Quella volta, da bambina, mi ero intrufolata con facilità in mezzo agli arbusti, quindi non indugiai nel muovermi nella medesima maniera. Peccato che...il mio corpo ormai cresciuto fece invece più fatica di quanto mi ricordassi, rischiando quasi di rimanere bloccata. Forse, non era stata una brillante idea. Comunque, dopo essere riuscita a sgattaiolare via, aiutai Morò a superare la siepe, tagliando qualche ramoscello con il mio coltello. Finalmente eravamo dall'altra parte, e respirai a fondo l'aria fredda della sera. Ormai il sole si era andato a coricare oltre le montagne grigie che si stagliavano all'orizzonte. Davanti a noi c'era la grande prateria che si estendeva per chilometri e chilometri. Senza aver bisogno di una bussola, mi incamminai insieme al cerbiatto, verso la parte opposta dove il sole si era addormentato: verso est. Da quella parte vi era il bosco misterioso. A un certo punto avvertì qualcosa nell’aria. Non era né il vento né il suono dei grilli. Era un qualcosa di invisibile, ma non fastidioso. Anzi, mi era familiare. Era la "voce" che sussurrava spesso il mio nome, che avevo percepito in passato. Ma in quel momento mi accorsi che era molto più forte, più chiaro. Eppure nelle mie orecchie non arrivava alcun suono, ma era come se il mio spirito cogliesse quel richiamo così unico e travolgente.  " Sono sicura che proviene dal bosco... non ci sono dubbi" pensai in silenzio, e allora aumentai il passo. Intanto, l'ansia e la preoccupazione di ritrovare mio padre stavano crescendo sempre di più, man mano che ci avvicinavamo alla nostra metà. Avevamo superato un bel pezzo della prateria, ed eravamo molto lontani dalla siepe. Ancora un po’ e avremo visto l'entrata del bosco. In quel momento pregai che mio padre non avesse varcato anche quel limite. Ne avevo il sospetto dato che prima di uscire si era munito di varie armi. E se era vero che nel bosco vivessero creature mostruose, allora quelle storie che mi raccontava non erano poi così fantasiose. E' per questo che hai cercato di tenermi chiusa in casa, papà? Cominciai allora ad avere qualche dubbio e le mie certezze stavano vacillando. Forse, mio padre mi aveva solo e sempre raccontato la pura verità...Un lamentoso verso mi fece risvegliare da quei pensieri, e i miei occhi incontrarono quelli di Morò. Si stava agitando nervosamente, e con le zampe anteriori mi faceva intendere di seguirlo. Senza farmi domande lo segui a ruota. In fin dei conti, Morò rimaneva un animale selvatico, e nonostante fosse cresciuto in mezzo a un gregge di pecore, il suo istinto da cerbiatto delle foreste si era risvegliato. Il mio amico saltellava sulle agili zampe ed emetteva i suoi versi, come se volesse spronarmi a correre più veloce. Non lo avevo mai visto così agitato come in quel momento. Ma non dovetti attendere a lungo nel scoprirne il motivo...                            
Il mio sguardo catturò le prime fronde dei maestosi alberi che capeggiavano l'entrata del bosco, e allora ebbi un attimo di sollievo. Finalmente! Poi, qualcos'altro si materializzò, e all'inizio non riuscì a capire cosa fosse. Proprio davanti a quei tronchi carichi di foglie vi era una sagoma scura e modellata dalle ombre della sera. " Ma cos'è? " mi chiesi, mentre correvo da quella parte. Per un brevissimo momento ebbi l'impulso di afferrare il pugnale legato alla coscia. Forse era un animale feroce? Una persona con brutte intenzioni? Ma quando arrivai a pochi metri da quella figura capì che non si trattava di un essere vivente. Morò, che era arrivato per primo, stava annusando l'aria, e il suo corpo cominciò a fremere mentre osservava la statua di pietra che si ergeva in mezzo all'erba. Sì, era proprio una statua fatta di pietra dura, massiccia e grigiastra. Quando mi avvicinai mi chiesi perplessa cosa ci facesse lì, in mezzo alla natura. Ma poi, grazie alla luce argentea della luna, che stava sorgendo in quel momento, realizzai che la statua raffigurava un uomo adulto...La figura massiccia mi dava le spalle, forti e muscolose, che solo un contadino abituato al lavoro nei campi poteva avere. Con il terribile sospetto che mi stava divorando il cuore, girai intorno a quella scultura fino a trovarmi di fronte il suo viso.
- Papà!...-.
Il mio cuore aveva saltato di un battito. Le gambe mi tremarono come se la terra si stesse sgretolando sotto i miei piedi. Non poteva essere vero! Eppure ero sicura che i miei occhi non mi stessero ingannando... Quella statua, quella materia senza vita...era mio padre!
- Papa! Cosa ti è successo?!- gridai, dando finalmente sfogo alla mia voce. Mi lanciai verso la statua, imprigionando il collo di pietra fredda con le mie braccia. Avevo avuto brutti presentimenti, vari timori di ogni sorta, tante preoccupazioni. Ma mai avrei immaginato una cosa così terribile. Ti prego, grande Zeus, dimmi che sto sognando. Mentre le prime lacrime sgorgarono dagli occhi, mi distaccai di un po’ dalla statua, e osservai quel volto dai lineamenti a me tanto cari. I raggi della luna illuminavano i suoi occhi, vitrei e spenti. L'espressione era indecifrabile. Sembrava un misto di terrore e fragilità.
- Papà caro, tu che mi hai sempre protetta - cominciai a dire, accarezzando il volto di pietra - tu che mi hai custodita...e che hai fatto tanto per me...adesso, io cosa posso fare per salvare te? ... -.
In quel momento ripensai a tutte le raccomandazioni, alle rigide regole e ai divieti del mio genitore. Ma soprattutto, ripensai a come mi ero comportata quello stesso giorno. Avevo infangato quella protezione che lui aveva pagato a costo nella vita...
- Sono solo una sciocca e curiosa ragazzina...- urlai disperata, lasciandomi cadere ai piedi della statua, con un mare di lacrime che non riuscivo a frenare. Ciò che mi faceva più male è che avevo odiato mio padre per le ragioni sbagliate. Lui aveva cercato solo di proteggermi, perché sapeva quale male spaventoso ci stesse minacciando. Quella certezza mi fece singhiozzare amaramente e più forte di prima.
- Non piangere...-.
Una voce leggera come un battito d'ali frenò il mio pianto sconsolato. Mi era sembrato il timbro dolce di un bambino. Ma forse, me lo ero solo immaginato.
- Da questa parte...- disse ancora quella voce a me estranea. In quel momento, dato che fui certa di essere lucida nonostante la situazione drammatica, mi alzai in piedi e mi guardai attorno. Ma non c'era nessuno nei paraggi. Poi, mi sentì tirare per un lembo del mantello. Mi voltai e Morò teneva stretto in bocca il tessuto e tirava insistentemente.
- Cosa c'è, Morò? - gli chiesi, con la voce ancora rotta per il pianto. Il cerbiatto lasciò la presa e inaspettatamente corse via fino a intrufolarsi nell'oscurità del bosco.
- Morò, torna indietro! - urlai e mi fiondai in quella direzione. Ma quando mi trovai proprio davanti all'entrata mi fermai di botto. Davvero hai il coraggio di entrare? chiesi a me stessa. Ancora titubante avvertì di nuovo quella misteriosa voce che mi disse:
- Non avere paura, sorellona...-.
Sorellona? La mia mente stava scoppiando dalla confusione e non sapevo cosa fare. Di chi era quella voce? All'improvviso dall'oscurità del bosco uscì fuori la testa di Morò, che mi guardava con i suoi occhioni scuri, per poi fare un verso.
- Morò...ma cosa...? - cercai di spiccicare qualche parola, ma ebbi giusto il tempo di vedere il cerbiatto scomparire ancora nella penombra. A quel punto, spinta dalla necessità ma anche da una curiosità mai estinta, mi feci coraggio. Quel momento lo avrei ricordato per il resto della mia vita. Feci esattamente ciò che non ero riuscita a fare quel giorno, di tanti anni fa. Seguendo l'istinto, per raggiungere il mio cucciolo, mossi le gambe e mi trovai all'interno della selva. Tutto avvenne così in fretta, in un lampo, ma al col tempo, ebbi secondi interi per assaporare il cambiamento. Nel preciso momento in cui i piedi toccarono la terra umida, avvertì uno strano calore al petto. Proprio sotto al seno, sull'addome, sentì bruciare la pelle. Fu un po’ doloroso all'inizio, ma durò giusto un secondo.
- Cosa succede?! - esclamai, e le mie mani si mossero su quel punto del corpo. Come colta da una forza impulsiva, mi sbottonai la veste. Proprio lì, vi era la voglia chiara, bianca come la neve, che avevo fin dalla nascita. La sua forma irregolare fremeva e bruciava. Anche il suo colore stava cambiando, e brillava come un velo di polvere argentea. Poco dopo, anche il mio stato d'animo mutò. Non ero più tesa o spaventata. Mi sentivo immersa in uno stato di pura beatitudine. Perfino il buio lugubre del bosco non mi sembrava più così terribile. Anzi...
Tutto ciò fu troppo per me. Svenni atterrando su un mucchio di foglie, accanto alle radici di un grosso albero.

Quando ripresi conoscenza, avvertì una lingua ruvida bagnarmi le guance. Il mio cerbiatto era accanto a me, felice di avermi ridestata.
- Morò...cosa è successo? - feci ad alta voce, mentre alzavo il capo per mettermi seduta. E quello che accadde subito dopo mi fece sussultare.
- Sei svenuta -.
Ancora quella voce...
Ma questa volta mi fu chiaro di chi fosse. Spalancai gli occhi, rimanendo senza parole, mentre il cerbiatto mi fissava, paziente come al solito.
- Morò...sei stato tu? - balbettai goffamente. Accidenti, deve essere la conseguenza delle forti emozioni, pensai.
- Sì! - esclamò il cerbiatto, facendo agitare la coda per l'entusiasmo - Che bello, riesci davvero a capirmi! -.
Oh, no, sono diventata realmente matta! Ho immaginato per così troppo tempo di poter parlare con gli animali, che adesso ci riesco per davvero...
- A quanto pare sì...o forse ho sbattuto la testa troppo forte...- dissi, tastandomi un lato del capo, sperando per un attimo di avvertire un po’ di dolore.
Ma ero sana come un pesce. Fu allora che mi convinsi che per qualche strano mistero Morò aveva acquisito il dono della parola. Grazie a ciò, potei raccontargli cosa avevo provato quando ero entrata nel bosco. Tutte le strane emozioni e le sensazioni contrastanti legati a quel preciso istante.
- Non ci sono dubbi. Questo bosco deve essere magico - mi spiegò il mio amico - Ciò spiegherebbe come mai riesco a parlarti -.
- Ed è anche il motivo per cui mi è accaduto quello strano evento - aggiunsi, mentre mi risistemavo lo scollo della veste.
- Possibile - rispose il mio cucciolo - anche se penso che ci sia molto di più dietro -.
Aggrottai la fronte, leggermente confusa, ed ero sul punto di fare altre domande. Poi, mi tornò in mente la tragica scoperta di poco prima e mi voltai verso la statua di pietra. Quello che una volta era stato mio padre, era lì pietrificato e senza vita. Oh, padre mio...
- Non preoccuparti, sorellona - mi rincuorò il cerbiatto - è stato pietrificato. Ma non è troppo tardi -.
Rivolgendo di nuovo l'attenzione al mio cucciolo, con gli occhi inumiditi, chiesi:
- Davvero? -.
Il cerbiatto annuì e senza muovere il muso per esprimersi, come se le sue parole uscissero in automatico dalla gola, disse:
- Mentre vegliavo su di te, ho parlato con gli abitanti di questo bosco, cominciò a spiegarmi - E ‘una maledizione. Una sorta di epidemia che pietrifica qualsiasi essere vivente, umano o animale. Una pestilenza che sta divagando in questi luoghi già da qualche tempo. Gli scoiattoli mi hanno svelato che è tutta colpa di una creatura misteriosa, mai vista prima -.
Una creatura? Perché in quel momento stavo rivivendo lo strano sogno che avevo fatto quel giorno stesso?
- Purtroppo gli animali non mi hanno saputo dire altro. Ma c'è una speranza per spezzare la maledizione - mi informò il cucciolo.
- Quale? - gli chiesi ansiosa.
- Bisogna andare oltre i confini del bosco. Una volta superato troveremo il tempio delle Ninfee. Loro sapranno come aiutarci -.

Accovacciata ai piedi dell'albero, la giovane Roxanne stava ponderando su ciò che le aveva appena detto il suo amico inseparabile. Andare ai confini del bosco? Questo voleva dire inoltrarsi nel cuore di quella stessa selva, selvaggia e oscura, tra mille pericoli e.. correre anche il rischio di imbattersi nella creatura della maledizione. Era come andare incontro alla stessa Morte. La moneta d'oro per il posto riservato sulla barca di Caronte, verso l'oltretomba.
- Cosa facciamo, sorellona? - chiese il cerbiatto, con un tono di voce debole e dolce. La fanciulla girò la testa verso l'uscita del bosco. Se avesse deciso di varcarlo nuovamente, sarebbe tornata a casa, avrebbe custodito il gregge, coltivato l'orto, e avrebbe ripreso quindi la sua vita tranquilla, dimenticandosi di tutto, pur di rimanere al sicuro e viva. Questo è quello che avrebbe voluto suo padre. Ma a quale prezzo! Lei sapeva che non avrebbe trovato più pace, né di notte né di giorno, ricordandosi del grande sacrificio di suo padre. Ma non era solo quello il punto.
- L'ultima cosa che ho detto a papà è stato: sono stanca della tua protezione...- proferì Roxanne, mentre una lacrima le rigava il viso - Lui stava cercando di tenermi al sicuro, e io sono stata solo capace di risputargli addosso tutto, senza comprenderlo...-.
Dopo essersi asciugata il viso con un braccio, il suo sguardo si fece più deciso, e allora una nuova forza la spinse a fare la scelta più difficile della sua vita.
- Se sono riuscita a superare una siepe di arbusti, posso fare lo stesso con un bosco pieno di terribili creature. Così sia. Andrò ai confini del bosco e troverò il Tempio delle Ninfee -.
 
Angolo dell'autrice:
Eccomi qua con il terzo capitolo di questa nuova storia tutta in chiave mito greco. "L'epidemia della pietra" se qualcuno di voi ci ha pensato, beh sì, è un preciso riferimento alla situazione che stiamo vivendo con il Coronavirus. Non è così strano pensare a quanto ci siamo "pietrificati" immobili nelle nostre case, per via di questa "maledizione" così terribile e contagiosa. E così come in questa storia, abbiamo tutti paura di subire la maledizione della pietra. Comunque tornando a noi, sono accadute parecchie cose in questo capitolo, dall'inizio alla fine. Ho passato parecchio tempo a rimuginare su come continuare, per rendere tutto sempre più misterioso, anche drammatico, e inserire qualche bella sorpresa (come il piccolo Morò che adesso può addirittura parlare con la protagonista ^=^). Ma tranquilli, molte cose non le ho ancora svelate (è troppo presto XD) ma per chi si sta mangiando le unghie per l'impazienza, sappiate che nel prossimo capitolo vedremo finalmente l'entrata in scena di Clopin (o Klopin in questo caso XD) e in seguito anche tutti gli altri ** Detto ciò, ne approfitto per farvi gli auguri di buona Pasqua <3 Alla prossima <3   
   
 
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