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Autore: Mahlerlucia    11/04/2020    2 recensioni
C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare.
L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sé stessi non si può fuggire.
(Andrej Tarkovskij)
[BokuAka || AkaUda]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
I'll be waiting 
 


I've seen you cry
Into the night
I feel your pain
Can I make it right
I realized there's no end inside

Yet still I'll wait
For you to see the light...

 

 
L’estate precedente Koutarou aveva avuto la folle idea di portare Keiji in collina ad ammirare le stelle cadenti, alloggiando presso la seconda abitazione di una lontana parente di sua madre. Una volta arrivati, un veloce spettacolo pirotecnico allestito nelle vicinanze introdusse loro un meraviglioso cielo scuro puntellato di piccole e grandi luci lontane. Ma ciò che il giovane editore ricordava con maggior fervore erano i continui rimbrotti del compagno dovuti alla sua incapacità di attendere con pazienza il suo astro fortunato.
‘Ho un desiderio importantissimo da far realizzare, io!’, come se le richieste astrali provenienti dal resto dell’umanità avessero l’obbligo di attendere il loro turno dietro ai suoi capricci.
‘Bokuto-san, esprimilo comunque, ma chiedi clemenza agli dèi solo quando vedrai la tua cometa.’, furono le parole usate da Keiji per rincuorarlo dell’impossibilità di perdere il proprio turno con la sorte.
Ma proprio nel momento in cui il destino aveva deciso di affacciarsi in quelle campagne sconfinate, Bokuto era dovuto correre in bagno ad orinare. Si era trattenuto fin troppo tempo in quella spasmodica attesa a cui non era di certo abituato per sua stessa indole iperattiva.
Keiji decise di lasciarlo all’oscuro, di fingere che nulla fosse ancora sopraggiunto nel mentre del soddisfacimento di quel suo naturale bisogno fisiologico. In realtà conosceva a menadito le volontà di Koutarou e, pertanto, si prese la briga di sostituirlo di fronte a quella credenza popolare che più volte lo aveva visto storcere il naso, specie da quando suo padre era riuscito a convincerlo del fatto che si trattasse solamente di stramberie inculcategli in testa da sua madre quando era ancora troppo piccolo per poterle confutare.
‘Ancora niente?’ l’ex setter si era limitato a negare con un lieve cenno della bocca per poi poggiare il capo sulla sua spalla robusta. Le sue mani si erano strette attorno alla stoffa leggera del suo yukata, fino a toccare indirettamente il bicipite allenato. Aveva da sempre detestato l’idea di mentire al ragazzo che amava più di sé stesso, ma col tempo aveva imparato ad intavolare qualche piccolo stratagemma a fin di bene. D’altronde aveva trascorso talmente tanto tempo ad osservare il comportamento dell’altro – catalogandone ogni più piccolo pregio e difetto – da potersi concedere qualche strategia di sopravvivenza utile anche ad incrementare la sua stessa autostima a tratti ancora piuttosto altalenante.
 
Non ti devi preoccupare Koutarou. Ho chiesto alla stella che hai aspettato con tanta impazienza di renderti felice da qui all’eternità, indipendentemente da quello che succederà in futuro.
 
 
***
 
Il ricordo di quella sera di mezza estate si accese nella mente confusa di Keiji mentre Koutarou si muoveva sopra di lui, facendogli sentire la sua presenza in maniera possente e delicata allo stesso tempo, inondandolo di calore e desiderio ad ogni nuova penetrazione. Le dita del più giovane si muovevano convulsamente tra le ciocche dei suoi capelli cinerei e sulla pelle umida della sua schiena. Sussurrava a fatica il suo nome mentre l’altro lo baciava con ardore e lo mordeva fugacemente a più riprese, donandogli quel mix di pizzicore fisico e libido con cui era abituato a mandarlo in visibilio ogni volta che si ritrovavano a fare l’amore con tanto ardore.
Le ultime spinte divennero sempre più decise, tanto da indurre Akaashi ad inarcare di riflesso la schiena e a graffiare ripetutamente le scapole del compagno aggrappandocisi con disperazione, all’inutile ricerca di un conforto che lo aiutasse a tornare mentalmente alla realtà. Cosa che in fondo sarebbe stata utile per permettergli di realizzare la portata della bellezza di quel frangente condiviso. Ogni volta diverso, ogni volta speciale.
Koutarou impresse le sue labbra su quelle dell’amato, facendogli poggiare la testa sul proprio avambraccio e restando fermo per qualche istante in lui, fino a venire. Keiji si lasciò completamente andare a quel diktat incapace di deluderlo. Avvertì il suo seme disperdersi nel suo orifizio, fino a scivolar via, tra le sue gambe divaricate.
In quel momento la rabbia e il rammarico provati da Bokuto divennero limpidi quanto l’acqua di fonte, portando con sé strascichi di sensi di colpa che cominciarono a distribuirsi a macchia d’olio tra i suoi pensieri. Affondò nuovamente le dita tra i suoi crini argentei per strattonarli appena, lasciandosi cullare da un bacio pregno di passione e paura, amore e gelosia, tenerezza ed amarezza. Un urlo imposto attraverso l’energico contatto delle salive, le dita che premevano e stringevano, le lacrime che cominciavano a sgorgare copiose sulle guance di entrambi.
Bokuto carezzò via quel piccolo rivolo che lo aveva reso troppo vulnerabile agli occhi di Keiji, per poi scendere dal letto e correre a chiudersi nel piccolo bagno di servizio del suo nuovo appartamento.

“Koutarou...”

Fu tutto quello che l’editore riuscì a farfugliare in un sospiro quasi impercettibile. Da principio non era mai stato convinto del fatto che Bokuto potesse accettare così a cuor leggero la sua partenza per l’Europa, soprattutto se la lontananza rischiava di prolungarsi in caso di meritati successi professionali.
Cercò di alzarsi dal letto, nonostante l’inevitabile dolore fisico avvertito alla base della schiena. Indossò rapidamente i boxer e la sua maglietta, per poi appostarsi davanti a quella porta di legno compensato che li separava. Sentiva scorrere l’acqua del rubinetto, ma non gli ci volle poi molto ad intuire che si trattava di un mesto tentativo utile a nascondere il rumore dei suoi singulti, così come quello delle innumerevoli imprecazioni che stava dedicando senza ritegno al suo destino infausto.

“Koutarou, devo andare in bagno.”

Abolita di default la tattica del pietismo, Keiji pensò che il coinvolgimento dell’estrema necessità fisica potesse funzionare molto più efficacemente con un buontempone come Koutarou. E difatti non sbagliò.
Quando finalmente si degnò di aprire la porta lo trovò poggiato alla parete del corridoio con le caviglie accavallate e le braccia conserte; ma furono i segni violacei sul collo e le labbra ancora gonfie ed umide di eccitazione ad attirare la sua attenzione più di qualunque altro dettaglio. Non servirono nemmeno troppe spiegazioni per lasciargli intendere che non era il bagno ciò di cui aveva assolutamente bisogno: ci pensarono le loro bocche a cercarsi come due magneti impazziti. Koutarou lo strinse a sé prendendolo di prepotenza per i fianchi, mentre Keiji non oppose la benché minima resistenza a quel balletto dietro al quale si camuffava l’insieme dei loro timori più grevi.

“Sono stato un po’... poco delicato. Si dice così, giusto?”

Akaashi allargò le braccia lungo le sue spalle, per poi unirle alla base del collo. Sorrise come gli era capitato di fare poche altre volte, e quasi mai in sua assenza. Cercò di non far intravedere la malinconia che stava pervadendo il suo cuore, frutto della consapevolezza di essere il motivo dell’agitazione avvertita nell’animo affranto di Bokuto.
I suoi enormi occhi smeraldo erano umidi di commozione e d’impotenza di fronte alla realtà che li avrebbe cambiati per sempre di lì a qualche settimana; probabilmente anche meno.

“Si direbbe così, ma non è questo il caso, sta’ tranquillo.”

“Non ti ho fatto male?”

Nuove lacrime coprirono le sue guance sino a costringerlo a voltarsi di lato per non essere inquadrato più del dovuto dalle sue iridi dorate. Nascose il viso nell’incavo tra il collo e la spalla e iniziò a muoversi sulla sua pelle come un gatto impegnato a far le fusa al proprio padrone con l’unico intento di ottenere del cibo. Baciò e racchiuse tra le sue labbra il lobo del suo orecchio, finendo per soffiare delicatamente al suo interno.

“Credo di averne fatto molto più io a te.”

Koutarou strinse la sua maglietta con entrambe le mani sfregando a sua volta la fronte tra i capelli scarmigliati del compagno. Gli baciò più volte le tempie, sino ad invitarlo a sollevare il capo per ripulirlo da quel dispiacere liquido che lo stava torturando da ormai troppo tempo.

“Se devo restare... dim-”

Akaashi fu zittito dal suo indice perentorio posto a fior di labbra. Lo sguardo diretto nei suoi occhi, il capo capace di scattare più volte prima a destra e poi a sinistra, come a voler sottolineare che la decisione che aveva preso quel pomeriggio al parco dei divertimenti era divenuta oramai irrevocabile, come se fosse stata firmata dallo stesso Imperatore.
L’espressione stupefatta del più giovane si addolcì, tanto da lasciar spazio ad un nuovo sorriso di dolce rassegnazione: aveva finalmente capito che niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Ripensò a quando riuscì a paragonarlo ad una stella, anche se in verità la stella era sempre stata lui ai suoi occhi. Realizzò di essere molto più fortunato di quanto non fosse mai stato in grado di mettere realmente a fuoco.
Koutarou era maturato in maniera splendida, diventando l’unico uomo sulla faccia della Terra di cui si sarebbe mai potuto davvero innamorare. Come la stella naturalmente più appariscente. Come un elemento vitale al pari dell’aria e dell’acqua. La sua fonte di felicità più grande.
L’amore.
 
***

Quel pomeriggio il Shiba Cafè non era particolarmente affollato. Alcune persone entravano e ordinavano direttamente al bancone, impigliate nella loro rigida routine che negava loro persino il tempo di sedersi ad un tavolo e riempirsi lo stomaco con un pasto completo. Un ragazzo e una ragazza discutevano circa gli argomenti di un esame che avrebbero dovuto affrontare di lì a pochi giorni, accompagnati dai consueti dubbi sul materiale da consultare e sulle questioni che premevano ai loro insegnanti e ai rispettivi assistenti. Keiji iniziò a ricordare con nostalgia quel periodo – neanche troppo lontano – in cui le sue uniche preoccupazioni consistevano in prove didattiche e campionati juniores di pallavolo.
Cominciò a muovere rapidamente le dita sul touchpad del suo portatile con l’intento di entrare nel blog di Kodzuken, una sua cara e vecchia conoscenza. Quest’ultimo stava per iniziare una diretta streaming per aggiornare i suoi followers sulle nuove uscite in fatto di giochi on-line e da console. Lo seguiva ogniqualvolta gli impegni lavorativi glielo consentivano, soprattutto per l’ammirazione che aveva sempre provato nei suoi confronti, visto e considerato come era stato in grado trasformare la sua più grande passione nel suo attuale lavoro.
Inserì ID e password, per quanto avesse sempre preferito seguire in anonimato e senza mai intervenire... o quasi. A dirla tutta, non aveva nemmeno il tempo materiale per recarsi in un Game shop per poter comprendere concretamente cosa avesse raccontato l’ex setter della Nekoma nelle sue apparizioni virtuali.

Kodzuken non si era ancora connesso, per cui l’editore decise di dedicare l’attesa alla sistemazione su desktop del materiale che Udai-san gli aveva mandato al termine della stesura dell’ultimo capitolo del manga. Il lavoro era accurato, forse ancor più del solito. Erano stati inseriti dei dettagli melodrammatici che non si sarebbe di certo aspettato, soprattutto tenendo conto di quanto gli ultimi risvolti della trama non lasciassero presagire nulla di particolarmente malinconico. Si era chiesto la motivazione di quel cambiamento che era arrivato a definite ‘drastico’ già ad una prima lettura.
Che fosse successo qualcosa di particolare?

 
Kodzuken: “Buongiorno a tutti. Come vi avevo anticipato la scorsa settimana, oggi comincerò a parlare di una serie di nuove uscite on-line... e non solo. Ma vi avverto fin da subito che non mi potrò trattenere oltre i quindici minuti.”

Il solito Kozume-san. Chissà cos’avrà mai da fare dopo questi fatidici quindici minuti!
Keiji infilò l’auricolare e aprì la schermata. Notò subito che tra gli utenti on-line era presente un certo Oya-oya avente un gatto nero come avatar. Insomma, non era poi difficile intuire di chi si potesse trattare. Fu proprio quest’ultimo a salutare per primo e mandare una serie di cuoricini che Kenma ignorò bellamente, senza particolari colpi di scena.
L’immagine del suo viso – dai lineamenti ancora molto infantili per i suoi ventidue anni suonati – venne presto sostituita dalla condivisione di una frame tratto dall’ultima versione di un gioco da combattimento di cui ignoravi persino l’esistenza; ad ogni modo, il suo scopo ultimo era come sempre quello di salvare il pianeta sconfiggendo una casta di alieni che voleva distruggere l’intera umanità.
 
Oya-oya: “Ma la principessa da salvare è carina?”  

Akaashi fu vinto dall’istinto d’intervenire per evitare che domande tanto sciocche – che comunque arrivavano in termini anche più volgari da numerosi altri utenti collegati – interrompessero quella che comunque per Kenma era un’attività produttiva, oltre che complicata dal punto di vista psicologico. Proprio per questo motivo, la condivisione del materiale da mostrare lo aiutava molto a mascherare la sua infinita timidezza.
 
ID_05: “Sempre sul pezzo, Kuroo-san.”

Per un attimo nella chat calò il gelo, ad eccezione di un piccolo pollice alzato che comparve sotto quell’ultimo commento; era stato aggiunto dallo stesso organizzatore della diretta. In quell’atto impulsivo, Keiji si era a sua volta identificato ai loro occhi.
 
T-Rex: “Ti devi sempre far riconoscere, eh?”
 
Kodzuken: “Scusate, questa è la mia diretta. Devo finire di spiegare come raggiungere il livello ventidue, altrimenti la principessa non la vedrete nemmeno in cartolina!”
 
Oya-Oya: “Oh, ma quindi esiste davvero una principessa?”
 
T-Rex: “Sì, si chiama Tetsurou e se la tira un sacco!”

I pollici alzati di Kodzuken e ID_05 arrivarono quasi in contemporanea a dar manforte al pensiero sarcastico di Tsukishima, seguiti da quelli di molti altri utenti collegati. Quella presenza disturbante e in evidente confidenza con il giovane blogger non era una novità per nessuno dei followers più fedeli e costantemente presenti durante le sue dirette.

Hey, Akaashi-san! Scusa per il ritardo!”

L’editore sollevò d’impeto il viso dal quella bizzarra conversazione che stava iniziando seriamente a stuzzicarlo. Improvvisamente il reale motivo per cui si trovava in quel locale tornò prepotentemente a farsi spazio tra le sue facoltà mentali, portandolo rapidamente ad uscire da quella diretta web per poter disquisire tranquillamente con il suo sensei.
Gli dispiacque solamente di essersene virtualmente dileguato senza neanche aver salutato.

“Tenma-san. Non ti preoccupare, sono qui solo da qualche minuto.”

Il mangaka si accomodò di fronte al suo mentore, curioso di capire cosa lo divertisse tanto di fronte allo schermo di quel computer. Poche volte lo aveva visto sorridere in maniera così spontanea, e sempre per qualche motivo correlato al nome di Bokuto Koutarou.

“Che fai di bello col pc? A parte controllare le scempiaggini che t’invio, s’intende.”

Keiji sollevò lo sguardo sul viso minuto del suo interlocutore e non riuscì a fare a meno di notare tanti piccoli particolari che gli fecero celermente intuire che quella doveva essere stata una giornata importante per lui. I lunghi capelli neri erano ben pettinati ed ordinati, mentre il suo abbigliamento era finalmente andato oltre una semplice felpa di almeno una taglia più grande e il solito paio di jeans sdruciti.
Ma ciò che lo colpì maggiormente fu lo sguardo sfuggente, perennemente ancorato al vetro della grande vetrina laterale o inabissato sul piano del tavolo in faggio che arredava quel modesto Cafè del centro edochiano.

“Seguivo una diretta di Kodzuken, un vecchio amico.”

“Ah, quindi di tanto in tanto ti concedi addirittura qualche piccolo divertimento? Kodzuken recensisce giochi on-line se non ricordo male...”

“Sì, ma non solo quelli. È un genio in quel campo e talvolta propone anche delle sue ‘creazioni’.”

“Le hai provate?”

“Se avessi avuto tempo, ci avrei di sicuro fatto un pensiero.”

L’uso del passato intorpidì la conversazione, come se un piccolo sassolino si fosse inserito all’interno di un ingranaggio – fino a quel momento perfettamente funzionante – e lo avesse in qualche modo bloccato. Tenma comprese che con ogni probabilità era stato concesso al suo editore prediletto l’ultimo nulla osta per il trasferimento oltreoceano, quello per lui più importante.
Questa nuova consapevolezza lo portò ad incupirsi ancor più di quanto già non lo fosse prima di sedersi a quel tavolo: persino la sua ultima possibilità legata al nome di quel Bokuto Koutarou aveva fallito.

“Hai parlato con Yashimoto-san?”

Hey, non vale! Toccava a me chiederti se avevi parlato con una certa persona.
Stava di fatto che, come al solito, Akaashi aveva centrato il punto. Ultimamente Tenma non usciva molto di casa, se non per i loro incontri settimanali e per eventuali convocazioni da parte della dirigenza della casa editrice. Ma quando si trattava del primo caso, non si preoccupava poi molto di apparire sciatto o meno.

“Che intuito! Mi ha chiamato ieri sera chiedendomi di andare in sede. Mi ha presentato la mia nuova editrice.”

Keiji sollevò un sopracciglio con fare sorpreso. Afferrò la tazza con la sua bibita energitica mentre udì un tintinnio proveniente dal suo smartphone. Convinto che si trattasse di Koutarou, strabuzzò gli occhi quando invece lesse il nome ‘Kuroo-san’ sulla parte superiore del display.
Che avesse qualcosa da dirmi per aver lasciato la diretta prima di chiarire la vitale questione della principessa da salvare?

“Una donna?”

“In realtà è molto giovane, avrà all’incirca la tua età. Si è laureata da poco, o almeno così ha detto.”

Silenziato il telefono e nascosto nella tasca laterale della borsa per evitare ulteriori distrazioni, Akaashi decise di prestare la massima attenzione a quello che Udai aveva da raccontagli sul meeting odierno. Le aspettative che aveva per il suo ‘sostituto’ erano alte, ma ora che aveva scoperto che si trattava di una ragazza con un livello d’esperienza pari – o forse addirittura inferiore – al suo, voleva comprendere più approfonditamente i motivi di questa scelta da parte della stessa persona che aveva deciso di mandarlo sino a Londra. C’era qualcosa in quella serie di prese di posizione che non gli quadrava appieno, ma non voleva ridursi a pensare di essere diventato un peso per qualcuno che stava ai piani alti. Constatare ciò gli sarebbe dispiaciuto non tanto per sé, ma per l’aver ingiustamente coinvolto il giovane mangaka e il suo inestimabile talento.

“Buon segno. Probabilmente ti farà meno pressioni di quanto non te ne avrebbe fatto un editore con maggior esperienza... e di quanto non te ne facessi io.”

L’ex giocatore della Karasuno si alzò in piedi sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Per un soffio la tazza non si riversò sulla tastiera del laptop attivo. I suoi profondi occhi color pece lo fissavano con rammarico, come se avessero trattenuto troppo a lungo quello che la sua bocca stava per sottolineare con una certa enfasi. Si avvicinò pericolosamente a lui, fino a sfiorargli il viso con le ciocche più avvenenti di quei capelli scuri e sempre più lunghi.
La ragazza che si stava avvicinando al loro tavolo per prendere le ordinazioni si arrestò di colpo, prendendo la saggia decisione di dare la precedenza alla coppia di anziani che aveva appena fatto il suo ingresso nel locale.

“Tu non mi hai mai fatto pressioni!


L’editore non si scompose. Contraccambiò in maniera diretta quello sguardo con il quale voleva impressionarlo, ma senza ottenere grandi risultati. Alzò una mano e scostò i suoi capelli sino a sistemarglieli dietro all’orecchio. Nel compimento di quel piccolo gesto sfiorò appena la sua pelle, costatando con rapidità quanto fosse calda ed arrossata. In cuor suo sperò che non si trattasse di febbre o, peggio ancora, di rabbia repressa.

“Scusate, giovani innamorati! Per quanto siate bellissimi da osservare, siamo in un luogo pubblico. Non sarebbe meglio chiarirsi in privato?”

La signora anziana di poc’anzi era stata fatta accomodare assieme al marito al tavolo affianco al loro per carenza di ulteriori sistemazioni interne. Si era rivolta a loro sorridendo, con fare materno e senza alcuna reale intenzione di bacchettarli spinta da un qualsivoglia istinto bigotto e legato a chissà quali tempi antichi. Fissò il marito e gli carezzò a sua volta una guancia. Quello sorrise, senza voltarsi nella loro direzione.

“Sai caro, ci sono due giovani al tavolo affianco che forse hanno avuto qualche piccola discussione, ma si vede che si vogliono un bene dell’anima. Assomigliano a noi due, a com’eravamo circa cinquant’anni fa.”

Per qualche istante nessuno ebbe il coraggio di aprir bocca. L’anziana tornò ad occuparsi del marito non vedente.
Akaashi si dedicò all’ennesima revisione delle tavole, iniziando ad elencare gli aspetti che lo avevano maggiormente colpito. La piega malinconica che aveva preso la trama rientrò chiaramente tra le questioni che più lo incuriosivano.

“Volevi riprendere qualche evento della tua vita in particolare?”

“In realtà sì.”

“Scusami, forse sono stato inopportuno.”

“No, affatto. Akaashi-san, posso farti una domanda?”

Keiji era ancora frastornato per quello che era accaduto poco prima, anche se in realtà non si trattava di nulla più di un flebile momento di rancore. D’altronde, non c’era davvero nulla di strano a ritrovarsi nel suo stato d’animo considerando che di lì a breve avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo alla mercé di una persona di cui non sapeva nulla o quasi. Le basi su cui si era poggiato per tanto tempo, la fiducia che aveva riposto in una persona che col passare delle settimane e dei mesi era diventata un punto di riferimento fondamentale per il proseguimento del suo lavoro, le sue abitudini... tutto sarebbe inevitabilmente cambiato. E solo ed esclusivamente per volere di chi aveva pieni diritti sul loro operato, oltre che sulle loro buste paga.

“Certo, dimmi pure.”

Tenma sospirò sommessamente col mero intento di trovare la forza necessaria per cominciare a parlare. Non era cosa facile, ma aveva bisogno di quella risposta per portare avanti l’idea che si era già appuntato per la stesura del capitolo successivo. L’ultimo regalo che Akaashi poteva permettersi di lasciargli prima di consegnarlo nelle mani di una perfetta sconosciuta.

“Perché hai lasciato la pallavolo?”

“Perché non sono mai riuscito a viverla come uno sport, un divertimento, un modo per migliorare me stesso, cosa che a mio avviso un atleta professionista dovrebbe sempre fare. Dopo il mio ultimo anno alla Fukurōdani ho deciso di lasciar perdere. In fondo... esistono atleti molto più in gamba e portati e ne ho avuto la piena dimostrazione. Tutti coloro che ammiravo con maggior fervore hanno proseguito.”

Udai attese che l’inserviente terminasse di versargli il tè verde che aveva ordinato, prima di commentare ciò che Keiji aveva avuto la forza di rivelargli. Non doveva essere stato facile per lui ripercorrere momenti che lo avevano di certo fatto soffrire, sentire inferiore o mal compreso. Tutte sensazioni che aveva avuto la sfortuna di provare in prima persona.

“Sai, le mie motivazioni non si discostano di molto dalle tue. Ancora mi sento in colpa per aver detto ad Hinata di aver mollato perché avevo altri interessi. Ovvio, ci sono anche quelli, ma non è l’unico motivo.”

“Ti capisco e non serve che tu aggiunga altro se non te la senti. Il capitolo che mi hai mandato è comunque ottimo.”

“Grazie. Non so come farò in futuro senza di te...”

Keiji cercò di trattenere quelle maledette lacrime che ancora una volta stavano prendendo il sopravvento sulla sua forza di volontà. Non avrebbe mai immaginato di essere riuscito a creare un legame tanto profondo con un ragazzo così diverso da lui. Ma in fin dei conti, avevano appena appurato di non essere poi tanto scostanti l’uno dall’altro come avevano ipotizzato di primo acchito.

“Ce la farai, ne sono sicuro.”

“Grazia, Akaashi-san. Sei speciale.”
 
***

Keiji stava risalendo le scale esterne della piccola palazzina per raggiungere il suo appartamento. Quando arrivò al suo pianerottolo vide una sagoma appostata affianco alla porta d’ingresso. Scarpe sportive e consumate, odor di nicotina, ciuffo scuro e carico di gel a coprire l’occhio destro.

“Akaashi-kun, What’s up?”

“Kuroo-san, qual buon vento. Hai bisogno di qualcosa?”

“Mi è stato detto che c’è un futuro principe inglese da salvare.”

Era indubbio che Koutarou si fosse messo in contatto con lui per sfogarsi. Com’era giusto che fosse.
 
 
 
… As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there
Whenever you call me, I'll be waiting
Whenever you need me, I'll be there…










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Dopo le mie più o meno brevi parentesi SemiShira e IwaOi, torno alle ‘origini’ con i miei BokuAka. Questa sarà una mini-long di 4 capitoli (sì, ora è ufficiale!) che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è lavora presso una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo, Tsukishima e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 3 – I’ll be waiting
Questo capitolo è un caos totale, lo so. Sono la prima ad alzare le mani e ad ammetterlo! :)
Dunque, nella prima parte – dopo un veloce e romantico flash-back – ritroviamo i nostri due amati piccioncini alle prese con la loro intimità che in questo caso di rivela essere un po’ più burrascosa del solito. Bokuto si sente irrimediabilmente frustrato per l’imminente partenza del suo compagno, per quanto cerchi di farsi forza da solo.
La seconda parte è il fulcro del caos! Ci ho buttato dentro di tutto, a partire da un calderone di diretta web in cui ritornano i nostri Kenma (Kodzuken), Kuroo (Oya-oya) e Tsukishima (T-Rex); abbiamo poi il ritrovo settimanale di Keiji e Tenma per la consueta discussione del loro operato con l’intromissione di terzi incomodi quanto i loro stessi sentimenti.
Nell’ultima parte ho approfondito la ‘questione Kuroo’ e la necessità di quest’ultimo di mettere sempre le cose in chiaro con tutti, specie quando si tratta dei suoi amici più cari. Chiaramente la chiacchierata tra lui e ‘Kaashi proseguirà nel prossimo capitolo (che prevedo essere l’ultimo). Stay tuned! ;)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del terzo capitolo riprende quello della canzone di Lenny Kravitz ‘I’ll be waiting’ (della quale riporto la seconda strofa e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia


 
   
 
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