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Autore: Cress Morlet    12/04/2020    17 recensioni
Prequel di “Just us together”
[Ben/Rey] AU Modern
Lei era troppo splendida e magnifica per un uomo come lui. Lei era giovane, troppo giovane. Diciannove anni e un’energia indomabile, un ottimismo impossibile da schiacciare. Un’assurda bellezza talmente tanto prorompente da risplendere in ogni suo gesto. Il suo petto tremava quando era in grado di strapparle una risata. Ben bruciava nella sua luce. Era come rinascere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Rey
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ReyloAU La sua vita era stata noiosa negli ultimi anni. Tendenzialmente monotona e vuota.
Un pomeriggio primaverile sarebbe dovuto essere soltanto un altro giorno non diverso da tutti gli altri.
Noioso e monotono e vuoto.
Programmi delle sue ultime giornate erano ore e ore di niente in cui rigirarsi pigramente e in cui sfilare tra debolezze e solite autocommiserazioni.
E poi non era riuscito a prevederlo e non era stato pronto e il suo pomeriggio era cambiato
– ogni cosa della sua esistenza era cambiata.
Lei era entrata nella sua vita ed era scesa nella sua pelle e nel suo sangue e aveva stravolto le sue certezze.
Era seduto ad annoiarsi sul divano quando Rey gli aveva scritto un messaggio e gli aveva proposto di passeggiare insieme al parco cittadino. Lui le aveva risposto di sì senza neppure pensarci un secondo. In meno di mezz’ora erano riusciti ad organizzarsi e ad incontrarsi alla fermata dell’autobus principale che tagliava una delle vie centrali della città. Ben era arrivato in anticipo di pochi minuti e non era stato un bene. Un errore sciocco che aveva comportato delle conseguenze sciocche.
Scorgere la panchina della piazzola vuota gli aveva morso lo stomaco. Non vedere Rey gli aveva stretto il cuore in una strana morsa fastidiosa che aveva cercato di ignorare il più possibile, di seppellire in un punto inaccessibile della sua anima e di dimenticare subito. Un pugno di nervi e sangue che gli aveva scosso il cervello e la curva della nuca.
Perché mi tormenta questa stranissima sensazione di panico e di soffocamento? Perché mi sento perso?
Non aveva avuto modo di riflettere. Rey aveva urlato il suo nome nel tentativo di richiamare la sua attenzione e lui l’aveva salutata con un movimento accennato del mento. Non si era avvicinato ad abbracciarla o a baciarle il capo. Aveva costretto le sue mani a non abbandonare le tasche del suo giubbotto e il suo atteggiamento era stato frainteso ed era risultato troppo scontroso e distaccato. Ma aveva un’immensa paura di invadere i suoi spazi. Conviveva con il costante terrore di sbagliare qualcosa e di perdere la sua amicizia. Era una prospettiva che lo atterriva e che gli atrofizzava arterie e muscoli.
Come in questo momento in cui passeggiamo in silenzio e ci scambiamo soltanto poche parole o cenni.
Sembravano impacciati e Ben maledisse il suo strano atteggiamento di prima e la sua inesperienza. Non era inusuale che trascorressero del tempo insieme senza avere alcuna motivazione pratica ed era una quotidianità che lo atterriva. La sua mente si confondeva ad ogni nuova proposta di Rey – beviamo un caffè insieme dopo il lavoro? pranziamo insieme prima di andare in palestra? ti va di passeggiare insieme?
Si era domandato se era questo il comportamento degli amici. Amici non ne aveva mai avuti e dunque non poteva saperlo. Nessuno aveva desiderato avvicinarsi a lui e Ben aveva preferito creare una costante distanza con chiunque. Era stato più semplice e se lo era ripetuto mentalmente più volte.
La distanza mi impedirà di ferire e di essere ferito. È meglio così. Sì, è meglio così.
Non sapeva come avesse potuto legarsi così tanto a Rey, non ne era certo. La loro conoscenza era nata per caso a causa di una bicicletta rotta e di un passaggio a casa. Ben credeva di essere suo amico. Sperava con ogni briciola folle di se stesso di non essere più considerato un simpatico conoscente incontrato in palestra. Ma non poteva domandarglielo in maniera diretta. Sarebbe stato ridicolo e controproducente.
E allora che cosa sarebbe stato giusto fare? Ignorare il caos che lo scombussolava dentro?
Da tempo conduceva in quel modo la sua vita. La sua mente aveva imparato una sola reazione e una sola soluzione: vivere alla giornata e non aspettarsi alcunché da niente e da nessuno. Non concedersi delle aspettative significava salvarsi dalla possibilità di ritrovarsi intrappolati in delle cocenti delusioni. Era un comportamento infantile? Codardo?
Non gli interessava. La domanda più insistente nella sua mente era un’altra.
Perché Rey aveva scelto di essere sua amica?
Forse mi chiede di trascorrere del tempo insieme perché ha pietà di me. Forse ha compreso che io provo qualcosa di molto più forte dell’amicizia e cerca ogni volta di dirmelo e non sa come fare. Credo di essere sempre stato molto attento e molto distaccato. O forse non sono sempre riuscito a nascondere ciò che provo. Forse ho sbagliato ogni cosa e non comprendo più niente. Mi ha completamente accecato e non distinguo il vero dal falso.
Continuavano a camminare in silenzio e la sua mente si stava perdendo in uno strano dedalo di insicurezze.
Ricordò il venerdì sera in cui aveva comprato un bicchiere di cioccolata calda da Starbucks e l’aveva portato a Rey alla fine del suo giro di allenamenti in palestra. Quando le aveva offerto il bicchiere con il suo nome scarabocchiato sopra – un Rey svolazzante – lei lo aveva osservato con un’aria basita. Secondi interminabili erano trascorsi prima di vedere il suo sorriso e di sentire le loro mani sfiorarsi. Aveva avuto paura di aver oltrepassato un limite invisibile, di aver calpestato un’ombra solida e chiara. Si era ripromesso di prestare più attenzione e di non agire senza aver prima riflettuto attentamente. Aveva funzionato ma non sempre.
Ricordò un’altra passeggiata. Avevano camminato per ore senza mai smettere di parlare e all’improvviso Rey era caduta a faccia in giù sul prato. Le sue scarpe da ginnastica si erano rotte, completamente scucite alle suole. Troppo vecchie, usate e logore. L’aveva aiutata a rialzarsi e non era riuscito a sopportare il suo sguardo triste e imbarazzato. L’aveva convinta a salire a cavalcioni sulla sua schiena e l’aveva riaccompagnata a casa così. Rey aveva intrecciato le braccia intorno al suo collo e aveva riso fra i suoi capelli e con le gambe gli aveva stretto fortissimo i fianchi. Una continua frizione sulla sua schiena che gli aveva occluso il respiro e scaldato il ventre. Si era comportato da stupido pur di farla ridere. Gli ultimi due isolati aveva corso e la sua risata gli aveva riempito la testa. Era stato stordito dalla felicità.
Ricordò un pomeriggio al cinema. Rey era troppo stanca a causa dei turni asfissianti nel suo negozio di antiquariato e si era addormentata durante il film. Aveva posato la testa contro la sua spalla destra e si era abbarbicata al suo braccio. Si era costretto a rimanere ancorato al bracciolo della poltrona. Per più di un’ora si era mosso il minimo indispensabile e aveva cercato di seguire le ultime scene dello sceneggiato. Un tentativo che era fallito in maniera misera. Nel momento in cui i titoli di coda avevano iniziato a scorrere lui non aveva più pensato e le aveva spostato i capelli dalla fronte e dalla bocca aperta. Rey si era svegliata intontita dalle luci ed era rimasta ferma ad osservarlo senza dire una parola. L’ansia di aver nuovamente oltrepassato un limite invisibile lo aveva spinto ad alzarsi dalla poltrona e a camminare svelto verso l’uscita del cinema. Entrambi avevano deciso di far finta di nulla e Ben era stato grato del miracolo che non avrebbe mai meritato.
Cosa altro dovrei fare? Come altro posso comportarmi? Cosa devo cambiare ancora?
Ma il suo vero problema era non aver considerato adeguatamente la naturale capacità di Rey di ingarbugliare e di sfaldare i suoi propositi prefissati con grande impegno. Ben non riuscì ad impedire che ogni sua buona intenzione fosse brutalmente arenata da una semplice frase scherzosa, da un tocco innocente delle loro mani.
Rey gli sfiorò il polso della mano destra con le dita e lui – di nuovo e ancora e sempre – non comprese più nulla.
“Prova a prendermi.”
Glielo chiese con un sorriso strano e una smorfia triste. Poche parole che erano riuscite a sbriciolargli la ragione. Come poteva impedire che le sue sensate decisioni non crollassero scomposte dinanzi allo scorrere impazzito dei suoi nervi? Soltanto camminare al fianco di Rey era un logorio di concentrazione e di controllo. Una tempesta di volontà contrastanti che era costretto a soffocare e a trasformare in uno strappo nero della sua mente. E ogni giorno diventava sempre più complicato e deludente. Perché i suoi piani riuscivano sempre a scolorire e a perdere di significato? Che cosa doveva fare? E che cosa era giusto fare? Lei era troppo splendida e magnifica per un uomo come lui. Lei era giovane, troppo giovane. Diciannove anni e un’energia indomabile, un ottimismo impossibile da schiacciare. Un’assurda bellezza talmente tanto prorompente da risplendere in ogni suo gesto. Il suo petto tremava quando era in grado di strapparle una risata. Ben bruciava nella sua luce. Era come rinascere.
“Che cosa hai detto?”
Tentò di mascherare la sua scarsa concentrazione con un tono di voce monocorde e con un colpo di tosse. Il sorriso di Rey era sempre più triste.
“Secondo me sei lentissimo e non riuscirai mai a prendermi.”
Non ebbe neanche il tempo di risponderle o di poter pensare ad una risposta sensata. Lo aveva lasciato lì, così. Rey aveva iniziato a correre e lui si era fermato ad osservarla. Un’espressione stupidamente basita in volto e le mani ancora testardamente nascoste nelle tasche del suo giubbotto.
Ma come era successo? Perché una tranquilla e rilassante passeggiata aveva assunto una nuova piega? Cosa aveva sbagliato? Perché Rey correva e si voltava a guardarlo?
Era stato troppo immerso nei suoi pensieri e nei suoi squilibrati discorsi mentali. Non era stato attento, non era stato preparato. La spina nel cuore era tornata.
Continuò ad osservare Rey che correva, che rideva e che sembrava felice e spensierata – lontana da lui, sempre più lontana da lui.
Qualcosa gli scosse il petto e lo stomaco. Un’altra strana sensazione di panico e di inadeguatezza gli morse le viscere e gli soffocò il respiro. Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa era giusto fare?
Correre. L’unico pensiero coerente. Quasi inciampò nei suoi stessi lacci e iniziò a correre. Lei rise e non si fermò, non rallentò il passo. Rideva e gli urlava qualcosa che il vento aveva strappato via dalle sue orecchie e dalla sua coscienza. Correre. Rey era vicina e il suo giubbotto chiaro svolazzava verso la sua mano. Correre. Afferrò i suoi fianchi e coprì la sua schiena con il suo petto. Scivolò di lato e travolse entrambi. Le protesse il capo e il corpo nella caduta, cercando di attutirle il colpo. La strinse forte e respirò tra i suoi capelli sciolti sul suo volto. Erano sdraiati sull’erba umida e Rey gli strinse la camicia e il suo cuore impazzito – un grumo macchiato di atti odiosi e crudeli.
“Avrei potuto farti male! Ma cosa ti è saltato in mente?”
Non smise di stringerla tra le braccia. Le sembrò piccola, una bambina. Temeva di poterla spezzare tra le sue mani. Sapeva che lei avrebbe potuto spezzargli il cuore.
“Hai ragione. Che cose assurde devo sempre inventare pur di riuscire ad averti vicino. Pur di riuscire a sentirti. Non ho alcuna speranza?”
Ancora una volta non ebbe modo di risponderle o di pensare a qualcosa di adeguato da dire. Rey gli stava accarezzando il volto e le guance. La sua risata si era spenta con un’eco di delusione e il suo sorriso triste scavava voragini nel suo cuore. Gli sfiorò il mento e gli sembrò che le sue mani tremassero.
Si sporse e lo baciò.
E la sua reazione istintiva fu di stringerla più forte. Lasciarsi stringere e baciarla. Schiudere le labbra e assaporarla.
Mille spine nel sangue, tagli alle ginocchia e calli aperti sulle mani e sui piedi. Una sofferenza dolorosa che avrebbe anche vissuto in eterno. Lividi sulle ossa e tendini strappati. Non riusciva a fermare il bacio. Non riusciva a non ricambiarla. Non era in grado di riflettere e di domandarsi in che modo la situazione aveva potuto capovolgersi. Un’onda acuta di felicità indolenzì le sue membra e ovattò i suoi pensieri. Le sue costole contenevano con difficoltà il tamburellare scoordinato delle sue vene. Non importava più niente.
La amava e forse glielo disse.


************




Non aveva piena coscienza di se stesso. Non sapeva bene come potesse trovarsi sul divano dell’appartamento di Rey. E con Rey tra le sue braccia. Non lo sapeva. Ricordava soltanto il bacio. Pensava a tutti i baci che avevano continuato a scambiarsi. Qualcuno gli aveva urlato contro che entrambi meritavano una gravosa multa per atti osceni in luogo pubblico e che c’erano dei bambini a passeggiare nel parco e che non potevano rotolarsi in quel modo sul prato.
E poi basta, non ricordava altro – ma forse ricordava anche abbastanza.
Rey era tra le sue braccia e sorrideva e gli baciava le guance e il mento, cosa altro avrebbe dovuto ricordare?
“Devo dirti una cosa importante.”
Ben annuì e continuò a stringerla fortissimo al suo petto. Gli sembrava di vivere un miracolo. Un miracolo di carne e ossa e sangue. Aveva i suoi capelli vicino alla bocca e sentiva le sue labbra vicino al lobo del suo orecchio sinistro. Gli tremava il cuore dall’emozione. Gli tremava tutto il corpo.
“Devi averlo già capito, però io... no, in realtà devo dirti due cose. O forse di più. Credo di doverti dire tre cose, ho perso il conto. Sono un disastro, non so come iniziare e mi sento molto stupida. Anzi, sono una stupida perché ho agito senza pensare e adesso non riesco a spiegarmi.”
Rey si allontanò da lui torturandosi malamente le dita e i palmi delle mani. Era persa ad osservare le cuciture del divano e Ben deglutì, scavando alla ricerca di stralci di calma dentro se stesso.
Si è già pentita? Il bacio era soltanto un gioco senza alcuna reale importanza e adesso non sa come dirmelo? Perché mi ha baciato? Perché mi ha abbracciato vicino al portone di casa sua e mi ha chiesto di salire nel suo appartamento?
Ha detto che dovevamo parlare ma ci siamo seduti sul divano e non abbiamo smesso di baciarci. È stato spontaneo e ha reso ogni altra cosa superflua. Lei con il sorriso e aggrappata alla mia camicia mentre io con il suo sapore sulla lingua e le sue forme sul mio corpo. Un miracolo.
E non riuscivo comunque a smettere di chiedermelo. Perché mi hai baciato? Perché mi stai baciando ancora?
Ben deglutì più rumorosamente e senza accorgersene posò la fronte contro la sua spalla sinistra. Il suo cervello aveva bisogno di ossigeno ma non poteva smettere di pensare al modo in cui Rey si era staccata improvvisamente. Gli aveva già fatto comprendere ogni cosa. Si morse la guancia e sospirò rassegnato.
“Dimmelo. Sono pronto.”
Lei giocò con i capelli vicino alla sua nuca e gli sfiorò il collo senza dire una parola. Il cuore ricominciò a tremargli talmente tanto forte da strappargli il respiro e da chiudergli la gola in una tempestosa apnea.
Perché mi hai baciato? Perché?
Spine nel fianco cominciarono a piegargli la volontà e gli impedirono di chiederglielo.
Le sue costole gracidarono e un crampo gli colpì la bocca dello stomaco e ogni muscolo del suo addome.
Sollevò il capo e si bloccò a guardarla negli occhi. Rey aveva ricominciato a tormentargli la camicia ed era agitata. Lo percepiva tra l’angolo dei suoi gomiti che le stringevano la vita. Lo sentiva fra i suoi palmi che continuavano ad accarezzarle piano la schiena. Non aveva mai potuto sfiorarla. Si era imposto di non avvicinarsi e di non invadere mai i suoi spazi. Adesso sembrava impossibile poterne fare a meno. Era una tortura di vuoto e di solitudine non toccarla. Non sentire il peso del suo corpo contro il suo petto e la morbidezza delle sue braccia intorno alle sue spalle. Desiderava accarezzarle le labbra con i polpastrelli e dirle che aveva un sapore dolce. Che lo aveva sognato ogni notte e che si era maledetto ogni mattina. Mai abbastanza.
Ho cercato di nasconderlo a te e a me stesso. È stato impossibile non innamorarmi di te. Ti amo. Sono innamorato di te. E tu l’hai capito ed io ho già rovinato ogni cosa. Per questo devo allontanarmi e deve tornare tutto come prima. O non saremo neanche più amici? È finita e basta?
Raffazzonò ogni frammento di coraggio ancora intatto e cominciò a sciogliere l’abbraccio. Rey fermò il suo movimento afferrandogli le braccia. Il suo volto era spaventato ma senza alcuna incertezza.
“Ben. Non so come altro dirtelo, tu sai che non sono brava con le parole e che la comunicazione non è il mio punto forte e che certe cose mi spaventano ma...”
Non c’è bisogno, ho già capito.
Era il pensiero che avrebbe voluto urlare.
Non c’è bisogno, ho già capito, va bene così.
Cercò di intervenire al fine di tranquillizzarla e rasserenarla ma non venne ascoltato.
“Ben. Tu mi piaci. Mi piaci moltissimo.”
Lui sbatté le palpebre in uno sfarfallio e tentò di razionalizzare. Si rivelò l’ennesimo fallimento di quella giornata perché Rey si sporse e lo baciò labbra contro labbra e non gli concesse il tempo di ricambiare. Lo baciò come a voler suggellare ciò che gli aveva appena detto – le mani ferme e che non tremavano più e che gli avvolsero le guance a coppa.
Si scostò di poco e gli parlò contro il mento.
“Da diverso tempo volevo chiederti se anche tu provavi qualcosa per me e ci ho provato, ci ho provato tanto, ma non ci sono mai riuscita. A volte mi sembrava di sì. Altre volte credevo di aver sognato e di aver frainteso ogni gesto. Sei più grande di me e sei tu. Insomma, sei tu. Mi accusavo di essere troppo egocentrica. Mi costringevo a tornare con i piedi per terra e mi chiedevo cosa avresti potuto trovare di bello e attraente in una ragazza-nessuno come me. Proveniamo da due realtà molto diverse. Nella mia testa mi ripetevo a cantilena che il nostro rapporto era abbastanza e che la nostra amicizia era tutto e che era bellissimo essere legata a te come amica. Soltanto come amica.”
Era sconvolto.
“Che cosa stai dicendo?”
“Ma oggi eri così freddo e distaccato e volevo soltanto farti ridere e vederti felice insieme a me. Tu mi rendi sempre spensierata e io non riesco sopportare che tu sia triste. E ci siamo ritrovati vicini e tu lo sai. Certo che lo sai.”
Mi hai baciato. Eravamo vicini e mi hai baciato. E ci siamo baciati e abbiamo continuato a baciarci e ho sentito macchie di lividi formarsi sulle ossa.
Riuscì un secondo ad inserirsi nel suo discorso e lo fece con una domanda sbagliata.
“Quindi mi hai baciato perché non volevi vedermi triste?”
Il suo sguardo avrebbe potuto incenerirlo e maledirlo in eterno. Rey arricciò la bocca in maniera oltraggiata e gli colpì la spalla con un blando pugno.
“No! Ti ho baciato perché mi piaci! Mi piaci tanto e non sapevo come dirtelo e ti ho baciato. Non ho mai avuto un ragazzo prima e non mi è mai piaciuto nessuno e non so come bisogna agire in queste situazioni. Le parole che mi ero preparata sono scomparse e ti ho baciato.”
Rey smise di picchiarlo e si morse le labbra. Raddrizzò la schiena e gli mostrò come la paura non fosse in grado di smorzare un animo coraggioso come il suo. Era sempre stata più forte e intraprendente di lui. Lei non tentennò più e gli toccò il centro dello sterno con la punta delle dite. Aveva un sorriso nervoso che gli spezzò il fiato.
“Io provo qualcosa per te. Non è una stupida cotta o una semplice infatuazione. Voglio essere sincera con te. Io provo qualcosa di molto forte per te.”
Non possedeva le parole giuste. Non aveva proprio parole. La sua mente operava vari tentativi di sbrogliare in fili sottili le frasi di Rey e la sua vista sembrava punteggiata da macchioline bianche. Strizzò gli occhi e le palpebre con confusione. Un senso di nuova inadeguatezza gli avviluppò le tempie.
Che cosa?
Era confuso.
È vero?
Era confuso e senza una bussola. Non c’era nessun aiuto possibile all’orizzonte che avrebbe potuto calmargli il caos nella sua testa.
È un’illusione?
C’erano soltanto immagini e ricordi che si mescolavano incessantemente e che gli mostravano i mesi passati sotto una luce diversa. Il silenzio cresceva e diventava pesante e non riuscì più a sostenerlo.
“Tu sei una cerca-rottami.”
Si masticò le labbra e le trattenne tra i denti prima di lasciarle andare. Il suo respiro non era regolare e sul palato aveva il sapore del sangue. Riprese con un filo di voce il suo ragionamento sgangherato.
“Sei una cerca-rottami e vieni dal nulla, è vero.”
Il modo in cui Rey si alzò dal divano lo bloccò – era come scottata e ferita.
Camminò all’indietro fino a quando non sfiorò il tavolo e poi incrociò le braccia in un atteggiamento di difesa. Ben si alzò e fece il gesto di avvicinarsi ma lei mosse la testa in segno di diniego.
Cosa aveva detto?
Improvvisamente si era chiusa a riccio e un’ondata di panico gli aprì il petto con il rischio di ucciderlo.
“Rey, no.”
“Se devi prendermi in giro e sminuirmi non c’è assolutamente bisogno che ti disturbi.”
“Rey.”
Le afferrò il polso e lo circondò soltanto con due dita. Sotto il suo polpastrello c’era il battere accelerato del suo polso. Ebbe il desiderio feroce di sbattersi la testa contro il muro a causa del senso di colpa. Lo sguardo di Rey era fiero ma c’era del dispiacere intorno all’angolo dei suoi occhi. Riportò il suo palmo al centro del suo petto – gli aveva afferrato il cuore tutto il tempo, perché adesso no? – e avvolse il suo piccolo pugno nella sua mano. In un primo momento mosse le labbra a vuoto. Poi avvertì una scarica tra le sue vertebre e una bolla sgonfiarsi dal suo sterno.
“Ti ricordi la prima volta che abbiamo bevuto una cioccolata calda da Starbucks?”
“Cosa c’entra adesso?”
“Mi parlasti del tuo lavoro. Avevi trovato un’occasione nel negozio di antiquariato di Maz ed eri felice. Hai detto che eri una cerca-rottami e sorridesti. Te lo ricordi? Perché ti piaceva vedere gli oggetti in maniera diversa da Maz e trovavi la bellezza anche nei rottami. Eri felice.”
C’è bellezza anche negli oggetti rotti o sbeccati, c’è bellezza nei rottami. Ben, credo ci sia bellezza ovunque.
L’espressione di Rey si ammorbidì e il suo corpo si curvò verso il suo.
“Io sono un rottame di uomo. Un rottame di essere umano.”
Hai trovato la bellezza anche in me ed è il più grande e meraviglioso miracolo. La meraviglia delle meraviglie che non avrei mai potuto credere possibile.
“Rey. Tu lo sai cosa provo per te.”
Tu lo sai che io ti amo più della mia vita.
In entrambi qualcosa si spezzò. Sentimenti e ragione si dispersero a terra e un’emozione più grande li avvolse. Ben si massaggiò la fronte con la mano libera e strinse la radice del naso. Si rese conto che avrebbe voluto dirle altro.
Non sono bravo con le parole. Ti amo. Mi hai preso nella tua luce e non voglio più lasciarti. Sto combinando un disastro perché non mi sembra vero.
Rey guardò le loro mani intrecciate e si avvicinò a baciargli le nocche. Le sue labbra bruciarono la sua pelle che si increspò al sospiro delle sue parole.
“Tu non sei un rottame.”
Lui le baciò la testa e la fronte e il naso. Lei rideva e il suo cuore era colmo.
“Non è vero che sei nessuno. Non è vero che sei niente. Non pensarlo mai.”
Le parlò sulla bocca e sul mento. Sulla mandibola e sulle lentiggini che divorò. La sua risata nelle orecchie lo inebriava e lo spingeva a continuare.
Avrebbe ancora voluto dirle altro. Che il suo corpo era caldo. Che non aveva mai visto le sue lentiggini tanto da vicino e che erano un’arma in grado di vincere guerre e battaglie tra galassie. Che amava le sue ciglia e il colore dei suoi occhi. Che la amava e basta.
C’era il suo sapore sulla lingua e sul suo palato e sui suoi denti. Glielo restituì sul labbro superiore e le strappò un gemito.
C’è davvero bisogno di parlare?
Lui era un rottame. Un mostro, secondo l’opinione delle persone a cui aveva fatto del male. Ma a lei non avrebbe fatto del male. Avrebbe protetto Rey dai suoi errori e dal suo passato. Sarebbe stata la sua missione costante: proteggerla da chiunque e soprattutto da se stesso. Mai e mai e mai le avrebbe fatto del male.
Non posso perderti. Non possiamo perderci.






Angolo autrice.
Ciao a tutti! Lo so, è schifosa. Mi dispiace tantissimo ma sembra che questa storia meglio di così non voglia essere scritta. È il prequel di “Just us together”. Nell’altra storia viene soltanto citato il loro primo bacio e io ho voluto approfondire la scena di questo primo bacio e come Ben e Rey sono diventati una coppia. Questo finale non è un lieto fine. Le decisioni e i pensieri di Ben sono totalmente sbagliati ma è il tema centrale di “Just us together” ed è in quella storia che vengono – si spera meglio? – analizzati. Mi dispiace davvero, spero possa piacervi almeno un po’. Grazie mille e scusatemi se Ben e Rey non vi sembrano IC. Ho provato in ogni modo a lasciarli loro stessi anche in un contesto AU. Li amo tantissimo e mi dispiace se non sono stata all’altezza.
   
 
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