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Autore: RedelNord    12/04/2020    1 recensioni
E se Robb Stark si fosse alleato con Daenerys durante la sua guerra? E se i Karstark non lo avessero abbandonato? E se Arya avesse preso parte alla riconquista del Nord? The North Remembers è un'avventura di calibro epico che vi trascinerà in una delle storie più amate di tutti i tempi e ve la farà vivere come nessun altro potrà fare.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Jon Snow, Robb Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non mi sono mosso da qui neanche per mangiare da quando lui è stato ucciso, sono rimasto a vegliare su di lui giorno e notte da quando lo hanno assassinato. Ho provato a chiamarlo, niente. È morto. Morto e non si risveglierà più. Non è facile pensare ad altro, anzi in realtà è impossibile pensare ad altro. Potrei uscire, ma poi che farei? Dove andrei? Lui era tutta la mia vita, potrei andare a cercare mia sorella, magari solo per rivederla un'altra volta, ma a quel punto? Non mi importa ciò che lei ha intenzione di fare, non mi importa il perché sia scappata con quell'uomo, non mi importa più nulla.

 

 

Il fuoco brucia timido nel caminetto, quella donna e gli altri se ne sono già andati, hanno fatto qualcosa, qualcosa a lui. Non so esattamente cosa, ma qualsiasi cosa fosse credo che non sia andata a buon fine, io non mi sono mosso da qui, sono rimasto a guardare cosa gli facevano, senza intervenire. Rimarrò con lui anche questa notte, come ogni notte. Forse lo porteranno via, sì è molto probabile. Quando lo faranno penso che me ne andrò: non ho tanti motivi per restare qui, credo che scapperò verso nord, cercherò altri come me e mi unirò a loro.

Mi sdraio cercando di dormire, per quanto nelle notte precedenti non ci sia riuscito molto, e in ogni caso non ne abbia avuto modo.

 

Mentre chiudo gli occhi sento un rumore, è strano non ho sentito la porta aprirsi... Mi chiedo se non sia possibile che... Mi alzo da terra e vedo il suo petto muoversi, non riesco a crederci, sta respirando! Mi alzo in piedi, resto lì a guardarlo, a guardarlo respirare, non ci sto credendo! Lui si volta verso di me, è ancora sconvolto, mi avvicino a lui e gli lecco la mano. È ancora freddo. Ma è vivo, mi siedo accanto a lui e resto così per tutta la notte... Bentornato Jon!

 

 

 

 

 

 

Il bastardo era frenetico, in quelle settimane si stava combattendo una lotta senza esclusione di colpi, e lui era fin troppo seccato degli scarsi successi che ottenevano le sue truppe. Ora stava camminando rapidamente verso le segrete, il ribelle che avevano catturato lo stava aspettando legato ai pali. Se fosse riuscito a stanare il covo di quei traditori, la guerra civile sarebbe finita. E lui ne aveva fin sopra i capelli di quella guerra. Arrivò alla cella, e vi entrò senza troppe cerimonie. Il ribelle era, a volto coperto legato ai pali, Ramsay gli si avvicinò e gli tolse il cappuccio dalla testa.

 

“Ma buongiorno!” Lo salutò sorridendo, il ribelle non sorrideva per niente, anzi, aveva un volto spento e smorto. “Oh, non fare così, sto cercando di essere cordiale” lo incalzò Ramsay, “siccome odio i convenevoli, e in ogni caso non ho tempo da perdere, arriviamo subito al sodo: dove si trova la base ribelle?” Gli chiese poi concludendo la frase con un largo sorriso. Il ribelle non parlò, ne fece qualsiasi movimento con la testa, rimaneva lì a sguardo basso. “Ho capito.” Concluse il bastardo, e detto questo si avvicinò pericolosamente al prigioniero, prendondegli per un'istante la faccia con la mano. “Ti va se facciamo un gioco? Questo gioco si chiama: quale parte del corpo ti è meno necessaria?” Il ribelle nuovamente non rispose, non avrebbe dato al suo carceriere questa soddisfazione.

Il sorriso sul volto dell'aguzzino scomparve repentinamente: “stai cominciando ad annoiarmi...” Disse al prigioniero con un'espressione di totale odio sul volto. “E io odio, le cose noiose...” Ramsay estrasse il coltello e iniziò a tagliare la pelle del prigioniero all'altezza della spalla.

Contro ogni aspettativa da parte del carceriere, il ribelle non gridò, strinse i denti, il volto si contrasse in un'espressione di dolore immenso, pianse... Ma non gridò...

Non aprì bocca.

 

 

Ramsay inarcò la bocca in un'espressione mista tra la rabbia e la delusione, allora con più foga esercitò un taglio profondissimo al prigioniero, un taglio che andava dalla spalla al palmo della mano. Il bastardo fu ben attendo ad esercitare quel taglio con molta calma, così da far soffrire ancora di più il suo prigioniero che nuovamente non emise alcun grido. Il carceriere stava per dare di matto, prese a picchiare il detenuto con una rabbia quasi infantile. Lo coprì di schiaffi sul volto e di tagli sul torace gridando come un ossesso.

 

Nuovamente il ribelle non gridò. Ramsay allora rinfoderò il coltello: “sei forte, te lo concedo. Le tue qualità non meritano di essere perdute, saresti sprecato da morto. Perché non ti unisci a noi? Ci potresti essere utile. Sì, tu mi dici dove si trova la base ribelle e io ti libero, ti prometto una florida carriera nell'esercito e garantisco la libertà alla tua famiglia? È un affare? Non trovi?” La proposta di Ramsay sarebbe stata allettante per chiunque, ma quell'uomo si era unito alla ribellione proprio perché la sua famiglia era stata uccisa, e non avrebbe mai lavorato per l'uomo che li aveva fatti uccidere. Vedendo che non arrivava risposta il giovane lord protettore del nord assunse di nuovo quell'espressione carica d'odio.

 

Uscì dalla cella: “torturalo finché non parla... O muore.” Ordinò alla guardia, che annuì silenziosa.

In normali circostanze Ramsay non si sarebbe negato quel divertimento, ma la situazione corrente non prevedeva eccessive perdite di tempo, e questo rendeva lord Bolton ancora più iroso.

 

Tornò nella sala grande dove lo attendeva il consiglio di guerra. Ramsay prese posto al grande tavolo e guardò ad uno ad uno i membri del consiglio. “Mio signore” introdusse lord Umber, “sono felice di annunciarvi che le ultime sacche di resistenza nel nord, sono state eliminante.” Concluse gongolando. La mappa dei sette regni era aperta sopra il tavolo, sbiadita e rovinata. Ramsay guardò lord Umber con un'espressione mista tra la rabbia, l'interrogazione e il disgusto, “il nord!? È nelle Terre dei Fiumi che si annida la ribellione! È lì che dovete intervenire!” Gridò di rimando Ramsay, facendo sobbalzare quasi tutti i presenti e conficcando sul tavolo il pugnale insanguinato, che perforò la mappa all'altezza delle Torri Gemelle

 

 

“Abbiamo perso i nostri campi di prigionia, abbiamo impiegato centinaia di soldati per cacciare gli uomini di ferro dal nord, ne abbiamo persi ad altrettante centinaia per domare le sommosse a Karhold e Porto Bianco, sempre più soldati disertano e sempre più persone si uniscono alla ribellione! Quindi dimmi... Lord Umber, che motivi possiamo avere di essere felici?”

 

Il silenzio calò sulla sala, nessuno osava contraddire il lord protettore anche perché non era un'impresa facile, effettivamente le cose stavano proprio come lui aveva detto. Inoltre erano venuti a conoscenza anche del fatto che Brynden Tully aveva riconquistato Delta delle Acque e che la teneva a suo nome. I Frey non riuscivano a gestire la situazione e questo agevolava in maniera esponenziale la ribellione.

 

 

“Ora ascoltatemi...” Introdusse Ramsay con tono profondo e deciso: “ Lord Umber. Guida le nostre truppe al di là dell'incollatura, raggiungerete le Terre dei Fiumi in quattro giorni, riprendete Delta delle Acque, e a quel punto ordina a lord Frey di concederti altri uomini, ovviamente dovrai occupare Delta delle Acque, così ti obbedirà senza fare storie. Quando sarete affiancati anche dall'esercito dei Frey, voglio che eseguiate la più ampia rastrellata di tutti i tempi, non mi importa fin dove vi dovrete spingere, fosse anche fino a Dorne... Stanate i ribelli e uccideteli tutti.”

 

 

 

 

 

 

Il viaggio non durò molto. Il giovane passeggero lo passò quasi tutto dormendo, non sognò nulla, era troppo stanco anche per sognare. Si svegliò solo quando udì la campana segnalare l'arrivo a Braavos. Nymeria si agitava sul ponte della nave, era come se fosse impaziente di scendere e cercare la sua padrona.

Mik al contrario era calmo ed imperturbabile, sapeva che nessuno gli si sarebbe avvicinato dopo quello che aveva fatto ai marinai, perciò riposava tranquillo.

Quando la campana suonò, la barca stava passando sotto la mastodontica statua del titano di Braavos. Mik dovette riconoscerlo: suggestiva al punto giusto. Iniziò a vestirsi: indossò una camicia nuova, che trovò sulla nave visto che quella che aveva prima era troppo rovinata, arrotolò le maniche di questa fino ai gomiti per via del caldo, si sistemò due bracciali di cuoio ai polsi, si mise dei pantaloni marroni stretti che infilò ,all'estremità, negli stivali. Dopodiché si allacciò a tracolla la cinghia che portava il fodero di: Artiglio Guerriero, la cui elsa faceva capolino dalla spalla destra del giovane Karstark.

 

La nave approdò al Porto di Chequy. Era il porto più sicuro di tutta la città, ben sorvegliato e in una posizione favorevole. Mik si chiese se il capitano non avesse fatto apposta ad attraccare proprio lì, per consegnare il suo non troppo amato nuovo passeggero alle autorità. Il dubbio gli venne per davvero quando vide il capitano andare a parlare con una guardia del porto. Nymeria scese dalla barca e cominciò a correre, Mik allora salto giù dalla nave e le corse dietro, sentì un ormai sommesso: “fermati!” Alle sue spalle e così i suoi motivi per correre raddoppiarono.

Nymeria sfrecciava fra la gente negli stretti vicoli della città mentre Mikarion cercava di starle dietro.

 

A un certo punto il meta lupo imboccò una via più ampia, ma piena zeppa di persone, una via che conduceva ad una piazza dove si stava svolgendo un'asta. Mik, non vedendo altre soluzioni, scalò la parete di una casa, aiutandosi, salendo su alcune bancarelle di legno. Si mise a correre sui tetti delle abitazioni cercando di accorciare la strada per arrivare da Nymeria.

 

Corse sulle case attirando lo sguardo di tutti, e i commenti volavano: “chi è quello?” “Che sta facendo?”

 

Mik riuscì a vedere dove era diretta Nymeria, e la seguì saltando da un tetto all'altro, si ricordò di quando era bambino, e di quante volte si arrampicava sulle torri di Karhold saltando da una guglia all'altra, ricordò anche di come Bran Stark si cimentasse in quella attività, e non poté fare a meno di pensare al triste destino che il fato gli aveva riservato.

 

Non vedeva Bran da quando era andato a rinnovare il giuramento di fedeltà a Robb Strak prima di partire per la guerra. Il fatto era che ora il giovane Stark poteva essere morto e Mik non lo avrebbe saputo nemmeno. Ma ora era sua sorella che doveva trovare, e non ci stava riuscendo un granché bene visto che gli era scappata anche la femmina di meta lupo.

 

Nymeria proseguì fino ad una via stretta a sinistra della piazza del mercato, poi sparì dietro ad un angolo. Mik saltò giù da quella bizzarra strada alternativa e seguì il meta lupo, quando girò l'angolo la visione che gli si palesò davanti agli occhi era incredibile: non sembrava il ritrovo di un'animale da compagnia perduto, quanto il tanto atteso rincontro tra sorelle. Nymeria ansimava, il ragazzo non sapeva se per la corsa o per la felicità. La ragazza non smetteva di sorridere e di accarezzare la femmina di meta lupo, sembrava come se il rivederla l'avesse portata indietro nel tempo, indietro ad un'epoca che sembrava lontanissima, un'epoca della sua vita in cui era felice, in cui le uniche disgrazie erano i frequenti bisticci con la sorella maggiore.

Arya alzò lo sguardo... Il sorriso scomparve, si alzò in piedi e si avvicinò allo sconosciuto, lo squadrò da capo a piedi e gli chiese: “Chi sei? Che cosa vuoi?” Inclinando leggermente la testa, con aria incuriosita.

 

Mik era rimasto immobile a fissare quegli occhi: la giovane Stark sembrava una persona così diversa dalla ragazzina che lui aveva conosciuto durante le sue visite a Grande Inverno. Non sapeva se il cambiamento di Arya era dovuto esclusivamente a quella città, ma quasi certamente non era così.

Era strano, lo guardava come se gli stesse leggendo l'anima, come se potesse capire le sue intenzioni dai semplici movimenti degli occhi.

 

“Arya... Serve un posto meno affollato.” Disse il giovane Karstark guardandosi attorno. In effetti c'era della gente per strada, non troppa, ma quanto bastava per essere indiscreta, gente che tra l'altro era rimasta a guardarli da dopo l'arrivo della creatura mitologica, che se nel nord scatenava stupore, in quelle terre era vero e proprio terrore...

 

Anche la giovane Stark sembrò rendersi conto di questa ovvietà, così fece cenno a Mikarion di seguirla, imboccò una stradina buia e stretta. Mik la seguì ma ad un certo punto la perse di vista, proseguì per il vicolo finché non sentì qualcosa di freddo e metallico puntato sul suo collo. “Dimmi chi sei, e che cosa vuoi!” Ordinò Arya con tono deciso e fermo. “Arya, se Nymeria non mi ha ancora dilaniato vuol dire che vengo nel tuo interesse.” Ribatté Mik, comunque non troppo scosso per la reazione della giovane. Doveva averne passate di cotte di crude e quindi era più che comprensibile che non si fidasse di nessuno.

 

“Ascoltami, Nymeria voleva che ti trovassi, tu sei la nostra unica speranza, devi venire con me e riconquistare il nord per gli Stark.” Disse Mik tutto d'un fiato, ben attento a non trascurare le informazioni più importanti.

Arya rimosse la lama dalla gola dello sconosciuto, che ebbe così modo di girarsi verso di lei. “Chi sei?” Chiese la ragazza, con molta più calma di come aveva posto le altre domande. Mik si massaggiò il collo: “il mio nome è Mikarion Karstark. Conoscevo tuo fratello, Robb. Quando lo hanno ucciso io ho giurato a me stesso che lo avrei vendicato, perciò ho chiesto a tuo fratello Jon di riconquistare il nord ma lui ha rifiutato. Non gliene faccio una colpa, lui è un brav'uomo e fa il suo dovere, dopo il suo rifiuto ti ho cercata... E finalmente eccoti qui.”

 

Concluse Mik, sui cui occhi era calato un velo di tristezza ripensando a tutte le morti che lo avevano portato a quel momento, cercava di scacciarle ed evitava di chiedersi quanti altri sarebbero dovuti morire prima che tutta quella faccenda potesse dirsi conclusa.

 

La risposta della sorella di Robb si fece attendere, attesa che fu condita dall'ansia di ricevere un ennesimo rifiuto. Se avesse rifiutato anche lei, Mik si disse che sarebbe andato da solo a riprendersi Grande Inverno ma a suo nome. Mikarion Karstark: lord di Grande Inverno e protettore del nord, suonava bene. Per quanto in realtà Mik non fosse per niente allettato da quel ruolo.

 

“Sai Mikarion...” Introdusse la giovane, rompendo quel non completo silenzio, quel tipo di silenzio che si può avere nel vicolo di una città di migliaia di abitanti. “Se mi avessi fatto questa proposta mesi fa... Ti avrei risposto categoricamente no. Ma per tua fortuna... Ero diretta al porto.” Mik si sentì eccitato, non aveva nemmeno avuto bisogno di convincerla, aveva già deciso, “ho solo una domanda...” Proseguì Arya, Mik annuì come per incoraggiarla a parlare. “Quando si parte?”

 

 

 

Sconvolto non è la parola che userei, la parola più adatta sarebbe... Be, ad essere sinceri non so se esiste una parola per descrivere ciò che sento... Non riesco a capacitarmene, non riesco a capire... Perché? Perché...? Dovrei essere morto, e invece...

 

“Ho fatto ciò che ritenevo giusto... E per questo mi hanno assassinato, ora sono tornato.... Perché?” Chiedo disperatamente a ser Davos guardandolo con occhi colmi di dubbi. Ser Davos non è un certo un sacerdote rosso e nemmeno un veggente, ma forse è la sua anzianità, la sua esperienza che gli permette di essere un uomo a cui aggrapparti quando hai dei dubbi.

 

“Non lo so...” Replica lui con, per niente discussa, sincerità. “Forse non lo sapremo mai, ma che importa!? Tu vai avanti.”

 

“Lotterai finché ne avrai le forze, e combatterai il male fino a che ci riuscirai.”

Dovrebbero essere parole di conforto, ma non riesco a coglierle. Non perché non le capisco, ma perché non sono più tanto sicuro di me. “Non saprei come riuscirci... Credevo di saperlo ma...” Esito, scuoto il capo rivalutando tutto il mio operato fino alla mia dipartita. Non sono stato abbastanza forte, non sono stato abbastanza accorto... “Ho fallito.” Concludo guardando ser Davos con rassegnazione.

 

“Bene” replica lui, “va e fallisci di nuovo.”

 

 

 

 

 

 

La cabina era piccola, poco illuminata ma confortevole tutto sommato. Nymeria si era sdraiata a terra e sembrava essersi addormentata. Mik ed Arya erano seduti al tavolino e stavano parlando. Il rumore del mare si poteva percepire bene dalla piccola finestrella, da cui entravano ogni tanto alcuni piccoli schizzi d'acqua. “Come hai fatto a sopravvivere in quella città disgustosa?” Ebbe l'ardire di chiedere Mik alla giovane Stark. Era proprio curioso di saperlo, inoltre il viaggio sarebbe durato ancora un bel po, e lì non si poteva far altro se non parlare. E per fortuna di entrambi, entrambi avevano straordinarie storie da raccontarsi a vicenda.

 

“Hai mai sentito parlare degli uomini senza volto, lord Karstark?” Domandò Arya inarcando un sopracciglio. “In effetti sì, mia signora. E chiamami Mik.” “E allora tu chiamami Arya.” Dopo essersi chiariti su come chiamarsi a vicenda, la giovane Stark raccontò la sua esperienza, ciò che aveva imparato, ciò che aveva vissuto. E le abilità che aveva acquisito. Il tutto condito da: espressioni incredule di Mik, scricchiolii del legno della nave ed il russare sommesso di Nymeria.

Poi fu il turno del giovane Karstark, di raccontare la propria storia. Mik si sistemò sulla panca che dava le spalle ad una delle pareti di legno della cabina, quella a sinistra dell'entrata. Cambiò la candela e iniziò a narrare: “quando tuo fratello Robb convocò i vessilli a Grande Inverno, ci spiegò le sue intenzioni, la mia famiglia ha servito gli Stark per secoli e l'avrebbe fatto ancora...” Si fermò un istante per ripensare a quell'avvenimento, gli sembrava passata una vita, Robb gli mancava, lui non era solo il suo re era un suo amico. “Sai tuo fratello era il miglior stratega di guerra di tutto il nord, era un abile combattente, ed un caro... Caro amico.” Disse mentre il suo sguardo si perdeva nel buio della cabina. Con un atteggiamento quasi da anziano narratore, come un nonno che racconta le sue avventure alla nipote.

 

“Seguì, Robb in tutte le sue battaglie, fino alla sua morte... Credimi ho provato a salvarlo... Non ne ho avuto la forza.” Pronunciò, sempre guardando il vuoto, davanti ai suoi occhi ora stavano ripassando immagini del passato, non era lì. Non in quella stanza. Nella sua mente poteva udire ancora il sibilare dei dardi, i lamenti di lady Catelyn, il corpo di Robb accasciarsi a terra... I cani di Ramsay abbaiare.

 

“Qualche giorno prima della sua morte, tuo fratello mi disse che era conveniente allearsi con la Regina dei Draghi... Voleva che io portassi a termine questa missione.” Arya lo fissava incredula: “la Regina dei Draghi?” Chiese con sincero stupore. Mik si voltò verso di lei: “Daenerys Targaryen, sì. L'ultima del suo nome, Robb pensava che avrebbe potuto aiutarci. Ma... Non ho mai fatto in tempo a trattare con lei.”

 

“Dopo la morte di Robb, ho pensato molte volte di ritirarmi, di arrendermi...”

“Ma non lo hai fatto.” Concluse Arya, attirando nuovamente lo sguardo del suo interlocutore. “No.” Replicò lui. “Perché?” Chiese nuovamente Arya.

Mik tornò a fissare il vuoto, era come se per ricordare il passato doveva per forza staccarsi dal presente, “tuo fratello aveva qualcosa di diverso Arya... Lui amava la sua gente, voleva dare al nord la libertà che merita... E lo volevo anch'io, e lo voglio ancora. È per questo che non mi sono tirato indietro.”

 

Si voltò verso Arya per concludere: “e non intendo farlo adesso.” La giovane Stark annuì, “qual'è il tuo piano?” Chiese, come se si fosse ricordata che uno fosse necessario per riconquistare il nord. “Sono contento che tu me l'abbia chiesto, era proprio ciò di cui ti volevo parlare.”

Disse Mik, chiudendo un discorso e, così facendo, aprendone uno nuovo.

 

 

 

Steve stava ancora appeso lì, il sangue gli colava dalle ferite infertegli dal bastardo.

Ma lui non avrebbe parlato, piuttosto la morte. Faceva freddo, e Steve era a torso nudo, tuttavia lui c'era abituato: era nato a Karhold, che era molto più a nord di Grande Inverno, il freddo non gli faceva alcun effetto negativo. Si chiedeva che fine avesse fatto suo fratello, non vedeva Sam da quando quella pattuglia dei Bolton era piombata loro addosso. Grazie agli dei erano riusciti a catturare solo lui, che non avrebbe ma parlato. Tuttavia non poteva fare a meno di preoccuparsi per suo fratello. Ne era responsabile.

 

D'un tratto la porta della cella si aprì, sulla soglia comparve Ramsay: “toc toc.” Esclamò buffamente mentre entrava seguito da una guardia che teneva una corda fra le mani. La corda era tesa e finiva fuori dalla stanza, Steve non aveva idea di chi fosse legato all'altro capo. “Come sta il mio ribelle preferito oggi?” Chiese il bastardo con tono limpido e allegro, Steve non rispose. Ramsay allora iniziò a camminare avanti e indietro per la cella: “lo sai, la tua resistenza è a dir poco eroica. Sei sprezzante del dolore e della morte, è ammirevole. Piuttosto che tradire la ribellione ti faresti uccidere...” Steve cercava di capire dove volesse andare a parare quel folle, se parlava così, sicuro di se, voleva dire che aveva una asso nella manica, cosa che lo spaventava e non poco. “Lo sai... Qualche giorno fa abbiamo trovato un giovane ribelle che vagava per queste zone da solo... Quando l'abbiamo preso ha ucciso due dei nostri, e non faceva altro che ripetere che voleva che gli restituissimo...” Detto questo si voltò e fece un cenno alla guardia, che tirò la fune. Il prigioniero fu costretto a camminare in avanti per non cadere, Steve lo vide... Sam!

 

“Suo fratello!” Concluse Ramsay voltandosi di scatto verso Steve con un sorriso beffardo. Steve fu percorso da un sentimento di angoscia... Non suo fratello... Non il suo Sam... Ramsay colse subito questo cambio di espressione sul viso del prigioniero legato ai pali. Sarebbe stato inutile per Steve negare qualsiasi contatto passato o presente con il nuovo prigioniero, Ormai Ramasy aveva capito, e quando notò il cambio di espressione sul volto del ribelle prigioniero, inarcò la bocca in un ghigno malefico.

 

Dopodiché fece un altro cenno alla guardia, che fece mettere Sam sulle ginocchia, e con la mano gli tirò indietro i capelli, così da esporre meglio il collo.

Ramsay estrasse il coltello che teneva in un fodero sulla parte inferiore della schiena, poi si avvicinò al prigioniero in ginocchio; “se non ti importa nulla della tua vita, forse della sua... Sì... Ti importa.” Disse guardando Sam, ma rivolgendosi a Steve.

Che del canto suo stava versando lacrime, non poteva tradire i suoi compagni, ma non poteva nemmeno lasciar torturare il suo giovane fratello. Il bastardo premette la lama sulla fronte del ragazzo, e poi ridiscese lentamente fino all'occhio sinistro. Le urla erano agghiaccianti, Steve distoglieva lo sguardo e cercava di resistere. Il bastardo allora portò il coltello sotto l'occhio destro del prigioniero in ginocchio, avvicinò pian piano la lama alla palpebra inferiore. Era chiaro... Voleva cavarglielo!

Era sempre più vicino, sempre più vicino... Sam gridava già, preparandosi al peggio...

“Basta!” Grido Steve, mentre piangeva, “basta, ti prego!” Non poteva vedere il fratello soffrire così, non aveva ancora vent'anni, la guerra poteva finire... Lui aveva una vita d'avanti.

Ramsay sorrise e si alzò, poi guardò Sam: “sai per un attimo ho pensato che mi avrebbe lasciato farlo.” Detto questo scompigliò i capelli del giovane ribelle in modo amichevole, poi si mosse verso Steve: “allora... Non provare a mentirmi, perché ti posso assicurare che me ne accorgerei, e se mi mentissi...” Rimase a metà frase indicando Sam: “non solo gli caverei gli occhi, ma anche il naso, le orecchie... E... Le palle!” Disse ridacchiando. “Perciò avanti... Parla.” Intimò a Steve, con sguardo che aveva perso tutto il divertimento che caratterizzava lo sguardo precedente.

Steve guardò Sam con le lacrime agli occhi, il giovane fratello aveva l'occhio sinistro sfregiato e chiuso, ma con l'altro poteva guardare Steve e scuotere la testa in segno di negazione. Steve con le lacrime agli occhi rispose: “si trovano nella foresta, a qualche ora di marcia dalle Torri Gemelle... Verso ovest.” Concluse abbassando lo sguardo, e ripromettendo a se stesso che non lo avrebbe più alzato. Ramsay accolse sulla sua bocca un largo sorriso, poi si voltò verso la guardia: “dite al piccolo Jon di fare armi e bagagli... Abbiamo l'ubicazione della base ribelle!”

Detto questo prese la mascella di Steve tra il pollice e le altre dita: “grazie infinite...” Poi si voltò e se ne andò ghignando malignamente...

 

 

 

 

 

Quando Mik ed Arya raggiunsero le Terre dei Fiumi, lui la guidò all'accampamento di Harry. Ci vollero quattro giorni per arrivarci, in questi quattro giorni Mik parlò molto con Arya, le raccontò quello che ancora non le aveva raccontato, ma evitò di menzionarle la sua famiglia, ed il massacro di Karhold. Non sapeva nemmeno lui perché, forse autoconservazione, ma perché, per cosa? Non lo sapeva, sta di fatto che omise completamente di parlarne. D'altra parte nemmeno lei si era aperta più di tanto, eppure, tuttavia era possibile notare una certa sintonia fra i due: due perfetti sconosciuti che in qualche modo si somigliavano, due sconosciuti che però si ritrovavano l'uno nell'altra. Era evidente che c'era una forte attrazione fisica tra loro, ma entrambi sembravano preoccuparsi più di come morire che di come vivere. Eppure stavano trattenendo qualcosa, era come se i sentimenti, acquietati in entrambi da tempo, stessero cercando di riaffiorare.

Ad ogni modo, quando raggiunsero la base ribelle, furono subito accolti dal generale.

 

 

“Sono così felice che sei tornato!” Esclamò Harry correndo ad abbracciare il suo amico, “ora che sei tornato possiamo muovere guerra ai Bolton, non dobbiamo più preoccuparci dei Frey.” Mik lo guardò incredulo, e Arya fece altrettanto.

Harry disse loro che se ne sarebbero occupati dopo cena. Cenarono nella baracca 14 ed Harry si diede da fare per far ridere Arya raccontandole divertenti aneddoti su Mik. Per esempio: le raccontò di quella volta che a Karhold, in occasione di un matrimonio di cui Harry non ricordava gli sposi, si ubriacarono talmente tanto che: lui si mise a rincorrere i maiali in un porcile a caso, mentre Mik prese sulle spalle la sposa e la portò da qualche parte, Arya rideva, mentre Harry chiedeva a Mik dove effettivamente avesse portato quella donna, Mik ridendo rispose che lei gli diede un pugno e fuggì poco dopo.

Fu una serata divertente tutto sommato. E tutti e tre, in effetti, si chiesero da quanto tempo non si divertivano così. Dopo la cena, il generale invitò gli ospiti nella sua baracca, per discutere il da farsi.

 

 

Raccontò di aver eseguito diversi atti di sabotaggio anche nel nord, accrescendo sempre di più le sue fila, il malcontento nei confronti dei Bolton era cresciuto, e questo soprattutto grazie alla ribellione; che ormai da mesi metteva in difficoltà l'alleanza Bolton- Frey.

 

Visto che i suoi ospiti erano increduli di fronte a quella affermazione Harry si spiegò meglio: “sì, il Pesce Nero ha riconquistato Delta delle Acque, e così tiene impegnato l'esercito dei Frey.” Mentre Mik, tutto eccitato, diceva ad Harry di preparare le truppe a partire, Arya sembrava persa in mille e più riflessioni... Sembrava che stesse rimuginando sulla faccenda: 'Frey'. Mentre Mik ed Harry discutevano sul da farsi, lei li interruppe: “forse potremmo avere anche l'appoggio dei Tully.”

 

Questa affermazione fece ammutolire gli altri due, la piccola baracca del generale ribelle fu immersa nel silenzio. Il buio era già calato nelle Terre dei Fiumi, e gli unici rumori che si sentivano erano provocati dagli uomini che si muovevano avanti ed indietro sui ponti di legno che collegavano le baracche tra loro.

“Cosa vuoi dire Arya?” Chiese Mik cercando di capire le intenzioni della giovane Stark. “Voi preparate gli uomini, io mi occuperò dei Frey, al mio ritorno avremo anche l'esercito dei Tully, e allora attaccheremo i Bolton.” Detto questo, Arya abbandonò la baracca dirigendosi fuori.

 

Mik le corse dietro, “Arya!” La chiamò, “Arya aspetta!” Gridò mentre la seguiva sul ponte di legno, “non cercare di fermarmi.” Replicò lei senza voltarsi, “non voglio fermarti...” Disse Mik, intanto Arya si voltò come se avesse capito che la frase non finiva lì, e fece una faccia come per dire: 'dì quello che devi dire, non metterci troppo.'

 

Ma la replica di Mik la lasciò di stucco: “voglio venire con te.” Concluse egli, ancora con il fiatone per la corsa. Arya rimase a guardarlo, certo lei e Mik, in quei giorni, avevano avuto modo di conoscersi meglio, di diventare quasi amici, ma non si sarebbe mai aspettata tanta devozione. “Non puoi Mik. Il tuo posto è qui, con la tua gente.” Disse lei con sguardo comprensivo, uno sguardo a cui ormai non era più abituata, ma anche questo doveva ammettere del suo nuovo amico: in quei giorni era riuscito a ridarle leggerezza, sì certo: i problemi c'erano e con lui ne discuteva, ma lui riusciva sempre a tranquillizzarla quando era agitata, nonostante tutti quei problemi, Mik riusciva a farla vivere quasi normalmente. “Non ce la puoi fare da sola contro i Frey, ti uccideranno.” Rispose il giovane Karstark con aria preoccupata e...

 

Protettiva? Arya non lo capì troppo bene, ed era strano: lei ora riusciva a capire tutti i pensieri di una persona anche solo guardandola, ma quel ragazzo... Quel ragazzo era un groviglio di emozioni contrastanti ed enigmatiche. Un mistero... Per lei. Ma un mistero di cui si fidava. “Tu non hai idea di cosa sono capace, non potranno fermarmi.” Concluse Arya gonfiando il petto, per mostrarsi forte e sicura di sé. “Non dubito di te, ma ho già perso troppo e il pensiero di perdere anche a te...” Mik sembrava in balìa delle emozioni, era come se stesse sprigionando tutto quello che sentiva, come se le emozioni: abituate ad essere trattenute e messe a tacere, si stessero liberando, toccando nel profondo la ragazza lupo. Arya fu sorpresa, ma nel contempo felice di quello che aveva sentito, tuttavia si chiese come mai: quell'uomo che sembrava così chiuso a tutto quello che poteva essere il mondo delle emozioni e dei sentimenti, ora si stava aprendo così, ora si rendeva fragile. E perché farlo, se non per il fatto che aveva cieca fiducia in lei?

 

Mik si avvicinò e prese le mani di Arya fra le sue, lei sentì qualcosa: si sentì... Tremare? No. Non era possibile, non lei. Era convinta di aver dimenticato cosa voleva dire avere sentimenti, così come lui, ma ora sentiva di non poterli trattenere... Quello che provava era forte, non sapeva nemmeno lei cos'era, ma era sicura di averlo sentito anche la prima volta che aveva visto il ragazzo.

 

Lui d'altro canto, aveva deciso di abbandonare le emozioni. Lo avevano portare solo alla sofferenza, ma ora non poteva controllarsi, si odiava per questo. Non riusciva a mettere a tacere i sentimenti, avrebbe sofferto lo sapeva, ma ormai non aveva più controllo. Arya si sentì avvampare, e sentì il cuore accelerare il battito, rimaneva lì a fissare quei profondi e suadenti occhi marroni, in attesa che lui parlasse. “Arya...”

 

“Sì Mik?” Chiese lei, mentre le mani del ragazzo si spostavano dalle mani di lei, ai suoi fianchi, Arya guardò quelle braccia che la tenevano, e non ebbe il coraggio di muoversi, non ne aveva nemmeno voglia in ogni caso. Quelle braccia la facevano sentire sicura... Sicura? Non si capacitava nemmeno di quello che pensava, da quando aveva bisogno degli altri per essere al sicuro? Da mai, ma da quando aveva conosciuto Mik tutto era cambiato.

 

Il ragazzo non perse altro tempo: “sei sicura di potercela fare?” Chiese inarcando le sopracciglia in un'espressione tra: la preoccupazione e il dubbio. Arya non credeva alle sue orecchie, e nemmeno a quello che sentiva: quei giorni passati con Mik, riaffiorarono nella sua mente e li vide da una prospettiva diversa. Aveva sempre sentito quello che sentiva ora, ma non lo aveva mai esternato, perché esattamente come per Mik, i sentimenti l'avevano portata a soffrire di più. Ma sembrava che il ragazzo volesse tirare fuori tutto in quel momento, perché cominciava a capire che forse non avrebbe più rivisto la ragazza lupo, e se anche i sentimenti lo avevano portato a soffrire, gli avevano dato uno scopo, una ragione di vivere. Sentiva di nuovo la paura della morte, la sentiva solo quando sapeva di avere qualcosa da perdere. E ora ce l'aveva. “Non mi accadrà nulla Mik.” Lo rassicurò Arya, prendendogli il viso fra le mani con delicatezza. Il ragazzo sentì il cuore che gli usciva dal petto, e pensò che fosse giunto il momento, perciò si sporse in avanti velocemente inarcando la schiena per raggiungere la giovane Stark ed imprimerle sulle labbra un bacio fin troppo trattenuto. Arya ricambiò e gli appoggiò le braccia alle spalle, mentre lui la sollevava prendendola dal bacino.

 

La portò nella baracca che Harry gli aveva riservato, e lì la adagiò sulla piccola branda. Dopodiché , lasciò che fosse la passione a guidarlo. Esplorò quell'inaspettata compagna di battaglie avvenire per tutta la notte. Mentre lo facevano Arya gli confessò di non averlo mai fatto prima, Mik allora le rispose di lasciarsi andare, avrebbe fatto tutto lui. Arya si concesse allora al suo giovane amante, lasciando che fosse lui ad istruirla.

 

L'erede di Karhold e la giovane Stark passarono la notte insieme, e alla loro avventura, che sarebbe potuta essere narrata solo dalle pareti della baracca, fece sottofondo la foresta e il fiume...

 

 

 

 

La mattina seguente Mikarion si risvegliò nella sua baracca. Era solo, si alzò e vide che sul tavolino vi era un foglietto di carta piegato in quattro, e vicino un calamaio con la penna infilata dentro. Tutto materiale che si trovava all'interno della baracca.

Sul foglietto vi era scritto: -Preparate le truppe, attendete il mio ritorno, e allora potremo marciare su Grande Inverno, con l'appoggio dei Tully e con i Frey fuori gioco per sempre-

 

Mik rimase a fissare quel foglietto per minuti interi, aveva fiducia in lei, ma era comunque preoccupato. Si vestì ed uscì per avvertire Harry, ma mentre percorreva la strada per arrivare alla baracca del generale, vide questi corrergli incontro trafelato e sudante. Mik lo guardò incredulo mentre arrivava, “Mik, è arrivato un messaggero dal nord, abbiamo intercettato un dispaccio nemico: l'esercito dei Bolton è diretto qui! Sanno dove siamo, e verranno con migliaia di uomini!”

 

 

Il giovane Karstark era stravolto, come avevano fatto a capire dov'erano? Non c'era tempo da perdere: “raduna tutti i soldati Harry, manda dei corvi a tutti i capisaldi ribelli, dobbiamo convogliare qui e prepararci alla battaglia.” Detto questo, Mik si allontanò e tornò sui suoi passi, dovevano preparare le difese, l'esercito nemico sarebbe stato più numeroso, ma loro avevano la foresta; li avrebbero colti di sorpresa. Inoltre il giovane Karstark sperava con tutto se stesso che anche Ramasay Bolton Prendesse parte alla spedizione... Poteva succedere tutto, potevano vincere o perdere, il trono del nord poteva anche essere di Arya... Ma Ramsay... Era suo!

 

 

 

 

“Il signore della luce voleva che ti riportassi in vita Jon Snow.” Introdusse e concluse la donna rossa. “Perché?” Chiese nuovamente il lord comandante, Melisandre esitò nuovamente, rivolgendo il suo sguardo alle fiamme, come persa in quelli che gli altri chiamavano deliri, ma che lei chiamava segni. “Perché ho visto il tuo destino, tu ci guiderai nella lunga notte, e sarai fondamentale per la lotta contro i non morti.” Jon Snow chinò il capo, domandandosi in che modo poteva essere determinante contro il re della notte, se nemmeno riusciva a mantenere il suo ruolo di lord comandante. Non troppo soddisfatto dalla risposta fece per andarsene, ma non prima che Melisandre pronunciasse queste parole: “Ho visto qualcun altro nelle fiamme...” Poi si alzò e guardo Jon dritto negli occhi: “una diade, tu e qualcun altro... Combattere insieme e salvate il mondo dei vivi.” Jon Snow era incredulo: “e chi è questa persona, lo sai?” Chiese impaziente, “No. Ma so che solo se lotterete insieme potrete vincere... Se non lo farete... Nessuno ci potrà salvare.”

 

 

 

 

 

 

Valar Morghulis a voi amici ed amiche di The North Remembers!! Ecco a voi il capitolo 11! Spero stiate bene e spero che il racconto possa appassionarvi, io inoltre avevo un'idea: scrivere la storia di Ramsay Bolton. Avevo pensato di farlo in The North Remembers, ma poi, risultava troppo lungo ed ingombrante, perciò ditemi se volete che scriva uno spin off solo per lui. Detto questo vi saluto e vi ringrazio.

 

 

 

 

   
 
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