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Autore: CaskettCoffee    13/04/2020    4 recensioni
L’idea è quella di raccontare Lily, Jake e Reece. Li abbiamo solo intravisti, bambini, in uno scorcio del futuro di Castle e Beckett. Il mio vuole essere un tentativo di tratteggiare uno scorcio del loro di futuro, da adulti, cominciando dalla storia di un'estate. E lasciando intravedere (ovviamente) anche la loro mamma e il loro papà.
Genere: Dark, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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CAPITOLO TERZO

Per le sette della sera, tutti i peggiori timori che Lily potesse immaginare si erano materializzati. James Fleming era lì negli Hamptons. Aveva incontrato suo fratello quella mattina. E, cosa peggiore, suo fratello lo aveva invitato a cena. E molto peggio ancora, lui aveva accettato l’invito.
 
“Vuoi smetterla?” le disse Kate tra i denti, mentre le dava una gomitata nelle costole. “Smettere cosa mamma?” “Di avere quello sguardo” Lily sbattè le palpebre. “Che sguardo?” “Come se volessi incenerire tuo fratello con la forza del pensiero”. “Oh” Lily arrossì, il tipo di rossore dovuto al senso di colpa.
 
“Ammetto che avrebbe potuto avvertire prima di invitarlo” ammise la madre . “Ma James è stato di casa qui per anni. E io stessa lo avevo invitato a passare a trovarci, qualche mese fa. E’ solo una cena. E poi non ci sarà solo lui. Andrà bene.”
 

James fu l’ultimo a presentarsi a cena, con un ritardo di quasi un’ora. Volutamente. Il giovane si incamminò nel vialetto che portava alla casa dei Castle, conscio di essere maleducatamente in ritardo. Suo zio aveva subito declinato l’invito, il jet leg era troppo stressante per lui, e doveva ancora riprendersi. Avrebbe affrontato la situazione in soliaria. Non era tipo da tirarsi indietro all’ultimo, ovviamente, non era così maleducato. Ma era abbastanza indulgente con se stesso – e furbo- da capire che forse, arrivando alla fine, avrebbe potuto risparmiarsi un bel po’ di chiacchiere.
 
Naturalmente avrebbe porto le sue scuse alla padrona di casa. Ma sapeva bene che i Castle erano una coppia di persone affabili, che non si sarebbero risentiti con lui per quel ritardo.
 
Tirò un sospiro di sollievo quando trovò la porta aperta, e l’ampio ingresso vuoto, a riprova del fatto che evidentemente avevano già iniziato la cena senza di lui. Man mano che percorreva il corridoio che conduceva al salone, il suono del vociare del gruppo diventava sempre più rumoroso, giungendo finalmente al salone, dove gli ospiti attendevano l’inizio della cena.
 
Lo avevano aspettato. E questo lo fece sentire un po’ in colpa. Ovviamente nessuno sembrava particolarmente irritato da quell’attesa. Al contrario, parevano tutti divertirsi moltissimo, in particolare un gruppo di ragazzi in un angolo della sala, e James riconobbe già a un primo sguardo una serie di volti familiari.  
 
“Guardate chi si è finalmente ti sia unito a noi, Fleming!” Il sarcasmo di Reece scosse James dalle sue fantasie. Ignorò l’amico, volgendo invece la sua attenzione alla madre di lui. La donna aveva sempre avuto un’eleganza innata, un portamento fiero, e nonostante non fosse più giovanissima era ancora così bella, che era facile immaginare che, ai tempi della sua gioventù, qualsiasi uomo - anche uno scapolo impenitente come era stato Richard Castle- avesse capitolato senza condizioni. “Mi scuso molto per il ritardo” iniziò James. “E permettetemi di dirvi, signori Castle, quale piacere sia rivedervi”
 
La donna fu gentilissima. “Non preoccuparti, James. E’ un piacere anche per noi. In realtà, ci hai dato di più tempo per chiacchierare”
 
“Ora sei un uomo importante, mi dicono” continuò Richard mentre anche lui stringeva mano al ragazzo. “Speriamo però che, come vicino di casa, di rivederti in questi mesi” continuò appoggiando la mano sulla spalla del ragazzo, in un gesto affettuoso. “E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora andare a tavola” continuò il padrone di casa, con voce abbastanza alta che tutti potessero sentire.
 
Quel cortese richiamo ebbe l’effetto sperato, e gli invitati, uno dopo l’altro si allontanarono per prendere posto alla tavolata apparecchiata nella sala da pranzo. James salutò qualcuno al volo, qualche veloce stretta di mano, qualche sorriso. Finché non restò per ultimo Jake, la cui somiglianza con il fratello continuava ad essere impressionante, seppur lo sguardo di questo gemello fosse notevolmente più scanzonato. Alla sua destra, lei. Ed era spaventosamente più bella di quello che ricordava.
 
Lily aveva i capelli raccolti in una treccia che sembrava quasi troppo pesante per il suo collo sottile, ma James dovette riconoscere con i capelli scostati completamente dalla fronte, i suoi occhi sembravano più belli del solito. Jake si spostò per andare verso la sala, accompagnandola con la mano sulla schiena della sorella, quasi a incoraggiarla. Tempo pochi secondi, e James e lei erano a un palmo di distanza. Dopo due anni.
 
Poi Lily gli passò accanto, diretta al suo posto al centro della lunga tavolata. Ignorandolo.
 
Lui prese posto a tavola accanto alla madre di lei, un posto d’onore che era stato tenuto per lui, l’ospite più atteso dopo anni di lontananza, un caro amico di famiglia, di cui però non era un membro. Chiacchierò educatamente con la senatrice, con una amica di lunga data di lei, Lanie, una graziosa signora molto loquace che aveva incontrato già molte volte, e Reece, seduto alla sua sinistra. Durante il pasto, James tentava di ignorare l’attività al centro della tavolata, dove erano seduti il maggior numero di ragazzi, ma gli era impossibile ignorare Lily stessa.
 
Il giovane Jake intratteneva raccontando una stupida storia su un giornalista e una festa. Lily si sciolse in una risata insieme con il resto del gruppo, euforico. James tornò a guardarsi il piatto.
 
Si sforzò molto per concentrarsi sul pollo, perché sapeva di non doverla guardare, ma tutto in lei urlava di guardarla. Era sempre stato così, e nonostante le distanze, bastava ritrovarsi nella stessa stanza e continuava a sentirsi allo stesso modo. Aveva fatto bene, due anni prima, a respingerla bruscamente. Lily era troppo, si sarebbe perso in quella donna meravigliosa. E lo avrebbe distolto dal suo intento.
 
L’esplosione di una risata lo riportò alla realtà del momento, della serata. La conversazione era passata all’editoria, ed era il giovane Josh West, figlio dell’editore del signor Castle, a tener banco, narrando all’intera tavolata del grande successo della ristampa della saga di Nikki Heat.
 
Lily ascoltava rapita, il suo sguardo scintillante incollato su West, e una fitta di insofferenza divampò nell’animo di James. Un tempo era lui il ragazzo che lei guardava incantata. Poi toccò alla simpatica amica della senatrice, Lanie, inserirsi nel discorso, raccontando vari aneddoti sugli anni in cui Richard Castle aveva seguito quella che sarebbe diventata sua moglie, allora detective della omicidi, per trovare ispirazione per i suoi polizieschi.
 
“Inutile dirlo, non ho mai visto due persone tanto destinate l’uno all’altra” affermò concludendo Lanie, e James non poté non notare comei quel Josh indugiasse un po’ troppo con lo sguardo su Lily, che sorrideva. “È un peccato che abbiano impiegato molto più tempo di noi per capirlo, e perso un sacco di anni!”
 
James si tese contro lo schienale della sua sedia. Conosceva West abbastanza da dire che era totalmente sbagliato per lei. Di indole troppo buona. Troppo affabile. Lei avrebbe finito col maltrattarlo prima che lui si potesse accorgere di cosa lo aveva travolto. James guardò istintivamente il signor Castle, sperando che il padre di lei avesse notato quella discutibile occhiata a sua figlia da parte del giovane editore, ma Castle aveva occhi solo per sua moglie, tanto che sollevò il bicchiere e fece un brindisi. “A mia moglie, alle cose che ci siamo persi, e a quelle che non ci siamo persi”
 
James sviò lo sguardo, a disagio per l’evidente manifestazione di affetto tra marito e moglie. Sentiva di non appartenere a quella situazione. Di non appartenere a lei. Alla sua famiglia e al modo in cui tutti si comportavano con tale sicurezza, disinvoltura, mostrando affetto, euforia, entusiasmo, riuscendo a mettere a proprio agio anche tutti gli invitati. Tanto diversi dalla sua famiglia. Così coinvolgenti. Non facevano per lui. La sua attenzione tornò su Lily, i suoi occhi azzurri addolciti da quel momento di intimità. Un momento di eccessiva intimità.
 
Conscia di avere tutta l’attenzione su di lei, Kate Beckett sollevò anche lei il suo bicchiere. “Dal momento che brindiamo, dovremmo approfittarne per dare a James il nostro bentornato, dopo quasi due anni ” Quelle parole erano indirizzate dalla senatrice altra parte del tavolo, dove a capotavola sedeva suo marito. Il marito allora alzò il calice. “Idea eccezionale, Beckett. A James, bentornato fra noi ragazzo, con la speranza di averti dei nostri quest’estate”.  Intorno al tavolo si levarono i bicchieri, e Reece si chinò verso di lui con un sorriso d’intesa, interrompendo i suoi pensieri. “Considerati avvisato. Ora che papà ha detto che sei dei nostri, non potrai più nasconderti”
 
Tutti risero. Tutti tranne James, che si sforzò di rivolgere un sorriso educato e prese un drink. “Vi confesso di essere dispiaciuta per James” intervenne Lily, con una leggerezza nel tono che James non riuscì a comprendere appieno. “Immagino abbia sperato, dopo due anni di lontananza, di poter sfuggire definitivamente alla nostra compagnia. E invece neanche 24 ore che è arrivato e ha dovuto accettare il nostro invito.”
 
Per essere le prime parole che Lily gli rivolgeva, dopo quella sera di due anni fa, non gli stava andando troppo male. Fingendo uno sguardo di noia, lui affermò: “Non si è trattato certo di un dovere accettare il vostro invito” “La tua magnanimità ci imbarazza. Ti siamo grati dell’onore che ci hai concesso.” concluse Lily, sarcastica.
 
Ci fu un momento di momento di silenzio, poi Reece rise, e tutti convenuti appresso a lui. Tranne Lily, che abbassò lo sguardo e fissò il suo piatto.
 
James ripensò al loro passato, a ciò che si erano detti, ai modi in cui si erano attaccati, augurandosi di riuscire a graffiare o addirittura ferire. Riascoltò le parole che le aveva detto anni prima, il modo tagliente con cui le aveva parlato. Sapeva, oggi più che allora, che non era possibile fare un passo indietro, non dopo lo sforzo che aveva dovuto fare due anni prima, con cui era riuscito a mettere una distanza fra loro. Ma dentro di sé, pur sapendo di aver agito per il meglio, era pentito delle cose che le aveva dovuto dire per allontanarla l’ultima volta che si erano visti.
 
Adesso che ce l’aveva di fronte, dopo due anni, ripensava a due anni prima, e voleva dirle che non la trovava né infantile, né problematica. La trovava invece praticamente incredibile.
 
E c’era ben altro dietro. Se solo le cose fossero state più semplici.


 
   
 
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