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Autore: _Eclipse    13/04/2020    1 recensioni
Dal capitolo 8:
-Ci sono venti di tempesta che si avvicinano, ormai salpo molto più di frequente, le esercitazioni sono più durature e in maggior numero. Questo addestramento vuol dire solo una cosa, il conflitto si estenderà, dove non lo so, ma ci sarà qualcuno di potente- Hiroto sospirò.
-Se vi è tempesta, all’orizzonte, non importa quanto forte soffierà il vento, quanta pioggia cadrà a terra, quanta sofferenza e distruzione causerà. Alla fine tornerà a splendere il sole e sarà allora il momento di ricostruire ciò che è caduto e preservare ciò che è rimasto. Imparare dai nostri errori e prevenire un nuovo disastro- rispose Shirou.
****
-Possiamo agire come una piovra e allungare i nostri tentacoli sul continente e sulle isole del Pacifico. Per i primi sei o dodici mesi di guerra potremo conseguire una vittoria dopo l'altra, ma se il conflitto dovesse prolungarsi, non ho fiducia nel successo- parole dure, pronunciate davanti al governo, ai generali, ammiragli e all'imperatore in persona, come se fosse un ultimo tentativo per rigettare un conflitto.
-Allora sarà vostro compito assicurarvi la vittoria assoluta il prima possibile- replicò il primo ministro.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Jordan/Ryuuji, Shawn/Shirou, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7: Tensione

 

In pochi mesi la situazione in Europa cambiò drasticamente. Danimarca e Norvegia caddero sotto il dominio tedesco. 

Con una mossa fulminea; l'operazione Sichelschnitt, colpo di falce, Olanda e Belgio si trovarono isolati e alle strette.

I panzer(1) tedeschi avanzavano imperterriti su Amsterdam e Bruxelles. L'invasione fu poco più che una passeggiata e ora le armate germaniche potevano invadere il vero nemico, la Francia. 

A nord al confine col Belgio era vulnerabile, niente linea Maginot(2), niente chilometri di trincee e bunker e artiglieria pesante, solo i verdi campi delle Fiandre.

Ancora una volta i mezzi corazzati e la fanteria marciarono su quel fronte già devastato poco più di vent'anni prima.

Il paese entrò in crisi e così l'alleato inglese... dopo solo tre giorni. Il primo ministro Chamberlain dovette dimettersi perché considerato troppo debole e sostituito da un uomo forte in grado di guidare una nazione esasperata.

 

"Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, la lacrime e sudore…"

 

Le parole del nuovo primo ministro, Winston Churchill furono più che veritiere. Nelle Fiandre non vi erano solo francesi, belgi, olandesi, ma decine di migliaia di uomini inglesi che mordevano il filo spinato e schivavano le pallottole, ma ad ogni colpo sparato dovevano indietreggiare di un passo fino alla costa della Manica.

I tedeschi li accerchiarono. Dopo poco più di due settimane dall'inizio della battaglia di Francia, i britannici rischiavano di perdere completamente il loro esercito. Gli aerei colpivano dall'alto come falchi e i cannoni tuonavano. Colonne disordinate di soldati si ammassavano sulle spiagge in attesa di una nave battente bandiera amica, ma esse venivano affondate una dopo l'altra. Le navi della marina erano bersagli piuttosto grandi e lenti, e la supremazia aerea tedesca rendeva quei mezzi delle trappole mortali per i profughi.

Un miracolo apparve all'orizzonte nei primi giorni di giugno, quando decine di barche, pescherecci e battelli da diporto apparvero sulle spiagge di Dunquerke sotto richiesta del governo salvando mezzo milione di soldati bloccati sul litorale da una morte certa.

Nella trepidazione del miracoloso successo, venne pronunciato un nuovo discorso in cui si esortava il popolo dell'isola e dell'impero a resistere per poter raggiungere la vittoria.

 

"Noi andremo avanti fino alla fine, noi combatteremo in Francia, combatteremo per i mari e gli oceani, combatteremo con crescente forza e fiducia nei cieli, noi difenderemo la nostra isola quale che sia il prezzo da pagare. Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle piste di atterraggio, combatteremo nei campi e per le strade, combatteremo per le colline; noi non ci arrenderemo mai!"

 

Tuttavia, nonostante le belle parole, comparve a sud un nuovo nemico, che reclamava diritti e poteri sul Mediterraneo in modo simile al suo glorioso antenato del passato. L'Italia entrò in guerra e si accinse con difficoltà a invadere la Francia dalle Alpi. Dopo pochi giorni, Parigi venne presa.

Sulla torre Eiffel venne issata la bandiera con la croce uncinata, la svastica simbolo dell'oppressione.

Per la terza volta, in pochi giorni venne pronunciato un nuovo discorso, abbandonati i toni enfatici e ottimisti del futuro, il ministro preparava la popolazione al peggio:

 

"Quella che il generale Weygand chiama la Battaglia di Francia è terminata, la Battaglia d'Inghilterra sta per iniziare"

 

E così fu dal mese successivo, decine di raid aerei e bombardamenti colpirono l'Impero britannico al cuore, a Londra. Più e più volte al giorno senza tregua tutti i giorni e tutte le notti, sirene e allarmi suonavano quando meno ce lo si aspettava e la gente per strada doveva allora correre nei bunker che erano stati costruiti o addirittura nelle gallerie della metropolitana costruita nelle profondità della terra.

Le Loro maestà, il re e la regina si rifiutarono di lasciare il paese e rimasero con il loro popolo, anche quando lo stesso Buckingham Palace venne bombardato.

Il Giappone non rimase fermo molto a lungo, vista la debole posizione del nuovo governo collaborazionista a sud della Francia, riuscì ad annettere la ex colonia dell'Indocina, ricca di risorse, sollevando grandi proteste da parte delle altri nazioni, in particolare gli Stati Uniti.

 

****

 

La tensione era così alta che quasi si poteva toccare con mano. Le riunioni del consiglio di guerra, non erano mai piacevoli. Nell’aula vi era una fila di banchi disposti a ferro di cavallo. Lì sedevano i vertici dell’esercito da una parte e quelli della marina dall’altra. Nei posti centrali vi era il primo ministro, Fumimaro Konoe e alcuni membri del suo governo. Dietro quei posti, vi era un trono in posizione rialzata, era il seggio riservato all’imperatore, ma di rado presenziava alle riunioni.

Il primo ministro, in piedi davanti a tutti e vestito con un'elegantissima uniforme recante un gran numero di decorazioni scintillanti, stava recitando un lungo discorso riguardo gli ultimi avvenimenti, l’annessione dell’Indocina francese, la firma del Patto tripartito insieme a Germania e Italia ed infine l’argomento più scottante.

-Il Congresso degli Stati Uniti ha varato, in queste settimane, una sequenza di  leggi in risposta alla nostra recente annessioni delle colonie francesi nel sud-est asiatico. Tali leggi impongono un embargo verso il nostro glorioso impero riguardanti i materiali a noi più preziosi. Nel particolare, gli Stati Uniti d’America, affiancati dall’Impero britannico, si rifiutano di commerciare e vendere le quote di petrolio e acciaio da noi richieste fino a quando non verrà ristabilito lo status quo in Asia…-

A quelle parole alcuni dei presenti si alzarono per esprimere la loro opinione.

-E’ inammissibile! Vogliono indurci ad abbandonare le nostre ambizioni per far sì che possano espandersi loro a nostro svantaggio!- tuonò uno dei generali.

-Non possiamo permetterci di indietreggiare dopo tanti sacrifici e successi in Cina!- gli fece eco un altro.

-Ordine!- sentenziò il primo ministro per poi continuare: -Inoltre, tra le misure restrittive e sanzionatorie delle potenze occidentali, vi è il completo congelamento dei nostri beni finanziari dislocati negli Stati Uniti, nel Regno Unito e le colonie da esso dipendenti…-

Per la seconda scoppiò il caos e per la seconda volta si cercò di ripristinare l'ordine.

Il capo del governo concluse il proprio discorso e poi sedendosi al proprio seggio si portò le mani davanti al volto abbassato e riprese a parlare.

-Onorevoli membri di questo consiglio, ci troviamo davanti ad una situazione delle meno piacevoli. Abbiamo poche risorse e dovremo razionarle fino a che non verrà trovato una soluzione-

Uno dei generali seduti nella fila a sinistra del ministro Konoe, un uomo piuttosto anziano e dal volto rugoso si alzò.

-Chiedo di poter parlare-

-Le viene concesso il permesso- 

-Ministro, a nome dell'esercito chiedo, per quanto riguarda le risorse, che venga data una priorità maggiore ai nostri uomini in Cina. La vittoria finale è vicina. Sarebbe disonorevole ritirarci e vanificare tutto l'operato della nostra nazioni a causa della mancanza di rifornimenti…- a quelle parole di scatto si alzò un rappresentante dello schieramento opposto, quello della marina riconoscibile per la più sobria divisa blu scuro.

-Chiedo di poter parlare anch'io-

-Ne ha il permesso- ripeté il primo ministro.

-Noi della marina ci opponiamo ad una richiesta simile! Le nostre navi necessitano di carburante e nafta affinché possano navigare e prestare supporto ai nostri uomini in Cina, ma allo stesso tempo necessitiamo di grandi quantità di metallo per rifinire la nuova super corazzata Yamato e completare gli scafi delle due gemelle e iniziare quello della "nave numero 111"-

-L'esercito invece ha bisogno di nuovi carri armati! I corazzati della seria Yi Go si sono dimostrati del tutto inefficienti contro gli analoghi sovietici. Dobbiamo investire maggiormente nei carri della serie Chi Ha e concentrare le nostre riserve di acciaio nella produzione di questi!- rispose un secondo generale.

-La Cina non dispone di armi anticarro, figurarsi se possiede dei mezzi corazzati! Ricordate che siete sul continente grazie alle nostre navi!- sbottò uno degli ammiragli.

-Noi stiamo combattendo, il vostro compito è solo di trasportarci in Cina e riportarci in patria quando necessario. La marina non è che un trampolino di lancio per l'esercito…-

-Silenzio! Questa è la sede di un consiglio militare, non siamo qui per discutere chi sia il migliore. Dobbiamo cooperare. Se necessario suddivideremo le materie disponibili in base alle vostre esigenze, un maggior quantitativo in tonnellate di metalli per la marina e una quota maggiore in ettolitri di petrolio per rifornire le forze dell'esercito in Cina e dobbiamo inoltre pensare anche alle necessità civili della nostra nazione. Il nostro ambasciatore a Washington è già all'opera per negoziare il ritiro dell'embargo- sentenziò il primo ministro.

Si alzò allora uno dei vicini al capo del governo, era un uomo di poco meno di sessant'anni, capelli rasati a zero, un paio di occhiali davanti agli occhi e due baffetti neri sotto al naso. Il ministro della difesa Hideki Tojo, esponente della fazione dell'esercito come testimoniato dall'uniforme da generale delle truppe di terra.

-Ministro Konoe, vi chiedo la parola come membro dell'esecutivo-

-Accordato, ministro Tojo-

-Come mi impone il mio ministero, devo interrogarvi su alcune questioni, il nostro onorevole ambasciatore Kensuke Horinouchi sta negoziando con il governo Statunitense, ma avete pensato a come reagire se fallisse qualsiasi tentativo di mediazione? Spero che in questa sfortunata ipotesi, non permetterete agli americani di aver ragione su di noi e ritirare le nostre truppe dal continente-

-Mi state consigliando di reagire con la forza?-

-Sto solo sollevando una spiacevole situazione che potrebbe verificarsi, come reagire spetta a voi e all'imperatore-

-Ho fiducia nei nostri diplomatici, non abbiamo bisogno di nuovi nemici-

L'assemblea prese una svolta su nuovi argomenti riguardo la situazione cinese, tuttavia la scarsità di risorse non aveva che aumentato le tensioni tra l'esercito e la marina.

 

****

 

Atsuya si stava ormai abituando del tutto alla vita nelle isole Hawaii. Si scambiava di continuo lettere con il fratello, si scrivevano su come continuava la loro vita, alcune novità, qualche volta anche piccole fotografie, soprattutto da parte di Atsuya in modo da poter mostrare il piccolo paradiso tropicale al fratello. Tralasciavano del tutto la politica e gli argomenti spiacevoli per evitare la censura nipponica.

Ogni mattina il giovane medico si alzava piuttosto presto, ma nonostante tutto il sole splendeva brillante nel cielo. Faceva colazione "all'americana" bevendo caffè nero e poi con andava presso la clinica in bicicletta. Lungo il tragitto passava accanto alle piccole case dei vicini lungo i viali alberati e costeggiati di palme. Si era fatto conoscere nel quartiere e se incontrava qualcuno salutava sempre con un sorriso. Non rappresentava lo stereotipo del giapponese chiuso e riservato, ma il contrario, anche il suo inglese stava migliorando notevolmente anche se il forte accento nipponico faticava a scomparire, ma ormai si poteva considerare alla stregua di una bizzarra peculiarità del giovane.

Come ogni giorno si presentava alla clinica, indossato il camicie bianco percorreva la corsia affiancato dal dottor Williams e da alcune infermiere.

Dopo un rapido giro di visita dei pochi degenti, poteva dedicarsi al lavoro in autonomia. Sedeva quindi nel piccolo studio che gli era stato riservato, l’aveva arricchito per renderlo più confortevole, una piccola libreria, una pianta in un vaso nell’angolo, qualche fotografia della sua famiglia sulla scrivania, tante piccole cose che gli ricordavano casa. Scriveva una relazione su tutte le novità mediche scoperte in occidente e alle volte, quando era necessario riceveva pazienti. 

Una delle infermiere bussò improvvisamente.

-Avanti- rispose il rosa mentre rifletteva a cosa scrivere nel rapporto.

-Dottore c’è un vostro paziente abituale in corsia che necessita di una visita-

-Non sarà di nuovo quel marinaio?- scherzò Atsuya alzandosi dalla scrivania.

-Temo che lo sia-

-Ci penso io, grazie  Emily-

Il medico si avviò verso la corsia, una lunga stanza con una serie di lettini affiancati, una decina in tutto, su due file opposte. Come tutto l’ospedale era ricoperto di piastrelle bianche e le ampie finestre davano una vista piacevole ai degenti aiutandoli a riprendersi del tutto.

Quando arrivò si trovò davanti a sé quattro giovani, tre completamente vestiti da marinaio in tenuta bianca e uno invece, stava seduto su una di quelle scomode brande di metallo a petto nudo. Lo conosceva bene, capelli biondi, occhi verdastri e un sorriso sulle labbra. Ormai era pure diventato amico di quei quattro da tante volte si erano presentati in quel piccolo ospedale. La maggior parte delle volte per motivi tutt’altro che gravi. Una volta o due li aveva pure incontrati nei bar dell’isola.

-Buongiorno doc!- esclamò quest’ultimo.

-Mark Krueger… so già che hai fatto, non c’è bisogno che me lo spieghi!- sorrise.

-E’ un po’ lento a capire le cose!- lo punzecchiò uno dei vicini, dai capelli biondi raccolti in una coda e grossi occhiali da sole blu.

-Sta zitto Dylan!- rispose l’altro.

-Sbaglio o è già la seconda volta questo mese? Senza contare quelle del mese scorso!- osservò il medico mentre si lavava le mani al lavandino presente nella stanza, vicino alla porta.

-Ma questa volta l’ha fatto grossa- disse un’altro dai capelli castani e occhi scuri.

-Lo stesso vale per te Erik… visto che ci siamo hai qualcosa da aggiungere anche tu Bobby? Mi sembra che vi divertiate a prendervi in giro-

Il quarto ragazzo scosse la testa per rispondere seraficamente:
-Non ti prenderemmo in giro, se tu avessi la decenza di stare più attento!-

-Guardiamo cosa hai combinato questa volta… dove?- domandò Atsuya.

-La schiena- indicò l’altro.

-Stenditi così posso vedere- 

Il ragazzo si distese prono sulla branda.

-Complimenti Mark, questa volta ti sei superato!- rise il medico.

-Mi sono addormentato dieci minuti al sole…-

-Veramente erano tre ore- gli fece eco Dylan.

-Sì direi che sono più di dieci minuti- aggiunse il rosa, -La scottatura è così estesa che non saprei nemmeno come medicare. Emily, potresti portarmi una dose abbondante di glicerina per favore?- 

L’infermiera che l’aveva accompagnato sparì per qualche istante e tornò con un barattolo di vetro scuro che consegno al dottore. Versò un po’ del contenuto in un arcella e prese poi del cotone e lo immerse nella glicerina.

Passò poi il batuffolo e lo passò lungo le ustioni. La schiena del ragazzo era completamente rossa, sembrava il guscio di una di quelle aragoste che servivano i grandi ristoranti sulla costa.

-Ahi! Brucia!- si lamentò il paziente.

-Pensa che di solito la usiamo come lassativo, ma ha spiccate proprietà idratanti. Sentiamo, cosa ti avevo detto la volta scorsa?-

-Di non stare troppo tempo al sole… cambiare le parti del corpo da esporre, alternare periodi di ombra o restare coperto-

-Esatto… e perché quando puntualmente ti trovi a terra in licenza ti ritrovo qui dopo neanche due giorni?-

-Io… non so…-

-Hai una memoria da pesce rosso e una bella faccia tosta, “Questa volta non mi succederà!” dicevi!- Dylan iniziò a ridere.

-Ma che begli amici Mark non trovi? E voi dove siete quando lui si crogiola al sole e si ritrova con un ustione di secondo grado sulla pelle? Non correrete mica dietro alle ragazze dell’isola tutto il giorno!- rispose con arguzia Atsuya accennando un piccolo sorrisetto per la frecciatina che aveva appena tirato.

-Alzati che ora ti bendo sui punti più dolorosi-

Il giovane tornò seduto, Atsuya passò delle bende di cotone per più volte attorno alla parte superiore del busto, nei punti dove la scottatura era più dolorante.

-Guai a te se torni qui ancora con una scottatura del genere… e guai anche a voi se non lo tenete d’occhio! Ormai vi conosco e so anche su che nave siete quindi stati attenti o potrei andare dal vostro ammiraglio in persona!-

-Sì dottor Fubuki- risposero in coro a testa bassa.

-E prima di andare Mark, prendi la glicerina, ho l’impressione che potrà servirti ancora, ne serve poca, intingi un batuffolo e passala sulla scottatura una volta al giorno. Potete andare-

-Grazie di tutto doc!- disse il paziente mentre si alzava di scatto.

-Ricordati che mi devi da bere la prossima volta che ci incontriamo in città-

-Sarà fatto!- sorrise l’altro mentre indossava la maglia e ad ampie falcate, seguito dai suoi amici, usciva dalla clinica.

Atsuya tornò nello studio a cercare di finire la relazione fino a che non arrivò l’ora di tornare a casa, si tolse il camicie, salutò l’infermiera Emily e il dottor Williams e poi fece ritorno nella piccola villetta che condivideva con Taro.

Aveva imparato a conoscerlo, al contrario di lui, nemmeno i vicini lo vedevano poi così tante volte. Scoprì che era lì anche lui per conto dell’università, doveva catalogare alcune specie vegetali e animali tipici dell’isola e studiarli. Molto spesso si trovava fuori da casa per lavoro, ma solitamente riusciva a tornare per la sera tarda.

Come sempre, arrivato a casa, Atsuya concludeva la propria giornata cenando e per poi fare una piccola passeggiata all’aperto durante il tramonto, prima di andare poi a riposare per il giorno successivo.

 

****

 

Erano mesi che non tornava più a Tokyo. Hiroto si trovava nuovamente per mare ma su un’altra nave. Dopo aver conseguito il brevetto di volo per i bombardieri navali, era stato riassegnato temporaneamente ad uno squadrone della portaerei Akagi, lontano anche dal suo amico Midorikawa.

Non aveva più visto Shirou. Dopo averlo incontrato al torneo di sumo insieme ai suoi amici, ebbe l’occasione di parlarci solo una o due volte, prima di dover partire nuovamente.

La nave era molto simile alla sua, erano entrambe nate come incrociatori, per poi essere trasformate, durante i lavori di costruzione, in portaerei.

Il ponte era in legno chiaro e a lato sorgeva la torre di comando.

Dopotutto le differenze erano minime, entrambe avevano dei ponti per decollare e cavi di arresto per fermarsi, eppure Hiroto non si trovava a suo agio.

Lontano da Midorikawa, lontano da Shirou… quella geisha gli stava facendo uno strano effetto.

Ora con la crisi diplomatica tra Stati Uniti e Giappone aveva ancora meno tempo a disposizione da passare a terra.

Il rosso scrutava il mare, era calmo e piatto. La nave era lenta, procedeva verso le coste cinesi senza alcuna fretta.

Alcuni operatori e meccanici stavano mettendo in posizione gli aerei sul ponte. Essi venivano sollevati dall’ascensore e poi disposti in fila sfalsati. Un miscuglio di caccia navali e piccoli bombardieri di picchiata tutti dipinti di bianco e con il solito sole rosso. Poco alla volta, aereo dopo aereo, si stavano sostituendo i mezzi, ormai considerati obsoleti con i nuovi modelli, più veloci, meglio armati, più aggressivi e potenti.

Anche i bombardieri, i vecchi biplani con il quale aveva conseguito il brevetto stavano per essere scambiati con più recenti monoplani prodotti dalla Aichi(3).

Il ragazzo si sistemo il copricapo di pelle e attese i compagni di volo sul ponte, presto sarebbe partito per un’altra missione di bombardamento.

Senza più Ryuuji in volo, non c’era gusto, ma quello era il suo compito.

Dopo poco meno di mezz’ora si trovò ai comandi del suo aereo, pronto a prendere il volo e colpire nuovi bersagli in territorio cinese.


*****

 

1) Panzer: termine tedesco che significa corazzato. Solitamente viene esteso per indicare in modo generico un qualsiasi tipo di carro armato tedesco.

 

2) Linea Maginot: colossale insieme di fortificazioni, bunker, cannoni e trincee francese, posta al confine con la Germania. Tale linea doveva essere un deterrente per una nuova invasione. Tuttavia si dimostrerà praticamente inutile in quanto l’esercito tedesco passerà da nord attraverso il Belgio aggirandola.

 

3) Aichi: azienda aeronautica dell’epoca, una delle maggiori in Giappone.




 

Piccolo angolo d’autore…

Capitolo numero 7, questa volta diciamo che

forse ho esagerato con la parabola iniziale in cui 

riassumo gli eventi del primo anno di guerra in Europa,

quindi per oggi nessuna curiosità in più, credo di avervi 

già ammorbato con l’inizio del capitolo.

Nella seconda parte possiamo vedere il consiglio

di guerra e l’inizio delle problematiche, la rivalità tra

esercito e marina, l’embargo e le ambizioni di alcuni

ufficiali che puntano a rompere l’embargo con 

la forza. Ci terrei a sottolineare che tutti i nomi

citati nel capitolo (Churchill, Konoe, Tojo…) sono

personaggi storici realmente esistiti, allo stesso modo 

i discorsi che ho riportato nella prima parte, sono piccoli

estratti di discorsi originali di Winston Churchill.

Da qui in poi vi saranno altre sequenze con

personaggi storici, spero solo di poterli rappresentare

al meglio.

Alle Hawaii Atsuya si sta ambientando bene arrivando a stringere

amicizia con alcuni ragazzi, mentre Hiroto è tornato in mare.

Direi che per ora mi sono dilungato troppo, chiedo scusa per 

il piccolo ritardo nel capitolo (di solito cerco di pubblicarne uno

a settimana) ma i festeggiamenti della Pasqua mi hanno

tenuto occupato anche durante la quarantena xD

Detto questo, vado

un saluto

 

_Eclipse




 
   
 
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